È il 1943, Dacia Maraini ha sette anni e vive in Giappone con i genitori e le sorelline Toni e Yuki. Suo padre, Fosco, insegna all’università di Kyoto, sua madre, Topazia Alliata, è felicemente integrata nel tessuto della città. Il sogno è la pace, si pensa che la guerra finirà presto. Tutto precipita, invece, quando Fosco e Topazia decidono di non giurare fedeltà al governo nazifascista della Repubblica di Salò. La coppia e le figlie vengono portate in un campo di concentramento destinato ai traditori della patria. Per la famiglia Maraini iniziano gli anni più difficili della loro esistenza: con pochi grammi di riso al giorno, tra fame, malattie, attesa, gelo e vessazioni, dovranno imparare a sopravvivere rinchiusi in un luogo ostile insieme ad altri prigionieri.
Dacia Maraini is an Italian writer. She is the daughter of Sicilian Princess Topazia Alliata di Salaparuta, an artist and art dealer, and of Fosco Maraini, a Florentine ethnologist and mountaineer of mixed Ticinese, English and Polish background who wrote in particular on Tibet and Japan. Maraini's work focuses on women’s issues, and she has written numerous plays and novels.
Alberto Moravia was her partner from 1962 until 1983.
Anch'io non ero al corrente dei campi di concentramento per gli italiani in Giappone (certo che i Savoia ne hanno fatto di danni con l'8 settembre! Se ne sono fregati di tutti gli italiani, soldati e civili) in cui sono stati rinchiusi, tra gli altri, Dacia Maraini e la sua famiglia: fino alla fine della guerra sono stati affamati, umiliati ed anche picchiati dai guardiani giapponesi che non solo rubavano il cibo destinato ai prigionieri, ma non perdevano occasione per ricordargli che erano dei traditori e quindi non avevano diritto a nessun trattamento dignitoso. Libro molto interessante, specialmente perche' la Maraini racconta i fatti nudi e crudi senza piangersi addosso, e in tutto il libro traspare il grande affetto che aveva per tutta la famiglia, soprattutto per il padre Fosco. 4 stelle ben meritate
Valutazione quasi superflua per un racconto di tale portata. Aspettavo questo libro da mesi, quando è finalmente uscito sentivo che non era il momento giusto.. ora che l’ho finito, devo dire che non mi aspettavo niente di diverso. Non avevo neanche aspettative in realtà, sapevo che mi sarebbe piaciuto. Sia perché la Maraini ormai è come fosse di famiglia, sia per ciò che viene narrato.
“Forse la sola libertà che abbiamo è quella del sogno: sogniamo che i nostri amati morti siano nelle vicinanze, che si parlino fra di loro, che, sebbene trasformati in radici, foglie e fiori, abbiano la capacità di entrare nei nostri respiri e nei nostri sogni più belli”
Uno sguardo attento e pieno di riguardo verso le condizioni dell' umanità. Infatti a partire dalle condizioni personali vissute nel campo di concentramento in Giappone, si passa all'analisi dei fatti storici più importanti del Novecento. Un autrice molto abile, dalla penna soffice. Nelle sue parole si percepisce l'empatia verso la sofferenza di qualunque persona. Lo sguardo, in aggiunta, si allarga a tutti gli esseri viventi, animali compresi.
“A menudo, la persona que dispara o utiliza un cuchillo quiere decir algo, pero no sabe cómo hacerlo y la pistola o el cuchillo se convierten en su modo de hablar. Grita al mundo su resentimiento, su rabia, su odio, poniendo su confianza en un trozo de hierro. Pero el pensamiento de la pistola es pobre, previsible, cementerial. Por eso, quien conquista de verdad el poder de la palabra significativa pierde el interés por el lenguaje pobre y brutal de las armas”.
Este libro conformado por las memorias que Dacia Maraini no ha podido contar durante casi 80 años sobre sus vivencias en el campo de concentración japonés en el que fue encerrada junto a su familia, conversa directamente con El tren de la última noche. En ambos se narran hechos brutales, pero en Vida mía sabes que directamente te habla la propia Dacia, protagonista de todo ello.
Nos cuenta desde la negativa de sus padres a adherirse a la República de Salò, lo cual los convirtió en traidores de su patria y automáticamente prisioneros en manos de Japón, hasta los 2 largos años de hambruna, penurias, abuso, vejaciones que tuvieron que vivir en el campo, abandonados a su suerte una vez que Japón como aliado fascista perdió la IIGM, siendo rescatados por EE.UU.
Este durísimo libro es un libro valiente. Qué generosidad por parte de la autora, no tengo palabras.
Niente da dire, un libro bellissimo. Non che avessi dubbi, comunque. Non avevo mai letto dei campi di concentramento in Giappone, leggere una tale testimonianza è stato forte, doloroso, ma bello e Interessante.
Mi piace sempre Dacia Maraini la sua scrittura asciutta ma cosi potente e dritta al concetto ho aspettato questo racconto pur avendo già letto scritti sulla sua prigionia Consiglio per capire senza tanti giri di parole come si fa a soffrire e poi andare avanti
Leggere questo libro significa essere presi per mano dalla famiglia Maraini ed essere trasportati indietro, in tempo di guerra, dell'olocausto che conosciamo ma anche di un altro tipo di prigionia, quella dedicata ai traditori politici, i resistenti, che non si piegavano ad una dittatura che non gli apparteneva. I campi di prigionia giapponesi, meno duri rispetto ai lager, ma che spezzavano un individuo torturandolo psicologicamente e portandolo alla fame. La Maraini riporta alla memoria questa cruda realtà che lei e la sua famiglia hanno vissuto sulla propria pelle, dando modo tra un episodio e l'altro di aprire discussioni sul perché l'uomo sia arrivato ad essere così spietato, sulla realtà dei campi di concentramento e sul perché, al giorno d'oggi, nonostante le testimonianze scritte e tramandate dai superstiti esista ancora il negazionismo sul tema. Crudo, toccante e struggente. Indubbiamente, questo libro mi è entrato nell'anima.
Il racconto intimo e delicato dell'infanzia dell'autrice in un campo di concentramento in Giappone. Una storia di cui sapevo pochissimo e che ha confermato, ancora una volta, come la follia nazista e fascista abbia superato ogni confine.
Il racconto di un’atrocità immonda con parole dolci, sempre di riguardo e a sottolineare il positivo rispetto al negativo. Una storia inedita quella dei campi di concentramento per i traditori della patria ma altrettanto struggente soprattutto se vista dagli occhi di una bambina.
Comprato per caso in libreria. Conoscevo la scrittrice per l'unico libro che avevo letto, La lunga vita di Marianna Ucria. Mi ha attirato che fosse la sua autobiografia e non sapevo che avesse vissuto in un campo di concentramento giapponese. Il racconto è a tratti crudo e realistico e lo consiglio per scoprire la testimonianza di una parte di storia che non viene mai raccontata.
Ho divorato questo libro! Si alternano racconti di vita nel campo, riflessioni dell’autrice e spiegazioni della situazione politica nel mondo in quel periodo. Da leggere per non dimenticare, per riflettere.
Dacia Maraini non delude neppure quando si allontana dal genere del romanzo, al quale la associamo in virtù delle sue opere più famose, per avventurarsi, come in questo caso, sul terreno talvolta insidioso dell'autobiografia. Del resto, questo libro risulta, alla fine, un connubio armonico e quasi perfetto di racconto e riflessioni che, via via, prendono spunto dalle vicende narrate. In particolare, il racconto dei due terribili anni trascorsi da Dacia bambina con i genitori e le sorelle in un lager giapponese si alterna a riflessioni profonde, ma rese con lo stesso linguaggio limpido e privo di orpelli che la contraddistingue, sugli umani sentimenti e sul loro tragico ed inesorabile deteriorarsi quando le condizioni di vita si trasformano in una quotidiana e disperante lotta per la sopravvivenza. Su tutto emergono con forza il grande amore per una famiglia sempre unita e solidale grazie alle figure straordinarie ed, a tratti, eroiche, dei genitori, ed il profondo legame con il Giappone (la terra dei suoi primi anni di vita) e la sua millenaria cultura, legame che l'esperienza tragica del lager non ha potuto spezzare.
Insieme ai contenuti interessanti e coinvolgenti, adoro lo stile linguistico di Dacia Maraini, racconta sempre dettagliatamente tutto, anche fatti e momenti gravi e drammatici con grande coinvolgimento, ma con stile sobrio, asciutto eppure sempre venato di gentilezza, dolcezza. Non una dolcezza languida o stucchevole, bensì amorevole, timida, intima, ma riconoscibilmente vera.
La paragonerei al fiore del mughetto: profumatissimo, ma piccolo e nascosto. Un tesoro della natura.
Una donna da prendere ad esempio per coltivare la propria crescita spirituale.
Qualunque dei suoi libri ha questa caratterisca in comune, e sono tutti da bere a sorsi pieni. Grazie Dacia.
Ps: conoscere di più su di lei mi ha anche incuriosito circa suo padre Fosco. Leggerò anche qualcosa di suo, credo sia un personaggio altrettanto affascinante.
Il campo di prigionia in Giappone, una bambina che scopre la privazione e la fame dopo l'arresto e la condanna dei genitori perché si rifiutano di aderire alla Repubblica di Salò. Quella bambina si chiama Dacia e i genitori sono Folco Maraini e Topazia, gli anni sono quelli del biennio 43 e 45, il luogo è Kyoto. Un libro di testimonianza e di coraggio, coerenza nelle proprie idee e nello stesso tempo un dialogo continuo tra la piccola Dacia e Folco, antropologo fotografo scalatore e umanissimo esempio di libertà e antidogmatismo. Nel racconto di quelle terribili esperienze si coglie il rispetto verso la cultura e le tradizioni del popolo giapponese.
L'infanzia in campo di concentramento in Giappone di Dacia e famiglia. Il padre Fosco e la madre Topazia non avendo appoggiato il regime fascista dopo l'adesione del Giappone all'alleanza nefasta con Hitler e Mussolini erano stati portati in un campo di concentramento con le tre figlie. Niente a che vedere con i campi tedeschi, ma anche li c'erano gli aguzzini che derubavano le derrate alimentari passate dal governo per i 18 detenuti che sopravvivevano a stento con un poco di riso al giorno. Dopo Hiroshima e Nagasaki, la resa dell'imperatore, la libertà e l'arrivo degli americani.
Ricordi di un'infanzia passata nella prigionia e nella tragedia dei campi di concentramento.
Un libro molto scorrevole e leggero dal punto di vista letterario seppur molto importante sotto l'aspetto umano e morale.
In grado di trasmettere gli orrori della seconda guerra mondiale e allo stesso tempo di mandare dei moniti e dei forti barlumi di speranza nel genere umano.
L'aspetto forse più interessante è proprio questo, ovvero l'idea che pur durante i momenti più bassi e deplorevoli della storia del mondo sia possibile continuare a sperare nel nostro aspetto umano.
Una testimonianza, una memoria: queste sono le parole che definiscono l’ultima fatica letteraria della scrittrice Dacia Maraini. Giappone 1943. La famiglia Maraini vive a Kyoto ed è perfettamente integrata all’interno del tessuto politico, sociale e culturale del paese ospitante. Il padre insegna all’università e la madre Topazia è una donna autonoma e indipendente. In famiglia ci sono anche altre due bambine oltre Dacia: Yuki e Toni. L’equilibrio viene rotto dalla Seconda guerra mondiale e dal giuramento alla Repubblica di Salò che i coniugi Maraini decidono di non firmare. Inizia il loro inferno. Dopo tre settimane segregati in casa, i Maraini non sanno cosa li attende, vivono come in un limbo, fino a quando non verranno deportati in un campo di concentramento nei pressi di Nagoya. Sono in diciotto e Dacia e le sue sorelle, le uniche bambine in quel luogo infernale in cui patiscono la fame per due lunghi anni. Nonostante le fatiche giornaliere, le malattie e la denutrizione, i Maraini continuano a vivere senza perdere la speranza e la loro forza intellettuale. Dacia dopo tanti anni riesce a mettere per iscritto un’esperienza per lei ineluttabile e difficile da raccontare a parole ed è per questo motivo che si lascia aiutare dagli scritti della madre, del padre e della sorella Toni. Non mancano riflessioni filosofiche, poetiche e una digressione sui campi di concentramento nazisti. Attraverso una parola chiara, cristallina e pura, Dacia ci regala una testimonianza preziosa e attuale, dimostrandoci ancora una volta come la storia possa esserci maestra.
Narrazione un po' troppo lenta per i miei gusti, spesso mi perdevo. Nonostante ciò la storia raccontata è molto toccante e non ci si aspetta che l'autrice ricordi tutto alla perfezione 80 anni dopo i fatti.
“Ricordo ancora il vento che ci soffiava in faccia mentre viaggiavamo sul camion che ci portava al campo di concentramento. Cosa sarebbe stato di noi?”
3,5 ⭐ Un libro che racconta la prigionia in un campo di concentramento Giapponese dell'autrice Dacia Maraini e della sua famiglia. Un libro bello e crudo allo stesso tempo che mi è piaciuto molto , ho apprezzato la scrittura scorrevole dell'autrice. Forse leggermente lento verso la fine (solo in alcune pagine) ma una lettura sicuramente molto interessante e bella.