Nella Trieste della metà del Novecento quella dei Dörfles è una delle tante famiglie ebraiche assimilate, intensamente partecipe della vita culturale e civile della città. Giorgio – futuro padre di Piero – si converte e sposa Alma, e con lei rimane in città cercando di svolgere il suo lavoro di avvocato. Anche Gillo, con la moglie Lalla, continua la sua vita di viaggi e di incontri, ma si ritira in Toscana, perché le leggi razziali, la cui promulgazione Mussolini sceglie di annunciare proprio a Trieste, impediscono ai Dörfles di svolgere il loro lavoro. Nel 1943, con l’armistizio e l’occupazione militare tedesca, la fuga si fa inevitabile. È da quel momento che la tenuta di Chiassovezzano, nel comune di Lajatico, tra Pisa e Volterra, diventa il rifugio di questa particolare famiglia. Piero Dorfles – il cui cognome ha perso la Umlaut durante le vicissitudini narrate nel libro – sceglie di rievocare quei mesi terribili attraverso il racconto della casa di Chiassovezzano, delle sue stanze piene di storia e di storie, del suo giardino, degli scantinati usati come rifugi antiaerei, della pantera nera che ne è il simbolo un po’ perché ogni cosa, in quel luogo, parla di chi lo ha scelto e abitato. “Ma nessun eroismo, in famiglia. Sconsideratezza, una buona dose di incoscienza. Il termine che mi sembra più adatto è quello di temerarietà.”
Giornalista e critico letterario italiano (Trieste, 1946). Giornalista dal 1975, è stato responsabile dei servizi culturali del Giornale Radio Rai, per cui ha curato diversi programmi radiofonici. Noto al grande pubblico per essere stato il co-conduttore della trasmissione televisiva in onda su Rai Tre Per un pugno di libri, ha pubblicato libri dedicati al mondo della comunicazione televisiva e radiofonica.
"Sarà difficile superare il dolore e le contraddizioni che si porta dietro ciò che è passato, e che non potrà non pesare sul futuro. " La Storia si concretizza nella storia, nelle storie, ancora una volta . Spunto per andare incontro alle proprie, ad andare alle radici, conoscerle e riconoscerle.
Capisco come questo libro sia caro, prezioso, per il Prof. Dorfles. E mi dispiace dare un giudizio non positivo. D'altro canto, questo "racconto disordinato" (come lo stesso autore lo definisce) inevitabilmente finisce per essere un lungo elenco di luoghi, stanze, mobilio, delle persone che li hanno vissuti e di episodi vagamente connessi tra loro. Alcuni di questi episodi sono drammatici e memorabili, ma la narrazione è troppo frammentaria per coinvolgere appieno. Il mio giudizio è molto personale, perché non amo questo stile di narrazione per elenchi, ma nel complesso mi sembra un'interessante finestra su un periodo storico tormentato, però poco coinvolgente.