Se il mondo sta finendo, ci prenderemo l’ questa è una delle soluzioni proposte dal lungotermismo, una filosofia sempre più diffusa tra le élite dei miliardari. Il futuro è più importante del perché cercare di risolvere la fame nel mondo se si può promettere di trasferire l’umanità su Marte tra duecentomila anni? Questo freddo calcolo costi-benefici proiettato in un futuro remoto fornisce un alibi ai potenti che, nascondendosi dietro la promessa messianica di salvare il genere umano, ignorano le questioni più immediate. Irene Doda esplora i fondamenti e le contraddizioni del lungotermismo, rivelando come esso miri più alla conservazione dei rapporti di potere che al miglioramento delle condizioni umane.
Dalla collaborazione tra L'Indiscreto e Tlon nasce la collana Urano, una stuzzicante serie di microsaggi da leggere in giornata che hanno tutti più o meno a che fare - ovviamente - con la filosofia ma soprattutto con temi, come si usa dire, di scottante attualità. Ad aprire le danze tocca a Irene Doda che con 'L'utopia dei miliardari: analisi e critica del lungotermismo' affronta il tema di quei soggetti ultraricchi che gravitano perlopiù attorno al giro della Silicon Valley i quali in nome della promessa di un futuro tutto rose e fiori per l'umanità continuano a fare sostanzialmente quello che fa loro più comodo. Questa è la filosofia lungotermista, roba di cui diffidare e che puzza lontano un miglio, ma che sta avendo sempre più successo specialmente - guarda caso - tra i ricconi del pianeta. Cito direttamente "È una strategia comoda, appellarsi a un fantomatico bene superiore per giustificare, teoricamente, qualsiasi nefandezza compiuta nel presente. È anche utile per distogliere l'attenzione dai danni materiali compiuti dall'industria tecnologica e dai suoi esponenti negli ultimi quindici anni almeno. Abbiamo inquinato, dicono i Bezos e i Musk del mondo, abbiamo lavorato contro i sindacati e le organizzazioni dei nostri dipendenti, abbiamo contribuito al consumo di suolo, al riscaldamento globale, alla desertificazione - ma abbiamo un piano per farvi sopravvivere tra un milione di anni, fidatevi di noi". Insomma, che dire, le cose che scricchiolano sono tante, pensate solo a cosa ci può essere dietro alla transizione green e digitale a tutti i costi (la butto lì, leggetevi La guerra dei metalli rari: Il lato oscuro della transizione energetica e digitale di Guillaume Pitron) e a quali costi, sociali ed economici, può comportare tutto ciò. Decisamente riuscito anche il capitolo conclusivo, in cui Doda avanza proposte costruttive per cercare un'alternativa o perlomeno un modo più equo e 'giusto' di affrontare il futuro: vediamo di sistemare prima il presente, partendo magari dal basso piuttosto che farci cadere in testa le scelte di persone che nuotano letteralmente nell'oro.
Uno sguardo approfondito sulla filosofia lungotermista, nata e fruita nel contesto dei miliardari. Si può davvero sperare e costruire un mondo futuro migliore senza mettere in discussione le strutture politiche di oggi? Per i miliardari sì, ovvio, fa comodo se continuano a tenere loro il potere! Un libro breve ma intenso, ricco di spunti di riflessione e di domande che dovremmo porci: sarà mica ora di cambiare il presente?
Irene Doda, classe, 1994, esplora le ambiguità, credi, azioni e contraddizioni della filosofia del "lungotermismo". I suoi attori principali?! Tutti miliardari ed esponenti della Silicon Valley, uomini di potere e di cattedra. Figure come Musk e Bezos vengono spesso citate (e a buon diritto). E poi c'è lo spazio della riflessione e critica con filosofi, ricercatori e scienziati di cui ora vorrei saperne di più (citazioni e note bibliografiche, con bibliografia finale sempre efficaci).
Che fare a fronte di questo nostro incerto presente e futuro ben poco roseo? Dobbiamo cibarci di contenuti di questo tipo e continuare a farci domande ..tante domande.