Non potendo costruire hanno scritto. Di case, di città, di quartieri in trasformazione. Tenute lontane dall’architettura si sono dedicate alla fotografia, trovando mille modi per raccontare le persone e gli spazi della città. Escluse dalla pianificazione urbanistica si sono dedicate alla scala minuta, granulare, del design dell’abitare e della vita quotidiana, progettando spazi di prossimità e di benessere. Sono state più giardiniere che progettiste, più pedagogiste che ingegnere. Quando hanno potuto hanno generato pensiero e visioni lungimiranti, presto dimenticate; hanno osservato da vicino le città – nelle loro pratiche quotidiane – con il distacco che solo chi è escluso dai giochi può avere. Le donne, in forme varie e sempre eclettiche, hanno maturato un pensiero pratico sulla città che oggi non possiamo trascurare e di cui peraltro loro stesse non sono ancora pienamente consapevoli. Oggi che dobbiamo ripensare la relazione tra spazi e vita, tra tempi quotidiani e aspettative di benessere, tra natura e città, la prospettiva da cui guardano il mondo appare cruciale.
Ho amato questo libro. Elena Granata parla di città e delle donne che ne fanno parte e che hanno contribuito alla loro creazione. Tramite molti nomi e storie di progettiste, architette e scrittrici di urbanistica, la scrittrice non solo ci fa conoscere tutte queste donne che hanno avuto un grande impatto nella storia, ma ci spiega come loro hanno avuto un modo diverso di farlo. Un modo che va ricordato, celebrato e di cui abbiamo davvero bisogno.
Elena Granata ci arriva così vicino ma, come tante altre, vira all'ultimo dal dire qualcosa di veramente importante perché pensa ancora in termini di uomo=aggressione potenza forza dominazione e donna=cura accudimento famiglia casa domesticità. Peccato.