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Cassandra a Mogadiscio

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Candidato al Premio Strega 2023, Cassandra a Mogadiscio è uno struggente memoir dove affiorano e si intrecciano insieme la travagliata storia del popolo somalo e la storia familiare e autobiografica dell'autrice. Il risultato è un vero e proprio racconto intergenerazionale che parla di identità e colonialismo; dell'Italia e della Somalia e di un possibile, per quanto difficile, perdono.

In un unico impasto linguistico dove la lingua del colonizzatore, diventata ora lingua degli affetti, viene costantemente ibridata e intrecciata con lingua somala, Igiaba Scego ci racconta la storia della sua famiglia e, attraverso questa, la storia della tragedia della diaspora somala. Lo fa nella forma di una lettera scritta alla giovane nipote, Soraya, dietro cui vive la volontà e la necessità di dare voce a una storia scomoda, inascoltata e in parte dimenticata. Una storia fatta di guerra, di traumi, di esilio, ma anche, e soprattutto, di tenace sopravvivenza.

Ora restituito alla dimensione orale, a cui da sempre si affida la memoria di ogni popolo, dalla sapiente narrazione di Esther Elisha, Cassandra a Mogadiscio accompagna l'ascoltatore in un viaggio intimo ed emotivo, che, mentre lavora sulla rielaborazione di un passato prossimo ancora doloroso, indica, a sua volta, la via per un’integrazione ancora lenta, ma possibile.

Igiaba Scego (1974), nata a Roma da genitori somali, è una scrittrice e giornalista italiana nota per i suoi romanzi che esplorano temi legati all'immigrazione, all'identità e alla diaspora somala e per la sua collaborazione con testate quali "La Repubblica", "Internazionale" e "Lo straniero".

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First published February 1, 2023

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About the author

Igiaba Scego

36 books231 followers
Igiaba Scego is an Italian writer, journalist, and activist of Somali origin. She graduated with her BA in Foreign Literature at the First University of Rome (La Sapienza) as well as in pedagogy at the Third University of Rome. Presently, she is writing and researching cultural dialogue and migration.

She writes for various magazines that deal with migrant literature, in particular Carta, El-Ghibli and Migra. Her work, not devoid of autobiographical references, are characterized by the delicate balance between her two cultural realities, the Italian and Somalian.

In 2003, she won the Eks & Tra prize for migrant writers with her story "Salsicce", and published her debut novel, La nomade che amava Alfred Hitchcock. In 2006 she attended the Literature festival in Mantua.

Scego collaborates with newspapers such as La Repubblica and Il manifesto and also writes for the magazine Nigrizia with a column of news and reflection, "The colors of Eve". In 2007 along with Ingy Mubiayi, she edited the short story collection 'Quando nasci è una roulette. Giovani figli di migranti si raccontano.' It follows the story of seven boys and girls of African origin, who were born in Rome of foreign parents or came to Italy when young: the story of their schooling, their relationship with family and with peers, religion, racism in Italy, and their dreams.

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39 (9%)
1 star
8 (1%)
Displaying 1 - 30 of 59 reviews
Profile Image for Dagio_maya .
1,105 reviews350 followers
May 31, 2023
"Mi sentivo come Cassandra, la figlia di Priamo, quando vide il maledetto cavallo di legno davanti alle mura della sua città.
Il cavallo con dentro gli Achei che avrebbero distrutto Troia e la sua famiglia.
Cassandra vedeva la sciagura approssimarsi.
E anch’io vedevo la sciagura mentre roteavo la testa con Stevie Wonder che da uno stereo mi dettava il ritmo."




Non è mia abitudine assegnare stelle a racconti autobiografici e memoir.
Succede, talvolta, che prevalga l’emozione.
Vuoi per la scrittura così gradevole da sembrarti una melodia.
Vuoi per un’affinità di pensiero.
Fatto sta che “Cassandra a Mogadiscio” sia, per me, un’opera che merita di essere letta, merita di essere in lizza per il Premio Strega e, a mio parere, vincerlo perché questo libro ha sì per protagonista la famiglia Scego e la diaspora somala ma, inevitabilmente, parla di tutti noi.

L’autrice riallaccia fili della sua infanzia e di ciò che precede, ossia la storia dei suoi genitori ancor prima della fuga forzata dal regime di Siad Barre.

Questa è la storia della famiglia Scego: un padre, una madre, una figlia ed un numero indefinito di altri parenti disseminati come schegge dopo un’esplosione.

Tutti legati dal Jirro

” Jirro in somalo significa “malattia”, letteralmente è così, ogni vocabolario ti riporterà questa spiegazione. Persino Google Translate.
Ma Jirro per noi è una parola più vasta. Parla delle nostre ferite, del nostro dolore, del nostro stress postraumatico, postguerra.
Jirro è il nostro cuore spezzato. La nostra vita in equilibrio precario tra l’inferno e il presente.
Siamo esseri diasporici, sospesi nel vento, sradicati da una dittatura ventennale, da una delle più devastanti guerre avvenute sul pianeta Terra e da un grosso traffico di armi che ha seppellito le nostre ossa, e quelle dei nostri antenati, sotto un cumulo di kalashnikov che dalla Transnistria sono sbarcati direttamente al porto di Mogadiscio.
Per annientarci.”



Il racconto è ricomposto intervistando la madre e sicuramente quello della memoria è il motore attorno a cui ruotano tutte le questioni dell’essere diasporici.
La dispersione mette in risalto tutta una serie di dicotomie che cercano un equilibrio:
la lingua madre e la lingua dell’italiano colonizzatore; le ferite inferte dal crudele colonialismo italiano e la persistente negazione degli italiani di quello che è accaduto; l’essere spezzati vs il quotidiano sforzo di riorganizzarsi in cerca di un’unità.

Ci sono pagine molto dolorose come quelle che ci parlano della crudele pratica dell’infibulazione ma anche delle patologica scappatoia che una Igiaba Sciego adolescente trova per scansare il dolore di una madre lontana in mezzo alla guerra civile, la bulimia:

”Vomitando mi illudevo di poter scappare da tutto quello che mi ballava intorno.
Il vomito nasceva dalla voglia di mettere ordine in una vita che stava prendendo pieghe impreviste, quella dell’adolescente che ero quando è scoppiata la guerra.”


L’opera assume le forme di una lettera indirizzata alla nipote Soraya che vive in Canada.
Non tanto un espediente narrativo quanto un vero e proprio intento di combattere l’oblio della Storia.
Le nuove generazioni, infatti, se non aiutate nel sostenere il ricordo sono passibili della dimenticanza.

La scrittrice è al centro di una storia fra due mondi: Europa ed Africa, Italia e Somalia, Roma e Mogadiscio.
Lei nata e cresciuta (tranne un anno in Somalia) a Roma non è considerata italiana perché nera ma è chiamata “l’italiana” dai somali.

Questa lettura mi ha fatto riflettere su tante cose.
L’indignazione generale per la guerra, ieri come oggi, nasconde una miriade di tragedie private ma altrettanto drammatica è la velocità con cui assorbiamo tutto come consuetudine.

Quanto tempo è passato da quando stavamo incollati a guardare le immagini dei bombardamenti in Ucraina al momento in cui abbiamo inziato a cambiare velocemente canale in cerca di qualcosa di più leggero che non ci faccia pensare?

Lo stesso è successo a suo tempo con la guerra in Somalia.
Immagini che crediamo indelebili e poi svaniscono perchè non ci riguardano oalmeno così crediamo.
Tanto che oggi quasi nessuno conosce gli eventi e veramente in pochi sanno dell’usurpazione e delle violenze italiane nelle colonie.
E’ come se ci fosse un’anestesia generale.
Bandita l’empatia.
E quando mi capita di leggere/sentire l’odio che respinge e vorrebbe annullare altri esseri umani io sento tutto il fallimento di questa umanità.

"Memoria. Sei saltata in aria su mine antiuomo. Sei stata fucilata in plotoni d’esecuzione sommari e improvvisati. Sei stata stuprata nel deserto da trafficanti ingordi di dollari. Sei stata ridotta a brandelli da autobombe esplose nella notte per conto di mafie e terrorismi. Sei stata crivellata dai kalashnikov in battaglia. E ora sei sfollata in un campo profughi gremito. E poi insultata nelle vie di un Occidente che non ti conosce né ti vuole conoscere. E così intanto evapori. Via. Lontano. Dalle menti. Dai cuori. Dalle schiene che ti sostenevano audaci e incoscienti. Recuperarti dal baratro in cui sei caduta è forse l’unica cosa che possiamo fare se vogliamo guarire davvero. Se vogliamo che il Jirro prima o poi ci lasci in pace."
Profile Image for giduso.
341 reviews26 followers
May 1, 2023
Un libro impostato come una lettera alla giovane nipote, anche se di fatto mi é sembrato che il vero destinatario sia la madre dell'autrice, per cui nutre grande affetto. Tanti frammenti di storie personali, famigliari o legati alla storia somala (forse in generale un po' slegati e ripetitivi, penso che il libro potesse essere più breve), per riannodare i fili tra Italia e Somalia. Un libro molto personale e vissuto.
Profile Image for dely.
492 reviews278 followers
August 28, 2023
4,5

Gran bel romanzo autobiografico che ci permette di conoscere anche la storia della Somalia. Igiaba, italiana di origini somale, scrivendo una lunga lettera alla nipote Soraya che vive in Canada, si apre con il lettore parlando di se stessa, della sua numerosa famiglia e della Somalia.

Igiaba non ci parla soltanto del colonialismo italiano in Somalia, ma anche di com'è la vita da rifugiati politici in Italia; le difficoltà e le ristrettezze che la sua famiglia ha dovuto affrontare, per non parlare del razzismo e la discriminazione subiti. Ci racconta di come una guerra, anche se non vissuta sul fronte, ci può disintegrare interiormente. Poco prima dello scoppio della guerra civile del 1991, la mamma di Igiaba va in Somalia e rimane intrappolata lì per due anni. Igiaba aveva solo 16 anni e ha dovuto affrontare questo vuoto in piena adolescenza. Ci spiega la sensazione di sradicamento che nasce dalla diaspora e l'importanza di una lingua in comune per poter parlare con i famigliari emigrati in altre nazioni. Soraya, la nipote a cui è indirizzata questa lunga lettera, non riesce a comunicare con la nonna, la mamma di Igiaba, perché questa parla solo somalo e italiano, mentre lei parla solo inglese e francese. L'autrice, con questo romanzo, mette anche in evidenza l'importanza di avere un'ancora di salvezza a cui aggrapparsi e che ci permette di non affondare. Per lei è stata la lingua scritta, l'italiano, per la madre è stato il ricamo. "Luoghi" in cui rifugiarsi e in cui ci si sente ancora vivi e al sicuro.
Un altro tema fondamentale del romanzo è la memoria. L'autrice scrive questa lunga lettera alla nipote per imprimere su carta la storia della Somalia e della sua famiglia. L'Italia ha preferito dimenticare la sua storia coloniale e a Mogadiscio è stato distrutto l'archivio di Stato, quindi è un paese senza memoria. Igiaba vuole far capire alla nipote che non bisogna dimenticare, che la storia di una nazione, e di una famiglia, è essenziale per non disintegrarsi e per sentirsi radicati in un terreno che ci può nutrire e dare sicurezza.

È un romanzo molto intimo e personale in cui l'autrice si apre veramente molto con il lettore. Di Igiaba Scego avevo già letto e apprezzato La linea del colore, ma dopo averla conosciuta al Salone del Libro di Torino la mia stima per lei è aumentata a dismisura. Ogni volta che leggo la sua dedica, in cui mi chiama sorella, mi commuovo fino alle lacrime. È una persona semplice, umile, che ascolta e dedica il suo tempo a tutti.

Purtroppo il libro ha un paio di aspetti negativi. Ho sentito la mancanza di un glossario perché l'autrice usa spesso parole o brevi frasi in somalo. Capire o non capire queste poche parole non cambia niente nella comprensione della storia, ma io avrei preferito avere un glossario perché andarle a cercare su Google mi interrompeva la lettura (infatti a un certo punto ho smesso di cercarle). Un altro lato negativo che mi è pesato un po' è stata la ripetitività di alcune espressioni. Non so quante volte ha scritto, rivolgendosi alla nipote, "mia madre, tua nonna" oppure "mio padre, tuo nonno". Ecco, non c'era bisogno di ripeterlo in continuazione. Spesso Igiaba doveva ricordare al lettore che stava scrivendo una lettera alla nipote e così aggiunge spesso "amatissima" o un "cara Soraya" quando il lettore meno se lo aspetta. Alla lunga diventa pesante perché la narrazione viene interrotta ed essendo un'unica lunga lettera alla nipote non c'era proprio bisogno di rivolgersi a lei così spesso. Nonostante queste due piccole stonature, è sicuramente un libro che consiglierei a chiunque.
Profile Image for Stefania.
547 reviews9 followers
Read
September 5, 2024
Non si può valutare un libro del genere con delle stelline, per me sarebbe come sminuirlo. Qui c'è la vita di Igiaba, la storia della sua famiglia diasporica che merita molto di più di qualche stellina. È un libro molto doloroso, non posso nasconderlo, ci sono dettagli duri e molto veri, si parla anche di infibulazione (quasi mi veniva da svenire), di guerra, politica ed esilio. Mi sono commossa spesso durante la lettura e in particolare ricordo (non faccio spoiler) un momento specifico in cui si parla di un meraviglioso pettine di legno intarsiato da un artigiano somalo, ma conservato adesso al museo delle civiltà di Roma. Come dice la Scego nei ringraziamenti, questo libro è uno scavo doloroso ma fecondo, ha seminato dentro di me consapevolezza e amore, e rafforzato l'idea di ipocrisia legato al solito finto adagio `Italiani brava gente.`
~~~
"Gli altri, quelli che abitano mondi di apparente pace, davanti alla nostra caduta si credono puri e innocenti. Ma nessuno è innocente. In un mondo interconnesso come il nostro, dove le risorse viaggiano sempre a senso unico, dal sud verso il nord, credersi innocenti è un'illusione. È il delitto più grande. Sono più di 40 anni che il mondo, le multinazionali occidentali e non solo, sversano rifiuti tossici in quel mare somalo che un tempo ha visto le gesta dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Inquinano oceani poi si lavano le mani dal sangue tra le onde."
Profile Image for Paulina.
93 reviews12 followers
April 6, 2025
Ein weiteres Jahreshighlight!
Sicuramente un altro libro preferito di quest’anno!
Che bello sapere che ci sono voci dall’Italia come quella di Igiaba Scebo.
Profile Image for Mariaelena Di Gennaro .
474 reviews140 followers
January 12, 2024
Seguo sempre Igiaba Scego, mi piace il suo modo di comunicare, ammiro la sua intelligenza e poi abbiamo in comune la passione per la lingua e la letteratura portoghese!

Avevo già apprezzato la sua scrittura in precedenti lavori, ma qui secondo me ha alzato proprio il livello.
Si sente che questa è la sua storia, quella della sua "hooyo", quella della sua identità spaccata in due tra Italia e Somalia. In ogni singola riga sono riuscita a percepire la sua emozione, il peso delle parole e di un racconto che si porta dentro da tempo e che è diventato parte di lei.
Oltre alle vicende della sua famiglia narrate tramite l'espediente di una lunga lettera alla nipote lontana, ci restituisce uno spaccato storico e sociale della Somalia, sottolineando i rapporti controversi con l'Italia e tutto il dolore che i somali hanno dovuto sopportare.
Le pagine dedicate alla separazione da sua madre sono state davvero angosciose e si percepiva benissimo tutta la preoccupazione e il tormento che Igiaba e suo padre avevano ogni giorno nel cuore. Sono state le parti emotivamente più forti per me.

Bello, bello, bello e sicuramente un meritatissimo posto nella cinquina finale del Premio Strega.
Profile Image for Agnese.
53 reviews3 followers
Read
January 9, 2025
Mi è piaciuto, nonostante non mi abbia preso in maniera travolgente. La scrittrice racconta la storia della propria famiglia, partendo dalla guerra in Somalia del 1991, che è però spunto e non punto di partenza in senso temporale. Forse quello che destabilizza un po' è la mancanza di un filo logico, che sia temporale o di altro tipo, e anche la ripartizione dei capitoli e delle scene nei capitoli non è chiarissima.
Belle le riflessioni sul senso di appartenenza, la lingua e la scrittura, lo sradicamento, il moltiplicarsi delle personalità e il colonialismo nel complesso.

"Mi basta aprire una pagina, fitta di alfabeto, per ritrovare il senso di tutto. La bellezza condivisa. La memoria salvata. Le storie affidate a un supporto fragile, capace di strapparsi, macchiarsi, ardere, eppure geniale e tenace più della follia umana."
Profile Image for Rebecca Gatti.
80 reviews
May 24, 2023
Se dovessi giudicare soltanto la storia, un’autobiografia famigliare dell’autrice, darei 5 stelle. Una storia pregna di dolore e ingiustizie, ma anche di forza straordinaria e passione e amore e famiglia.
La guerra perenne di sottofondo, la diaspora del popolo somalo diviso per tutti i continenti, il Jirro (la “malattia”) che si passa da generazione in generazione e che arriva fino a me, che leggendo questo libro sento male alle ossa e alle viscere, dormo male e faccio incubi. Ma rido anche e mi addolcisco molto.
Il problema di questo libro, e il motivo per cui do 3 stelle, è che è un libro di 360 pagine che avrebbe potuto essere lungo forse 100/150. Mi sembra di averlo imparato a memoria tanto è prolisso e ripetitivo. È una lunga lettera, un flusso di coscienza che, per carità è sempre ben accetto, ma così l’ho trovato davvero estenuante. Ripetizione continua e asfissiante di concetti, di descrizioni, di nomi, di avvenimenti, di situazioni. Sempre le stesse cose ripetute nelle stesse salse, descrizioni di persone e personaggi sempre uguali a loro stesse. Davvero fastidioso, è il motivo per cui mi ci è voluto tanto tempo per leggerlo. Non so se fosse volontà dell’autrice, per rivendicare l’uso epistolare e fluido del racconto, ma io l’ho trovato estenuante e, devo essere sincera, mi ha rovinato la lettura di quella che è una storia grandiosa di un’autrice grandiosa. Davvero un gran peccato.
Se dovessi valutare solo lo stile darei 1 stella.
Di sicuro non nei primi posti della mia dozzina personale dello Strega, per i motivi sopracitati.
Ho da leggere “La linea del colore” della stessa autrice e non vedo l’ora, so che non mi deluderà perché è una brava narratrice.
Ah, altra cosa positiva del libro, è pieno zeppo di riferimenti e citazioni a film, libri e musica da tutto il mondo ma soprattutto da artisti somali. Sono contenta di aver potuto recuperare un mucchio di letteratura e musica che non conoscevo!

P.S.
La foto in copertina è la hooyo (la mamma) di Scego! Lo si scopre solo in fondo, nei ringraziamenti. Bellissima foto per una bellissima donna e persona che spero apprezzerete leggendo la sua storia.
Profile Image for Darik14.
50 reviews
May 4, 2023
Un libro delicato ed intimo in cui l’autrice, scrivendo una lettera a sua nipote, ripercorre pezzi di vita sua e della sua famiglia, tra colonialismo, diaspora e razzismo. A volte sembra che il lettore sia di “troppo” e che sia un intruso di questo mondo e per questo non è sempre una lettura scorrevole.
Profile Image for Anita Giannasio Mirisola.
Author 5 books46 followers
May 14, 2023
DNF.
Chissà, magari un giorno ci riproverò. Per ora mi annoia e non ho proprio la testa per portare a termine questa lettura. La forma epistolare non basta a renderlo un romanzo, e la colloquialità familiare non lo rende un saggio. Forse sono una persona troppo schematica per leggere libri di questo tipo, ho bisogno di sapere se mangio carne o pesce, e la quarta di copertina mi aveva illusa che avrei letto un romanzo. My bad.
Il tema è importante, della diaspora somala so poco o nulla, mi piacerebbe approfondire, ma non riesco proprio a farmi piacere questo stile narrativo, troppo farcito di elementi autobiografici. Again, my bad.
Il mio favorito allo Strega 2023 in questo momento è "Dove non mi hai portata", seguito a ruota da "Tornare dal bosco".
Profile Image for Debora Perra.
348 reviews1 follower
April 25, 2023
Una storia famigliare dolorosa, ma che ho sentito a me distante, percepita da un punto di vista a me alieno. Doloroso per me comunque constatare come alcuni (spero solo alcuni) miei connazionali abbiano dato il peggio di sé in Somalia.
Profile Image for Annalisa  Ponti.
363 reviews20 followers
June 26, 2023
Non è vero che l’ho finito; l’ho messo in pausa. Paradossalmente si tratta di un libro noioso.
È un vero peccato che tanta intelligenza e tanta storia, tanto dolore, non abbiano trovato una forma più concisa. A cosa serve una redazione?
4 reviews
March 10, 2023
Un libro veramente speciale e prezioso. Un regalo che ha deciso di farci Scego e che va accettato con gratitudine.
Profile Image for Simona F. 'Free Palestine, Stop Genocide'.
615 reviews60 followers
December 10, 2025
Ho fatto molta fatica a leggere questo libro e posso affermare senza dubbi che qualche decina di pagine in meno non avrebbero guastato il senso dell'opera. I continui salti temporali, i tanti termini in lingua somala non sempre tradotti, i numerosi riferimenti a parenti/amici/conoscenti e le diverse ripetizioni di alcune informazioni hanno appesantito in modo rilevante la lettura. In qualche caso (per esempio quando la madre racconta il momento in cui ha subito l'infibulazione) é sembrato che l'autrice non abbia preso posizione e questo é risultato incomprensibile oltre che inaspettato.
Mi sarebbe piaciuto un approfondimento della parte storica relativa alla colonizzazione, visto che questa é quasi completamente assente dai programmi scolastici e poco nota agli italiani della nostra generazione. Insomma è stato un libro per certi aspetti interessanti e per altri un po' noioso, che non è riuscito a farmi entrare in sintonia con le vicende narrate.
Alla fine questo "Jirro" sembra avere più a che fare con il destino cieco e brutale causa di tutti i mali (anche di un unghia incarnita) che con qualche altra "entità" della cultura somala.
31 reviews
March 10, 2025
Meraviglioso libro scritto come una lettera alla nipote e in cui l'autrice ci fa conoscere il suo paese d'origine e il suo ambiente (in particolare Aabo e Hooyo) con Jirro sempre presente. Scritta nella lingua del paese colonizzatore, in breve il paese dell'autore, la storia acquista ancora più intensità. Vale sicuramente la pena leggerlo, grazie @IgiabaScego
Profile Image for Gianna.
55 reviews1 follower
August 4, 2023
Vorrei dire grazie ad Igiaba di questo suo memoir e di questi fili cosí personali e familiari fatti emergere per la nipote Soraya, ma forse ancor di piú per sé e la madre. Dico familiari perché ho pochi anni meno dell'autrice e gli anni '90 con le sue guerre e domande e l'arrivo in Italia di tante persone da territori limitrofi hanno fatto parte anche di me.
In modo diverso.

Igiaba ci aiuta a capire, ci mette di fronte al suo passato e presente, diventiamo nipoti adottive e la seguiamo nei sui Jirri e giri.
É vita.

Lo ammetto, ho sentito la mancanza di libri come questo quando ero adolescente.
La sua voce italiana e somala insieme é qualcosa di cui la nostra letteratura e società hanno veramente bisogno.
93 reviews2 followers
July 31, 2023
Non mi ha del tutto convinto. Alcune pagine sono molto toccanti; tra queste ricordo quelle dedicate alla drammatica e violenta occupazione italiana durante il fascismo, alla presenza italiana tra il 1950 e il 1960, alla diaspora della famiglia in tutto il mondo, alle difficoltà vissute in Italia come esuli a seguito del colpo di stato di Siad Barre, alle forme di razzismo subite nel quotidiano a Roma, alla sofferenza di Scego adolescente per l'assenza della madre. Nel complesso però il libro è troppo lungo, in alcune parti quasi noioso, ripetitivo e disoganico. La scelta di raccontare la storia della famiglia nella forma della lettera inviata alla nipote non risulta azzeccata in quanto dispersiva e con riferimento a troppi temi non collegati tra loro e spesso di marginale rilevanza. Spesso mancano riferimenti temporali precisi per cui non è chiaro a quale epoca l'autrice si riferisca. L'ho letto tutto ma faticosamente e senza coinvolgimento.
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19 reviews
June 30, 2023
Ho pianto.
Questo libro mi ha commosso in mille modi per cose diverse, da alcuni fatti raccontati - e il fatto che non li conoscessi - a certe sofferenze sorelle alle mie.
Ho poi apprezzato tantissimo le considerazioni sulle lingue che utilizziamo.
Grazie per questo libro, penso di averlo letto al momento giusto per poterlo leggere e comprendere. Spero che questa storia incontri tanti occhi e tanti cuori.
Profile Image for Francesca Orazzini.
4 reviews2 followers
August 27, 2023
In realtà più di 3 ma meno di 4 per i motivi che altri hanno menzionato. Questa autobiografia è importantissima, profonda e poetica. Lo sguardo dell'autrice è quello di una persona che mastica letteratura ogni giorno da anni. Ci ha aperto il suo mondo e la sua cronaca familiare merita rispetto.

Eppure... allo stesso tempo ho avuto delle difficoltà a procedere nella lettura perché lo stile è un po' ripetitivo e a tratti troppo singhiozzante. Mi innervosivo quando leggevo frasi spezzate a metà soprattutto perché, al contrario, nei passaggi contenenti periodi sintattici più lunghi e armoniosi si percepiva tanta bellezza!
Profile Image for Hanna.
24 reviews2 followers
April 29, 2025
Was für eine tolle, wohlgesinnte Sprache. sicherlich manchmal ein bisschen pathetisch und wiederholend, aber ich habe mich so umarmt gefühlt in diesem Buch.
Profile Image for Esther.
Author 3 books49 followers
May 24, 2025
Finora ho letto due romanzi di Igiabo Scego, e mi sono piaciuti molto Adua e La linea del colore.
Tuttavia, questa è una biografia della sua famiglia e un'autobiografia e non una fiction, il che non è necessariamente un male. Il fatto che Igiabo Scego salti avanti e indietro tra persone, continenti, eventi, sentimenti e prospettive riflette probabilmente gli aspetti caotici della sua vita di figlia di immigrati da un lato e di artista che cerca di arrivare a fine mese in Italia dall'altro. Tuttavia, questa discontinuità, questa assoluta mancanza di un filo conduttore, mi ha reso davvero difficile la lettura. Certo, si tratta di una lettera alla nipote e non di una rivisitazione cronologica della storia della famiglia e, quando si scrive a una nipote, è naturale pensare a un aneddoto qua e là che si vuole approfondire rapidamente. Ma per una lettrice che non ha tutte queste persone costantemente davanti agli occhi, è stata una vera sfida rimanere interessata al testo.
Anche se in questo libro ho potuto scoprire ancora cose interessanti, ad esempio sul jirro, questo fardello portatore di malattie che gli emigranti portano con sé dalla Somalia; sulla colonizzazione della Somalia non solo da parte degli italiani, ma anche degli inglesi e poi, con il pretesto dell'“ approfondimento politico”, di nuovo da parte degli italiani; sulla guerra civile, iniziata nel 1991, che nella mia esperienza non è stata notata ma è stata completamente oscurata dalla guerra civile in Jugoslavia; e infine della storia di una giovane figlia di immigrati con la pelle scura a Roma, con le discriminazioni, le differenze culturali ma anche le visite al paese dei genitori; dei genitori che avevano costruito una vita promettente in Somalia prima della dittatura e avevano perso tutto (soprattutto gli aneddoti sulla madre e la sua assenza durante la guerra civile sono stati davvero profondi) - nonostante tutti questi momenti emozionanti, non posso dire di aver letto il libro in modo scorrevole o con molto piacere. Per me mancava davvero una linea di trama.
2 reviews
September 8, 2024
Dopo aver letto La Linea del Colore di Igiaba Scego, non potevo non leggere Cassandra a Mogadiscio. Igiaba Scego è una scrittrice che ci conduce sia nel passato più nascosto sia nella storia contemporanea. Cassandra a Mogadiscio non è solo un romanzo autobiografico familiare o una lettera alla nipote. Secondo me, l’autrice, che ha un bagaglio culturale e di vita non indifferente, riesce a regalare ai lettori una piccola opera d’arte, che non si può divorare in un giorno: richiede tempo, pazienza e familiarità con una lettura riflessiva e attenta ai dettagli storici e culturali.

Quest'opera fa riflettere sull’Italia coloniale in Somalia e sul razzismo istituzionale che permea l’Italia contemporanea. Ho letto il libro in pochi giorni, perché scorre molto bene ed è ricco di dettagli accurati. Igiaba Scego arricchisce la sua opera non solo con riferimenti storici, ma anche citando altre opere letterarie e storiche.

In Italia si legge pochissimo rispetto alla media europea. Inoltre, la digitalizzazione ha messo a dura prova la capacità di concentrarsi su testi lunghi e complessi. Pertanto, trovare autori come Igiaba Scego è raro, soprattutto oggi, quando le case editrici spesso seguono influencer, anche quelli che fanno attivismo basato sulle proprie esperienze personali. Tuttavia, questo non li rende automaticamente buoni autori; i testi che ne risultano sono spesso pensati per essere consumati rapidamente, senza la profondità e la ricerca che caratterizzano le opere di alcuni autori di spicco.

Chi si distingue nettamente è Igiaba Scego, che ha un bagaglio culturale unico, arricchito dal suo dottorato di ricerca. I suoi testi sono il frutto di una meticolosa ricerca di dettagli e informazioni che arricchiscono il patrimonio culturale di chi li legge. Alcuni dettagli che emergono nel libro sembrano provenire da archivi, e immagino che abbia dedicato molto tempo a trovare importanti informazioni da condividere con un pubblico generalista. Questo impegno si riflette nella qualità della narrazione e nell’accuratezza storica, rendendo il libro non solo una testimonianza personale, ma anche un contributo prezioso alla comprensione della storia coloniale e contemporanea.

Un libro bellissimo! Lo consiglio vivamente!
Profile Image for Ilaria Panaiia.
32 reviews4 followers
May 1, 2023
“[…] Anche questa lettera è in perenne divenire, una base da cui partire per riflettere su di noi. Come famiglia. Come diaspora. Per curarci. Dal Jirro che ci balla dentro.”

È il Gennaio del 1991 quando Mogadiscio cade sotto i colpi di mitra, in una guerra civile che ne restituisce polvere e macerie. E mentre la Somalia sanguina e urla di un dolore viscerale, a Roma vive una giovane Igiaba Scego, che attraverso le immagini che scorrono in televisione sperimenta quello che chiama il Jirro: una parola che significa “malattia”, ma possiede le sfumature del trauma, della disperazione, del cuore spezzato.

Un memoir costruito come una lunga lettera a sua nipote Soraya, in cui l’autrice racconta la storia della famiglia Scego che è la storia di un popolo intero, sradicato e lacerato. In questo dialogo intergenerazionale e dal forte coinvolgimento emotivo, si ripercorre ciò che la Somalia ha subìto nell’arco di secoli: dalla dittatura di Siad Barre all’occupazione italiana, fino agli scontri nella capitale Mogadiscio tra le ostilità della popolazione locale.

Attraverso questo romanzo, che rientra tra i 12 candidati al Premio Strega 2023, Igiaba Scego narra della fuga in Italia dei suoi genitori, della disperazione dell’essere profughi e delle umiliazioni subìte da neri in un paese di bianchi, e mescolando la lingua di Dante alle sonorità somale dà voce ai ricordi di sua madre, la sua hooyo, che partì alla volta di Mogadiscio poco prima dello scoppio degli scontri del 1991 gettando nello sconforto una figlia ancora troppo giovane per sopportarne un’eventuale e disgraziata perdita, ma che nell’alfabeto e nella narrativa ha ricercato sollievo e cura.

Come Cassandra, figlia di Ecuba e Priamo, che osserva una Troia sanguinante e piena di cicatrici, Igiaba Scego ricorda la sua Mogadiscio smembrata. Ma, come afferma proprio l’autrice, “la storia può toglierci la casa, ma non la voce; può accecare i nostri occhi, ma mai, mai la nostra memoria."
Profile Image for Martina (polveresucarta).
153 reviews176 followers
June 26, 2023
“Io sono la tua edo. cara Sorava Una zia, la tua zia. Che suono dolce ha questa parola, vero? Non ci avevo mai fatto caso. Ora lo so: è la parola più bella del mondo. Almeno per me.”

Cassandra a Mogadiscio è un romanzo che, attraverso un’unica voce, ovvero quella dell’autrice, racconta di tante e tante anime profughe.
Igiaba Scego sceglie di dedicare il libro a sua nipote, Soraya, scrivendolo come fosse una lunga lettera. Una confessione.

Tutto comincia una sera di capodanno, quando improvvisamente qualcosa si spezza per non tornare più come prima: è la consapevolezza del jirro, ovvero di quella frattura che vive ogni membro della sua famiglia.

“Jirro in somalo significa “malattia”, letteralmente è così, ogni vocabolario ti riporterà questa spiegazione. Persino Google Translate. Ma Jirro per noi è una parola più vasta. Parla delle nostre ferite, del nostro dolore, del nostro stress post-traumatico, postguerra. Jirro è il nostro cuore spezzato. La nostra vita in equilibrio precario tra l’inferno e il presente.”

Di tanti e di nessun luogo, l’autrice si trova in mezzo a due poli: Europa o Africa, Roma o Mogadiscio. Sente di appartenere a entrambi e non è riconosciuta da nessuno. Ma soffre, soffre tanto.

In questo romanzo c’è l’orrore per la guerra e la disperazione della perdita, vista attraverso gli occhi di un’adolescente che mano a mano cresce fino a diventare donna, ma che non perde mai le sue consapevolezze.
La memoria di diverse generazioni riportata alla luce attraverso la penna. Una storia familiare, di una famiglia divisa e sparsa per il mondo, come schegge di vetro dopo un’esplosione… qualche pezzo è andato perduto, ma tutto sommato il cuore che teneva in vita lo specchio batte ancora.

Con una scrittura melodica che si fa ascoltare piacevolmente, Igiaba Scego ci racconta della sua terra d’origine, la Somalia, della vita in Europa e delle differenze culturali tra i due paesi, di guerra e paura, di affetti e amori.
Profile Image for Valentina Costa.
36 reviews1 follower
September 28, 2023
"Se ora sto scrivendo questa lettera a te, Soraya, questa lettera schizofrenica piena di sospiri e salti temporali, forse lo devo proprio a un patto da noi, tra me e hooyo".

Igiaba Scego riesce, con grande lucidità, ad afferrare in tre righe pregi e difetti di "Cassandra a Mogadiscio".
Una lettera alla nipote Soraya in cui racconta - attraverso una diaspora familiare e un dolore sordo di fondo, il "jirro" che mangia l'anima- un paese e una storia poco noti, quelli della Somalia, ma anche il suo rapporto con il nostro paese, gli "italiani brava gente" che brava gente non lo sono stati mai.
Un lettera che delinea soprattutto il rapporto con una "hooyo" (madre) formidabile, una donna dal passato quasi mitico, bambina "pastora" di dromedari che "perde" le lettere dall'alfabeto. Una donna che lascia la propria famiglia e i propri figli due volte, travolta dai rivolgimenti della storia somala.

Ma, anche se tutto ciò offre profondi spunti di riflessione e un'inedita lettura post-coloniale, purtroppo la struttura del romanzo non premia.
La narrazione è tutto un procedere disordinato a sprazzi, immagini, ricordi, salti avanti e indietro, personaggi che appaiono e scompaiono e, soprattutto, estenuanti ripetizioni. Il che è perfettamente coerente con l'approccio autobiografico, ma le ridondanze, infarcite spesso di un lirismo e di un pietismo eccessivi, alla lunga stancano.
Nonostante la buona volontà di arrivare alla fine, ho abbandonato la lettura a 2/3 circa.
Profile Image for Chiara Giacobelli.
Author 8 books28 followers
January 13, 2024
"Utilizzando un linguaggio in prima persona, che restituisce al lettore molto della propria storia dall’infanzia alla maturità, l’autrice Igiaba Scego, nata a Roma da genitori somali, racconta non soltanto di sé stessa, ma anche e soprattutto della sua famiglia, ricorrendo ai ricordi e ai resoconti principalmente di sua madre. Ci spiega infatti la Scego che non esiste più un archivio storico della Somalia, in quanto andato distrutto nel corso della dura guerra degli anni Novanta; pertanto, chi oggi può costituire un documento vivente sono gli avi, coloro che vissero in prima persona sia quel periodo tragico sia i precedenti e hanno quindi il diritto, ma anche il dovere, di trasmetterlo affinché il passato di un’intera nazione non venga cancellato. La formula utilizzata è quella di una lettera scritta alla nipote, tuttavia – scrive la Scego nei ringraziamenti finali – in realtà questo è un messaggio rivolto alle nuove generazioni e, più in generale, a quanti abbiano il desiderio di scoprire, di conoscere, di apprendere la storia della Somalia dal punto di vista dei cittadini".

Leggi la recensione completa qui:
https://www.affaritaliani.it/libri-ed...
8 reviews
April 26, 2023
"Mi basta aprire una pagina, fitta di alfabeto, per ritrovare il senso di tutto. La bellezza condivisa. La memoria salvata. Le storie affidate ad un supporto fragile, capace di strapparsi, macchiarsi, ardere, eppure geniale e tenace più della follia umana."
Un libro che parla dell'amore per i libri e per la scrittura, cure per una "malattia" dello spirito. Un romanzo famigliare che salta avanti ed indietro tra due secoli e due continenti - tra '900 e 2000, tra Africa ed Europa, tra Italia e Somalia; al centro di tutto, loro, Roma e Mogadiscio - e che racconta una Storia, forse troppo spesso messa in secondo piano, attraverso le vicende e le esperienze dei cari dell'autrice. Un libro che ha una sola missione (una missione che hanno tutti i libri di questo genere, ma non per questo meno ammirevole): ricostruire, ricordare ed imprimere. "Descrivevo il mondo. [...] Sapevo cucire, proprio cone mia madre. Non stoffe, bensì lettere dell'alfabeto."
Profile Image for Labyrinth.
330 reviews8 followers
November 10, 2024
"Gegen das Böse, das man anderen und sich selbst angetan hat, denn seinen nächsten zu kolonisieren, macht einen zum Monster."

Igiaba Scegos besteht aus einem langen Brief an ihre Nichte Soraya, indem sie ihr und dem Leser die ganze Geschichte ihrer Familie erzählt. Es ist vor allem die Geschichte der Grossmutter, die als junges Mädchen Dromedare gehütet hat und im Leben viel Leid ertragen musste. Sie lernte ihren Mann kennen und wurde zur First Lady von Mogadischu, bis sie mit ihrem Mann nach Italien flüchten musste. 1990, kurz vor dem Krieg in Somalia, kehrt sie in ihre Heimat zurück. Währenddessen wird ihre Tochter in Italien fast verrückt vor Angst und Verzweiflung.

Das Buch ist traurig und beeindruckend. Es schildert das Leid der Menschen in Somalia, das Leid das vor Jahren durch Kolonisierung zugefügt wurde und von Generation zu Generation weitergegeben wird, in einem Land, das immer noch an den Folgen leidet und in dem immer noch kein Friede herrscht.
Profile Image for Chiara.
86 reviews12 followers
May 7, 2023
La storia della famiglia Scego, raccontata sotto forma di epistola alla nipote Soraya, diventa il paradigma per parlare della diaspora somala e del "Jirro" che tormenta anime e corpi di chi è dovuto scappare.
Da tempo cercavo una ricostruzione della vita in Somalia e questo romanzo spazia dal periodo coloniale italiano ai primi anni '90. Non è una ricostruzione lineare o piena, ma contribuisce a picconare quell'idea colonialista che abbiamo in mente quando si parla di Somalia.
Sono due le ragioni per cui non metto 5 stelle:
- abuso del vocativo quando si rivolge direttamente alla nipote.
- in alcuni punti diventa molto lento. In un romanzo che non ha un ritmo sostenuto secondo me un ulteriore rallentamento è fastidioso.

Punto extra per l'immagine di copertina, su cui non faccio spoiler ma che ringrazio Igiaba Scego per avercela donata.
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