È l’autunno del 1926 quando Israel Joshua Singer, su invito del direttore del «Forverts» − quotidiano yiddish di New York −, si reca in Unione Sovietica per un reportage che lo impegnerà diversi mesi. «Queste immagini e impressioni sono state scritte di getto, sul momento, come accade nei viaggi» dirà, non senza understatement, a commento del suo lavoro, che invece costituisce una testimonianza eccezionale, per molti versi unica. Perché Singer, che aveva osservato a fondo il paese dei soviet già nel pieno della tempesta rivoluzionaria, non solo ci mostra ora uno scenario drasticamente mutato, ma coglie in nuce, con occhio penetrante, quelli che saranno i tratti peculiari del regime staliniano: la burocrazia imperante, la pervasività dell’apparato poliziesco, gli ideali comunisti sempre più di facciata, i rigurgiti antisemiti. Percorrendo le campagne bielorusse e ucraine punteggiate di fattorie collettive e colonie ebraiche, visitando le principali città del paese – Mosca, «grande, straordinaria e bellissima»; Kiev, che «non riesce ad accettare il nuovo ruolo di città di provincia»; Odessa, «cortigiana esuberante» divenuta «profondamente osservante e devotamente socialista» –, immergendoci in una prodigiosa polifonia di testimonianze, Singer ci restituisce un quadro vivido e composito, pieno di chiaroscuri, della nascente società sovietica. E porta così alla luce le feroci contraddizioni che proliferano sotto lo sguardo vigile e ubiquo delle nuove icone laiche del «santo Vladimir».
Israel Joshua Singer was a Yiddish novelist. He was born Yisruel Yehoyshye Zinger, the son of Pinchas Mendl Zinger, a rabbi and author of rabbinic commentaries, and Basheva Zylberman. He was the brother of Nobel Prize-winning author Isaac Bashevis Singer and novelist Esther Kreitman. His granddaughter is the novelist, Brett Singer.
Singer contributed to the European Yiddish press from 1916. In 1921, after Abraham Cahan noticed his story Pearls, Singer became a correspondent for the leading American Yiddish newspaper The Forward. His short story Liuk appeared in 1924, illuminating the ideological confusion of the Bolshevik Revolution. He wrote his first novel, Steel and Iron, in 1927. In 1934 he emigrated to the United States. He died of a heart attack at age 50 in New York City in 1944.
"La teoria, come tutte le teorie, è semplice e chiara, ma la pratica è contorta e complicata!" (p. 214)
"Ogni idea fondamentale, ogni nuovo credo comincia bene. Poi vengono i sacerdoti e lo trasformano in una cosa inanimata, lo rendono irriconoscibile, lo tramutano in un credo distante dagli interessi vitali, e con il passar del tempo rimane lettera morta." (p. 225)
Bellissimo. L autore viaggia attraverso la Russia nell’ anno 1926 e visita le comunità ebree. Un bellissimo quadro della vita in un periodo di transizione verso la Russia collettivizzata e subito dopo la Rivoluzione d’ Ottobre. Ogni capitolo è dedicato ad una città o un personaggio particolare:
“… perché la steppa ucraina è immensa e selvaggia. Non si vedono alberi, non si vedono cespugli, solo steppa e ancora steppa…. non c’era una sola foresta, in quella vastissima regione, non c’era un solo pezzo di legno, nemmeno una scheggia, e i coloni consolidavano le tende con ciò che riuscivano a trovare. Come formiche trascinavano un’asse o un palo comprati molto lontano…” “… i goy dorme, fuma una pipa che gli si è spenta durante il sonno, e il bue procede senza fretta. La steppa è immensa, la vita è lunga, si può andare piano. Di sicuro non si arriverà in ritardo per nulla..” “Ricordate la vecchia Russia? ovunque, in ogni taverna, nei tribunali, nelle stazioni universitarie, nelle caserme, in ogni piazza -dappertutto- c’erano le icone, le immagini sacre… adesso l’icona, l’immagine sacra della nuova Russia contemporanea è Vladimir Lenin. Non esiste un solo luogo, un solo angolino in tutta l immensità della Russia, dove non sia presente quest’ometto di bassa statura con i lineamenti russo-mongolici e la chierica, che ti osserva con occhi penetranti. È ovunque, è in tutti gli uffici, in tutte le strade…” “questi angoli sono noto come “angoli di Lenin”. L angolo di Lenin è sacro, ci arde una candela eterna, e quando si celebra qualche anniversario, lo si fa proprio qui…. Alcuni genitori non si sono vergognati nel riferirmi che i loro figli recitano preghiere inginocchiandosi davanti a Lenin…”
“…forse l unica risposta è fare come l eroe del teatro russo che è costretto a barcamenarsi tra 2 eserciti, uno che sta entrando nella sua cita e l atro che la sta lasciando: è allora prepara un ritratto bifronte, da una parte c’è lo zar Nicola II mentre dall altra c’è Karl Marx. Quando arrivano Denikin e i suoi compari, mette Marx con la faccia al muro, in modo che si veda solo lo zar: quando arrivano i bolscevichi, nasconde Nicola II e mette in mostra Marx. L artista deve sempre avere l orecchio teso, capire in che direzione spirano i venti dell educazione, e se non lo fa viene perseguitato.”
La contraddizione perenne che costella questo diario di viaggio nella Russia post-rivoluzionaria lo rende un documento prezioso per cogliere un periodo storico in cui la speranza del socialismo in un solo paese aveva attratto le migliori menti del mondo occidentale per collaborare a un progetto immane che aveva già al suo interno i batteri che lo avrebbero portato a morire qualche decennio dopo. Singer, infatti, non nasconde affatto il suo entusiasmo per la galattica impresa di cui Stalin si stava facendo promotore, ispirato dal solito Lenin. Ciò che implicitamente si rivela al lettore è però un sistema produttivo che in breve tempo farà i conti con il fardello della burocrazia, la follia della repressione dei dissidenti, l'orrore dei gulag, la persecuzione antisemita. E non basta l'eguaglianza di diritti tra uomo e donna se poi mancano pane fresco e libertà d'opinione. Soprattutto, se il reporter venuto dalla Polonia per raccontare all'America l'esperimento sovietico non può non osservare che per le strade della nuova patria brulica la miseria dei bambini mendicanti, senza genitori, senza casa, senza futuro, epitome del crollo che verrà.