Chi arriva a Lisbona per la prima volta rimane colpito dalla grandezza del fiume, dalla bontà dei pastéis de nata e dalla sua luce. Una luce eccessiva, onnipresente, di un nitore che quasi ferisce gli occhi. Così unica che i portoghesi che vivono all’estero ne provano subito nostalgia. Dopo aver vissuto a Lisbona da studente, Tino Mantarro continua a tornarci per scoprire i segreti che nasconde questa città: ha passeggiato lungo le rive del Tejo, ha conversato con passanti occasionali, origliato i discorsi sui bus mentre si muoveva per incontrare professori di fisica, ispettori di polizia, meteorologi, comandanti di navi, astronomi, venditori di candele. Si è tuffato nei libri di Antonio Tabucchi e Fernando Pessoa, visitando gli angoli meno raccontati, andando allo stadio da Luz per vedere il Benfica, pagaiando lungo l’immenso estuario.Andando alla ricerca di tutti quegli elementi, veri o sognati, che contribuiscono al mito della luce di Lisbona.
A Tomar il nostro host Ricardo ci aveva messi in guardia: "ormai Lisbona è completamente in mano ai turisti". E dopo essere stati a Porto, Coimbra, Evora e aver goduto del sole dell'Algarve, il caos della capitale mi aveva fatta sentire piccola piccola. I turisti poi avevano subito cominciato a infastidirmi esattamente come ogni volta che vado a Roma o a Venezia ma, mentre in Italia sono a casa e sento di avere il diritto di lamentarmi, a Lisbona ero parte del problema e continuavo a tormentarmi. Continuavo a guardarmi attorno timorosa, a camminare con rispetto per ogni piccolo dettaglio che avevo la fortuna di osservare e conservare dentro di me, ma non riuscivo a rilassarmi.
Il secondo giorno però eravamo stati a Sintra che ci aveva accolti con nebbia, vento e chi più ne ha più ne metta. Ed era stato proprio al ritorno che ero diventata consapevole di quanto Lisbona fosse luminosa e incredibile. Appena uscita dalla stazione di Rossio avevo guardato il cielo e mi ero finalmente sentita a casa, iniziando a godermi il viaggio.
Tino Mantarro ha scritto un reportage pieno di cuore, intriso di quell'amore sconfinato per questa capitale così sfavillante. Incontra persone, parla con scrittori, artisti, fotografi, meteorologi, curatori di mostre, studiosi, con il solo obiettivo di capire perché a Lisbona la luce sia così accecante: saranno gli azulejos che ricoprono i palazzi? Sarà l'acqua del Tago? Forse la calçada che ricopre strade e piazze? O forse è solo grazie al vento? Continua a farsi queste domande e così ci racconta una città che negli ultimi decenni ha subito grandi cambiamenti, insegnandoci che forse le cose più autentiche sono quelle nascoste, quasi invisibili, quelle sicuramente non consigliate nei blog.
E la luce? Mantarro ci insegna che alla fine la risposta non è importante, la risposta non è il punto e non dovrebbe mai essere il punto. La risposta è il viaggio e quello che il viaggio è in grado di donarci. Perché forse la luce sono solo i nostri occhi.
Sempre brillante la scrittura di Mantarro. Un libro su una Lisbona fuori dai canoni, alla ricerca di ciò che la rende speciale agli occhi di chi sa vedere oltre, di chi vuole superare i confini del turismo mordi e fuggi.