La Tatiana Ivanovna ha dedicat tota la seva vida als Karin, una família aristòcrata que viu a prop de Moscou. Ha fet de mainadera de diverses generacions de la família i ara ha de veure com els nois més joves s’incorporen a les files de l’exèrcit rus en la Gran Guerra. Aleshores, mentre ells encara són al front, esclata la Revolució d’Octubre i els Karin, per no perdre la vida, es veuen forçats a exiliar-se a París. La vella mainadera els seguirà dòcilment per Europa, però, a diferència de la resta de la família, no podrà deixar d’enyorar la neu de tardor.
Irène Némirovsky was born in Kyiv in 1903 into a successful banking family. Trapped in Moscow by the Russian Revolution, she and her family fled first to a village in Finland, and eventually to France, where she attended the Sorbonne.
Irène Némirovsky achieved early success as a writer: her first novel, David Golder, published when she was twenty-six, was a sensation. By 1937 she had published nine further books and David Golder had been made into a film; she and her husband Michel Epstein, a bank executive, moved in fashionable social circles.
When the Germans occupied France in 1940, she moved with her husband and two small daughters, aged 5 and 13, from Paris to the comparative safety of Issy-L’Evêque. It was there that she secretly began writing Suite Française. Though her family had converted to Catholicism, she was arrested on 13 July, 1942, and interned in the concentration camp at Pithiviers. She died in Auschwitz in August of that year. --Penguin Random House
Russia zarista, famiglia nobile, i Karin, figli maschi mandati in guerra (la Prima Mondiale), scoppia la Rivoluzione, arrivano i Rossi, un figlio viene ucciso (giustiziato?), il resto della famiglia scappa, prima a Odessa, poi a Marsiglia, per approdare definitivamente a Parigi.
Il cambiamento è epocale, e i Karin, che non sembrano godere particolarmente della simpatia di Némirovsky, conoscono la fame e la miseria. Col tempo però, con grande fatica e sbandamento, riescono ad adattarsi, a inventarsi una specie di mestiere, a trovare il modo di guadagnare qualcosa e rifarsi una vita.
Silvestro Lega: Le bambine che fanno le signore. 1872
L’eroina è la vecchia nutrice, Tatjana Ivanovna, la njanja che ha cresciuto i bambini di famiglia per generazioni e cinquanta anni. Contadina, vive praticamente da sempre con i suoi padroni, che sente come la sua famiglia. È lei la protagonista, è lei che interessa raccontare a Némirovsky - anche se a sbattere di qua e di là come le mosche d'autunno sono i Karin, mentre invece Tatjana va avanti coi soliti lavori, le sue mansioni di sempre alle quali si aggrappa. Ma è lei che, strappata a una servitù da feudalesimo, non riesce a capire, ad adattarsi, a stare al passo coi tempi. E mentre i suoi padroni imparano il modo per andare avanti, lei è spinta indietro dagli eventi, fino al punto da cercare la morte nella Senna.
Silvestro Lega: Le bambine che fanno le signore (altra versione).
Non rimpiango l’epoca dei servi della gleba e neppure degli schiavi – il rapporto fra la njanja e i suoi padroni mi ha disturbato moltissimo, non sono riuscito a prenderlo come parte delle cose, della storia e della bellezza della narrazione. Mi sono irrigidito e questo è il libro di Irène N. che ho meno amato. E probabilmente, ho anche poca voglia di parlarne.
Uno accanto all’altro, il Cabaret du Ciel e il Cabaret de l’Enfer in Boulevard de Clichy.
Camminavano avanti e indietro da una parete all’altra, in silenzio, come le mosche d’autunno, allorché, passati il caldo e la luce dell’estate, svolazzano a fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita.
Questo breve raccontino è la perfetta misura, la dimensione ottimale della Némirovsky. Quel "qualcosa" che nella Suite francese mi aveva tolto entusiasmo e dato una sensazione di ridondanza, se messo all'interno dell'opera della giusta misura serve invece a impreziosire, sottolineare ed esaltare dettagli e atmosfere. Il risultato è un vero gioiellino, in senso buono e per nulla ironico. E dire che, dopo l'esperienza abbastanza deludente della Suite francese, su questa scrittrice ci avevo quasi definitivamente messo una pietra sopra. Questo librino stazionava sul mio scaffale dal Natale del 2007, regalatomi da mia mamma, uno dei suoi rarissimi regali. Poi, ieri l'altro, la recensione di @Orsodimondo ha attirato la mia attenzione: con uno scatto di Odessa nel 1918 si potrebbe convincermi a fare qualsiasi cosa. Figuriamoci leggere un libro.
La guerra, l'esilio, i ricordi, la malinconia, la vecchiaia, la decadenza e l'inabissarsi di un mondo ormai finito: è tutto distillato in queste poche pagine. Persino il titolo è il puro condensato di un'atmosfera, di sensazioni che non possono essere definite altrimenti: o la scarna immagine delle mosche, rintontite per la fine della bella stagione, che vanno a sbattere contro il muro e contro il vetro; oppure l'unico altro modo sarebbe con migliaia e migliaia di pagine per tentare di riportare in vita tutti i ricordi, tutti i piccoli dettagli, tutte le voci, tutte le stanze e tutti gli oggetti, un fiume di parole per descrivere l'ineffabile: ed è effettivamente in questo fiume metaforico che la storia va a concludersi. Lettura imprescindibile, sarei tentata dalle cinque stelle.
Otra breve novela de Irène Némirovsky, que de la misma manera que El baile condensa en pocas páginas todo un mundo de personajes y un ambiente lleno de nostalgia y evocación.
El padre de Irène era un acaudalado banquero que tuvo que huir a París en 1918 a raíz de la Revolución soviética. Y ése es el mundo que esta historia retrata: el de los exilados rusos, muchos de ellos nobles, que intentan adaptarse a un medio donde ya no son privilegiados y donde a veces sobreviven vendiendo las joyas que han llevado consigo. Estos cambios comportan una desubicación que muchos no superan:
Nikolái Alexándrovich había iniciado la que iba a ser la principal ocupación de su vida: pasear de una pared a otra con las manos enlazadas en la espalda, pensando en lo que nunca volvería.
En el caso de la familia Karin, su anciana niñera Tatiana Ivanovna les sigue en el exilio, porque su existencia siempre ha girado en torno a ellos. Mientras otros miembros de la familia se adaptan a la nueva situación, Tatiana añora continuamente los buenos viejos tiempos, la mansión campestre y los niños que ha ido cuidando a través de las generaciones. Esta nostalgia se encarna en su espera de la nieve, que en Moscú cae en otoño y en cambio, en París se hace esperar.
Personificación del desarraigo y la nostalgia, del apego ciego al antiguo orden, el drama de la vieja niñera nos conmueve y nos hace partícipes de un momento único de cambio social y de la sacudida que supone en la vida de las personas.
She clasped her hands together. "The first snow..." she whispered. She looked at it for a long time, an expression of delight on her face that was both childlike and frightening, a little deranged.
Pelos olhos de Tatiana, ama dos aristocratas Karine há duas gerações, vemos o drama da partida de dois dos filhos para a Primeira Guerra Mundial, a fuga da família durante a Revolução Russa e o subsequente exílio em Paris. Numa escrita elegante e concisa, Irène Némirovsky mostra-nos que, apesar da decadência e nostalgia, cada elemento da família se adapta à sua maneira, excepto a velha ama saudosista, que anseia sobretudo pela neve. Ler os russos também é ler as russas.
una famiglia nobile russa fugge in tutta fretta dai propri possedimenti durante la rivoluzione d'Ottobre e si rifugia a Parigi. E' sorprendente come la Nemirovsky in pochissime pagine sia in grado di tratteggiare la tragedia nell'esatto momento del suo svolgersi ma anche le caratteristiche di tutti i personaggi coinvolti. Magistrale. Letto in una sera, lo porterò con me a lungo.
Russia, neve, guerra, famiglia, nobiltà. Sullo sfondo del primo conflitto mondiale si intrecciano le vicende della famiglia Karin, nobili russi. I figli in guerra, il pericolo che avanza, la famiglia che scappa. A presidiare i beni di famiglia rimane lei, la tata Tat’jana Ivanovna, la vera protagonista del racconto. E’ lei la storia di quella famiglia, quando essi, profughi in terre lontane e straniere dimenticano la loro, è lei il calore della loro terra. Una figura perfettamente delineata, forte e potente, che fa da contraltare agli altri personaggi, deboli, impalpabili per volontà della scrittrice, che si muovono “ come mosche d’autunno” nella luce tenue di fine stagione, sbattono, girano in tondo e si perdono. La famiglia si perde. Lei resiste. Un bellissimo racconto.
L'arrivo della grande guerra prima e della rivoluzione d'ottobre poi sconvolgono la vita dell'aristocratica famiglia Karin. I due figli maschi, Kirill e Jurij, vengono chiamati al fronte. Con l'arrivo della rivoluzione la famiglia al completo è costretta a fuggire e lasciare la grande casa, Karinovka, con il grande parco, che da generazioni apparteneva alla famiglia. Resta indietro solo la balia Tatjana Ivanovna che ha cresciuto due generazioni di Karin; prima Nikolaj Aleksandrovič, i suoi fratelli e le sue sorelle, e ora i quattro figli del primo. La balia resta ad occuparsi della casa, a sistemare suppellettili vari, a nascondere l'argenteria e le porcellane in una cassa in giardino, a cucire i diamanti della signora Elena nell'orlo della gonna; sistema tutto come se i suoi padroni potessero tornare dopo qualche giorno. Quando, però, la situazione si fa pericolosa e la rivoluzione con tutti i suoi pericoli arriva nel piccolo villaggio, anche Tatjana fugge. Compie un viaggio estenuante di tre mesi a piedi per raggiungere i suoi padroni, rifugiatisi ad Odessa. Da qui la famiglia riesce ad imbarcarsi, grazie ai diamanti cuciti da Tatjana, su una nave diretta in Francia. I Karin si stabiliscono a Parigi, come tanti esuli russi fuggiti dalla madre patria, ma fanno fatica ad abituarsi alla loro nuova vita; affittano un piccolo appartamento e vagano da una stanza all'altra, avanti e indietro per tutto il giorno. A poco a poco la famiglia si disgrega: i giovani si danno al rilassamento dei costumi (alcol, fumo, sesso) e i genitori non vedono o per meglio dire non vogliono vedere ciò che succede in famiglia. Una cosa che accomuna tutti è la nostalgia di casa, della loro vecchia vita, della loro casa, degli inverni innevati, delle vecchie abitudini. L'unica che ancora si ricorda tutto e tiene in vita il passato è la balia Tatjana, che però quando parla troppo spesso ad alta voce della loro vecchia vita viene zittita, perché ricordare il tempo che fu fa troppo male a tutti. Passano pochi anni e i Karin, che hanno conosciuto fame e miseria, si sono adattati alla loro nuova vita nella capitale francese: hanno nuovi amici, hanno aperto una piccola bottega di oggetti antichi per cercare di sbarcare il lunario e tirare avanti. L'unica che non è riuscita ad adattarsi in un mondo estraneo e per lei incomprensibile, è la balia Tatjana. Ella non riesce a dimenticare il passato, la casa e, soprattutto gli inverni innevati della madre patria; ora è lei che vaga da una stanza all'altra come una mosca d'autunno, proprio come mesi prima facevano i suoi padroni. La nostalgia di casa sarà per lei sempre più forte e la scoperta che l'inverno in Francia non è innevato come quelli in Russia, sarà la goccia che fa traboccare il vaso.
Pubblicato nel 1931, Come le mosche d'autunno è un racconto breve (forse anche un po' troppo coinciso) in pieno stile Némirovsky: struggente, amaro, triste, intenso, scorrevole; dallo stile asciutto, scarno e crudo, dalla grande forza evocativa e dalla scrittura elegante, raffinata e onomatopeica. La scrittrice, con poche frasi, riesce a far stagliare davanti agli occhi del lettore le varie immagini e le scene che lei descrive: paesaggi invernali, addii sotto la neve, lo scampanellio delle slitte che scivolano sulla neve e vengono inghiottite dal buio, un angolo di cielo tra i palazzi, la polvere che si solleva e ricade subito sui mobili, la pioggia che batte sui vetri delle finestre. I personaggi gli ho trovati appena abbozzati, forse a causa della brevità del racconto, tranne naturalmente quello della balia Tatjana, vera protagonista della vicenda che noi lettori vediamo attraverso i suoi occhi. Una donna tenace, dalla grande forza d'animo, una vera e propria roccia presso cui rifugiarsi e appoggiarsi. Ciò che colpisce di questa donna è la sua dedizione e fedeltà incondizionata a questa famiglia aristocratica. Una donna che per loro farebbe di tutto: non teme il freddo, la fame, la fatica, la cattiveria umana; infatti, si oppone coraggiosamente ai bolscevichi desiderosi di vendetta nei confronti dei vecchi padroni. La sua è una vita ancorata al passato; infatti, rimane l'unica a tenere in vita il ricordo, le tradizioni e la nostalgia del passato, impressi indelebilmente nella sua anima di donna contadina, con le mani indurite da una vita di lavoro. L'autrice è brava a trasmetterci l'angoscia di una balia che non accetta la fine degli antichi splendori e i cambiamenti epocali che sono avvenuti.
Come le mosche d'autunno è una storia pregna di nostalgia, malinconia e rimpianto; narrata con grande maestria dalla Némirovsky e in cui si sente un coinvolgimento autobiografico dell'autrice (anche lei scappata dalla rivoluzione e rifugiatasi in Francia). Bello e toccante il finale che nelle ultimissime pagine è un crescendo di commozione e sofferenza; un finale che è l'unico possibile per Tatjana Ivanovna, estranea in un mondo di estranei che avrà lo stesso destino di una mosca all'arrivo dell'inverno.
Andavano avanti e indietro, da un muro all'altro, in silenzio, come le mosche d'autunno, quando passati il caldo, la luce e l'estate, volano a fatica, stanche e irritate, sui vetri, trascinando le loro ali morte.
Un piccolo gioiello, oscurato da titoli più famosi, in primis da Suite francese, che, secondo il mio modestissimo parere, non è la sua opera più riuscita. Nella ricchissima bibliografia della Némirovsky, fortunatamente scampata al silenzio dopo la Shoah e pubblicata dalla figlia, ci sono tematiche ricorrenti e, se si leggono di seguito le opere più famose quali “Il vino della solitudine”, “Il ballo”, “ La nemica”, “David Golder” , si corre il rischio di imbattersi in un percorso letterario immaginifico monotono con giudizio errato sulla qualità letteraria della Némirovsky.
Nel racconto “Come le mosche d’autunno “ ho trovato una ventata d’aria nuova, inedita: tematiche diverse, punte di lirismo descrittivo, una dolce malinconia, nuova, se penso alle opere lette sopracitate. È nei racconti che l’autrice dà il meglio di sé, liberandosi da quella ‘scrittura come terapia’ che campeggia nei titoli principali, quell’acredine verso la famiglia di origine, per aprirsi a nuovi motivi narrativi.
In questo racconto l’autrice narra della fedelissima, anziana balia della famiglia Karin, Tat’jana Ivanovna che era in servizio da loro “ da cinquantun anni. Era stata la balia di Nikolaj Aleksandrovič, il padre di Jurij, e dopo di lui aveva tirato su i suoi fratelli e le sue sorelle, poi i suoi figli... Si ricordava ancora di Aleksandr Kirillovič, ucciso durante la guerra di Turchia nel 1877, trentanove anni prima... E adesso toccava ai ragazzi, a Kirill e Jurij, partire anche loro per la guerra...”.
Questa balia è dunque la memoria storica della famiglia, della casa e dei luoghi dove è stata felice, amata e benvoluta dai padroni. Ai tempi della storia suo marito, i suoi figli, sono già morti da tanto tempo, al punto da faticare anche a ricordarne le sembianze. La narrazione comincia con la famiglia Karin che, sorpresa dalla Rivoluzione di ottobre, è costretta a fuggire verso la Francia. Con l’arrivo della guerra il piccolo cosmo di Tat’jana, fatto di devozione profonda, di cure amorevoli, di rituali che si ripetono nel tempo, come i rigidi inverni russi, viene sconvolto. Nel corso del lungo viaggio, l’anziana nutrice vede i componenti della famiglia Karin sbattere di qua e di là tra le pareti della casa come insetti in autunno: “Fin dal mattino venivano chiuse imposte e finestre, e in quelle quattro stanzette buie i Karin vivacchiavano fino a sera, senza uscire, sconcertati dai rumori di Parigi, respirando con fastidio il tanfo degli scarichi e delle cucine che saliva dal cortile. Camminavano avanti e indietro da una parete all’altra, in silenzio, come le mosche d’autunno, allorché, passati il caldo e la luce dell’estate, svolazzano a fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita”.
Autunno: stagione della malinconia per eccellenza, con la sua “estate fredda” per dirla con Pascoli, con quel suo senso di stordimento dopo la calura estiva, che esercita il suo effetto subdolo sulle mosche, che sembrano impazzite, sbandate come i personaggi della storia, e sbattono le loro ali contro i vetri delle finestre.
La storia mi ha colpito per la devozione commovente della nutrice, che reca cuciti nell’orlo della veste i diamanti e i preziosi da portare ai suoi padroni, che protegge come se fossero suoi. Che guarda con nostalgia e amore i ritratti dei giovanotti di casa come se fossero figli suoi, suoi nipoti. Che ascolta le storie antiche che le pareti di casa sembrano narrarle. È la storia di una donna anziana che si tiene in piedi grazie al desiderio di servire e alla speranza di poter accudire anche i futuri figli e nipotini dei padroni e che con gli occhi cerca la neve, quelle belle e terribili nevicate russe che rappresentavano la sicurezza della consuetudine. Ma a Karinovka, nuova residenza lungo il percorso che dovrebbe portare i Karin in Francia, l’autunno sembra una stagione perenne.
“Era cominciato in autunno, quando le giornate diventavano sempre più corte, e in casa si aspettava ad accendere la luce per non consumare troppa elettricità. Lei spolverava e scuoteva di continuo le stoffe degli arredi; la polvere si sollevava, ma poi ricadeva subito altrove, come cenere lieve.” Anche l’immagine della polvere che ricade come cenere lieve é di una potenza poetica notevole, un richiamo alla morte, un correlativo oggettivo, direi, come altre immagini che vi invito a scoprire. Breve racconto di una nostalgia che diventa quasi agonia, tanto che anche al lettore viene da dire insieme a Tat’jana:
“Com’è lungo l’autunno qui, a Karinovka…”
Se amate Cechov, questo è il libro che più si avvicina al grande russo, nume tutelare della Némirovsky.
Não há como negar que Nemirovsky sabia evocar a pátria, mesmo que (ou sobretudo porque) condenada ao exílio. E essa memória, essa doçura, essa saudade, perpassam as páginas de Moscas de Outono e escoam do coração da velha Tatiana Ivanovna, a ama que partilha da vida dos Karine há mais de cinquenta anos.
Quando estala a revolução, porém, forçados a abandonar a terra natal, os Karine terão de se adaptar às mudanças, às dificuldades da nova vida...mas para Tatiana não é assim tão fácil. Será a sua resiliência, a sua recusa de concessão a manter vivo o espírito de uma época que já enterrou os seus mortos. Mas o seu apego ao passado não virá sem um custo...
- Nós envelhecemos, hã, minha pobrezinha? Mas tu, tu não mudas. Dá gosto ver-te... Não, realmente tu não mudas. - Na minha idade, já só se muda no caixão - disse Tatiana Ivanovna com um sorriso esguio.
É surpreendente como meia dúzia de páginas bastam a uma boa escritora como Nemirovsky para criar uma saga familiar, desenhar um retrato histórico e transmitir a sensação de expatriação, decadência e nostalgia com tanto rigor.
O apartamento era pequeno, escuro, abafado; cheirava a poeira, a tecidos velhos; o tecto baixo parecia pesar sobre as cabeças; (...) e nessas quatro pequenas divisões escuras, os Karine viviam até à noite, sem sair, estonteados com os ruídos de Paris (...). Eles iam, vinham, de um muro ao outro, silenciosamente, como as moscas de Outono, quando o calor, a luz e o verão aparecem, voam penosamente, exaustas e arreliadas, contra os vidros, arrastando as asas mortas.
Un’impalpabile malinconia permea le pagine di questo libro e rimane attaccata all’anima del lettore. La balia Tat’jana Ivanovna è il simbolo dell’animo della vecchia aristocratica Russia –di cui lei socialmente non fa parte ma del cui mondo si sente parte per aver cresciuto due generazioni di giovani aristocratici- che si trova a dover affrontare gli anni della Rivoluzione d’ottobre, la fuga dalle ville e dagli agi, dalle ricchezze e dalle feste, per trovarsi a fare la fine delle mosche in autunno, “allorchè, passati il caldo e la luce dell’estate, svolazzano a fatica , esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita”. Questo è ciò cui assiste Tat’jana Ivanovna, il crollo di un mondo, la fine di un’epoca. E lei, donna anziana che ha trascorso l’intera sua esistenza ad accudire amorevolmente i membri della famiglia Karin, è l’unica che tiene vivo il ricordo e la nostalgia del passato, tanto forti e impressi indelebilmente nel suo animo da portarla inconsapevolmente verso la fine. Il mio primo libro di Irène Nemirovsky, che mi ha invogliato a conoscerla meglio.
Es una delicia leer a esta autora, siempre me ha sorprendido la madurez de sus libros a pesar de que murió muy joven y escribe con una prosa tan bella que sus libros enamoran.
Un libro muy cortito pero grande en contenido. Lo recomiendo!
Quando si ha il dono della scrittura si potrebbe scrivere di qualsiasi cosa, persino dell'elenco telefonico, e ciononostante farlo in maniera del tutto originale e coinvolgente. Irène Némirovsky non ha bisogno però di "inventarsi" delle storie, perché scrive della sua famiglia, che le offre tutti gli spunti che saranno caratteristici della sua produzione artistica, e scrive, in senso più ampio, della sua Famiglia: quella ebraica, quella russa. La storia della sua vita, quella dei suoi primi trent'anni, le appone un marchio indelebile nell'animo: in ogni sua parola, in ogni suo racconto, in ogni suo romanzo, gli avvenimenti salienti della sua esperienza personale saranno presenti; che si tratti dell'ascesa finanziaria del padre, o dell'esilio dalla terra natìa, o del rapporto conflittuale con la madre, o di quello struggente e drammatico con la sua balia, si tratterà sempre, comunque, di fatti che Irène ha vissuto in prima persona. Come le mosche d'autunno, in poche pagine, tratteggiate con l'ormai abituale capacità alla quale la Némirovsky ci ha abituati (e viziati) di rendere atmosfere sospese e descrizioni lucide e rarefatte, riesce a condensare quasi tutti questi temi con grande pathos e una malinconia palpabile ma mai stucchevole. Tat'jana Ivanovna, la vecchia balia della famiglia Karin, vive in pochi anni il trapasso del grande impero degli zar e si trova ad essere, suo malgrado, testimone consapevole del crollo di un'epoca alla quale sarà impossibile tornare. La partenza di Jurij e di Kirill, i ragazzi che partono per la guerra, sembra essere simbolica oltre che sintomatica, e lascia presagire quelli che saranno i cambiamenti e le partenze, ben più significative, alle quali dovranno fare fronte in Russia le classi più agiate. Ai protagonisti di questo cambiamento epocale, e con loro a tutte le figure come quella di Tat'jana Ivanovna che resterà ancorata al passato ancor più dei Karin, non resterà altro da fare che cercare una nuova luce, come falene nella notte, o svolazzare a fatica esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita, come le mosche d'autunno nelle calde serate parigine, in attesa della prima neve.
Non sono mai stata brava nel recensire i romanzi brevi; scorrono via come nulla e mi sembra che mi lascino sempre con l'acquolina in bocca, facendomi desiderare ciò che poteva esserci ma non c'è stato. Allora diciamo semplicemente così: è la mia prima esperienza con la Nemirovsky, ed è stata senza dubbio un'esperienza positiva. La scrittura di questa autrice è qualcosa di straordinario, potente e delicato. In quanto alla storia, semplice e lineare ma di un non indifferente spessore emotivo. Promosso a pieni voti con il buon proposito di continuare ad approfondire la mia conoscenza di questa autrice che è riuscita con un 'libretto' di sole 99 pagine a colpirmi ed emozionarmi.
C'è poco da dire... in 99 pagine la vecchia tata ci farà respirare emozioni fino a sentirne l'odore... di guerra, di terra, di sangue e di amore. Tanto.
Un relato lleno de las emociones de Tatiana, que debe adaptarse a una vida lejos de su tierra, viendo como todos los chicos que a criado se transforman y se alejan. Estoy sorprendida por la forma que tuvo la autora de darnos mucho en tan pocas páginas, el leer a esta mujer, viendo caer la nieve que le recuerda su casa y su infancia es de lo más conmovedor
La Tatiana Ivanovna és una senyora gran que ha treballat tota la vida com a minyona dels Karín. Arran de la Revolució de 1917, la família es veu obligada a exiliar-se i Tatiana els seguirà fins a París.
Aquesta és una història molt personal, perquè Némirovsky, filla d'un dels banquers més rics de Rússia, va fer el mateix camí que els protagonistes. És un relat molt breu, però hi aconsegueix concentrar la pèrdua de tot un món amb una mirada nostàlgica. A més a més, Tatiana té dificultats per adaptar-se als canvis, perquè la seva vida ha perdut el sentit.
Mai m'havia commogut tant la neu, però és que Némirovsky torna a trobar un desenllaç demolidor. És d'aquells finals que et regiren per dins. Que trist i que dur que és veure com tot el teu món s'ensorra.
"De bon matí, tancaven les finestres i els porticons, i en aquelles quatre petites estances fosques, els Karín vivien fins al vespre, sense sortir, estranyats pels sorolls de París, respirant amb malestar les ferums de les piques, de les cuines, que pujaven del pati. Anaven i venien d’una paret a l’altra, silenciosament, com les mosques de tardor, quan la calor, la llum i l’estiu s’han acabat, i volen penosament, cansades i irritades, pels vidres, arrossegant les ales mortes"
Molt més interessant quan se centra en la mainadera que en la família aristòcrata (es nota potser una mica massa el que li interessa explicar a l'autora), perquè és quan Némirovsky connecta realment amb la intimitat d'un personatge; això es veu clarament en els dos primers capítols i en els dos últims, mentre que, en la part central, tot és més distant i intranscendent.
Fiquei com uma vontade imensa de encontrar Tatiana Ivanovna numa dessas ruas escuras e frias de Paris, segurar-lhe as mãozinhas enregeladas e abraçá-la junto a mim. Bem juntinho. De forma a que o seu coração sentisse o batimento do meu e se aquecesse com o calor do meu.
Quantas Tatianas Ivanovnas existem por esse mundo fora?
Concordo inteiramente com a crítica do The Times quando diz que "A escrita subtil e a afinada certeza psicológica recordam-nos do quanto a boa prosa pode conseguir em muito poucas palavras."
Breve ma intensa, la storia si può riassumere con una frase dell'autrice stessa, "Andavano avanti e indietro, da un muro all’altro, in silenzio, come le mosche di autunno, quando passati il caldo, la luce e l’estate, volano a fatica, stanche e irritate, sui vetri, trascinando le loro ali morte." La trama si snoda durante la Rivoluzione d'Ottobre, in Russia, e termina a Parigi, con quello che ne consegue come la fuga dalla guerra, il passaggio dalla ricchezza alla povertà e l'adattamento a uno stile di vita diverso in una nuova città. La storia trasuda nostalgia, malinconia e rimpianto. Detto così può sembrare che sia una noia mortale, invece lo stile asciutto dell'autrice la rende coinvolgente e mai stucchevole. E' il secondo libro che leggo della Nemirovsky e se capiterà l'occasione leggerò altro. 3 stelle e 1/2
Un relat que a nivell d'emocions ha anat de menys a més. A diferència de "El ball", per comparar dos obres de la mateixa autora, crec que els tempos no estan tan ben aconseguits i que potser hagués donat per ser una obra més completa tenint més pàgines de les que té. La mateixa història està publicada amb un altre títol, "Les mosques de tardor". Tots dos títols reflecteixen molt bé la trama. --- Un relato que a nivel emotivo ha ido de menos a más. Diferenciándolo de "El baile", comparando dos obras de la misma autora, creo que los tiempos no estan tan bien distribuidos y que puede que hubiese sido más completa con mayor nombre de páginas. La misma historia está publicada con otro título, "Las moscas de otoño". Los dos reflejan muy bien la trama.
Pues... será por la nieve, pero me ha dejado un poco fría.
Fuera bromas, me ha parecido una historia muy triste, ya que se recrea en los recuerdos de lo perdido y en la melancolía, y la verdad, esa clase de historias no me van. Me gustaron los primeros capítulos, cuando la anciana aún estaba en su "hogar natal" y desprendía fuerza y carácter. A medida que ella se apagaba, mi interés en la historia también lo hacia.
Lo mejor, lo bien escrito que está. Una prosa maravillosa que pese a la historia, te obliga a seguir hasta el final.
Me dio pena Yuri, me dio pena la anciana, pero, así es la vida.
Questa è la seconda storia che leggo di Némirovsky, che conferma la sua abilità di trascinare il lettore con poche pagine. Ho usato apposta storia" e non "libro", perché inizia con un evento e si onclude, anni dopo, con un altro. Nel mezzo, anni di guerra, sofferenza, distaccamento. Ho percepito la perdita d'identità della famiglia Karin costretta a fuggire dalla Russia e rifugiarsi a Parigi, adattandosi a una nuova vita che non aveva creduto possibile per il proprio ruolo sociale. Ho percepito la forza di volontà di una donna, la vecchia "njanja": troppo stanca per reagire al cambiamento, troppo legata alle sue origini, che ha cucite sulla pelle. come i diamanti che si cuce addosso quando raggiunge i Karin a Odessa. Ho percepito la forza delle emozioni, la nostalgia, il disincanto, la voglia di rivalsa, l'abbandonarsi alla vita ma anche alla morte. Dopo due letture brevi (questa e ll ballo) credo sia arrivato il momento di confrontarsi con il suo ben noto Suite Francese; mi spaventa il livello di coinvolgimento? Assolutamente sì. Assaporerò ogni pagina? Se le premesse sono queste, assolutamente sì.