Questa storia comincia una sera d’inverno, il 7 gennaio 1978. Davanti a una sede del Movimento sociale nel quartiere dell’Appio Latino, a Roma, vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco due attivisti di destra. Da quel momento, i morti di Acca Larentia diventano icone intoccabili del neofascismo italiano. Questa storia ricomincia il 30 aprile 1987, quando viene arrestato Mario Scrocca, un militante di estrema sinistra. Secondo gli inquirenti, Scrocca avrebbe fatto parte del commando che colpì ad Acca Larentia. Lo troveranno cadavere ventiquattro ore più tardi, impiccato in una cella di Regina Coeli. Ma troppe cose non tornano…Questa storia senza fine ricomincia – una volta ancora – un pomeriggio di giugno del 2021. Due donne si incontrano sotto il cielo di Roma. Rossella ha sessant’anni ed è la vedova di Mario Scrocca. Valentina, di anni, ne ha trenta, è cresciuta dalle parti di Acca Larentia, in passato ha frequentato dei neofascisti e si porta dentro le cicatrici di quelle frequentazioni. Dalla stessa parte mi troverai è il racconto di un amore vissuto a mille nei giorni in cui tutto era ancora possibile e di una vita spezzata al tempo del disincanto collettivo prima di essere consegnata all’oblio. Con un rigore che non ammette sconti, Valentina Mira fa luce sul vittimismo osceno dei carnefici, demolendo retoriche, alibi, miti di quella destra che si è presa l’Italia.
Ho letto il romanzo, guardato i due video di cui parla - il documentario realizzato da Giancarlo Castelli e Rossella Scarponi, moglie di Mario Scrocca la cui storia e morte in carcere è raccontata nel libro, e il video realizzato dal figlio Tiziano - ascoltato il dibattito andato in onda nella puntata del 12 aprile di Otto e mezzo in cui Mira si difendeva dagli attacchi subiti dalla destra istituzionale e dal direttore di Libero Mario Sechi. Ha scritto un gran libro, uno di quelli che mi ricordano che leggo anche per incontrare storie che, per fortuna, "sono anticorpi". Il suo è un libro in cui si parte dalla strage di Acca Larenzia, ma è soprattutto un libro sull'ingiustizia, sul carcere, sulla politica, sulla violenza, sullo stupro, sul narcisismo; e sul fascismo e i conti che non sono mai stati fatti. E sulla morte di Mario Scrocca, infermiere e sindacalista ventottenne che nove anni dopo quei fatti, il 30 aprile 1987, venne arrestato in seguito a un’accusa che subito si dimostrò fondata sul nulla e che morì in carcere il giorno dopo l’arresto: in una cella anti suicidio, in una cella anti suicidio e anti impiccagione. Morì impiccato, fu detto suicida, ma su quel suicidio i dubbi furono tanti allora e mai affrontati e fugati. Sono ancora scossa da questa lettura e dalla voce di Valentina Mira, che intreccia alla vicenda di Scrocca la sua conoscenza del fascismo nella banalità della quotidiana, che a tratti potrà sembrare eccessivamente strafottente, insolente e provocatoria, ma che è indubbiamente calibrata sulla storia, sui suoi protagonisti e, non in ultimo, sulla sua geografia. La sua è una voce potentissima. Quattro stelle e mezza.
Aggiungo i link ai video di cui parlo, ma come Mira ce ne parla svelandoli mano a mano che si scopre conosce la storia, così io consiglierei di guardarli a lettura conclusa, e un altro paio di link utili.
Sono un po' in difficoltà perché ho letto ovunque di quanto questo libro sia necessario, imprescindibile, e soprattutto, bellissimo.
Io sono molto d'accordo sulla necessità, sul raccontare questa storia e sul raccontare quegli anni ai ragazzi più giovani e, in generale, a tutto il resto dei lettori. Ma quando leggo un libro io cerco della letteratura, della qualità, della saggistica ma scritta con un occhio critico (tutt'altro tema ma come la Sinno che ho appena letto, la Yanukovic, la Levy per tutt'altre idee, ma sto parlando di qualità letterarie). Se leggo un romanzo, mi aspetto una storia e me l'aspetto raccontata bene, sul tema Brigate Rosse mi viene in mente Bertante. Se leggo un saggio, sempre su quegli anni e ne ho letti decine, mi aspetto un punto di vista critico e supportato da fonti.
In questo libro - che ho deciso di non valutare - ho trovato raccontato un fatto storico, successo in anni assolutamente controversi, l'ho sentito raccontare con un unico sguardo e, va bene, era quello necessario, e l'ho sentito raccontare con uno stile piatto. Il motivo per cui l'ho sentito raccontare mi è stato spiegato verso la fine dall'autrice stessa: perché ha vissuto una storia con un fascista e voleva spiegarne le attività manipolatorie e la cattiveria. Il tutto condito dall'essere nata il 25 aprile e dichiararsi profondamente antifascista.
Ora, mi chiedo, era necessario farlo così? Sempre la stessa risposta, certo l'autrice è lei, l'ha fatto come le pareva. Bene. Io l'ho trovato un enorme spreco: di una storia, della lingua, del racconto. C'era una possibilità enorme che non è stata sfruttata e lo sguardo univoco (non su quella vicenda, ma su quegli anni) non credo sia né utile né onesto perché se non si deve stare dalla parte dei cattivi, è pur vero che i cattivi si debbano raccontare come si deve.
L'ho finito di malavoglia, dopo averne letto con interesse cento pagine. Devo essere stata l'unica, ma lo reputo un enorme peccato.
Letto oggi, 25 Aprile 2024 Inizierei dal capitolo: "Il cuore di queste pagine" per avere un contesto storico dei fatti che vengono narrati, della prepotenza riemersa subito dopo la costituzione dello Stato democratico.
Immaginate una situazione come quella di Riccardo Cucchi, ma con una motivazione politica. Le istituzioni dello Stato che si mantengono alleate verso una certa parte, quella delle pagliacciate a braccio teso, quella che il nostro P.d.C. non smentisce e nemmeno pensa di farsi aiutare a pronunciare una certa parola rivolgendosi a una logopedista, come suggerisce Fiorello.
Molto imbarazzata ora la destra che risponde con fallacie argomentative come unica strategia comunicativa (ad hominem, vittimistica, ...) che riesce a mettere in campo. Ridicoli, perché il documento dell'autrice non inneggia e non giustifica gli anni di piombo, mette solo in luce un sistema serpeggiante che, purtroppo, persiste.
Non ha importanza che questo libro vinca lo Strega, dal momento che è improbabile o impossibile che i giurati leggano tutti i libri candidati. Chissà chi li convince a votare cosa. In ogni caso è una storia che si dovrebbe conoscere.
Pro del libro: mi ha fatto conoscere la storia di Mario Scrocca, accusato di omicidio a distanza di anni dai fatti di Acca Larentia e morto apparentemente suicida in una cella antisuicidio. In questi tempi bui in cui il fascismo si derubrica in un semplicistico “ah vabbè ma anche quello è storia non possiamo cancellarlo” e quindi non abbiamo più nemmeno la decenza di condannarlo, pavidi e ignoranti che non siamo altro, questo libro affronta un tema necessario. Contro: la prosa che purtroppo non mi è piaciuta proprio, ma si pone in una scia di “prosa femminile italiana” che va di moda in questi anni, che cerca l’ engagement sentimentale col lettore e il perdono/assoluzione di fatti della vita dell’autrice di cui francamente a me poco importa. Avrei voluto più contesto storico, più voci vere, anche la stoica moglie di Mario Scrocca, Rossella, parla poco e il più delle volte ci viene ricordato che è bionda. Inspiegabile la copertina (no, la storia dei tre bottoni ha altri significati)
“Lo stereo diffonde la voce di De Gregori, una delle sue canzoni più belle. Parla di amori unici, insostituibili, di quelli che sanno vincere spazio e tempo e posti più freddi del mondo e perfino la morte, se gli gira così. Ma la canzone parla anche di parteggiare. Le parole di De Gregori legano l’amore e la lotta, e chissà che lo facciano di proposito o che sia una pura, ma piacevole, casualità.
Rossella alza il volume al massimo, e canta:
Sempre e per sempre Dalla stessa parte Mi troverai.”
Valentina Mira, nel suo libro “Dalla stessa parte mi troverai”, narra la storia di Rossella Scarponi e Mario Scrocca, due ragazzi che si amano e che non avranno abbastanza tempo per amarsi. Lei è «una ragazza bionda con gli occhi di mare», vive alla Garbatella, ha quindici anni ed è nel collettivo femminista della scuola. Lui vive alla borgata Alessandrina, «un pischello che lotta per le cose pratiche, che per qualcuno potrebbero risultare piccole mentre per un quartiere intero – per la tua gente – sono il mondo», come i marciapiedi, per cui Mario si è sempre battuto. Sono giovani e il loro amore si intreccerà alla storia, fino a rimanerne schiacciato.
Il libro è stato candidato da Franco Di Mare con la seguente motivazione: “In questo potente romanzo Valentina Mira racconta la storia di Acca Larentia e degli anni di piombo che seguirono, gli omicidi, i processi, un clima mefitico e velenoso che avvolgeva i cuori e le menti del Paese. E lo fa intingendo la penna “nel latte e nel sangue” con cui Roma ha scritto la sua storia millenaria e raccontando una storia d’amore e del suo potere salvifico. Non basterà a trovare una ragione delle cose. Valentina però una spiegazione ce l’ha. Ma non sarò io a svelarla. Leggetela. Mi ringrazierete.”
Un libro che denuncia quel sentimento fascista che è ancora intorno a noi e forse anche dentro di noi
“La tempesta alla quale è sopravvissuta Rossella ha lasciato una madre senza un figlio, un figlio senza un padre, e lei senza Mario, a parlare da sola annegando nella fossa dei “se”. Se avessimo deciso di andarcene anche se eravamo innocenti. Se ti avessero recapitato la mia lettera. Se non ti avessero messo in isolamento. Se si fossero presi cura di te. Se tu fossi stato più arrendevole, meno forte. Se tu fossi stato più forte, meno arrendevole.”
Disclaimer: prosegue la lettura random #CacciaalleStreghe, ovvero di titoli che ispirano presi dalla 82ina (sic) dei candidati alla longlist del Premio Strega, lodevole iniziativa di Krodì*, senza la quale non avrei motivo, se non il ricatto, di leggere dei potenziali ombelical-italici. Ogni tanto va male (vedi Rossari e Giartosio), ogni tanto va bene (vedi Ricci, Di Paolo, Mira), purtroppo solo raramente va moltissimo benissimo (Bravi). *quest’anno K può essere veramente fiero della sua iniziativa, ne ho letti ben 6, mi manca ancora Trellini e forse tenterò anche un audiolibro per quelli più melò 😊
Dei fatti narrati (Acca Larentia), avevo una generica e superficialissima conoscenza (l’uccisione dei militanti fascisti), e nessunissima conoscenza della vita (breve) e della morte (incongrua, si può dire questo di una morte? Perché dire che è gratuita non mi piace, ogni morte è gratuita se avviene in modo violento) di Mario Scrocca. Del libro avevo scorso la sinossi, e l’avevo scartato a priori (come ho scartato quello su Yara, per dire, non ho passione per la cronaca giudiziaria e le vicende di questo tipo, mi bastano le 2 ore mensili del podcast di Nazzi). Poi qualcuno del Governo ha deciso che il libro e il tema non avevano la visibilità che meritavano e ha acceso un bel riflettore (ironia mood), quindi l’Autrice è stata gratificata di un giro di giostra che non penso neanche nelle sue più rosee aspettative avesse messo in conto, e quindi non volevo deludere gli influencer governativi, per cui l’ho letto.
Dopo una prima parte molto ben costruita, asciutta, essenziale ma a suo modo poetica, nella seconda parte purtroppo si fa prendere la mano dal risentimento e la narrazione viene trascinata di asserzione in asserzione, tra fede antifascista e condanna del fascismo odierno. Condivisibilissime entrambe, ma letterariamente (e anche storicamente) traballanti. La narrazione del PRIMA (forse perché basata su una storia solida e già raccontata*, l’incontro tra Mario e Rossella, la militanza) trae forza da una “architettura stilistica” molto esile: frasi brevi, apodittiche, ripetizioni, analessi, capitoli brevi, tranchant. Ho letto critiche in cui si diceva che questo tipo di narrazione è figlio dei social e della frammentazione del testo a cui ormai siamo abituati, io l’ho trovato più simile a un librettino Einaudi che raccoglieva i frammenti di SaffoAlceoAnacreonte. Mira cerca di poetizzare la vicenda, forse per aggiungere un po’ di dolcezza a una storia che a un certo punto ha una cesura violenta, bruciante, irrisolta. La narrazione del DOPO è il punto debole, non quando racconta dei tentativi di Rossella per avere verità e/o una vita normale. Ma quando si scaglia contro il sistema fascista e contro certi ambienti romani (fascisti). Cercando riferimenti, mi sono imbattuta in un articoletto di un giornalista sullo Strega (si butta contro due donne, quelle più facilmente identificabili come zecche rosse, presumo, senza chiamarle zecche rosse, perché lui è un Signore) che si sbrodola in complimenti sulla prima parte (concordo) e dice che il libro è rovinato dalla seconda perché “avrebbe dovuto scrivere ANCHE le ragioni dei morti di Acca Larentia”. Si invoca così la necessità di una cronaca bi-partisan (che nei fatti, cioè nei suoi articoli, suoi del giornalista, e nelle sue trasmissioni viene costantemente negata), come se la morte di Mario stesse su una bilancia con le morti degli altri. La letteratura è fatta di scelte, Omero ci fa iniziare la guerra di Troia praticamente dalla fine. La motivazione quasi si è persa per strada. Sapere qualcosa della vita dei povericristi uccisi ad Acca Laurentia aggiunge qualcosa alla insensatezza della morte di Mario Scrocca? Non penso. Mentre sapere che c’è ancora una croce celtica e un rituale fascistissimo (se pur ridicolo, ma ridere di qualcosa non serve molto a combatterlo, anzi, al contrario gli dà dignità, e pure una scusa di vittimismo) che non solo non è stigmatizzato, ma è ampiamente tollerato, se non esaltato. Detto questo, la seconda parte è sbilenca perchè non sa bene dove andare. La freccia della narrazione perde la direzione: racconto o testimonianza? Denuncia o storiografia? Romanzo o saggio? (o, ancora, proseguimento della narrazione riparativa verso se stessi, iniziato col precedente romanzo, X?) Un libro, come si sarebbe detto una volta quando non ci si doveva giustificare a dichiararsi antifascisti, necessario (ma non del tutto riuscito).
Io non so se mi succederà mai più (spero vivamente di sì) quello che mi è successo con questo libro, con questa autrice, con questa casa editrice. Ogni parola, ogni interruzione, ogni capitolo e ogni straccio di vita vera in questo libro è al posto giusto nel momento giusto (suo e mio). Grazie.
Questo libro contiene due storie, quella di Mario Scrocca, morto suicidato, si sarebbe impiccato in una cella anti-impiccagione nel 1987, e quella di Valentina Mira, in particolare della liberazione, purificazione vorrei dire, della scrittrice dal fascismo che l'aveva lambita. La scrittura della storia di Mario Scrocca, la tragedia di Mario Scrocca, è l'atto catartico che Mira compie su di sé.
La storia di Mario Scrocca è raccontata con molta partecipazione e molta capacità di descrivere le tensioni, che siano amorose o drammatiche, con frasi brevi e sincopate. E' allo stesso tempo un brillante pamphlet contro la (in)giustizia italiana. La stessa lingua funziona molto meno bene invece nelle parti piane del racconto.
Per quel che riguarda la parte autobiografica, l'avrei preferita messa come prefazione (o postfazione) del libro. I salti tra i due piani della narrazione non fanno bene al libro. Così come non gli fanno bene le troppe metafore, la troppa Roma, troppo Romolo e Remo, latte e sangue. Infine, sarò vecchio e dunque perdonatemi, l'eccesso di inutili anglicismi è fastidioso.
Un libro politicamente molto forte e bello, contro le istituzioni totali dello stato e convintamente antifascista, cosa che ha fatto venire i nervi ai neofascisti membri del nostro governo, soprattutto a causa della menzione del gesto di Giorgia Meloni che nel 2008 deposita dei fiori sopra la croce celtica posta sull'asfalto di via Acca Larenzia.
Piuttosto immaturo, invece, lo stile di scrittura che funziona solo in parte. Un plauso speciale al tentativo di sottrarre Tolkien alla narrazione neofascista italiana.
Valentina Mira spiega perché ha scritto questo libro: “Il senso di ingiustizia, per non far scomparire nell’oblio un fatto storico dell’Italia contemporanea. Nessuno racconta questa storia, nessuno la conosce. Acca Larentia è unicamente raccontata dai fascisti. Mi piaceva far saltare il loro impianto vittimistico”.
Risponde agli attacchi da destra di chi la accusa di ‘odio antifascista’(!): “È evidente che il libro non è stato letto perché io non parlo dei fatti di Acca Larentia, ma di Mario Scrocca la cui vicenda non volevo andasse perduta […] Mi accusano di revisionismo, di non avere pietà per le vittime di Acca Larentia, ma fanno una confusione strumentale dimostrando di non conoscere le mie pagine: i ragazzi che morirono in quegli anni terribili erano tutti vittime, spesso non avevano neppure il libero arbitrio di decidere il proprio destino. L’ho scritto e lo ripeto. Diverse invece sono le commemorazioni con i saluti romani e le croci celtiche. Quelli proprio non posso giustificarli, perché io sono e resto antifascista”.
Questo è un racconto politico e militante. Questa è una storia di lotta, di ingiustizia e di amore.
"Lo so, non va di moda parlare di fascismo, oggi. Eppure esistono, sono ovunque e si mascherano bene; fingono di parlare il linguaggio del popolo ma in realtà il popolo lo sfruttano, li rubano le parole d'ordine, si fingono specchio delle sue esigenze e nel frattempo li tagliano le gambe, favorendo solo se stessi e quelli come loro".
Darei 3.5 stelle ma non si può. Interessante la storia di Mario Scrocca, non mi piace molto il suo tipo di scrittura ma ci sta essendo un romanzo e non un saggio. Ci sta bene anche il parallelismo tra questa storia e quella personale dell'autrice (sempre considerato il contesto del romanzo). Per il resto mi piace l'idea di condividere una storia sconosciuta e quasi dimenticata Copertina orrenda che non c'entra nulla
Il problema principale di questo libro è che secondo me questa non è bella scrittura. Il materiale narrativo è forte, ed è assolutamente importante raccontare la morte di Mario Scrocca, quindi se comunque vi interessa sapere di più questa vicenda non mi sento di sconsigliarlo del tutto. Però è pieno di frasette, di retorica, di immagini e una punteggiatura che dovrebbero in qualche modo creare coinvolgimento emotivo (almeno questo penso fosse l'intento, magari è solo la cifra stilistica dell'autrice) e invece risultano posticce. Ho fatto enorme fatica ad andare avanti tra capitoli fatti di frase di tre parole punto e capo, frase di tre parole punto e a capo. Ce ne sono altri verso la fine, come "Il cuore di queste pagine", dove l'autrice si concede forse un po' più di distensione e arrivano di più, anche a livello di intenzioni e appunto cuore nel raccontare questa storia.
Questo è uno di quei romanzi che non ha senso valutare in stelle perché parla di vite vissute e come tali meritano rispetto.
"ci sono storie come anticorpi. Ci sono incontri con persone che sono anticorpi, e ti salvano la vita."
Si percepisce la sorellanza tra queste due donne, l'autrice e Rossella Scarponi, e con questo sentimento la storia di quest'ultima è raccontata. Il fatto in questione non lo conoscevo e non so nemmeno come definirlo dopo averlo letto, agghiacciante è la prima parola che mi viene in mente.
Queste narrazioni sono utili per crearli, gli anticorpi, perché conoscendo, metabolizzando, si possa imparare a vivere in una società migliore.
oh visto che il tema piace a tutti ma a quanto pare come scrive lei no, mi concentrerò solo su quest'ultimo punto. tanto, se sapevo dare consigli per scrivere meglio, magari sapevo anche scrivere. invece so solo leggere, ma tanto. e personalmente ADORO il suo modo di scrivere, ci vuole un coraggio per raccontare i cazzi propri a milioni di persone che io non so proprio se ce l'avrei. ma questo, di nuovo, è più sul contenuto. ma no, mi piace proprio come scrive. non vedo l'ora di andare ad una sua presentazione così le chiedo della copertina e risolviamo il mistero. daje!
"L'essere perbene non è sufficiente. Si necessita antifascismo."
Al di là della storia vera, che non conoscevo bene e che consiglio a tutti di farsi raccontare da questo libro, ciò che è più interessante è il motivo per cui Valentina Mira lo scrive. E ve lo posso raccontare senza far spoileraggio. Si tratta di un'espiazione: l'autrice, durante un periodo che lei stessa definisce di inesperienza, ha avuto un fidanzato di estrema destra; dopo la fine della relazione, complice anche un'erudizione letteraria e una presa di coscienza, si capacita dell'errore e desidera auto-riabilitarsi.
Scritto bene, con uno stile definito (e anche un po' romanesco, che a me - milanese - fa divertire anche quando è serio) e una trama ben orchestrata.
Ero molto indecisa su quale “voto” dare a questo libro, senza contare che non amo mai molto mettere “voti” perché non è facile racchiudere le emozioni di un libro in un numero. Credo che scrivere la storia di Mario Scrocca sia stato un gesto importante, soprattutto in questo momento storico che sembra volerci riportare indietro. Spero che, con la pubblicazione del libro, si possa ricominciare a parlare di quanto è successo davvero, che siano riaperte indagini, che anche l’informazione ricominci a scriverne. Purtroppo la scrittura non mi ha entusiasmata e mi ha reso difficoltosa la lettura, ma è un parere personale, completamente slegato da quanto è stato narrato che, invece, mi ha permesso di conoscere un episodio della nostra storia (recente) di cui, con tutta onestà, non avevo mai sentito parlare.
Vorrei esprimere tutta la mia solidarietà all’autrice. Perché credo che mantenere viva la memoria antifascista sia il compito di ognuno e ognuna di noi.
Scrivo questa recensione ancora con le lacrime agli occhi. Non conoscevo la storia di Mario Scrocca ma ora, dopo aver letto questo libro, mi assicurerò che tutti i miei conoscenti la conoscano. Affinché non si dimentichi, affinché Mario non muoia altre volte negli occhi di chi è indifferente e volge lo sguardo dall'altra parte. Ieri, oggi, domani e per sempre antifascista.
La copertina non l’ho capita e non mi piace. Detto ciò, libro molto bello, storia che tutti dovrebbero conoscere. Mira la scrive insieme a Rossella, protagonista stessa della vicenda. Si parla della strage di Acca Larenzia, di ingiustizia, di antifascismo e, ovviamente, di fascismo. Non quello di Mussolini, ma quello dei militanti degli anni 70/80 fino all’elezione della presidente Meloni. Posso essere d’accordo sulla non ammissione tra la sestina dello Strega, perché la scrittura in sé non lascia il segno, ma ne consiglio la lettura, anche solo per conoscere un pezzo di storia che le ultime generazioni conoscono davvero poco
4/4,5. Valentina Mira racconta la triste vicenda di Mario Scrocca, attivista di sinistra arrestato e trovato impiccato in una cella di isolamento (anti-impiccagione) nel 1978. Scrocca viene infatti arrestato perché ritenuto colpevole dell'uccisione di due ragazzi del MSI che in quel momento uscivano dalla sede del partito in via Acca Larentia. Mira descrive il dolore della moglie Rossella, ritrovatasi giovanissima da sola con un figlio, Tiziano, e un sistema che le sarà sempre ostile durante la sua lunga ricerca della verità. Intenso e ben scritto, davvero bello.
Valentina Mira ha scritto davvero un libro coraggioso! Un libro di denuncia e di rinascita e, come protagonista, ha l’ingiustizia. L’ingiustizia che dilaga spesso e volentieri sul fronte della legge.
Il libro si snoda su due fronti, la storia di Rossella, moglie di Mario, e di Mario infermiere e sindacalista da sempre attivo sul fronte politico. Un giorno finirà in mezzo ai fatti di Acca Larentia, ma è del tutto innocente, morirà poi “suicida” in carcere ai danni di certi fascisti che passavano per caso proprio davanti alla sua cella. Rossella non si darà mai Pace per questa morte ingiusta e come dice la scrittrice, il libro lascia un profondo senso di ingiustizia e un certo livore.
Il secondo fronte, invece, è l’esperienza personale che Valentina mette a nudo con il fascismo di cui non sapeva si e no nulla. Finisce nelle mani di un fascista che diventerà il suo ragazzo e passerà davvero un brutto periodo insieme a lui, periodo che ha raccontato e denunciato nel libro. Fortunatamente alla fine, lei, apre gli occhi e adesso siamo certe che starebbe lontano un miglio da tutti loro.
Un libro forte, coraggioso, di denuncia. Mi è sembrato sorprendente che sia stato pubblicato e menomale che la CE Sem ci ha pensato e menomale che Valentina Mira lo ha scritto!
L'altra storia. Le vittime che ogni gennaio commenora Acca Larentia sono in realtà carnefici. La vittima è Mario Scocca. E Valentina Mira riporta alla luce la storia di chi è stato ingiustamente accusato di una strage, imprigionato e "suicidato" in una cella anti- impiccagione. Una storia da brividi come lo sono gli anni di piombo. Peccato per la scrittura metanarrativa che personalmente non amo, avrei preferito immergermi completamente nella storia. Discorso su vittime e carnefici molto politico ma ho apprezzato la schiettezza. Parte finale davvero poetica, una carezza.
Una storia che avrebbe meritato una sintassi migliore, delle scelte lessicali sensate. Una storia che avrebbe meritato una scrittrice che la scrivesse, e che invece niente, è stata scritta da una che forse i messaggi nei Baci Perugina sono scritti meglio.
E poi, ancora una volta: ma davvero bisogna *sempre* parlare di sé quando si scrive? La storia di Mario e Rossella è bellissima; la storia dell’autrice, che nemmeno ha il coraggio di raccontarla davvero, ma la lascia intuire a spizzichi e bocconi, ci interessa davvero? È davvero collegata con quella del libro?
Possono smettere di fare finta di voler raccontare una storia grande quando invece quello che fanno, ormai sempre, è parlare di sé, sempre di sé? Ma che si aprano un blog, invece di finire nella selezione dello Strega.
Recensione seria, perché di cose serie di parla. Purtroppo vedo questo libro come un’occasione sprecata, perché porta una storia davvero interessante e importante, ma la tratta in maniera poco chiara. Non è un saggio, non è un’inchiesta e non è un romanzo. Sembra quindi una serie di pensieri e di sentito dire su una vicenda, quella di Mario Scrocca, che meriterebbe un lavoro a metà tra lo storiografico e il giornalistico. Non ho apprezzato nemmeno il parallelismo con la relazione tossica della scrittrice a cui sento di dare un consiglio per il futuro: se il tuo ragazzo si pugnala una coscia per evitare di essere lasciato, forse non è importante il fatto che voti o meno Fratelli di Italia, forse è più importante consigliargli una visita da uno psichiatra.
Non si può negare che sia un po’ acerbo. Allo stesso tempo, questo breve libro è così appassionato, così militante e pieno di visione, da risultare una ventata di aria fresca e gradita. Gli intrecci del racconto riescono a mantenere alto l’interesse e anche una certa suspense, soprattutto per chi - come me - non conosce la vicenda. Si fa un po’ troppo lirico in alcune parti, mentre apprezzo la cronaca asciutta e ritmata delle sezioni più narrative. Considerando la giovane età dell’autrice, un esperimento per me molto interessante; la aspetto al varco con curiosità.
Si è scritto tanto su questo libro e tanto è stato detto. Non aggiungo altro. Per mia grande ignoranza non conoscevo la strage di Acca Larentia e tutti gli annessi e connessi, e solo per questo ringrazio di cuore Valentina Mira. Ma le sono grata anche per aver dato parola ad un mio pensiero insistente, ossia quello di chiamare certi comportamenti con il giusto nome e smettere di giustificarli. Per isolare certe persone e, soprattutto, per salvare se stessi.
La storia vera di Mario Scrocca .Della morte di Mario Scrocca ,avvenuta dopo i fatti di Acca Laurenzia Un ottima riflessione sulle vittime e sui carnefici di un fatto di cronaca che lega quel fascismo che non dovrebbe esistere più ma che purtroppo a quasi quarant'anni di distanza si diffonde ramificato nelle nostre vite.
Era dalla pre-adolescenza ed Harry Potter che non mi capitava di leggere un libro in un giorno solo. Sebbene non si tratti di un romanzo, ma della narrazione di eventi passati e presente intrecciati col proprio vissuto, l'autrice ha saputo mantenere un ritmo tale da infondere la voglia di continuare a scavare nella storia di Mario e Rossella, Tiziano e Ilaria, Giancarlo e la propria.
Attuale come non mai, date le forze "non anti-fasciste" al governo in Italia e il mai cessato tentativo di riscrivere la storia dell'Italia repubblicana, riabilitando le forze antidemocratiche e ponendo sullo stesso piano carnefici e vittime, fascismo e antifascismo, neri e rossi. Il libro denuncia tutto questo, partendo da Mario Scrocco, la cui storia costituisce tutt'altro che un caso isolato.
Nel tentativo di incasellare mentalmente il libro ho ripensato a V13 di Carrère: brevi capitoli dove ogni parola pesa, con tocchi poetici distribuiti nei punti giusti, e tutti gli indizi disseminati che trovano risoluzione. Lodevole lo stile narrativo pregno di citazioni di un'autrice nata negli anni '90, tanto nei riferimenti pop (Betty Spaghetti) quanto in quelli classici (Esopo e la letteratura russa).
Era facile sbagliare tono, raccontando una storia del passato senza originalità ricadendo in un topos, incensando e condannando. Ma l'onestà intellettuale dell'autrice, che riconosce e denuncia i germi del fascismo dentro di sé (autoconsapevolezza = primo passo del percorso di cambiamento) rende la storia sentita e personale per ognuno di noi, un modello senza moralismi, guidati da personaggi tangibili e che pagina dopo pagina entrano nella nostra personale fratellanza/sorellanza.
È il primo libro di Mira che leggo, ma non sarà l'ultimo.
C’era bisogno di questo libro, soprattutto ora. Io non so se sia adatto ad un premio letterario: la maniera in cui è scritto, metanarrativa, con mescolanza di fatti pubblici e privati, con un continuo riferimento al lettore, forse con uno stile più adatto ai podcast, è molto attuale così frantumato e spezzato ma non è facile per i lettori più classici. Non credo nemmeno che serva a dare qualche risposta ad una generazione che ha vissuto quel momento storico, che è rimasta ad aspettare la verità di tanti fatti inspiegabili, generazione di persone che volevano cambiare il mondo in meglio e invece lo hanno visto tornare indietro. Serve molto a chi non ha vissuto quegli anni, serve ai giovani, a chi si è sempre disinteressato di politica o rimasto ai margini. Serve a spiegare, a far comprendere concetti come questi: “Perché il danno peggiore che mi è stato fatto e che, credo, sia tutt’oggi perpetrato a livello sistemico, è quello di mettere sullo stesso piano le forme di violenza che hanno imperversato nei decenni in cui non ero ancora nata. Fascismo e antifascismo non sono e non saranno mai la stessa cosa. E la frase “la violenza è sempre sbagliata” – l’ho imparato sulla mia pelle rinunciando a difendermi in alcune situazioni di pericolo, proprio con dei fascisti – è sbagliata. E ipocrita, anche.… L’Msi, il Movimento sociale italiano, nasce nel 1946. Lo fonda Almirante e ha lo scopo di raccogliere tutti i nostalgici del Ventennio e dare loro uno sbocco istituzionale. Nel frattempo altri fascisti si riuniscono anche in gruppi armati e terroristici, e lo fanno da subito: il Fronte armato rivoluzionario e la Legione Nera. Caratteristica del loro agire, che trovino sbocco nella politica istituzionale o nel terrorismo, è stringere legami con parte dei servizi segreti. Rauti, Delle Chiaie, Freda: i loro rapporti con le dittature militari in Grecia, Spagna, Cile e Argentina sono ampiamente documentati. Per non parlare dell’Anello, i cosiddetti servizi segretissimi….. C’è una grossa differenza tra il cosiddetto terrorismo rosso e quello nero. Intanto perché il primo nasce in risposta al secondo. Ma soprattutto perché la connivenza dello Stato, il terrorismo rosso non ce l’ha avuta mai.”
E poi soprattutto riporta di attualità la storia di una terribile ingiustizia, la storia di una piccola famiglia schiacciata dalla giustizia. Importante come a smascherare il vittimismo osceno della destra sia una donna, una giovane che quegli ambienti ha frequentato e che è in grado di rivelare alibi, retorica e stile della destra. Per me è da leggere.
3.5⭐️ Non sono capace di cogliere le cose che mi sono piaciute (apparte l'importanza del raccontare questa storia) quindi mi dedico ai difetti chiedendo venia: - giuro che ho capito che Rossella è bionda già dalle prime 8 volte che mi era stato detto - capisco l'intento di rendere questo pezzo di storia romanzo e non saggio ma un pochino l'ho trovato sminuente - tutti questi incisi - scritti così - e ripetizioni mi hanno rallentato la lettura