Una bella donna dalla condotta scandalosa approda sullo sgabello di un bar degli Champs-Élysées, con la testa confusa dall’alcol. Che cosa c’è dietro? Per lo meno una magistrale indagine nelle zone più remote e più torbide della psiche femminile.
Georges Joseph Christian Simenon (1903 – 1989) was a Belgian writer. A prolific author who published nearly 500 novels and numerous short works, Simenon is best known as the creator of the fictional detective Jules Maigret. Although he never resided in Belgium after 1922, he remained a Belgian citizen throughout his life.
Simenon was one of the most prolific writers of the twentieth century, capable of writing 60 to 80 pages per day. His oeuvre includes nearly 200 novels, over 150 novellas, several autobiographical works, numerous articles, and scores of pulp novels written under more than two dozen pseudonyms. Altogether, about 550 million copies of his works have been printed.
He is best known, however, for his 75 novels and 28 short stories featuring Commissaire Maigret. The first novel in the series, Pietr-le-Letton, appeared in 1931; the last one, Maigret et M. Charles, was published in 1972. The Maigret novels were translated into all major languages and several of them were turned into films and radio plays. Two television series (1960-63 and 1992-93) have been made in Great Britain.
During his "American" period, Simenon reached the height of his creative powers, and several novels of those years were inspired by the context in which they were written (Trois chambres à Manhattan (1946), Maigret à New York (1947), Maigret se fâche (1947)).
Simenon also wrote a large number of "psychological novels", such as La neige était sale (1948) or Le fils (1957), as well as several autobiographical works, in particular Je me souviens (1945), Pedigree (1948), Mémoires intimes (1981).
In 1966, Simenon was given the MWA's highest honor, the Grand Master Award.
In 2005 he was nominated for the title of De Grootste Belg (The Greatest Belgian). In the Flemish version he ended 77th place. In the Walloon version he ended 10th place.
Betty/Marie Trintignant nel film omonimo del 1992.
Non è il romanzo migliore di Simenon, e ha avuto maggior successo di altri più riusciti. Per me è probabilmente il suo più disturbante. E forse per una lettrice è ancora più disturbante, tacciarlo di misoginia per questo libro viene piuttosto automatico.
Stéphane Audran/Laure e Marie Trintignant/Betty a “La Buca”.
E la ragione risiede nel personaggio principale, la Betty del titolo: attira e respinge, suscita tenerezza e repulsione, fragile e torbida, vittima della società e della vita, ma forse soprattutto vittima di se stessa. Vittima e carnefice. Sin dalla sua prima apparizione sul pavimento di una bettola (non per niente si chiama “La Buca”): ubriaca, ben vestita in abiti raffinati ma con le calze smagliate e spettinata, il trucco sfatto e probabilmente bisognosa di un bagno. Un’attrazione morbosa, insistita, tenace per l’alcol, prima di tutto in veste di whiskey.
Il regista Claude Chabrol sul set con Marie Trintignant.
Un personaggio al limite, che resterà tale per tutta la storia. Disperata, confusa, smarrita, irritante apatica piena d’ombre. Di famiglia povera più che umile, ha conosciuto subito l’aspetto crudo e crudele dell’esistenza. Poi ha trovato l’amore, un matrimonio fortunato con un uomo di buona e ricca famiglia: sono nati due figli. Betty ha ventotto anni e cerca l’amore altrove, fuori dal matrimonio, in un amante. L’amore o il piacere? Viene scoperta, cacciata, perde le figlie, non può più vedere le sue bambine.
Betty, le figlie, il marito e la suocera.
Nessuna meraviglia che un personaggio così abbia attratto il regista Claude Chabrol che ha portato Betty sul grande schermo (dieci anni prima si era cimentato con un altro adattamento da Simenon, I fantasmi del cappellaio): Chabrol, come Simenon, era attratto dalle vite e personalità ricche d’ombra, in qualche modo sgradevoli. Una trentina d’anni prima di realizzare il film, Chabrol e Simenon si incontrarono, bevvero insieme chiacchierando. Lo scrittore chiese al regista: perché i registi non fanno più film senza una trama? Noi scrittori abbiamo bisogno di un plot per staccarci dalla pagina bianca (e vuota). Ma voi registi siete privilegiati: voi potete partire da un viso! Un bravo attore può catturare lo spettatore e riempirlo di domande e dubbi anche senza una trama, semplicemente col dono del suo volto.
Betty e Laure.
E forse nel 1992 Chabrol s’è ricordato di questa conversazione e ha strappato a Marie Trintignant probabilmente la sua migliore interpretazione, incisiva ricca e vibrante, piena di sfumature anche negli eccessi, in bilico tra un saggio di femminilità o di immoralità. Le ha messo accanto sua moglie, quella magnifica attrice che è stata Stéphane Audran (ci ha lasciato proprio quest’anno la dolce bella e brava Babette) e ha regalato ai suoi fan un buon film, oscuro, avvincente: invece per un altro spettatore si tratta forse di un film troppo verboso e ostico.
Betty is the observation that a woman makes of having had the wrong life, a statement in which she was nevertheless an accomplice for ten years, in full consciousness, not knowing how to do otherwise. From modest and rural strata, she found herself, through her marriage, embarked on a family of the upper-middle class, knowing that she thus accepted not to live out her true aspirations. But fundamental questions are asked through this little book, on the female condition (written in 1960) of the time, through various examples just touched on, but which constitute the atmosphere of the book: this orphan character in the countryside , girl to do everything and to relieve the male race at the same time; the lack of taking control of her destiny by Betty because, in these "upper" families, it is the man who decides and the woman must perfectly play a role which has been devolved to her from all eternity (see the volume 2 of the second sex of Simone de Beauvoir), the maternal instinct which, after all does not necessarily fall from the sky as we wanted to make us believe, the character of Laura who is not "Laura" but who was "the woman of a great doctor "then" Mario's mistress ", and who, when her existence is no longer justified by a man at her side, prefers to die (moreover, we do not know how and why she died, but she died of find alone and certainly not out of heartache), etc ... So several women in this book, who are either transparent, or non-existent, in any case lost. Betty becomes a kind of someone again by becoming "mistress of ..." So an exciting book, a light, and constant psychological study, a gloomy atmosphere of streets, bars, and clubs bathed in alcohol, frustrations, and one night's sex, clumsy and which leads to a great void, sometimes lengths, and simplicity in style full of depth (simple but not bland!)
Un piccolo romanzo di grande, grandissima classe!!! Betty, donna perduta, donna smarrita, donna turbata, donna inquieta, donna con un passato non facile, donna "sporcata" dalla vita, bambina mai cresciuta... o forse solo una grandissima "stronza"?
"Che cosa aveva fatto Laure per meritare di essere felice?" [...] "Perchè lei, quando Betty si era data tanto da fare?" [...] "E Betty fissava nello specchio il cielo grigio e gli alberi neri, con le unghie affondate nella pelle. Aveva voglia di gridare, perchè la smettessero, perchè cessassero di essere felici."
Stile impeccabile. Scavo psicologico magistrale... e il tutto reso con grandissima abilità in un centinaio di pagine.
Ognuno col suo viaggio ,ognuno diverso ,ognuno in fondo perso dentro ai cazzi suoi ...
Erano tre giorni e tre notti che non sapeva più che ora fosse, e che la luce e il buio non avevano più senso.Tutto si mischiava Le voci nel bar di donne e uomini che bevevano, il rumore dei bicchieri, la musica del giradischi,l'odore di sigarette,di whisky e di pioggia La storia inizia brusca, il lettore è catapultato alla Buca ,da Mario, e la prima scena è sfocata: Betty è con qualcuno - di cui non sa o ricorda nulla - con i sensi ottenebrati dall'alcool e dalla disperazione. La bella e scandalosa Betty, una donna senza scrupoli,indifferente, autodistruttiva ,una che per tutta la vita ha rincorso la sua ferita e ha rovinato tutto, ha fallito in tutto e ha sporcato tutto . Una che mente come respira, un'egoista, un'egocentrica perché lei tornava sempre a se stessa.Al fondo di ogni cosa, alla base di tutto, c'era la piccola Betty che cercava di capirsi e che avrebbe voluto che tutti facessero uno sforzo per capirla.
Piccola Betty, certo, ma senza alcuna tenerezza minuta e delicata, sì, e capace di essere una grande STR_*_*_*_* !
È attendibile Simenon vestito da donna? Indossa i panni della ventottenne Betty e non li sveste fino alla fine. Ad un certo punto Betty dirà di riunire in sé tutte le donne… forse tutte le donne che agitano l’immaginario di Simenon? No.. manca in lei la donna più ricorrente, la lupa procace. Betty è alle prese con problemi imprecisati a cui fa accenni di volta in volta più chiari. Bisognerà arrivare al sesto capitolo per averne il quadro completo e ancora più avanti perché venga descritta la scena che l’ha costretta ad abbandonare il tetto coniugale. Betty è una persona danneggiata destinata a danneggiare tutte quelle con cui viene in contatto. Racconta di sé a ritroso mentre giace intontita dall’alcool e dai farmaci in una camera d’albergo, osservando con compiacimento misto a disprezzo la sconosciuta che si è offerta di accudirla. L’accudimento simil materno di Laure offre a Simenon la possibilità di ribadire che certe persone prendano in odio chi le soccorre. Betty non si sentirà indegna, bensì proverà invidia per Laure, invece di esserle grata per l’aiuto che le offre, andrà alla ricerca dei motivi reconditi per i quali lo fa. Vale sempre quella considerazione magistrale di Melville: “per chi crede nelle intenzioni è impossibile pensare che gli altri non ne abbiano”. Betty fabbricherà da sola le intenzioni di Laure. Simenon aveva sicuramente letto Freud, i suoi personaggi sono spesso portatori delle patologie catalogate dalla psicanalisi, in questo caso Betty è ossessionata dalla sporcizia come già lo era stata sua madre. Le donne di Simenon non si distinguono per essere materne, hanno quasi sempre un rapporto disinvolto con la sessualità, spesso sono indipendenti ma portatrici di una qualche tara mentale ereditata dalla famiglia o causata dall’ambiente in cui sono cresciute. Non definirei Simenon un misogino, è un uomo e come tale ha un’idea parziale delle femminilità, un’idea maschile di essa. In questo romanzo non accade quasi niente, nonostante ciò si respira costantemente l’aria della tragedia imminente. Per la colonna sonora mi prendo la licenza di fare un collegamento del tutto personale https://www.youtube.com/watch?v=2Wdu5...
Una donna giunge in una bettola. L’ abbigliamento stride con il locale, abiti di eccellente taglio addosso e calze smagliate a testimoniare uno strappo evidente. Che ci fa in compagnia di quel dottore tossicomane, sposato, noto al resto dei disadattati che frequentano un improbabile cenacolo di campagna, lì a Versailles? Estrema periferia del mondo parigino: luogo che accoglie e perdona e forse offre un’altra opportunità… È già in evidente stato di ebbrezza, Laure la salva dalle grinfie del medico e la fagocita nelle stanze del suo albergo, da quando è vedova ha lasciato l’alto mondo signorile dove torna di quando in quando, al momento la nuova vita le è più congeniale. Mentre assistiamo al recupero (?) di Betty, veniamo gradualmente messi a parte dell’antefatto, non solo le ultime tre notti fuori casa, dal fattaccio, ma tutta la sua esistenza, trent’anni appena. In una eccellente ambientazione claustrofobica, impreziosita dalla descrizione dei deliri dovuti all’abuso di alcol, col ritmo martellante di pensieri sconnessi e iperbolici, con proiezioni che frammischiano vissuto, sogni e identità, con un alternare presente e passato, formuliamo ipotesi di sviluppo della vicenda e prendiamo atto della sua evoluzione che altro non è se non l’ennesimo schiaffo duro dell’abile belga. All’aria finzioni sociali e perbenismo, maschere e ruoli, qui si pareggiano i conti : ognuno sia quel che è! Gradevole e veloce lettura, a tratti spiazzante per l’intreccio narrativo che potrebbe tranquillamente e in qualsivoglia riga prendere un andamento diverso, come la vita appunto; qui è il trionfo della volontà e perfino, sul finire, della sincerità … che poi non vadano di pari passo con la perfezione e l’ipocrita morale del modello borghese è tutta un’altra storia.
Ho letto poco più di una decina di romans durs di Simenon, cioè una minima parte, però ho spesso avuto un’impressione che questo libro ha confermato: Simenon è in difficoltà con i personaggi femminili. Nei romanzi che ho letto sinora le donne non sanno mai essere complesse o sfaccettate, sono piuttosto stereotipate: o angeli (nevrotici) del focolare o femme fatale. Sinora in modo particolare di Simenon ho apprezzato due aspetti: in primo luogo saper creare atmosfere straordinarie, che restituiscono con vividezza luoghi, eventi, situazioni varie ( e il loro tono emotivo); in secondo luogo la costruzione di situazioni e personaggi ordinari che, per un dettaglio, come in un domino, strascinano la vita in una spirale di follia, di ossessione, di morte. La follia dietro l’angolo della vita di ognuno di noi è il modo con cui Simenon avvince la vita comune del lettore, attanagliato dall’inquietudine e dal timore. Ecco, Betty si discosta da questo modello: c’è l’atmosfera, perfettamente ricreata, di bar e locali dove si consumano le vite di alcolizzati e sbandati, e c’è questa Betty da cui è difficile rimanere sottilmente inquietati. E’ un personaggio estremo, è una ninfomane gravemente patologica, è una figura non inverosimile (è una malattia che esiste), ma che certo ho vissuto come distante e poco interessante, anche scontata. Anche la donna che le diventa amica è altrettanto rigida come personaggio, ingabbiata nel cliché della donna crocerossina ed ingenua. E’ il Simenon meno riuscito che abbia letto sinora (nonostante si legga piacevolmente e sia certamente una discreta lettura).
La rimozione e la deriva La prima considerazione (non così ovvia per me che ho letto ancora troppo poche opere dell'autore) è la conferma definitiva che Simenon non è, o quanto meno non è solo un autore di gialli: in questo romanzo indagini e delitti non sono neppure defilati e secondari, ma proprio completamente assenti.
Si percepisce comunque una tensione latente che, forse perchè influenzati dal nome di Simenon, fa presagire fino alla fine un evento violento, deliberato o accidentale, e invece nulla... il romanzo sfuma nel grigio così come all'inizio la scena veniva messa a fuoco gradatamente, attraverso i sensi della protagonista che riemergevano dall'ottundimento causato o forse accentuato dall'alcool.
La seconda è l'evidenza, mai come in questo libro, della straordinaria capacità di sintesi dell'autore che riesce in poco di più di cento pagine a creare caratteri, ambienti, situazioni con un'attenzione ai particolari allo stesso tempo ricca ma concisa, che sembrano due termini antitetici ma che convivono grazie a una magia di cui devo ancora comprendere appieno il segreto. Che differenza con i romanzoni di oltre 500 pagine che spesso ci affliggono seppellendoci sotto una pletora di parole per lo più inutili!
Nonostante questi ormai consueti punti di forza, resta, rispetto alle quadrature perfette di altri romanzi di Simenon, un vago senso di incompiutezza, come se si trattasse di una sorta di prova d'autore, un esercizio pur mirabile di stile nel quale manchi ancora il nucleo catalizzatore di una trama, quasi un dipinto in cui l'artista si sia dedicato all'ambiente lasciando ancora abbozzato e sfuggente il soggetto.
Sto un attimo lontana da Simenon e dimentico la sua arte nel dipingere i personaggi e i loro pensieri. Ritorno con Betty. Donna fragile e vittima dei suoi vissuti o sanguisuga anaffettiva? È così difficile schierarsi con Simenon: il bene ed il male sono indistricabili. Altro che yin e yang.
Χωρίς ίχνος αντικειμενικότητας. Είμαι φαν, είναι φαν-ταστικός (λολ - αυτή κι αν είναι μια λέξη που αρμόζει κάργα σε μια βαθμολόγηση, καραλόλ, αλλά είμαι πολύ χαρούμενος που διάβασα αυτό το βιβλίο, που κάθε άλλο παρά αστείο ήταν). Ευτυχώς που υπήρξε πολυγραφότατος, κι έχω κάμποσα δικά του ακόμη να διαβάσω. (Το θεματάκι του με τις γυναίκες το 'χει ο Σιμενόν, κι εννοείται πως κανείς/καμμία αναγνώστης/στρια δεν είναι υποχρεωμένος/η να το δεχτεί αυτό).
Prima lettura di Simenon, non mi è piaciuto per niente. Il personaggio principale è confuso, dal carattere debole, mi ha delusa. Spero che gli altri libri siano meglio.
“Da bambina, guardava le altre come se possedessero qualcosa che lei non aveva, anche se, per la verità, in altri momenti si sentiva contenta, per non dire fiera, di essere quella che era, perché le sembrava allora di essere lei la più completa.“ Un bel romanzo che affronta implicitamente alcuni temi sempre attuali tra cui la psicologia femminile in una società patriarcale ma anche la follia femminile.
Un “romain dur”, un affascinante viaggio nell’anima di una giovane donna borghese. Di Simenon abbiamo conosciuto donne fatali da romanzo poliziesco come nel “Colpo di luna”, “amanti dannate” come nella “Camera azzurra” o nei “Complici”: qui ci stupisce ancora una volta con un personaggio di donna sofferente, sensibile, ingannata dalle convenzioni sociali ma prima di queste dalla brutalità insita in qualunque società umana. Il romanzo si svolge in tre giorni, da quando Betty, che da tre giorni consecutivi si ubriaca, dorme dove trova e va a letto con chi càpita, viene soccorsa e accudita da Laure, divorziata vicina alla cinquantina, che da anni ha trovato una sua autonomia di vita dividendosi tra la casa natale nella buona borghesia di Lione e l’albergo parigino che le permette di frequentare il Buco, affascinante locale notturno nascosto nella campagna vicino a Versailles. Il Buco è qualcosa di più dei tanti bistrot e locali equivoci dove Betty ha cercato l’autodistruzione: è un ricettacolo di “contorti”, una specie di club di persone, peraltro benestanti, che si sono arrese alle proprie manie e lì vivono ore libere dal controllo sociale. Un porto franco, insomma. I flashback ci fanno conoscere via via cosa sia successo nei giorni precedenti, perché Betty sia stata buttata fuori dalla casa del marito, e giù giù attraverso il matrimonio, dove è stata trattata come una “fattrice” di figli, purtroppo femmine, nella cui educazione però ha ancor meno peso delle vecchie serve di casa; fino alla sua infanzia di paese (più che una borghese, Betty è una campagnola imborghesita, una “démi-mondaine” che ha fatto un minimo di scalata sociale: sarà questa differenza, forse, a salvarla alla fine?): al tempo stesso, formano una serie di confronti tra la varia umanità del Buco e quella della “buona società” dove Betty è entrata grazie al matrimonio. Solo attraversando il tunnel dell’autodistruzione (e grazie a un provvidenziale angelo custode.. che ne verrà tradito) Betty riuscirà a liberarsi delle convenzioni sociali, a scoprire un’umanità diversa e vera; anche se non necessariamente più “buona”, visto che Betty troverà la sua forza nello scoprire che non è condannata a soffrire sempre ingiustamente, ma può anche lei far soffrire un’innocente, se è il caso.
Η Μπέττυ μια κοπέλα μόνιμα on her villainous side, πριν η Τζύλιαν Φλύνν το κάνει να φαίνεται κούλ, βυθίζεται στην ακολασία και στο αλκοόλ, εγκαταλείπει (περίπου)τον άντρα της αφού του τα φοράει και η κατρακύλα της δεν φαίνεται να έχει πάτο. Βέβαια ο Σιμενόν δεν μας την παρουσιάζει σαν ένα "θύμα" της άτιμης κοινωνίας" αλλά περισσότερο σαν ένα άτομο που πασχίζει να αποδεχτεί αυτό που είναι. Κάποιοι ίσως το θεωρήσουν μισογυνικό έργο, εγώ αντίθετα το θεωρώ φεμινιστικό κατά μια έννοια. Η Μπέττυ θυμίζει τους ήρωες του Τζίμ Τόμσον, ένα μικρό fuck off προς πάσα κατεύθυνση.
"Οι λέξεις, μες στο μυαλό της, μπορεί να μην είχαν την καθημερινή τους σημασία, αλλά για την ίδια ήταν σαφείς και τούτο ήταν το κυριότερο. Έπρεπε να αντιμετωπίσει τις σκέψεις της αντί να τις αποφύγει όπως έκανε πάντα."- George Simenon, Μπεττυ, μτφ. Α.Μακαρωφ, επιμετρο: Marcel Ayme, ΑΓΡΑ ΥΓ Άτιμη 🖤
This entire review has been hidden because of spoilers.
This is another *real* gem — very noir — though not that well known. Cheap copies in English are apparently getting harder to find, though it is still widely popular in translation (German, Italian, Spanish, etc.).
This is Simenon at his best. A woman walks into a Paris bar to shelter from the rain. Soon she is very drunk, and clearly unhappy. Smoking non-stop, she is picked up by a man who says he isa doctor, and drives her to a seedy bar in Versailles; he is in fact a drug addict. The woman, Betty, is rescued by a rich widow in the bar, who offers her a bed for the night in a nearby luxury hotel. This is a plotless novel, yet completely captivating. The bar, The Hole, in Versailles is the star, rather than its patrons. Its landlord takes pride in his clientele, who all have something very different about them, the 'twisted' as he calls them. Betty's dark side is eventually revealed; she ensnares her men like a spider with a cobweb and spreads her poison as she has with the husband she has just left. This is great stuff.
Georges Simenon è, insieme a Honoré de Balzac, l’autore di cui la mia biblioteca è più ricca di volumi, circa una quarantina per ciascuno. Mentre però di Balzac questi rappresentano la quasi totalità dell’opera, nel caso del padre di Maigret quaranta libri sono solo un piccolo campione della sua sterminata produzione letteraria. Le cifre che si possono reperire in rete sono a mio avviso impressionanti, anche tenendo conto della lunga vita dell’autore belga: sino al 1929 scrisse circa 200 romanzi, utilizzando 17 diversi pseudonimi; dal 1929 al 1972 altri 192 romanzi, dei quali 103 della serie di Maigret; scrisse inoltre 155 racconti, un migliaio di reportages di viaggio e altri 2000 articoli su vari argomenti. Questa mostruosa produzione letteraria potrebbe far pensare ad un recluso della scrittura, ad una sorta di Marcel Proust a vita, isolato in una stanza sin da giovanissimo e intento solo a scrivere e scrivere… tutt’altro. C’è infatti quantomeno un altro dato, nella biografia di Simenon, che dà l’idea di una personalità ipertrofica, di una vitalità abnorme, di un metabolismo straripante: il numero di donne con le quali ha avuto relazioni sessuali. Secondo una sua celebre stima, sarebbero state circa 10.000, delle quali moltissime prostitute, perché per lui fare sesso era come respirare. Può darsi che la cifra sia sovrastimata, che Simenon abbia sbagliato il catalogo o abbia in qualche modo voluto stupire circa le sue capacità amatorie, ma probabilmente l’ordine di grandezza è quello. Prendiamo quindi per buona questa autostima e facciamo alcuni conti. Diecimila giorni corrispondono a oltre 27 anni, quindi questo è il tempo che Simenon avrebbe impiegato per andare a letto ogni santo giorno con una donna diversa, ovvero – supponendo più di un cinquantennio di vita sessualmente attiva – fare sesso con una donna diversa ogni due giorni; vero è che non è affatto detto che il sesso si debba fare solo in due o che nello stesso giorno si debba fare con una sola donna, ma si deve anche mettere in conto che non sempre avrà concluso subito, che a volte sarà andata buca anche a lui, che ci saranno pur stati periodi di inattività forzata, che perlomeno alcune relazioni avranno pur avuto una loro durata etc. Se si aggiunge il fatto che ha viaggiato molto e che avrà sicuramente dovuto ottemperare per buona parte della sua vita anche agli impegni normali di uno scrittore di grande successo, la domanda che sorge spontanea è: ma dove ha trovato il tempo materiale per scrivere tutto ciò che ha scritto e fare tutto ciò che ha fatto? Dopo un fugace incontro con l’autore tre anni or sono, grazie a Le finestre di fronte, il mio metodo di lettura mi ha portato a leggere i libri di Simenon acquistati nel 2007; essendo questi circa una quindicina, ho deciso di non leggerli tutti, non avendo voglia di impegnarmi tanto a lungo con un singolo autore – forse non del tutto imprescindibile – e mi sono limitato a leggere sei romanzi, scegliendo, tra i molti, quattro romans durs e due episodi della serie di Maigret. Così la prima opera che mi è capitata tra le mani è questo Betty, del 1960. Romanzo breve, Betty appartiene alle opere letterarie nelle quali un autore maschio analizza a fondo la psicologia femminile, e devo dire che – per quanto possa giudicare appartenendo anch’io alla metà non femminile dell’umanità - l’esito di questa prova è notevole, rivelando sia lo scrittore maturo, che con opere come questa si distacca nettamente dal genere poliziesco nel quale è costretto dai meccanismi editoriali, sia il profondo conoscitore (vedi sopra) della femminilità, sia infine un fustigatore della morale sessuale borghese e religiosa nonché di alcuni dei fondamenti stessi di tale morale: la famiglia, il matrimonio, la maternità. Protagonista del romanzo è appunto Betty, giovane moglie e madre dell’alta borghesia parigina. Del suo status sociale e delle sue vicende umane il lettore viene a conoscenza scorrendo le pagine del romanzo, che inizia in media res, quando Betty una sera piovosa si trova alla Buca, un bar della periferia di Versailles, ubriaca fradicia, infangata, sporca e con le calze smagliate, insieme ad un medico morfinomane che l’ha rimorchiata a Parigi. Quando quest’ultimo, dopo essersi fatto un’iniezione, inizia a delirare, viene portato a casa da Mario, il titolare italiano del bar, e di Betty, in stato ormai semicomatoso a causa dell’alcool, si occupa Laure, una signora di mezza età che la porta in una camera dell’albergo poco distante dove vive. Pagina dopo pagina, grazie alle riflessioni ed alle chiacchierate di Betty con Laure nella camera d’albergo dove rimarrà per alcuni giorni, riprendendosi a poco a poco, il lettore ricostruisce la sua vita, scopre la sua personalità e perché si è ritrovata in quel bar di Versailles. Il giorno prima Betty è stata scacciata dalla sua bella casa di un quartiere elegante di Parigi dal marito e dalla suocera, che l’hanno sorpresa mentre faceva l’amore con il giovane amante. Le hanno fatto sottoscrivere una dichiarazione di colpevolezza ed indegnità morale, dandole un cospicuo assegno per le prime necessità. Uscita di casa sotto la pioggia così come si trovava, dopo aver invano cercato di rintracciare l’amante, che si è squagliato, ha vagato tra whisky e letti sconosciuti sino a trovarsi alla Buca. Quanto accaduto è il drammatico epilogo di una vicenda matrimoniale apparentemente perfetta. Betty è figlia della piccola borghesia, con un padre molto amato fucilato dai nazisti quando lei era ancora piccola. Sposando Guy Étamble è entrata di fatto a far parte di una classe sociale molto più elevata; il marito è figlio di un defunto generale, e occupa un posto di rilievo in un ministero dopo essersi laureato a pieni voti all’École polytechnique: chiunque conosca un poco la società francese, di fatto monarchica e suddivisa in caste, sa cosa significhi uscire dall’X o dall’Ena. Con Guy ha fatto due splendide figlie, e la sua vita trascorre nel magnifico appartamento di Rue de Wagram, in compagnia di una suocera che viene spesso in visita da Lione, dove abita, e della famiglia del cognato, anch’egli ovviamente alto funzionario ministeriale, che abita al piano di sopra. Sotto questa patina lucida e brillante si nascondono però i veri sentimenti dei protagonisti: la suocera non ha mai perdonato a Betty di provenire da un ambiente sociale inferiore, ed il marito la circonda di un amore forse tenero ma sostanzialmente paterno, trattandola più come un essere bisognoso di protezione che come una compagna. Anche il suo ruolo di madre è in qualche modo sequestrato dalla famiglia, che manifesta un velato malcontento per il fatto che non sia arrivato l’erede maschio. Questa atmosfera fatta di un perbenismo sottilmente soffocante impatta sulla personalità di Betty, segnata da un problematico rapporto con il sesso, del quale ha avuto esperienza indiretta nella prima adolescenza, in campagna, e per il quale sente al tempo stesso attrazione e repulsione, considerandolo sporco e violento ma proprio per questo in grado di risvegliare le sue pulsioni più profonde. Così Betty, che non ha nascosto a Guy le sue numerose esperienze prematrimoniali, ricevendo superficiali rassicurazioni sul fatto che per lui non avevano alcuna importanza, reagisce alla gabbia di affetto peloso e condiscendente in cui è rinchiusa con il tradimento sessuale, sino all’episodio che determinerà la sua cacciata, vissuta da Betty come una liberazione - sia pure accanto ad una buona dose di senso di colpa - tanto che rimane il dubbio sul senso da attribuire a quel suo vagare ubriaca e pronta a darsi a chiunque sotto la pioggia parigina: tentativo di annientamento o discesa liberatoria nell’abisso della propria personalità? Tutto questo, come detto, il lettore lo viene a sapere a poco a poco, perché il romanzo si svolge nell’arco dei pochi giorni in cui Betty rimane nella camera d’albergo di Versailles, accudita da Laure. Quest’ultima è la coprotagonista del romanzo, e – anche se animata dalle migliori intenzioni – rappresenta per Betty la minaccia di un ritorno all’ordine. Laure, che si è assunta il compito di guarire Betty, appartiene alla stessa classe sociale degli Étamble; la casa di Lione dove viveva con il marito, famoso medico, è significativamente poco lontana dalla loro e le due famiglie si frequentavano. Rimasta vedova da oltre un anno si è trasferita nell’albergo di Versailles, beve parecchio ed ogni sera frequenta la Buca; Betty non tarda a scoprire che Mario, il padrone del locale, è il suo amante, o meglio lo strumento che dà a Laure il piacere di cui ha bisogno. Simenon, con la sua scrittura asciutta e senza fronzoli, è molto abile nel condurre il lettore sul terreno del latente e sordo scontro che si gioca tra Betty e Laure man mano che la prima, uscendo dallo stato di passività in cui l’aveva gettata l’eccesso di l’alcool, comprende il pericolo che per lei rappresenta la buona vedova, che se da un lato non giudica il suo comportamento dall’altro agisce per ricondurlo ad una normalità che per lei non può che significare il rientro nell’alveo di una vita dominata da regole che hanno finito per schiacciarla. L’autore conduce questo scontro alle estreme conseguenze, fino a delineare un sorprendente (ma forse non troppo) finale nel quale si assiste alla schiacciante vittoria di una delle due protagoniste. Sono almeno due i livelli interpretativi principali attraverso i quali è possibile analizzare questo bel romanzo. Il primo ruota ovviamente attorno alla complessa personalità di Betty, al suo essere di fatto, agli occhi della società, una puttana, ed in generale a come viene trattato il tema del rapporto tra l’universo femminile e il sesso. Il romanzo è come detto del 1960, e senza dubbio si inserisce in un clima culturale che ormai prelude, specie in una città come Parigi, allo sdoganamento del sesso quale uno dei fattori fondanti la personalità, non solo nell’ambito di ristrette cerchie dell’élite intellettuale, ma a livello di coscienza collettiva. Ancora alcuni anni separano però Betty dalla cosiddetta liberazione sessuale, e in quel 1960 è ancora forte il retaggio del decennio precedente, senza dubbio impregnato di un maggior moralismo diffuso. Ecco quindi che Betty, caratterizzando la protagonista come una donna che ama il sesso in quanto sporco, come una moglie che si lancia in continue avventure occasionali, come una madre che si eccita al pensiero di scopare davanti alla porta della camera in cui dormono le sue bambine, e fondando su questa caratterizzazione la sua vitalità, il suo essere positiva, diviene di fatto un romanzo d’avanguardia, o quantomeno di rottura, prefigurando – come solo la grande arte può fare – temi e riflessioni che non solo sarebbero divenuti oggetto di dibattito diffuso solo alcuni anni dopo, ma che ancora oggi possono dividere, come dimostrano molti commenti (per lo più femminili) al libro, in cui prevale un giudizio negativo per l’impossibilità di riconoscersi nel personaggio. Va da sé, per inciso, che ritengo riduttivo qualsiasi giudizio critico che si basi sull’empatia o sulla repulsione rispetto ai protagonisti di un’opera letteraria, essendo altri a mio avviso i compiti della letteratura rispetto a permettere al lettore di identificarsi o meno nei personaggi. Ma tant’è. Simenon insomma scava, molto efficacemente a mio modo di vedere, nelle pulsioni che ciascuno di noi prova nei confronti del meraviglioso artificio che la natura ha escogitato per permettere la riproduzione delle specie, e lo spoglia di ogni sovrastruttura culturale, facendo di Betty un contraddittorio animale sessuale, che non lo fa semplicemente per provare piacere, ma perché è l’unico mezzo che ha per cercare veramente sé stessa. Qui entra in ballo il secondo livello interpretativo, perché per Betty questa ricerca diviene tanto più urgente quanto più è stretta nel cappio della sua gratificante esistenza altoborghese. Vi è insomma nel romanzo una critica del perbenismo, del moralismo e del complesso dei valori fondanti le convenzioni sociali in cui è immersa la borghesia francese, e la critica è tanto più radicale perché a questi valori non vengono contrapposte virtù in qualche modo alternative, ma la rottura e la liberazione vengono fatte passare attraverso ciò che diffusamente viene considerato degrado morale. Betty ci dice in buona sostanza che la cappa delle convenzioni costruita dalla società borghese (uso per l’ennesima volta questo termine perché troppo precisi ed univoci sono in questo senso i riferimenti nel testo) per perpetuare sé stessa può essere spezzata solo recuperando i propri istinti primordiali e mettendo anche in discussione dolorosamente altri istinti, come quello materno, ormai utilizzati per impedire di sfuggire alle logiche dell’ordine sociale. Ovviamente a Simenon sfugge quasi totalmente (se non nell’accennata origine sociale di Betty) la fondamentale natura di classe della contrapposizione ai valori borghesi, ma credo tuttavia che indagare in modo così coraggioso gli aspetti esistenziali di tale contrapposizione, e prendere così apertamente le parti dell’irregolarità profonda di Betty vada ascritto a merito di questo grande e per molti versi contraddittorio autore. Mi sono ripromesso di non parlare del finale del romanzo, che è bene lasciare alla scoperta del lettore. È però necessario, prima di concludere queste confuse note, dire alcune parole sul terzo personaggio importante del romanzo, il proprietario della Buca, l’italiano Mario. A mio avviso Mario è infatti un personaggio importante non soltanto per il ruolo che gioca nel finale, ma anche perché incarna uno degli archetipi della letteratura di Simenon, che si ritroverà ad esempio nel prossimo romanzo di cui scriverò: Cargo, e forse in qualche modo rappresenta una sorta di alter ego dell’autore. Mario è infatti il viaggiatore, l’amante delle donne, l’uomo in grado di capirle, e forse non è un caso che il belga Simenon abbia affidato questo ruolo ad un personaggio non francese. Betty è a mio avviso un piccolo ma importante romanzo, soprattutto se rapportato all’epoca in cui è stato scritto, ed ancora una volta svela come Simenon sia un autore rappresentativo dell’epoca a cavallo della metà del secolo scorso, in grado da un lato di assorbire appieno nelle sue opere le grandi tematiche della letteratura del primo novecento e dall’altro di tradurle in una prosa minimalista ma non per questo poco efficace, di instillare nel vasto pubblico dei suoi lettori dubbi e pensieri che andavano al di là di quelli legati alla pur importante ricerca del colpevole da parte di Jules Maigret.
Χαρακτήρες στα άκρα, παθιασμένοι παλαβοί, μεθυσμένοι και άρρωστοι από αλκοόλ, πάθη & ηδονές, χαμένοι σε αποφάσεις και επιλογές που είδαν πολύ αργά ότι ήταν λάθος. Με δική τους ηθική και λογική. Γραφή καθόλου ωραιοποιημένη και αρκετά ξερή και σκληρή όπως και η ιστορία που αφηγείται. Ίσως όμως... αυτό να της ταιριάζει περισσότερο.
ps. 1: το επίμετρο του Marcel Aymè θα μπορούσε να ναι και εισαγωγή. ps. 2: ίσως ξαναδιαβάσω Simenon, σε κάποιο αστυνομικό του έργο, μπορεί να βρω την αξία του.
2* Betty 4* Pietr the Latvian (Maigret, #1) 3* The Carter of 'La Providence' (Maigret, #2) 3* The Late Monsieur Gallet (Maigret, #3) 4* The Hanged Man of Saint-Pholien (Maigret, #4) 3* A Man's Head (Maigret #5) 4* The Yellow Dog (Maigret #6) 4* The Night at the Crossroads (Maigret #7) 2* A Crime in Holland (Maigret #8) 3* The Grand Banks Café (Maigret, #9) 3* The Dancer at the Gai-Moulin (Maigret #10) 3* The Two-Penny Bar (Maigret, #11) 4* The Misty Harbour (Maigret, #15) 4* Lock No. 1 (Maigret, #18) 4* The Cellars of the Majestic (Maigret, #20) 3* Inspector Cadaver (Maigret, #25) 3* Maigret Se Fache (Maigret, #26) 4* Maigret's Holiday (Maigret, #28) 4* La première enquête de Maigret (Maigret, #30) 4* My Friend Maigret (Maigret #31) 4* Maigret at the Coroner's (Maigret #32) 3* The Friend of Madame Maigret (Maigret #34) 3* Maigret and the Burglar's Wife (Maigret, #38) 3* Maigret's Mistake (Maigret, #43) 3* Maigret and the Calame Report (Maigret, #46) 3* Maigret si diverte (Maigret, #50) 3* Maigret in Court (Maigret, #55) 3* Maigret and the Idle Burglar (Maigret, #57) 3* Maigret and the Bum (Maigret, #60) 4* Maigret Loses His Temper (Maigret, #61) 3* Maigret on the Defensive (Maigret, #63) 3* Maigret Bides His Time (Maigret #64) 3* Maigret Hesitates (Maigret, #68) 3* Maigret's Boyhood Friend (Maigret, #69) 3* Maigret and the Madwoman (Maigret, #72) 4* Maigret and the Loner (Maigret, #73) TR The Shadow Puppet (Inspector Maigret #12) TR The Saint-Fiacre Affair (Inspector Maigret #13) TR The Flemish House (Maigret, #14) TR The Madman of Bergerac (Inspector Maigret #16) TR Liberty Bar (Maigret, #17) TR Maigret (Maigret, #19) TR The Judge's House (Maigret, #21) TR Cécile is Dead (Maigret, #22) TR Signed, Picpus (Maigret, #23) TR Félicie (Maigret, #24) TR Maigret à New York (Maigret, #27) TR Il morto di Maigret (Maigret, #29) TR Maigret et la Vieille Dame (Maigret, #33) TR Le memorie di Maigret (Maigret #35) TR Maigret in Montmartre (Maigret #36) TR Maigret Rents a Room (Maigret #37) TR Maigret and the Gangsters (Maigret #39) TR Maigret's Revolver (Maigret #40) TR Maigret and the Man on the Bench (Maigret #41) TR Maigret Afraid (Maigret #42) TR Maigret Goes to School (Maigret #44) TR Maigret et la jeune morte (Maigret #45) TR Maigret and the Headless Corpse (Maigret #47) TR Maigret Sets a Trap (Maigret, #48) TR Maigret's Failure (Maigret #49)
Simenon è davvero un artista del ritratto psicologico. Anche in questo romanzo ci accompagna in un torbido viaggio all'interno degli angoli più bui della psiche femminile. Betty è una donna confusa, "sporca", smarrita, vittima di una fragilità che combatte con rassegnazione e bicchieri di whisky. Lo stile narrativo, così come negli altri romans durs, è crudo e impietoso.
Betty has found herself at The Hole, a bar for upscale alcoholics who live in the affluent villages and suburbs surrounding Versailles. She is at the end of a three- day drunk. Her current escort is a distinguished older man whom she vaguely remembers meeting earlier in the evening. When he becomes obsessed with using a gold toothpick to remove the worms he insists are burrowing under Betty’s skin, the bars owner removes him and drives him home. Betty is taken under the wing of Laure, a middle-aged woman who offers her a room in the nearby hotel she lives in.
We learn about Betty in flashbacks, her conversations with Laure, and the events that unfold around her. Her marriage to the younger son of a distinguished military family with a fancy Parisian address has unraveled due to Betty’s drinking and promiscuity. The one million franc check she has in her purse is down payment for her agreement to give up all parental claims on her two young daughters and to never see the family again.
Betty is sick, but Laure is the widow of a distinguished surgeon and takes charge of the situation. Maybe her regimen of Phenobarbital and whiskey was an accepted cure in 1950’s France. When a doctor is called in, he registers Betty’s low blood pressure and irregular heartbeat and announces that she needs five days of bed rest.
Readers will think this all going to end badly, but this is a Georges Simenon novel. His does not indulge us with surprising plot twists. His psychological dissection of Betty, Laure, the awful family Betty is fleeing, and the denizens of The Hole produces shifts of perspective. Perhaps we are justified in our concern for Betty, but the young woman proves capable of taking care of herself.
Κλασικός Σιμενόν, πολύ απλή και όμως απόλυτα ακριβής περιγραφή του ψυχισμού μιας ιδιαίτερης γυναίκας. Απλά εμένα αυτού του είδους οι γυναίκες με εξοργίζουν και γι'αυτό δεν μπορώ να πω οτι το απόλαυσα
One of the very few Simenon novels that failed to really grip me. The writing is good as always, but Betty is unsympathetic and there's not enough happening to really engross the reader.
Solo tre stelle perché da Simenon mi aspettavo qualcosina di più. Anche se sono solo poche pagine, il ritmo è incalzante e tiene abbastanza incollati al libro: la storia di Betty viene fuori a piccoli pezzi, per le prime pagine non ci si capisce praticamente nulla ma poi tutto diviene più chiaro, fino al finale che, almeno a parer mio, offre la chiave del legame "morboso" tra Laure e Betty. Anche qui, strepitoso il ritratto della società.
Un romanzo la cui lettura scorre velocemente. Simenon descrive il disagio psicologico di Betty, una donna ninfomane che scappa da una ferita infertale da bambina. Una ferita di cui è meglio non scoprire la verità, ma è conveniente far finta di niente. Un romanzo psicologico che ruota attorno a due parole "sporco" e "ferita". Alla fine, quando sembra che per Betty non ci siano vie di uscita, le si crea l'occasione favorevole. E sarà la vita e sarà la morte. O l'una o l'altra. E vincerà Betty.
Might be one of the first times that I've thought a Simenon book is too short; too minimalistic. It's not a failure as a book at all — it has a typical cast of flawed, troubled characters that serve to have their abnormal psychologies prodded at and probed by his cold, yet penetrating prose. And the story has a fascinatingly (and somewhat surprisingly) empathetic female-centric perspective (not least because it was written by a man who supposedly slept with over 10,000 women in his life).
But its primary issue is that it doesn't particularly go anywhere beyond its central concept. We study Betty, as a character, at her lowest moments; we get a sense of what makes her tick psychologically; we see impressions of her past, her anxieties, her pains... but the story doesn't really steer itself toward any kind of revelation or development for her.
It's an interesting character sketch, but not a full portrait. A painful little slice, but it should cut deeper.