Quando il sanculotto Antonio Arras ritorna in Sardegna dopo aver preso parte alla Rivoluzione in Francia, non è certo che i sardi siano pronti ad accogliere le idee di rivolta e uguaglianza di cui è segreto portatore. All’inizio del 1793 vedrà con i suoi occhi il fallimento dell’annessione della Sardegna alla Francia, ma presto entrerà in contatto con le menti progressiste della Sardegna. Tra queste il giudice della Reale Udienza Giovanni Maria Angioy, deciso oppositore delle ingiustizie causate da un lato dal governo dei Savoia e dall’altro da secoli di vessazioni feudali.
Arras sarà testimone e protagonista dell’ondata di ribellione che agita l’isola intera e vede coinvolta ogni classe sociale. Dalle proteste della borghesia di Cagliari che chiede maggiore coinvolgimento nelle cariche pubbliche, fino alle mobilitazioni popolari delle ville del Logudoro.
Nel romanzo rivivono personaggi come Gioacchino Mundula, Michele Obino, Francesco Cillocco e molte altre figure meno note che hanno però lasciato un segno profondo nella Storia della Sardegna.
Sassarese, nato in casa il 16 settembre 1957 da Guido Lecis e Maria Puggioni.
Michele è mio figlio.
Il 1 dicembre 1971 mi sono iscritto alla Federazione giovanile comunista di Sassari. Ne sono stato anche segretario provinciale nei difficili ma entusiasmanti Anni Settanta.
Nel 1977 sono il corrispondente locale de L’Unità, nel 1980 collaboro con Radio Città, emittente sassarese. Nel maggio 1981 comincio a scrivere per La Nuova Sardegna, settore sport e cronaca. Sono “abusivo” in redazione per un anno. Nel luglio 1982 vengo assunto come praticante e divento professionista nel luglio 1984. I successivi passaggi sono la nomina a capo cronista a Oristano (1985) e poi a Sassari (1989). Quindi nel 1993 sono redattore capo del Centro di Pescara e, in successione, della Provincia Pavese, della Nuova Ferrara, della Gazzetta di Reggio, inviato regionale per l’Emilia-Romagna e nazionale dell’Agenzia giornali locali del Gruppo Espresso, quindi componente dell’ufficio centrale della stessa agenzia. Sino al 31 ottobre 2016.
Sono laureato in Scienze dei Beni culturali all’università di Sassari con una tesi su Luigi Polano, rivoluzionario di professione.
Il 24 novembre 2017 il consiglio comunale di Ollolai mi ha conferito la cittadinanza onoraria, per i due romanzi scritti su Ospitone e per la diffusione della storia sarda. Una cittadinanza che mi ha davvero onorato.
Nel febbraio 2019 sono stato candidato per Sinistra Sarda alla carica di presidente della Regione Sardegna.
Ancora una volta il buon Vindice ci porta indietro nel tempo con passione e grande accuratezza e in angolo di mondo, la Sardegna, da sempre oppresso e alla ricerca disperata di una sua dimensione. E lo fa, come sempre, in modo appassionato e appassionante, innestando sulle grande vicende politiche le storie di uomini e donne che in quelle vicende vivevano, che le subivano e magari le combattevano con alterne fortune. Le potenti chiavi di lettura sono ancora quelle che mi hanno così tanto convinto in precedenza, e sono senz'altro (anche se non solo) la Storia, la Sardegna, la Politica e l'Umanità.
La Storia, naturalmente, laddove ci fa conoscere e comprendere come questa possa poi influenzare la vita quotidiana delle persone, soprattutto le più umili. Vindice si basa sui documenti originali del passato, li collega, ricostruisce un percorso rigoroso che fa da fondazione poi alle vicende narrate, sia quelle documentate che quelle di fantasia. Storia in cui grandi nazioni come Spagna, Savoia, Francia e Inghilterra in Sardegna si sono confrontate e affrontate, e dove il popolo ha per lo più subito le vessazioni ora dall'uno ora dall'altro senza riuscire a emanciparsi.
E la Sardegna, che è sempre la grande protagonista delle storie di Vindice. Terra di uomini e donne fieri e coraggiosi, ma anche di opportunisti e voltagabbana. Una terra di dignità e tradizione, ma anche di idee rivoluzionarie e speranze. E, naturalmente, di resistenza reazionaria. Una terra che è anche un poco tra le mie radici, e che Vindice mi aiuta ogni volta a conoscere e comprendere meglio. I luoghi, la lingua, i valori, persino gli oggetti e le vesti descritte fan tutti parte delle sue storie e ne arricchiscono il valore, per me anche affettivo, di documento e testimonianza.
Poi la Politica, che come sa chi Vindice conosce anche solo un poco, è una parte importante della sua vita, e che nelle sue storie diventa lotta popolare contro i soprusi e le ingiustizie, in questo romanzo la lotta contro i grandi feudatari e il sistema di potere che li sostiene perchè ne trae linfa vitale. Grandi feudatari che assoldano mercenari per reprimere le sommosse, che corrompono il sistema giudiziaro e anche la chiesa stessa per mantenere i propri privilegi. E che si scontrano eternamente col popolo affamato e le sue comunità, e con le anime belle che ne sostengono la lotta.
Anime belle che sono l'Umanità grande di questo romanzo. Uomini e donne, persone d'ideali che con la loro vita ed esempio, le sofferenze e le speranze, i successi e le delusioni, affrontano il loro quotidiano con coraggio. Personaggi reali e personaggi di fantasia che Vindice ha riportato alla vita e con cui ha trasformato la Storia, la Sardegna e la Politica nell'Umanità di vicende personali, lotta di piazza e reazione ed esecuzioni pubbliche, e amore e avventura. Ricordandoci che, ieri come oggi, il bene e il male si affrontano in ciascuno di noi determinando chi siamo e ciò che da noi verrà.
E, ieri come oggi, poco importa che spesso non sia il bene a prevalere, l'importante era ed è provarci. Ancora e ancora.
Nonostante le migliori intenzioni ho dovuto mollare anche questo libro dell'autore a metà, è veramente impossibile per me leggere la sua prosa. Quasi cinquecento pagine di fuffa; ce ne vuole a rendere uno dei momenti più carichi di emozioni e ricchi di azione della storia della Sardegna e renderlo noioso.
Mollato anche per la stessa ragione per cui ho odiato un altro suo libro che ho letto l'anno scorso: la ricerca c'è, su quello non ho nulla da dire, ma Lecis è una di quelle persone che ti fa non solo il sunto della ricerca, cerca poi di mettere tutti i pezzettini extra di informazioni sui personaggi che ha trovato in varie biografie per ingolfare i suoi capitoletti; non è così che costruisci dei personaggi intriganti, ma è sicuramente come costruisci un fermaporte. Sulla caratterizzazione non mi soffermo perché tra macchiette e personalità prevedibili c'è un bel minestrone di mediocrità.
Ed è tutto terribileeee perché ogni volta che vado in biblioteca mi faccio incantare da questi libri incastonati in periodi storici dell'isola che voglio approfondire perché mi affascinano, e perché in teoria mi piacciono i romanzi storici quando sono fatti bene (quando troverò la Dorothy Dunnett sarda non sarà mai troppo presto), e puntualmente sono scritti da questo autore, e mi riprometto di dargli una nuova chance e leggo la metà di un mattone che per quanto abbia uno stile di scrittura scorrevole sembra una via crucis da portare avanti per poi mesi dopo finalmente arrendermi e mollarlo.
(Non usate questa frase contro di me perché, ripeto, non ho finito di leggere, ma questo libro in particolare mi ha fatta incazzare perché del 28 aprile, IL giorno della rivoluzione, c'è poco e niente, la rivolta cittadina si risolve in una ventina di pagine vista da punti di vista quasi periferici e di "nara cixiri"? Neanche l'ombra. I sardi fanno una cosa figa una volta ogni quattro secoli e poi neppure viene menzionata.)