În romanul Sinagoga țiganilor, Ben Pastor expune contrastul dintre libertatea de alegere și supunere, anume nucleul cel mai profund al suferinței lui Martin Bora, ofițer al Wehrmachtului, rupt între loialitatea dureroasă față de țara sa și disprețul față de nazism, prins cu oamenii săi în strânsoarea iernii sovietice și a Armatei Roșii, la porțile Stalingradului, „Orașul de oțel”.
August 1942 – martie 1943. Martin von Bora, ofițer al Abwehrului, spirit aristocratic de artist închis în uniforma Wehrmachtului, om corect, dominat de simțul onoarei, forțat de un jurământ de credință, se află pe frontul de la Stalingrad. Primește ordin de la comandantul suprem, generalul Paulus, să investigheze, în calitate de agent de contrainformații, dispariția în stepă (accident, omor?) a soților români Nicolae Tincu și Bianca Costin. Evenimentele par să decurgă ciudat din toate punctele de vedere, mai ales într-un astfel de moment pentru Germania, iar suspiciunile se adună curând, când Bora descoperă că cei doi români nu sunt numai niște cetățeni banali, ci oameni de știință ce au colaborat cu Enrico Fermi și Ettore Majorana. În haosul infernal al asediului Stalingradului, ancheta se prelungește luni de zile. Bora găsește ajutor, și poate apropiere umană, din partea unui maior italian, Amerigo Galvani. Războiul, interesele private, spionajul aliaților și dușmanilor par să se confunde, înecate într-un teatru al ferocității care îi apare lui Martin mai catastrofal și mai revelator pe zi ce trece.
Ben Pastor reușește cu acuratețe să pună pe hârtie stările de spirit ale comandanților și grimasele lunetiștilor din timpul celui de-Al Doilea Război Mondial, trăite dintr-un alt punct de vedere, extrem de solitar.
Sinagoga face referire la cultura evreiască din Europa de Est, rănită îngrozitor de nazism. Dar înseamnă și „haos”, „confuzie”. Țiganii reprezintă componenta nomadă a unei comunități. Până la urmă, o armată – asemenea celei care a plecat în Rusia și a fost aproape total distrusă acolo – este un amestec total disciplinat de culturi diferite, un fel de unire a extremelor ordinii și dezordinii.
„Oricât înainta, nu reușea să scurteze distanța dintre el și sinagogă, care rămânea mereu la două trei sute de pași în fața lui, imobilă și de neatins. Cărămizile roșu aprins, țiglele de diferite culori, ferestrele, cornișele și portalurile trebuiau totuși să se apropie, dar nu se întâmpla niciodată.
Cum de știa că era o sinagogă? Știa pur și simplu.
Chiar și în vis se întreba ce înseamnă. Era evident că mergea înainte zadarnic. Atunci de ce nu renunța sau, cel puțin, nu accepta acea zădărnicie? Pentru că a o accepta ar fi însemnat să se simtă neliniștit, frustrat, dezamăgit, iar Bora nu era pregătit să cedeze acelor sentimente. Așa că în vis continua să meargă în stepa imaginară, împotriva unui vânt care făcea iarba să se unduiască precum valurile în furtună, indiferent la inutilitatea hotărârii lui.”
Sinagoga țiganilor a fost publicată în limba engleză, în 2021, fiind ulterior tradusă în limba italiană de Luigi Sanvito.
Ben (Maria Verbena Volpi) Pastor was born in Rome, but her career as a college teacher and writer requires that she divide her time between the United States and Italy, where she is now doing research. Author of the internationally acclaimed Martin Bora war mysteries, she begins with Aelius Spartianus a new series of thrilling tales. In addition to the United States, her novels are published in Italy, Germany, Spain, Poland, and the Czech Republic. She writes in English.
Ambientazione : Russia ( Stalingrado ) e Praga - fra le mie preferite Periodo storico : 2a Guerra Mondiale- come sopra Protagonista : Martin Bora - che conosco dal primo romanzo pubblicato in Italia : Hobby & Work nel lontano 1999 , “ Lumen “, edizione bellissima, cartonata : amore a “ primo libro “ . In seguito acquistati e letti tutti con uguale piacere , da La canzone del cavaliere a Kaputt Mundi (e grazie Sellerio per averli ripresi e per continuare la pubblicazione di Ben Pastor )
La trama poliziesca , come sempre, non è assolutamente prioritaria per me, è tutto il resto che apprezzo. Per il gradimento sarebbero 5 stelle, ma, essendo un poliziesco, mi limito a 4.
Ammetto di essermi avvicinata alla saga di Martin Bora non tanto per la componente di giallo, thriller o mystery che dir si voglia. A interessarmi è il contesto storico e tutti ciò, contraddizioni comprese, che reca con sé. In questo volume, con cui concludo la saga, a emergere è proprio quel "tutto il resto" che interessa a me. Il giallo passa quasi subito in secondo piano per lasciare spazio alla Storia. E che storia. Un crescendo che in breve trascina Martin (e noi con lui) nel cuore di uno dei più tragici episodi del secondo conflitto mondiale: l'assedio di Stalingrado. Dall'euforia della conquista alla disperazione della fine, della possibilità concreta non solo della sconfitta ma dell'annichilimento personale. E l'ultimo guizzo di speranza, del ritorno. Ritorno che non coincide con la salvezza. "Ora che è stato tra i Morti, torna a noi trasfigurato o come il non morto del folclore romeno?" Viene chiesto a Martin. Si può davvero tornare da un luogo simile? Il corpo, forse, pur fiaccato da malattie e ferite. Ma l'anima? Come intuisce la pur sempre frivola Dikta, Martin non è mai davvero tornato da laggiù. E nella sua esperienza si concretizza quella di tanti e tanti superstiti e si intravede, come attraverso un vetro oscuro, anche il destino di quelli che non hanno fatto ritorno. Probabilmente diverrà uno dei miei preferiti della saga, proprio per la scelta dell'autrice di lasciar più spazio al contesto storico, cosa che tra l'altro a mio parere le riesce alla perfezione.
La sinagoga degli zingari - pastor - 7.5 - é un giallo, è un romanzo storico, forse è tante altre cose. Un giallo che coinvolge i servizi segreti tedeschi, russi italiani e rumeni. Ma ciò che davvero conta è l’incredibile racconto dalla battaglia di Stalingrado. Dall’enfasi dell’assedio che sa di vittoria annunciata, alla lotta quasi corpo a corpo, lo paura dei cecchini, lo stillicidio delle condizioni sanitarie, la mancanza di cibo, uomini e munizioni. Tutto. Si sta riscrivendo una storia che sembrava scritta, martin bora lo capisce, rappresentate dells generazione che ha vinto tutto e poi lo ha perso. In trincea
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Martin Bora è alle porte di Stalingrado: e’ il momento decisivo della guerra, quando le atrocità raggiungono il loro culmine e gli interrogativi sulla esistenza propria e degli altri si fanno più pressanti e più drammatici. Tutto passa in secondo piano: i due scienziati romeni uccisi, le truppe italiane stanziate sul Don, lo sterminio degli ebrei, gli odi secolari tra ungheresi e romeni… tutto finisce per incenerirsi e mescolarsi nel grande rogo sacrificale del conflitto. A noi cosa rimane? Un grande libro col nostro amato protagonista nella sua massima forma. Questi libri di Ben Pastor sono meravigliosi e questa “sinagoga degli zingari” è probabilmente il più bello di tutti.
Metto 3 stelle per amore di Martin Bora, ma sarebbero 2 e 1/2 perchè di tutta la serie questo è il romanzo che ho trovato più deludente e difficile da terminare. Il problema di questi romanzi è riuscire a trovare il giusto ordine di lettura. Lasciandomi ingannare dall'ordine di pubblicazione ho iniziato con Lumen che mi ha catturata immediatamente (4 stelle piene). Ho amato subito il protagonista Martin Bora, questo ufficiale della Wermacht tormentato dalla sua ferrea etica di soldato che vive il contrasto via via sempre più insopportabile con le azioni intollerabili dei suoi stessi compatrioti, che lo porteranno a contro-azioni a costo della sua stessa vita. Dopo Lumen, è stato un impulso leggere i romanzi cronologicamente seguenti: Luna bugiarda, Kaputt Mundi, Il morto in piazza, La Venere di Salò, in un crescendo di emozione e di suspence (una serie di 5 stelle). Solo dopo ho "ricominciato" la sequenza cronologica dei libri, che però, ahimé, avevano l'handicap di aver perso ogni suspence e di presentarmi un Martin Bora ancora immaturo, nel suo entusiasmo per la guerra che va decisamente oltre il senso critico ed etico che sviluppa lentamente ne corso delle sue avventure successive. Nella Sinagoga degli Zingari si perdono alcuni aspetti fondamentali di ciò che mi ha fatto apprezzare la serie. Il giallo da risolvere, un duplice omicidio, è qui a dir poco marginale, travolto da eventi storici (l'assedio di Stalingrado) poco compatibili con la consueta dedizione di Bora a risolvere i casi nonostante i conflitti e la guerra che lo circondano. Questi stessi eventi storici sono raccontati per interminabili capitoli e capitoli, diventando l'argomento principale e quasi esclusivo, che non è quello per cui mi sono affezionata a questa serie. Anche la crescita morale e psicologica del protagonista sembra ferma, il suo incrollabile senso di fiducia nella vittoria ed entusiasmo per la guerra appaiono appena scalfiti solo verso la fine della storia, dopo i disastrosi esiti della campagna di Russia, rendendo il suo personaggio a tratti antipatico e supponente, tanto da chiedersi come e quando si trasformerà nel protagonista conosciuto a partire da "Kaputt mundi" in poi. Mi mancano solo un paio di libri per finire la serie, ma a questo punto è d'obbligo una pausa, a cui forse seguirà una rilettura della Venere di Salò, che mi ha lasciato con emozioni fortissime ed un cliffhanger tuttora insoddisfatto.
Niente da dire sulle capacità di scrittura e di ricerca dell'autrice. Ci sono ottime descrizioni di luoghi e situazioni, dialoghi credibili e una narrazione delle alterne fortune militari durante l'assedio di Stalingrado sicuramente vivida e particolareggiata. Personalmente, ho sofferto la meticolosità e la lunghezza delle note di tipo militare, che aggiungono realismo ma non portano vantaggio alla vivacità del racconto
Ho trovato deludente questo romanzo della scrittrice Ben Pastor, ultimo di una lunga serie dedicata a Martin Bora, ufficiale-investigatore tedesco qui d’istanza a Stalingrado. È un libro inutilmente lungo e noioso, il che è inaccettabile visto il presupposto di creare un genere misto tra romanzo storico ed investigativo. Non ho letto gli altri ma dubito che lo farò
Ho letto tutti i libri con protagonista Martin Bora, ma questo non mi è piaciuto. Ho fatto fatica a terminarlo, alcune parti le ho trovate estremamente noiose e la vicenda "gialla" non mi ha per nulla incuriosito. Peccato.