Due straordinarie vicende hanno interessato la lingua italiana negli ultimi decenni: da una parte un fervore teorico-descrittivo che ha prodotto una serie di opere di altissimo livello; dall'altra un dibattito intenso e appassionato sull'insegnamento dell'italiano, prima come lingua materna, poi anche come lingua seconda. Nelle figure di alcuni grandi protagonisti - studiosi che hanno saputo coniugare la passione per la ricerca con l'impegno per promuovere un rinnovamento radicale nei contenuti e nei metodi della pedagogia linguistica tradizionale - i due campi disciplinari hanno trovato una sintesi feconda. Il volume descrive questa storia complessa e, interpretando i bisogni conoscitivi di coloro che insegnano l'italiano o che si preparano ad insegnarlo, fornisce le informazioni di base oggi indispensabili per confrontarsi col mondo della ricerca linguistica e didattica.
Non mi sento soddisfatto; la Lo Duca dice molto, nelle sue pagine, ma a conclusione del testo resta ancora la domanda: "Ma allora come bisogna insegnare l'italiano?". Si danno tanti input, ma le risposte stentano a comparire: "si dovrebbe forse fare così", "l'insegnante dovrebbe...", ma non si dà mai una risposta definitiva: certo, il libro vuole in primo luogo destare la curiosità su alcuni argomenti e approcci, ma personalmente mi sento un po' allo sbando, soprattutto per quanto riguarda il modo in cui recepire gli errori degli studenti. Passi per il pleonastico 'a me mi piace' (su cui, tra l'altro, si discute, ma su cui non si dà una risposta certa), una forma come "io e te" andrebbe recepita come errore (e lo è, secondo le grammatiche tradizionali, dal momento che 'te' è oggetto e non soggetto) oppure accettata come variante ormai molto diffusa, perlomeno nel parlato? La risposta è meno scontata di quanto sembri, soprattutto se l'idea di 'norma' inizia a vacillare - cosa che, entro certi limiti, condivido: l'italiano scolastico è ancora fortemente radicato a una grammatica 'anacronistica'. L'insegnante, quindi, deve trovare assolutamente una nuova bussola.
Le risposte del testo della Lo Duca non sono tante, forse; ma le domande che suscita lo sono eccome: e credo che, questa, sia una cosa assolutamente importante nel percorso didattico, perché evita che le conoscenze 'tradizionali' ristagnino inerti.
l saggio è di indubbia utilità per chi sta studiando letteratura (ma non solo) nell'ottica di diventare in futuro un insegnante. Fra gli argomenti trattati ho trovato particolarmente interessante quella che è stata la ricezione delle Dieci Tesi, soprattutto in merito ai dialetti e alla riflessione sulla lingua come mezzo attraverso il quale ottenere una pari dignità sociale. Imprescindibile la riflessione finale sull'interlingua e sull'insegnamento dell'italiano (L2) agli immigrati. Sono molto amareggiata dalla situazione attuale della scuola italiana e penso sia vergognoso ignorare così sfacciatamente una questione sociale di tale portata, ma poi sto divagando - neanche troppo.
Ancora una volta - come in Serianni, "Prima lezione di grammatica", si discute sul modello di lingua da usare e si aggiungono, oltre alle definizioni delle variabili linguistiche, anche coesione / coerenza testuale e come si insegna l'italiano agli apprendenti di lingua madre straniera