Dalia, otto anni, dopo un incidente passa molti giorni in un ospedale che non è un ospedale perché il mondo non è più il mondo; viene dimessa, torna a casa, la casa è vuota, probabilmente tutti sono morti. Dalia, nei giorni di ricovero, conosce due bambini che hanno avuto pure loro un incidente: il bambino soporoso che non può parlare e Morena, che non si muove bene, ma riesce a scrivere. Uscita dall’ospedale, di quei bambini, Dalia per molto tempo non saprà niente. Senza famiglia, senza soldi e senza casa, Dalia viene accolta dalla vecchia Fioranna, che ha fatto la maestra, sa insegnare e sa difendersi. Fioranna insegna a Dalia due cose: che il mondo così come gli esseri umani l’hanno conosciuto esiste ancora ma è nascosto sulle montagne, e come seppellire un corpo. Così Dalia, dalla valle tiranneggiata dalla famiglia Boscarato, i padroni di sempre – perché il mondo non è più lo stesso, ma chi è padrone tale rimane –, ascende alla montagna e arriva al Villaggio dei Pozzi. Sapendo come accudire e come seppellire, Dalia sa come trattare i corpi vivi e morti, anche quelli non umani. È così che diventa l’assistente del macellaio Biagio e la dama di compagnia dell’eccentrica Orsola. Se in ospedale, da bambina, i compagni di Dalia erano il bambino soporoso e la bambina con la penna, nella sua età matura sono proprio loro: Biagio, il macellaio burbero perseguitato da una gatta bianca, e Orsola, la donna delle storie, che vive da sola in un albergo dismesso dove, come ormai ovunque, si è consumato un delitto. La temperatura del mondo fluttua intorno ai cinquanta gradi, le coltivazioni stentano, il bestiame muore, in montagna c’è acqua ma non ci sono armi né medicinali, in pianura ci sono sia le armi che i medicinali, ma non ci sono né acqua né cibo. È naturale che i Boscarato, come fanno sempre i padroni, tentino di mangiarsi tutte le risorse. Ma quando la temperatura esterna è tanto alta il capitale umano è l’unica risorsa che resta, e mangiare non ha più un significato così metaforico. Se Agota Kristof, nella Trilogia della città di K., ha scritto che si è davvero capaci di uccidere quando si ammazza qualcosa che non bisogna mangiare, se Cormac McCarthy, ne La strada, ha descritto esseri umani che sono riserve alimentari di altri esseri umani, Ginevra Lamberti narra come la produzione di massa cambia il racconto dell’uomo che mangia l’uomo. In un romanzo potente, per scrittura e immaginazione, in cui la tenerezza è prima di tutto un abisso, anzi un fosso, nel quale le prostitute vendono i gesti e le parole della cura e non quelli della seduzione – ammesso che ci sia differenza –, e dove il Veneto è un Far West e Venezia ha smesso di essere un pesce perché la laguna non esiste più, Ginevra Lamberti fonda la mitologia del cambiamento climatico, del rispetto dei morti senza il culto, delle leggende che si ripetono uguali e maledicono secondo maledizioni sempre nuove perché sempre nuove sono le colpe, e dell’amore, che dopo aver fatto movere il sole e le altre stelle, per secoli, adesso le fa implodere.
Recensione a cura della pagina instagram Pagine_e_inchiostro: Il pozzo vale più del tempo é un romanzo distopico e corale, che parla di vita del popolo e di sopravvivenza.
La temperatura del mondo é ormai a 50°, le coltivazioni sono distrutte, non ci sono più medicinali, né ospedali, acqua e cibo scarseggiano. Dalia, otto anni, si trova a passare diverso tempo in ospedale, in seguito ad un incidente; una volta dimessa, é libera di tornare a casa. Ma la sua famiglia é sparita, casa non è più casa e il mondo non è più mondo. Cresciuta dalla gente del villaggio, tra delitti e leggende, Dalia dovrà trovare scampo ad un destino che pare già segnato.
In questa situazione mondiale di stenti (di pura fantasia, ma neanche poi tanto), l’autrice racconta la storia dell’Uomo che mangia l’Uomo. Un racconto di come la tenerezza possa diventare tranello, di come storia e cambiamento climatico possano intrecciarsi, creando nuove maledizioni e nuove colpe senza tempo. Questo libro é una fiaba cupa dedicata a tutte le persone abusate (dalla società e dall’umanità) che sono riuscite ad emergere dal buio del pozzo.
La crisi ambientale e climatica, di pari passo con la regressione e l’imbarbarimento delle forme sociali e culturali che lasciano emergere violenze e abusi. Una ”favola”, intrisa di elementi reali che ci accompagnano già ora. Un libro che riesce a sorprendere.
Non so perché sia spuntato questo libro, in una fase della mia vita dove forse sono alla ricerca di storie esattamente come questa: un futuro pieno di passato storico e leggendario, un immaginario di una crudeltà infinita (enorme la eco de "La Strada" ma svolta in modo completamente differente), un territorio che è stato la mia infanzia e la mia adolescenza. Scritto da dio, bellissimo.
Il voto è dovuto principalmente all'ultimo terzo del racconto, dove la storia prende un'impennata che non mi sarei aspettata. Quello che forse mi ha impressionata di più, in generale, è il racconto di un Futuro distopico (ma nemmeno così improbabile) ambientato in luoghi ben conosciuti, cosa che l'ha reso immediatamente più verisimile e terrificante.
Lo ammetto all'inizio capivo meno di zero, ma solo perché dovevo abituarmi al ritmo e al mondo della scrittrice. Andando via via avanti son stata catturata sempre di più dai personaggi bizzarri e il loro "stare al mondo". Purtroppo, il finale mi ha un pò delusa. Il mistero che si infittiva pensavo trovasse risvolti davvero inaspettati. Invece tutto è infine andato come dove andare...
Il libro: un futuro distopico nemmeno così troppo distante dalla realtà, dove gli uomini cercano di trovare il modo di vivere, chi in città, chi nascondendosi nei boschi, organizzandosi come possono nei loro giochi di forza, saggezza e pazienza. Una riflessione su cosa sia l'umanità, dove sta nascosto il male e dove il bene e dove si mischiano insieme. Il tutto che si intreccia intorno alla resiliente e sottile figura di Dalia, con i suoi occhi gialli.
vi's Pov: questo libro mi è stato consigliato e già leggendo la quarta di copertina ho pensato: "sembra fatto per me". Una distopia, vista anche attraverso gli occhi dei bambini, dove racconti e favole sembrano diventare reali, mischiandosi con la realtà; Realtà che viene condita con immagini fortemente cinematografiche come un gatto bianco che sembra ovunque, un paese di pozzi miracolosi, un bambino rosso e selvatico che corre nei boschi e una signora che vive sola in un albergo abbandonato, ma trova comunque il modo di farsi cambiare lo smalto e tratta la sua tinta per capelli come un rito. Ripeto: davvero pane per i miei denti.
Allo stesso tempo ho anche l'impressione di dover rileggere questo libro, di doverlo studiare e interpretare, perché la quantità di dettagli e piccoli elementi che lo arricchischino è vertiginosa. In generale però, quello che mi ha colpito dalla prima pagina fino all'ultima è stata quella strana sensazione di tenerezza delle piccole cose, mischiata tuttavia alla certezza che qualcosa di orribile stesse per accadere, come se ci fosse una spada di Damocle costante su tutti i personaggi. Sensazione che ti lascia con il fiato sospeso e lo stomaco attorcigliato, mentre l'autrice passa da dolcezza a crudezza con sapiente precisione.
Il libro prende una svolta e un ritmo inaspettato nella sua seconda parte, specie nel finale, ma durante tutta la lettura mi è parso che ogni piccolo elemento nel racconto fosse pregno di qualche simbolo, o significato, forse perché quando si vive di disperazione e senza prospettiva, ci si aggrappa a ogni cosa, che siano due infermiere quasi umane, un lenzuolo bianco, un profumo, dei pulcini, o un bagno nel latte, pur di trovare un senso che ci permetta di rimanere vivi.
Il personaggio di Dalia, un mucchietto di ossa e determinazione, che pur sembrando condannato dal primo istante, come un animale selvatico trova invece il suo spazio nel mondo e addirittura il modo di lasciare il segno, ha un posto speciale nel mio cuore. E poi Orsola, Olmo, Manuel, tutti quei personaggi in cui vorrei nascondere un poco di speranza anche nella disperazione. Mentre per altri ho provato un distinto disprezzo per tutto il tempo.
Ho apprezzato la scrittura. Il modo peculiare di immaginare anche situazioni molto distanti dalla trama principale (Preziosissime le lettere di Morena). Le domande che il testo ti fa porre quando ogni cosa sembra perdere la sua umanità e trova poi il modo di ricomporla in qualche modo, con dei fiori di stoffa cuciti insieme, delle carte che predicono l'amore, dei piccoli fiammiferi in una scatolina blu.
Sul finale devo ragionare ancora un poco, ma consiglio il libro e la sua lettura. Un distopico italiano, che vale assolutamente la pena e che brucia come le giornate afose che descrive.
Immaginate un mondo dove il caldo è asfissiante, un mondo dove l'acqua, uno dei beni più preziosi, è ormai rara e praticamente introvabile. Immaginate un mondo dove personaggi grotteschi cercano di sopravvivere, legati a un passato che non tornerà mai più, vittime di un presente malevolo e desiderosi di un futuro migliore. "Il pozzo vale più del tempo" di Ginevra Lamberti è un romanzo forte, potente, una favola nera dove incontriamo Dalia prima bambina abbandonata dalla famiglia a seguito di un brutto incidente e poi pian piano sempre più adulta, Dalia che cerca il suo posto in un mondo che non è più quello che conosciamo. Dalia che tocca la morte, senza sentirne l'odore, Dalia che guarda in faccia il male, Dalia che non trova redenzione, ma che uscirà dal suo buio. La lettura di questo romanzo è stata molto difficile, difficile perché la consapevolezza che tutto ciò che contiene non sia poi così lontano dalla realtà mi ha spaventato e non poco. Denso di avvenimenti e ricchissimo di simbolismi e significati profondi questo libro è un viaggio, una attenta analisi della società attuale e futura. Ginevra Lamberti dà vita a un mondo dove male e bene si fondono, i suoi personaggi ti entrano dentro e non puoi fare a meno di pensarci anche dopo aver voltato pagina. Con uno stile pulito, a tratti rude e tagliente, l'autrice porta alla luce temi attuali e molto importanti. In un mondo devastato dal cambiamento climatico, l'uomo non ha imparato la lezione e continua imperterrito a perpetuare i suoi crimini: l'infanzia violata, il poco rispetto per la terra e le creature rimaste, la corsa al dominio anche quando da dominare c'è poco o nulla. L'unica fonte di consolazione in questa realtà devastata l'ho trovata nell'ideale di famiglia, forse l'unico spiraglio di salvezza è dato dalla necessità intrinseca dell'uomo di aggregarsi. Il messaggio del libro è chiaro quando la società fallisce sono i deboli a farne le spese. Se non avete paura di scendere nel pozzo nero della realtà umana, se amate le atmosfere cupe che vi restano incollate addosso questo libro è per voi. Consigliatissimo! A.
Copertina fuorviante. Ma nemmeno troppo. A prima vista poteva infatti sembrare un libro fantasy. E invece è un distopico, in cui a tratti mi ha ricordato La strada di McCarthy.
E invece non è nemmeno questo.
Perchè in verità è un gotico: ambientato in un futuro probabile, in cui realtà e percezione si sovrappongono e si alterano per via dell'età dei protagonisti. Troppo giovani per quello che hanno visto.
Certe scene sono davvero molto intense e violente, per cui serve uno sguardo adulto e vaccinato per non farsi sommergere. Ma è talmente coinvolgente che trascina letteralmente con sè.
Una scrittura potente che dà un volto al male e alla tenerezza, un romanzo che spero si studierà come un grande classico quando le temperature supereranno anche qui i 50 gradi.
Scimmiottamento all'italiana di Trilogia della città di K. Difficile da seguire, alla fine mi ha lasciato indifferente. Dimenticabile e dimenticato già.
Non so se mi è piaciuto. Sicuramente tanti spunti sono interessanti ma nessuno viene dipanato bene, troppa roba resta nell’implicito, troppe cose sono troppe.
«Tu potrai vivere senza nessuno, ma dovrai sapere come vivere in mezzo a tutti.»
Un romanzo struggente ambientato in un mondo agli sgoccioli, funestato da temperature sempre più alte e risorse sempre più scarse. Un futuro probabilmente prossimo, che fatico a definire distopico per la tangibilità degli eventi narrati. Dalia, rimasta sola, fugge dalla sua vecchia vita alla ricerca di salvezza, fugge dall'Uomo che distrugge l'Uomo e ogni risorsa offertagli da una Natura affaticata e sterile. Una storia crudele, ma permeata di speranza, che ci ricorda quanto importanti siano le connessioni che instauriamo con il prossimo.