Modesta, ormai punto di riferimento per gli intellettuali di sinistra dell'epoca, dà rifugio a Joyce, una ricca psicologa che fugge dal fascismo. Le due iniziano una relazione che dura molti anni. Casa di Modesta è un'isola felice in un'Italia sempre più nera. All'inizio della seconda guerra mondiale Modesta viene prima arrestata dai fascisti poi collabora con un giornale. Alla fine, lasciata la politica e l'attività giornalistica, apre una piccola libreria locale. Gli ultimi anni sono dediti ad ascoltare la generazione successiva e a finanziarne i viaggi e le avventure.
Goliarda Sapienza was an Italian actress and writer. Goliarda Sapienza was born 10 May 1924 in Catania. Her mother was Maria Guidice, a prominent socialist, her father Peppino Sapienza, a socialist lawyer. As a child, Goliarda Sapienza reenacted films she had seen in cinema. In 1941 she and her mother went to Rome, where she studied theatre. She worked as an actor in both films and plays, but from 1958 she focused on writing. Her now famous novel L’arte della gioia (The Art of Joy) was finished in 1976 but rejected by publishers because of its length (over 700 pages) and its portrayal of a woman unrestrained by conventional morality and traditional feminine roles. It was first published by her husband Angelo Pellegrino after her death.
Bello bello bello, ancora più bello della prima parte. Qui la storia di Modesta si fonde con la storia dell'Italia, con comunismo e fascismo, con la guerra e la ricostruzione. Modi è riuscita a creare una famiglia allargata degna di una dinastia, vivendo tutti i progressi e le modifiche dei primi 60 anni del '900. Ha amato, odiato, comandato, fatto politica e filosofia. E' stata in prigione e quasi in parlamento. E' stata paragonata più volte a un uomo, grande complimento per l'epoca.
Avrei veramente voluto che fosse una bellissima scoperta, magari una lettura da proporre ai miei studenti. Quest’opera è indifendibile. E sono perentoria.
Definire Goliarda Sapienza una delle più grandi scrittrici italiane sulla base di QUESTO ROMANZO è un ulteriore schiaffo alle autrici del Novecento che vengono già disprezzate e ignorate a sufficienza. Davvero, sento Matilde Serao rivoltarsi nella tomba. Ma che cavolo, se fossimo sprovvisti di autrici pazzesche capirei, così è una beffa ridicola. Veniamo al problema.
C’erano tante possibilità di evoluzione, in questa seconda parte. Inizialmente sembra effettivamente che Sapienza voglia movimentare la trama con una maggiore presenza della Storia, ma poi di nuovo il tutto si appiattisce in una serie di lunghe, lunghissime discussioni inutili tra voci poco definite, che riprendono in modo assai telefonato pensieri sparsi dell’autrice.
Le parti peggiori, comunque, riguardano l’amore.
“Ti amo”. “Che belle parole, sono importanti”. “No, Pinco Pallo, tu non mi ami! Mi struggo!! Me ne vado, addio”
(riformulazione dello scambio di cui sopra, per sei capitoli)
(Modesta ha una trentina di amori unici e indimenticabili che presentano conversazioni similari)
(questo romanzo supera le 500 pagine)
Tralasciando questa patina Harmony piuttosto cheap, non si capisce mai che direzione voglia prendere il tutto, e non sapere che cosa si stia leggendo a oltre tre quarti di lettura (soprattutto se è un mattone, e quindi l’autore mi sta chiedendo di investire tempo e concentrazione) non è mai un buon segno.
A mio giudizio non si tratta di “una penna eversiva”, né di “un romanzo rivoluzionario che non è stato capito”. Le case editrici non lo hanno rifiutato perché ci sono il sesso e l’omosessualità. Quelli c’erano molto prima, nella letteratura di tutti i tempi. Lo hanno rifiutato perché è proprio brutto. Non ha una struttura, è molto confuso, i personaggi non sono coerenti. Non è un buon romanzo. Non è un romanzo.
Ma in tutto ciò c’è una buona notizia: un sacco di lettori e lettrici lo adorano. Se trovano meraviglioso questo, figurati i romanzi scritti bene. Sono contenta per loro
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Dopo aver ascoltato la prima parte di questo romanzo ed esserne uscita molto scettica e provata dall’ascolto, ho trovato la seconda parte ancora peggiore: una storia noiosa persino da ascoltare, che sembra quasi un testo teatrale messo insieme senza un vero lavoro di montaggio.
Si passa da una scena all’altra senza soluzione di continuità, senza una logica narrativa. C’è un continuo alternarsi tra prima e terza persona, e i dialoghi risultano inutili, solo uno strumento per far parlare i personaggi di politica in modo forzato.
Questa seconda parte entra anche nelle relazioni tra donne, ma lo fa con un taglio che non illumina nulla: tutto rimane superficiale, ripetitivo, più vicino a un manifesto ideologico che a un romanzo.
Se nella prima metà c’era almeno un minimo di narrazione, qui la trama scompare del tutto. Non succede nulla, se non una sequenza infinita di conversazioni — politiche, sociali, pseudo-filosofiche — intervallate da scene di promiscuità continua e ridicola, come se l’unico modo di parlare di libertà fosse mostrare persone che si accoppiano a caso per dimostrare che “ognuno può fare ciò che gli pare”.
Il risultato è patetico: un tempo provocatorio, oggi solo stanco e ripetitivo.
La protagonista, Modesta, diventa una specie di figura onnipotente e irritante: vede qualcuno e subito lo vuole baciare, tutti la amano, tutti la desiderano, chiunque ella sia, qualunque sia il suo status. Ma questa non è emancipazione: è un meccanismo narrativo che finisce per cancellare credibilità, complessità, umanità.
Ovviamente non manca la parte da “martire” di Modesta: dopo il convento, arriva anche il carcere. Ma invece di essere narrata, questa esperienza viene accennata, sfumata, buttata lì, come se avessimo davanti una serie di appunti disordinati che sfociano solo nel didascalico: la guerra, i gatti, i topi. Per quanto possa essere stato vero, non è ciò che voglio leggere in un romanzo che dovrebbe mantenere un minimo margine narrativo e non trasformarsi in una lezione di storia o, peggio, politica.
Più si va avanti, più tutto diventa nebuloso: un’accozzaglia di idee, annotazioni, riflessioni politiche, senza una trama vera. La scrittrice usa la storia come una scatola dentro cui infilare le sue opinioni sulla società. Ma la storia non regge e rimane solo un pretesto.
Alla fine, tra nipoti, figli, pronipoti adottati, trovati, persi, nascosti, sparsi ovunque, la trama principale affoga. Modesta diventa una figura superiore, quasi una santona, che proclama libertà ma vive più ingabbiata di tutti gli altri nelle regole familiari che lei stessa ha costruito.
Forse tutto ciò voleva essere un'opera politica, ma come romanzo perde completamente forza.
Concludo con due citazioni che, nonostante tutto, ho trovato interessanti — una all’inizio e una verso la fine:
«Allora l’ansia di perdere lo ieri e il domani mi prese forte: che facevo in quello studio? Che significato aveva quella ricerca di parole e tutti quegli scritti, poesie, novelle, appunti? Stavo, senza saperlo, per cadere nella condanna mistica di diventare un poeta, un’artista?» (Pagina 269)
«E perché poi quell’eterna glorificazione della giovinezza? […] Anche la parola vecchiaia mente, Modesta, è stata rimpinzata di fantasmi paurosi come la parola morte per farti stare calma, ossequiosa di tutte le leggi costituite.» (Pagina 481)
Sono consapevole del fatto che la frase che sto per scrivere è un po' abusata ultimamente, ma la cosa che mi dispiace di più dell'aver ascoltato L'arte della gioia è che non potrò mai più riscoprirlo come se lo stessi leggendo per la prima volta. Entra di diritto nei miei libri preferiti, accaparrandosi - forse - il primo posto; lo capirò osservando se questo senso di eccitazione ed euforia si limiterà al periodo post lettura o se permarrà nel tempo. Il desiderio immediato è quello di recuperare ogni scritto, ogni estratto, ogni intervista, di Goliarda Sapienza. E mi chiedo perché l'abbia scoperta solo a trent'anni; forse però in un altro momento storico e ad un'altra età non avrei amato questo romanzo tanto quanto l'ho amato adesso, quindi va bene così. Questa seconda e ultima parte (che va circa dall'inizio del fascismo agli anni 50/60) ci presenta una Modesta più matura, più complessa, più sfaccettata, più pacata ma non per questo meno combattiva. Al contrario, la maturità la rende una donna ancora più decisa e capace di ottenere ciò che desidera. Le sue riflessioni sulla politica e sulla società fascista e post fascista sono senza dubbio la parte che ho preferito, estremamente (e terribilmente) attuali, pur nel loro essere storia di un secolo fa. La lettura di Donatella Finocchiaro resta sublime, non riuscirei ad attribuire a Modesta Brandiforti un'altra voce, ormai. Sento che questo sarà un libro che periodicamente rileggerò e che potenzialmente mi regalerà emozioni diverse ogni volta, a seconda del momento della vita che starò vivendo. L'ho amato.