Beatrice è una donna difettosa; ha dietro di sé un ruvido passato di periferia romana, in balìa degli umori di un padre tanto squilibrato da sembrare comico, e del quale è convinta di aver ereditato la follia. Il presente, proprio quando con la morte del padre sembra aprirsi a un nuovo inizio, un trasferimento, un matrimonio, è soffocato dalla scoperta di una malattia autoimmune, e cadenzato da ospedali e cure che non sembrano funzionare. La felicità deve fare i conti con la costante sensazione di punizione di l’idea di meritarsi il proprio dolore. Un’idea che, tuttavia, viene combattuta a colpi di ironia, affrontando le paure e trasformandole in caricature mitologiche, e donandoci una storia tanto dolorosa quanto divertente che forse può meritarsi un lieto fine, o qualcosa che gli assomiglia.
Ho comprato questo libro per un bookrave organizzato da una libreria indipendente di Padova che aveva come tema il rapporto con il corpo e posso dire che ne sono rimasta piacevolmente sorpresa. A parte l’edizione molto bella e curata (io ho una particolare simpatia per la casa editrice effequ), l’autrice, Beatrice Galluzzi, è stata una piacevole scoperta. Il romanzo è un’autofiction, in cui la protagonista racconta come ha vissuto la scoperta della malattia e tutto quello che ne è conseguito, compreso il cambiamento del suo corpo. Beatrice racconta anche la sua infanzia ed adolescenza, approfondendo in particolare il rapporto con i suoi genitori, soprattutto con il padre, un uomo non facile che l’ha segnata sin da bambina.
L’aspetto più sorprendente per me è stato aspettarmi una storia dai toni drammatici e cupi, e sarebbe potuto davvero esserla viste le premesse e la vicenda, e trovare invece un racconto ironico e tagliente: l’autrice parla di tutto con sarcasmo, prende in giro se stessa, le persone che la circondano e che le vogliono bene, ne enfatizza difetti, emozioni, non facendo risultare niente mai davvero triste.
Un memoir dove l'autrice racconta un presente segnato da una malattia autoimmune, che pensa di meritare. Passo dopo passo va ad analizzare il suo passato scandito dalla follia di un padre che inizialmente vedeva solo nei fine settimana e poi una convivenza che l'ha segnata. Una lettura che non avrei mai pensato mi potesse sorprendere. Lettura consigliatissima.
In questo titolo viene analizzata la vita dell’autrice, in una sorta di memoir, con una feroce ironia per esorcizzare le sue paure. Beatrice vive nella periferia di Roma, con un padre squilibrato che lavora a Milano e rientra a Roma nei weekend. La sua vita è costellata da questi momenti in cui la famiglia veniva rimodulata dal rientro del padre e, a tutti gli effetti, sconvolta. Da adulta Beatrice scopre di avere una malattia autoimmune e si interroga se la sua patologia sia in qualche modo legata alla patologia psichiatrica del padre, in una sorta di ereditarietà di geni malati.
Quando suo padre (l’ingegnere) muore Beatrice si sente quasi libera anche dai sensi di colpa con cui ha convissuto, e la sensazione di leggerezza aumenta per il matrimonio imminente con il compagno. Tutta questa felicità viene disintegrata dalla scoperta di essere affetta da questa malattia autoimmune. Nella sua mente il tutto si scontra con l’idea della malattia come punizione che si è meritata legata all’ereditarietà e quindi al “sangue cattivo”.
“Io l’ho scelto, di essere qui. Ho cesellato questo momento, ho desiderato di morire con così tanta intensità che le mie cellule l’hanno sentito e mi si sono rivoltate contro; gli anticorpi, la mia squadra di difesa, sono diventati i miei aggressori. Il sangue cattivo, inzaccherato dalle sostanze di scarto; il sangue che nessuno vuole, gli organi che nessuno userebbe per dare vita ai cadaveri. I miei nemici sono io.”
L’ironia con cui racconta questa situazione, strappando un sorriso al lettore, è fantastica.
“I dottori credono che stia vivendo in una tregua, una remissione. A dire il vero ci credono tutti, anche gli altri, tranne me, convinta invece che la punizione finirà il suo lavoro.”
Ho comprato questo e-book con gli sconti di Natale attirata dall'intriganre copertina e dalla tematica. È un memoir dell autrice che spazia, in modo un poco confusionario, tra il suo passato e la sua malattia. A volte il testo pare suggerire un diretto collegamento tra le due cose non suffragato da alcuna base medica. Apprezzabile che l autrice riesca a trasmettere i propri stati d'animo in merito alla malattia e alla paura del futuro.
Memoir coinvolgente in cui la narrazione del decorso della malattia spinge l’autrice a rivedere i fatti della sua crescita in una famiglia disfunzionale. Tutto è trattato con ironia, la cifra stilistica che permette di muoversi con agilità tra le drammatiche difficoltà vissute.
«Io l'ho scelto, di essere qui. Ho cesellato questo momento, ho desiderato di morire con così tanta intensità che le mie cellule l'hanno sentito e mi si sono rivoltate contro; gli anticorpi, la mia squadra di difesa, sono diventati i miei aggressori. Il sangue cattivo, inzaccherato dalle sostanze di scarto; il sangue che nessuno vuole, gli organi che nessuno userebbe per dare vita ai cadaveri. I miei nemici sono io.»
Raccontare la malattia senza instillare in chi legge un senso di pietà, ma un forte rispetto è difficilissimo. Riuscire a farlo con ironia sottile, facendo sorridere e piangere contemporaneamente, è un dono. E Beatrice lo ha.
Mi sono approcciata a questo libro convinta di imbattermi in un qualcosa di sicuramente interessante, ma potenzialmente già visto. “Sangue cattivo” non è sicuramente il primo romanzo che parla di malattia, d’altra parte. Non potevo sbagliarmi di più. Al di là di ciò che viene narrato, quello che più di tutto entra in relazione con il lettore è l’uso che delle parole sa fare Beatrice. Nessuna è lasciata al caso, e tutte, in un modo o nell’altro, permettono di operare quella che è una dissezione delle pagine e delle immagini raccontate, andando sempre più in profondità e portando a galla sentimenti difficili da gestire.
Beatrice, infatti, scopre di soffrire di una malattia ai reni m poco dopo la morte del padre, un uomo colto, ma con un atteggiamento aggressivo, che ha fatto fatica negli anni ad amare. Eppure con quel padre, folle a dir poco, ha in comune il gruppo sanguigno: che abbiano quindi anche lo stesso sangue cattivo? La scoperta del male autommune che la affligge la convince che ci sia una stretta connessione con lui, che in un certo senso si meriti di stare male, di soffrire, anche di morire giovane. E così, tra capitoli che ci dipingono una Beatrice bambina, poi adolescente e infine adulta alle prese con una famiglia complessa, frammisti a scene ambientate in ospedale, in cui la penna si fa quasi chirurgica, entriamo a contatto con il dolore, con la malattia, ma soprattutto con la speranza, che nascosta dietro la paura e l’ironia, si affaccia sorniona.
In tutti i libri c’è un po’ di chi li ha scritti. Sicuramente qui c’è moltissimo di Beatrice e quello che leggiamo è parte della sua anima.
A me questo libro è piaciuto e l'ho trovato anche scritto bene. Proprio per questo mi è dispiaciuto trovare più di una volta aggettivi e verbi usati impropriamente.
Recensione a cura della pagina Instagram Pagine_e_inchiostro:
Sangue cattivo é la storia della dissezi0ne di un’anima. Beatrice é convinta di aver ereditato dal padre, misterioso ingegnere sempre in bilico tra picchi di ironia e psic0si, il gene della f0llia. La sua é una vi0lenza che arriva da fuori, ma che finirà per scorrerle dentro.
Ogni momento felice della sua vita finisce per esserle di peso, é difettoso, perché la donna sente pendere su di sé due spade di Damocle: quella del senso di colpa, ma anche quella del peso della propria genetica. Con una provincia operaia Romana e poi Ostia a fare da sfondo, Beatrice ripercorre i passi che l’hanno portata da essere bambina ad essere donna, da essere sana ad essere malata.
🍁 Nonostante Beatrice sia fuggita dai luoghi interiori ed esteriori della sua infanzia, alla ricerca di una qualche felicità, finirà per scontrarsi continuamente con la sensazione di meritare il proprio d0lore; la sua convinzione di meritare una punizi0ne finirà per radicarsi fatalmente in una malattia ai reni, di cui si scoprirà affetta. Saranno proprio le scene ospedaliere ad essere in assoluto le più potenti e veritiere, in grado di parlare a chi, in quei corridoi, ci ha camminato davvero.
🩺 Ecco quindi l’Anatomia di una punizi0ne: la protagonista sente che la malattia la coglierà, per rimorso o per genetica, ma inizialmente non si capisce quanto ci sia di reale e quanto da attribuire all’aspetto psicologico. Beatrice affronta stoicamente il suo destino, con un flusso di coscienza che oscilla tra memoria, ironia dissacrante ed eccessi. La narrazione sfocia in un racconto vero, sp0gliato dai filtri del linguaggio dei sani: vulnerabile e umano, spietat0 e potente.
Sangue cattivo é un memoir che diventa specchio di diverse realtà da dover comprendere, al fine di accettarci completamente: la malattia, la sua famigliarità, il perdono e il saper lasciare andare, imparando a prendere la vita così com’è.
✨ Ringrazio Beatrice, per aver scritto una storia che parla a me e alla mia personale esperienza.
Scrivere di questo romanzo è difficile per me. Perché Beatrice Galluzzi ha avuto la maestria di parlarmi direttamente, condividendo pensieri e sensazioni comuni. La malattia ti permette di tirare fuori la resilienza che e dentro di te, ma ha anche il potere pericoloso di farti entrare in un loop continuo che ti porta a viverti e percepirti solo come malata. Allo stesso tempo, però, subentra la naturale attitudine alla protezione dei tuoi cari, e allora fingi che vada tutto bene! Conosco benissimo la sensazione, convivendoci tutti i giorni. Inutile suggerirti di recuperare la lettura, avrai capito quanto sia stata potente per me. Ho sottolineato tantissime frasi che avrei potuto tranquillamente scrivere io per quanto mi appartenessero. È una scrittura fluida, scivola come l'olio, ma allo stesso tempo riesce a schiaffeggiarti. Grazie di nuovo all'autrice per aver condiviso la sua storia, utile a tutt noi!
Non so come sia successo che nel 2023 mi sono ritrovato spesso tra le mani libri, solitamente di autofiction, scritti da donne che parlano del loro rapporto con le malattie che hanno incontrato nella propria vita: prima Poverina di Chiara Galeazzi, poi Come d’aria di Ada D’Adamo e ora Sangue cattivo di Beatrice Galluzzi. Forse il fatto che mi siano piaciuti molto tutti e tre, incluso quest’ultimo, dovrebbe portarmi a pormi delle domande. Forse, più semplicemente, devo solo fare i complimenti alle tre autrici. Galluzzi nello specifico interseca il racconto nel presente, le sue vicissitudini mediche e di come queste impattino sulla sua vita personale, con quello del passato e della presenza (ingombrante, anche al giorno d’oggi) del padre della protagonista. È un racconto sempre in bilico tra il comico e il drammatico, molto scorrevole e costruito in modo da generare curiosità fino alla fine.
Mi sono trovata con questo libro in mano grazie al mio BookClub con i Baffi, che a sua volta si è ispirato al BookRave dal tema “I Corpi”. Il libro, di lettura abbastanza scorrevole nonostante lo spessore dei temi che tratta, mi è piaciuto molto.
Quella di Beatrice Galluzzi, scrittrice e protagonista, è una storia che ti travolge, una storia di sensi di colpa in cui la protagonista si muove in punta di piedi, sempre all’erta e pronta a scattare.
“Ma le buone notizie mi convincono poco: i risvolti positivi si nutrono della loro controparte.”
La protagonista, con un tono tagliente, racconta la storia della sua malattia e della sua famiglia. Orbitano intorno a lei le figure dolci ed amorevoli dei nonni materni e di Aldo, fidanzato e futuro marito, e quelle dei suoi genitori: una madre passiva e spaventata, un padre despota, piuttosto attaccato al denaro e che addosso ha il sapore amaro del fallimento. Quest’ultima figura è quella che mi è sembrata avere un ruolo predominante in tutto il libro ed è anche quella che, rispetto alle altre, ha avuto un’evoluzione maggiore.
Beatrice che è la regina delle sfortune e delle malattie, che crede essere tutte meritate come una sorta di punizione. Una regina che lotta contro il tempo, nelle cui vene si diffondono i mali che la colpiscono. Indubbiamente è la regina che mi ha tenuto incollata alle pagine del suo libro, la regina per la quale ho sofferto ed ho tifato, una regina che ha saputo emozionarmi e commuovermi.
Libro che ho preso un po' per caso durante gli sconti natalizi degli eBook di Effequ e forse è stato bene così, l'avessi preso fisicamente ci sarei rimasta male per i soldi spesi 🫤 non che non mi sia piaciuto, ma non mi ha lasciato tantissimo. La storia si sposta tra il passato e il presente di Beatrice (è un racconto autobiografico). Il passato è fatto dei ricordi del padre, uomo violento che maltrattava la protagonista e la madre; il presente è fatto dalla scoperta di Beatrice di avere una malattia autoimmune che la fa entrare ed uscire dagli ospedali, portando a riflettere sul suo corpo e sulla sua vita. Questi avanti-indietro ogni tanto rendevano un po' confuso il racconto, la parte nel passato era più interessante di quella del presente (che a volte risulta pesante nella scrittura). Non un flop ma è un libro che non ricorderò 🙁
Dalle prime battute mi sono innamorata di questa voce, di questa storia. All'inizio non pensavo nemmeno fosse autofiction e onestamente sta bene in piedi. Certo poi capire che l'autrice ha vissuto quello che racconta fa stringere il cuore. Ho trovato questo libro sulla mia strada perché ho partecipato ad un'iniziativa di Bookrave (una serie di case editrici indipendenti) che ha per tema il corpo. C'era la mia amica Liz (che fa la nutrizionista) e si parlava di fame; questo libro in particolare però mi guardava con la sua bellissima copertina, con questa dama un po' Frida, un po' regina di cuori e ho detto mi butto; anche perché BookRave aveva dei gadget bellissimi, mica potevo prendere solo un libro ;)... Poi oltre a malattia, corpo traditore, corpo fallato, si racconta una famiglia, un padre e una madre. Veramente a me è piaciuto proprio tanto...
"Sangue Cattivo. Anatomia di una punizione" è l'esordio di Beatrice Galluzzi 💕
La protagonista di questo testo, omonima dell'autrice, si vede tradita dal corpo, vittima di una malattia autoimmune.
Questa condizione è descritta in modo molto diretto, senza fronzoli, senza eccessivo romanticismo, con dettagli necessari per chiarire il PDV di Beatrice.
La narrazione alterna il presente e il passato e sviscera, tra le altre cose, il rapporto problematico con l'opprimente padre.
Mi hanno catturata sia la storia che la scrittura, è scorrevole e scende giù che è un piacere. Davvero difficile stare senza.
Memoir che parla di guarigione. Sì, perché per guarire bisogna necessariamente passare dalla malattia e il percorso di Beatrice Galluzzi confluisce in tutto il Sangue Cattivo che avverte come una tara familiare e un ineluttabile destino in cui la punizione, la sua attesa, la sua percezione, è costantemente dietro l'angolo.
Tagliente, intimista, arrabbiato, forte. Da leggere. ❤️