Che ne sapete voi del Nord Europa di questo mondo mediterraneo che trema, erutta, soffia e sai ramifica in mille cunicoli sotterranei... L’autore sente una voce rauca che lo chiama dal fondo di un vulcano spento. Quel suono, simile a un lamento, gli ricorda che c’è una crepa che squarcia l’Italia dalla Sicilia al quella dei terremoti. Rumiz decide di seguirla, di entrare “con la lampada di Aladino” nel mondo del Minotauro. Un viaggio, il suo, nelle fondamenta del Paese, in un inferno di linee di faglia, crateri, fiumi sotterranei, miniere, catacombe e fondali marini; in un mondo senza stelle che accende le vibrazioni più intime degli italiani, una Terra Incognita che ci porta dritto negli inferi dell’Umano e apre vertiginosi itinerari in noi stessi. Ne nasce una storia segnata “da incursioni piratesche, litanie, scongiuri, frane, abbandoni e malaffare; un’epopea di naufragi, invasioni, inaudite capacità di rinascita e paure da fine del mondo”. Uno sterminato affresco, dove il Terribile della natura è una normalità contro la quale attrezzarsi e non un’emergenza su cui speculare; una storia visionaria che, da Selinunte al santuario di Oropa sulle Alpi, incontra l’ombra di Grandi Madri, sibille e madonne, e ha per baricentro Napoli, la metropoli più sotterranea, instabile, stratificata, magmatica e contemporaneamente più teatrale d’Europa. È lì che Rumiz, ascoltando scienziati, poeti, musicisti, antropologi e abitanti di quei luoghi, approfondisce un suo approccio “geologico” all’identità nazionale.
Paolo Rumiz è un giornalista e scrittore italiano. Inviato speciale del "Piccolo di Trieste" e in seguito editorialista di "la Repubblica", segue dal 1986 gli eventi dell'area balcanica e danubiana; durante la dissoluzione della Jugoslavia segue in prima linea il conflitto prima in Croazia e successivamente in Bosnia ed Erzegovina. Nel novembre 2001 è stato inviato ad Islamabad e successivamente a Kabul, per documentare l'attacco statunitense all'Afghanistan.
Rumiz's voice is a soothing guide for the reader on a journey through Italian earthquakes, both ancient and recent, and their consequences on the cultural development of the country. ------- La voce di Rumiz è una guida rassicurante per il lettore in un viaggio attraverso i terremoti italiani, sia antichi che recenti, e le loro conseguenze sullo sviluppo culturale del Paese.
Tre e mezza in realtà, perché Rumiz è Rumiz e io lo amo follemente. Tuttavia questo libro ha una pesantezza che manca ad altri suoi, forse dovuta al fatto che non nasce dal nulla, ma attinge a resoconti di viaggi scritti in tempi diversi e poi assemblati. C'è troppo, c'era bisogno di tagliare un po'. Anche la geografia a volte impazzisce, ritorna sui suoi passi... Scritto ciò, lui rimane un grande autore, forse il migliore in Italia, in questo genere di opere che io non mi stanco di leggere. E quindi, nonostante la pecca che ho provato a spiegare, un libro meritevole.
Fino ad ora, il più complesso dei libri di Rumiz. Come un tessuto, intreccia temi e metodi diversi per ricreare il quadro generale della situazione geologica del nostro paese, che non sta sopra una linea di faglia ma è esso stesso la linea di faglia, scosso da terremoti e sviluppatosi tra i vulcani.
Di tutto questo, gli italiani non tengono conto. È la grande cecità del nostro Paese, come direbbe Amitav Ghosh, una condizione che permea la nostra vita, nascosta in bella vista da una politica che si nutre di emergenze per alimentare campagne elettorali costanti e da una società del consumo che ci porta al culto del denaro, all'abbandono dei territori e alla perdita della memoria.
Rumiz vuole vedere, tenta di capire e di capire a trecentosessanta gradi, quindi ripercorre la linea di faglia, attraversando il paese da Sud a Nord, dalla Sicilia al Carso, intrecciando storia, geologia, racconti di viaggio, aneddoti storici, cronaca e religione.
Infatti, sembra essere proprio la spiritualità dei Santi protettori e delle Madonne Nere, nere di lava, così come quella che ancora sopravvive dal tempo dei popoli precristiani, l'unica memoria rimasta di quella Voce del Profondo che pervade il nostro Paese, di quel rischio costante che garantisce però il sapore della vita, così come la ricchezza e la fertilità straordinaria della nostra terra.
Indimenticabili le pagine dedicate a Napoli. È un bellissimo libro, ma varrebbe davvero la lettura anche solo per quelle.
Un libro denso, spigoloso, ricco, che non permette lo scorrere degli occhi ma impone una lettura lenta come un cammino in montagna. Un tributo alla madre terrà ricco di riflessioni.
Se si fosse nella condizione di poter consigliare una lettura fra tante a chi governa il bene pubblico questo libro potrebbe essere sicuramente fra le prime scelte. Efficace e limpido come sempre Paolo Rumiz imbastisce il suo viaggio fra le linee di faglia della nostra bella Italia. La raccolta e revisione di una serie di scritti risulta avvincente e fa riflettere sulle mancanze tipiche del nostro paese. Prima fra tutte l'amnesia, la volontà di voler accantonare ogni accadimento e, quindi, non prendere in considerazione nessuna forma di prevenzione. A seguire le altre con le conseguenze che tutti abbiamo sotto gli occhi. Un libro altamente sismico e consigliato. Buona lettura.
Un viaggio/racconto dalla Sicilia al Friuli sulle tracce dei terremoti e del modo di conviverci. Un tema intrigante e un autore che conosco... eppure il risultato non mi ha soddisfatto.
Le pagine in Sicilia descrivono scorci splendidi, così come quelle calabresi e della zona appenninica, e richiamano la cultura greca e le leggende locali ma diventano mano a mano un itinerario da Touring Club più che un racconto di viaggio... La parte su Napoli poi è un susseguirsi di luoghi comuni che non trovo abbiano alcuna attinenza con il tema del libro.
“Viaggio”: dal latino viaticum, che indicava “il cibo che viene consumato durante la strada”. Come dire che, con l’andar del tempo e dell’uso verbale, hanno finito per coincidere il fatto stesso di viaggiare con ciò che lo consente alimentandosi e alimentandolo. Se ti fermi un attimo e ci pensi per davvero, è quasi vertiginoso.
Il viaggio di Paolo Rumiz lungo crateri, linee di faglia, grotte del nostro paese si alimenta di storia, cultura popolare, religione, memoria civile, linguaggi. Parte dal Sud Italia, e nel Sud Italia rimane probabilmente più del previsto – perché il viaggio sta dove il cibo necessario lo alimenta – e risale fino al mio Carso, evocando leggende e raccontando in ogni tappa come il Sotto e il Sopra si influenzino, come i borbottii del Profondo determinino la vita di noi che ci camminiamo sopra, come il vuoto sia spesso molto più decisivo del pieno.
Un viaggio che è memoria, perché le cicatrici della terra sono – come quelle sulla pelle – ricordo di avvenimenti e dovrebbero costituire monito, e quanto è frequente che questo non accada alle nostre latitudini. Ma poiché Rumiz è Rumiz, non ci fermiamo all’aspetto “investigativo” o a immediate tragiche considerazioni su abusi e fragilità dell’edilizia: ad ogni smottamento che ha riempito i tg viene associata una vista – prima da Sotto, poi dall’interno – delle conseguenze sociali sulle popolazioni e sulla meraviglia storica che siamo disponibili a vedere scomparire giorno dopo giorno attraverso decisioni influenzate dall’ignoranza e dalla necessità di riscontri elettorali (quando va bene).
Con una forzatura lessicale, mi sono reso conto che pensavo al Profondo di Rumiz in una accezione che non ci si affianca etimologicamente, ma che mi ha detto tanto: questo straordinario autore profonde – elargisce, offre con larghezza – pagine di assoluta intensità, insieme a cultura, moniti, compagnia.
Il mio amico e compagno di scuola Paolo scrive sempre molto bene, ricchezza di vocaboli e immagini a profusione. quello che a me è sempre mancato , invece. Il contenuto, un viaggio attraverso l'Italia dal Sud al Nord seguendo le linee e le storie dei terremoti, gli è congeniale: è un viaggiatore, ma chi lo conosce da scuola sa che la geologia era una delle sue prime passioni. E poi concordo con lui che in fondo in fondo gli Appennini, poco noti, sono una gran parte del territorio italiano! meritano di esser conosciuti meglio, e invece tanti prediligono le coste. Il suo giudizio, più volte ripetuto, è che buona parte dei disastri dei terremoti avrebbe potuto essere evitato se si fosse rispettata l'edilizia antisismica. Questo anche in Friuli. Lui confronta Amatrice e Norcia, dicendo che la prima è andata del tutto distrutta per la mancanza di edilizia antisismica e che Norcia invece è un esempio positivo. Mah, io son passata per Norcia alcuni anni dopo e son rimasta impressionata dal tanto ancora distrutto.
Come descrive Rumiz i luoghi che visita e che esplora, nessuno mai. Finora, "Il Ciclope" è stato il mio libro preferito fra i suoi scritti di viaggio, ma questo lo batte. Un cammino intenso e carico di emozioni nelle terre infuocate d'Italia, partendo dalla Sicilia, risalendo per la Calabria, l'Irpinia e la mia Campania, nei luoghi piegati dai terremoti e sconvolti dai vulcani, fino a percorrere tutto il profilo degli Appennini. Splendido, onirico, viscerale!
Il libro, pur con il lavoro di revisione e taglio, risulta "scollegato" nei capitoli. Tuttavia permangono alcune parti cariche di significato (Napoli, l' appennino, la terra femmina) a dare il senso ad un lavoro importante nel tema. La scrittura di Rumiz rimane unica.
Libro che ha degli spunti interessanti ma a volte è prolisso. La maggior parte del libro riguarda il sud. Poco spazio alle zone sismiche del centro nord