Proviamo a immaginare un altro tipo di città, aperta alla differenza. Uno spazio dove ripensare l'incontro con le neurodiversità e dove sperimentare altri ritmi, relazioni, e modi di vivere. Una città cosí, orgogliosamente autistica, avrebbe molto da offrire a chiunque. Che cos'è una città «autistica»? È uno spazio per immaginare e sperimentare modi diversi di intendere le diversità, incluse quelle neurologiche, anche al di là del linguaggio delle categorie, delle diagnosi e delle disabilità. Il mondo ha bisogno di città del «autistico» non va inteso in senso peggiorativo e la condizione di neurodiversità può offrire molto per progettare città piú vivibili e aperte. Costruire realtà urbane migliori significa anche sovvertire le categorie morali e i linguaggi comunemente associati all'autismo. Alberto Vanolo offre una serie di proposte provocatorie per la città autistica, una sorta di manifesto con principî generali per immaginare realtà urbane piú semplici e sostenibili, non solo per chi vive una condizione di neurodivergenza.
Mi occupo tangenzialmente di autismo da più di dieci anni, all’interno di un laboratorio di progettazione di prodotti per migliorare la qualità della vita delle persone autistiche al Politecnico di Milano che mi ha dato l’opportunità di collaborare con associazioni e caregiver, pur non sentendomi propriamente in diritto di considerarmi parte della “comunità autistica”. In questo piccolo saggio, incrociato per caso in una libreria di cui mi fido, ho trovato finalmente una spinta progettuale qualitativa che a fatica ho riscontrato altrove, e grazie ad una onesta e documentata prospettiva intersezionale riesce benissimo a supportare l’importanza dell’approccio human-centered che incoraggiamo nel nostro corso di design, come chiave per attuare quello che Wizinsky chiama “ottimismo critico” nel suo “Design after Capitalism”. Lettura stra-consigliata anche per chi non è progettista, come ulteriore occasione per decostruire la nostra lettura degli spazi - e della società che ne è influenzata - in una prospettiva di ulteriore liberazione individuale e comunitaria dalle morse competitive della normatività.
Come libro sull'autismo è uno 101, e da persona autistica mi ha dato poco (magari ad altri potrà insegnare moltissimo, non so). Nel parlare di urbanistica mi ha lasciato altrettanto poco, e questo mi fa specie dato che di urbanistica conosco solo un paio di nozioni sbocconcellate da libri situazionisti di quando avevo 19 anni e le mie gambe facevano passeggiate più lunghe.
Dove Vanolo mi ha presa è stato più che altro nei suoi aneddoti familiari in cui si rappresenta (per vero o per falso? questo non lo si capisce da un libro) come un padre straordinario che io e tante altre autistiche avremmo voluto avere. Insomma mi è valso più come letteratura che come saggio.
È proprio un libro da genitore, comunque; l'autore mi sembra abbastanza sveglio da essere in grado di mettere in discussione la prospettiva molto diffusa che mette i familiari di persone disabili sullo stesso piano dei diretti interessati in termini di difficoltà, sofferenze, centralità in spazi di attivismo, comprensione, diritto ad avanzare rivendicazioni, eccetera. Non la mette in discussione se non per brevissimi accenni, perlopiù ci sguazza dentro - quasi sempre le menzioni di "persone autistiche" sono accompagnate da un seguito di varie generazioni di antenati. È l'aspetto del libro che mi ha turbata di più; pazienza, una lettura carina, da rinforzare con libri *di* persone autistiche.
In un mondo sempre più veloce, competitivo e “ferito” dalla logica del consumo, nasce l’esigenza di cambiare traiettoria: per farlo, la città diventa il luogo ideale dove avanzare nuove proposte.
Vanolo, partendo dalla sua esperienza personale come genitore di un bambino autistico e docente di geografia economico-politica, si interroga sulla possibilità di creare un luogo - la città - in cui la differenza possa convivere superando un’idea di normalizzazione non solo dell’autismo, ma della variabilità umana sia in senso neuro sia non.
Il testo introduce e spiega il significato di autismo e le terminologie utilizzate in ambito medico e nei movimenti di rivendicazione sociale, delineando i limiti e le possibilità di entrambe le visioni. Fra le pagine si ritrovano scene di vita dell’autore e di suo figlio che sono utili a comprendere il discorso del breve saggio.
Nell’ultimo capitolo si entra nel vivo della “città autistica” e vengono descritte le caratteristiche di un possibile nuovo modo di vedere e vivere i luoghi che abitiamo quotidianamente.
Il saggio - purtroppo - è molto breve e, necessitando di un’introduzione al tema un po’ più approfondita, la seconda parte risulta meno densa rispetto a quella introduttiva: questo rende il testo facilmente fruibile anche da persone che non hanno una visione abbastanza completa dell’argomento, ma ciò stimola sicuramente meno chi ha già degli strumenti per orientarsi.
Penso possa essere una lettura molto interessante anche per genitori e caregiver di persone autistiche.
Molto chiaro, linguaggio adatto a tutti. Il libro è arricchito di esperienze personali, dà attenzione al linguaggio e sottolinea l'individualità di ogni esperienza. Non avevo idea di quanto l'ambiente intorno a noi ci possa impattare, mi ha decisamente aperto gli occhi!
Dal suo curriculum presso l’Università di Torino apprendiamo che l’autore è professore di geografia politica ed economica ,nonché presidente di un centro studi di materie urbanistiche sempre presso quella Università. Persona qualificata quindi ,ma non è né medico né psichiatra, però è padre di un bimbo che soffre di autismo, e questo lo rende più che legittimato a scrivere un libro sui problemi che suscita l’autismo e su come dovrebbe essere strutturata una città per tenere conto della presenza di cittadini autistici. Era tempo che mi ero proposto di individuare un libro per cercare di capire in cosa consiste l’autismo e quando ho visto segnalato questo breve saggio me lo sono procurato e l’ho letto. Da semplice lettore devo dire che cercando titoli sull’argomento mi sono subito accorto che risultava abbastanza sconcertante il fatto che quasi non si trovano saggi scritti da neuroscienziati, mentre abbondano libri come questo elaborati da parenti o comunque da chi si deve occupare di persone autistiche. Entrando un po nell’argomento si scopre subito il perché, che consiste semplicemente nel fatto che la scienza ha fatto passi avanti, ma ha a tutt’oggi ben poco da dire sull’autismo. Leggi di più : https://gmaldif-pantarei.blogspot.com...
Non ho mai letto un libro né sull'autismo né sulla pianificazione urbana prima e sono molto grata di aver avuto questo libro come introduzione di questi argomenti. Anche se l'autore e io non avevamo sempre le stesse idee sulla disabilità in genere, ho veramente apprezzato il suo punto di vista, ed idee come le esplorazioni psicogeografiche mi accompagneranno sicuramente per molto tempo. Mi sarei augurata però alcune proposte più specifiche per creare la città autistica, suggerimenti che i responsabili che leggono questo libri potrebbero veramente realizzare nei loro prossimi progetti. Tanti dei suggerimenti avevano più a che fare con la società in genere che non possiamo cambiare da un giorno all'altro. Comunque raccomanderei questo libro un po' a tutte le persone che sono anche minimamente interessati alla neurodivergenza o al concetto di città, offre delle impressioni veramente preziosi
La città autistica del professor Vanolo è uno scritto utile sotto molteplici punti di vista. Quello neurotipico, per la cura e l’aggiornamento sulla materia, quello neurodivergente per sentire il vero supporto degli alleati e dei caregiver in questa battaglia di autodeterminazione. Il linguaggio è chiaro e scorrevole, le proposte avanzate sono coerenti e ben argomentate! Da persona autistica mi sono stupito della necessità di specificare concetti per me fondanti, da una certa prospettiva io vivo già in una città autistica e, fino a poco tempo fa, credevo che i disagi scaturiti dalle dinamiche descritte fossero sotto gli occhi e le coscienze di tuttə.
Lettura consigliatissima e con una bibliografia stimolante da approfondire.
Il titolo è un po' fuorviante, dal momento che il libro non approfondisce né il tema dell'autismo né, ciò che più mi ha deluso, quello della geografia/urbanistica, di cui l'autore è un esperto. Una lettura non sgradevole, non impegnativa, probabilmente utile a chi ha bisogno di un infarinatura, mentre per altri potrebbe risultare superficiale e poco stimolante, per quanto lodevole nelle intenzioni. E' un testo scaturito più da esigenze sentimentali e da esperienze personali di genitore e caregiver. Alza il mio giudizio l'apparato di note, che rimanda a una variegata bibliografia.
Ho apprezzato molto questo libro. Come educatrice, pedagogista e in formazione TFA credo che le tematiche trattate siano delle perle che ognuno dovrebbe tenere con sé. La nostra deve essere una lotta alla normalizzazione di ciò che per altri può apparire “strano”. Grazie per questo saggio, ne avevamo bisogno.
Libretto privo di spessore. L'autore parte da alcuni aneddoti di giri cittadini col figlio autistico, ma fallisce nell'intento di dirci cosa sarebbe questa benedetta "città autistica". Si limita a dare qualche suggerimento esile e banale (ambienti con luci e colori meno forti) e per il resto resta sul vago, anzi, sul vaghissimo, snocciolando senza mai definirli termini di moda come inclusione, lentezza, tolleranza, anticapitalismo. Per il resto maneggia, e pure in maniera goffa, il peggior armamentario di certa ideologia d'accademia, quella che vede tutto come una costruzione sociale (l'autismo non esiste, però esiste, però non esiste), con oppressione, squilibri di potere e violenza negli angoli più riposti delle interazioni quotidiane.