Chissà se vive ancora da qualche parte il sapore dell'albicocco che mi profumava le mani quando facevo finta di pescare, il cielo era azzurro e nulla ancora mi aveva davvero ferito. È difficile ricordare i momenti belli, quelli che erano la felicità e non lo sapevamo ancora.
Chissà dove sei ora, piccolo gattariello, che mi guardavi sempre con quell’aria meravigliata della vita. Il tuo sguardo era vergine ogni volta, pronto allo stupore, pieno di amore nei miei confronti, pieno di aspettativa.
E io le tue aspettative non le deludevo mai. “Potevo fare in modo che una tua giornata fosse bella o brutta, e facevo sempre in modo che fosse bella.” Non ho mai sfogato su di te alcuna frase scortese. Invece di portare il mio stress, le mie ansie, la mia depressione, le mie rabbie dentro di te, lasciavo che fossero i tuoi sentimenti di gattariello a riempire me.
Si apriva una porta per errore, un lampo, una saetta, ed ecco che eri entrato in ufficio. Non ti si trovava, riprendevo a lavorare, alzavo lo sguardo ed eccoti lì, con quell’aria che sembrava dire: “Emilio?” e sembrava pregarmi di giocare con te.
Ne ho avuti di animali, e perduti, nei miei primi trent’anni, e avevo persino perso la gioia di un nuovo arrivo e la tristezza di una perdita. Avevo persino smesso di dargli i nomi. Ma quando sei arrivato tu “hai fatto tutte le cose nuove”, e ti sei meritato sul campo quel nome, “gattariello”.
Quante serate davanti al foco, “core a core”!
In ufficio un testo veniva scritto male? Poco male! Stracciare il foglio e gettarlo a terra ti forniva il divertimento di un’ora intera. Ho imparato più io da te che tu da me. Che c’era da imparare da me? Stare chino sulle carte a buttare la vita? Correre in banca perché bisognava coprire un assegno e pagare una bolletta?
Avrei potuto solo rovinarti, se tu avessi avuto la capacità di imparare. Ma tu andavi oltre le parole e leggevi il mio animo. Se io ero felice, era un’ora di giochi, se io ero triste, trovavi la strada come la primavera che “fa breccia nella porta ma in fondo viene a dirti che la tua anima non è morta”.
E io da te avevo da imparare tutto. L’infinita saggezza dell’essere qui e ora e starci bene. Il “mu” dei monaci zen.
Non ho voluto avere più gatti dopo di te. Solo te potrei avere, e quando ti ritroverò nello sguardo di un altro animaletto, lo prenderò e sarai tu. E ora giù a piangere.
Non ho messo un voto immediatamente perché volevo prendere tempo per rifletterci. E credo sarà tra i pochi che rileggerò. Altamente consigliato, ma non come lettura da spiaggia, c'è tanto su cui riflettere.
mieloso ....troppo. Qua e là qualche buono spunto, ma pochi rispetto al volume da leggere. Si parla anche di improbabili controversie legali, poco attendibili che tolgono ancora di più credibilità.