Con La terra di ferro del poeta tarantino Pasquale Pinto continua e si addensa la linea poetica inaugurata qualche tempo fa con un ampio volume antologico di Luigi Di Ruscio; linea che riconduce alla concreta esperienza del lavoro di fabbrica, che con Pinto ci trasporta in una Taranto splendida e terribile, attraversata da ferite immedicabili. Poesia operaia, a patto che l’espressione non si raggeli in una gabbia troppo stretta e divisiva; perché se operaia è senza dubbio l’esperienza in cui questa poesia affonda le sue radici, soltanto poetica, nel senso più ampio e più alto del termine, è poi la distillazione estetica e conoscitiva di una simile esperienza. Sin dal titolo, il riferimento concretissimo a una precisa realtà, della quale il ferro dice subito la condizione industriale, si apre tuttavia a una più vasta dimensione metaforica, a una condizione umana più generale, nel bilico costante tra spietata rappresentazione della devastazione (di esistenze, di paesaggi, di comunità) e audacia dello sguardo che si spinge verso un orizzonte ancora utopico, in cui la forza delle immagini prova a contraddire l’evidenza del disastro di un modello produttivo disumano. “Impara dai poveri a salutare i morti / a camminare nei cimiteri / a chiudere la giornata nelle spalle / ed anche a scegliere / quelli con cui alzare il vino / o aprire la giacca al sole // Impara da loro / a tenere le mani alla luce / a indovinare l’acqua nel cielo / a trattare il pane col silenzio”.Fabio Pusterla
Pasquale Pinto è nato a Taranto il 15 aprile del 1940. Dipendente dell’Italsider dal 1964 al 1990. Ha iniziato a scrivere versi a quindici anni mentre frequentava il ginnasio. Esordisce nel 1971 con Jonica (Edizioni Centro sociale Magna Grecia), seguono In fondo ad ogni specchio (In Primo Piano – editrice, 1976), Il capo sull’agave (Edizioni Centro sociale Magna Grecia, 1979), Il parco depresso (Edizioni Pentapress), La terra di ferro (Comune di Taranto – Assessorato alla Cultura, 1992), Poemetti (Biblioteca della Provincia di Taranto, 1995), I mari della corte (Biblioteca della Provincia di Taranto, 2003). Ha collaborato con il «Corriere del Giorno» e il «Dialogo». È morto a Taranto il 6 dicembre del 2004.
Una raccolta poetica che affronta il tema della condizione industriale, il lavoro nelle fabbriche, evidenziando soprattutto i lati negativi. Una poesia che diventa esperienza e realtà, una poesia che affronta il dramma di molti italiani, trasferiti dal sud al nord per trovare lavoro e poter vivere. In questo caso, lo scenario di Pinto è Taranto e le poesie cercano di raccontare tramite la dimensione metaforica, la condizione umana più generale. Poesie sicuramente intense, ma che mi hanno trasmesso poco, nonostante il tema sia delicato e valido.