Alonso è un piccolo puma dell’Arizona. I «visionari» sono gli esseri che, via via, hanno la ventura di incontrarlo: un illustre professore italiano, ispiratore di terroristi e di altri «uomini del lutto»; i suoi figli, uno dei quali votato a una leggendaria clandestinità; un professore americano, che ha la terribile debolezza di voler capire e compatire. Tutti accomunati, nella loro funesta lucidità, da una sorta di pazzia che è come un «buco nella intelligenza, nell’azzurro, dal quale entrano il freddo e la cecità degli spazi stellari». La storia che li lega è un groviglio sconcertante – una «vera storia italiana», osserva sobriamente la narratrice e testimone. Ma il suo fondo è fatto «di silenzio e prodigio»: là dove vediamo apparire e scomparire le tracce del puma, oggetto di un odio irragionevole e di una persecuzione «da una petraia all’altra» o di un amore inerme. La vicenda procede scandita da rivelazioni che ogni volta sembrano elidere le precedenti e introdurre nuove spiegazioni, fra poliziesche e metafisiche, finché sempre più appare chiaro che in questa «tremenda storia di assassini, di visionari e di complici» il delitto da chiarire non è quello di una certa notte in una casa vicino a Prato, ma quell’incessante e incombente «sgarbo agli dèi» da cui ogni altro delitto discende, quel «peccato molto comune agli uomini, ma il più grave di tutti i peccati: il disconoscimento dello Spirito del mondo».
Born in Rome in the year 1914, Anna Maria Ortese grew up in southern Italy (primarily Naples) and in Lybia, the fifth of nine children of a soldier's family often short on money. Like many poor girls of her generation, Ortese left school at age thirteen, initially with the idea of studying (and then, teaching) music in mind; until the discovery of literary romanticism, particularly the writings of Edgar Allan Poe and Katherine Mansfield, and her need for creative self-expression made her turn to writing.
She eventually studied with Massimo Bontempelli, proponent of the "magical realism" she herself would soon make her own as well, and in 1937 published her first collection of short stories, entitled "Angelici Dolori." Her work garnered her native Italy's most prestigious literary prizes (most notably, the 1953 Premio Viareggio for the collection of stories "Il Mare Non Bagna Napoli" – published in English under the title "The Bay Is Not Naples" - and the 1967 Premio Strega for the novel "Poveri e Semplici"), and she is considered one of the foremost Italian writers of the 20th century.
“Il vento dell’umanità sono gli uomini in lutto”. […] “Gli uomini della perdita!” […] “Gli uomini che hanno perduto per sempre qualcosa di inestimabile, il che non accade a tutti”. “Discorso triste, ma, in genere, ciascuno di noi ha perduto per sempre qualcosa di importante” intervenni, un po’ ironica e davvero mediocre, io. “Cara signora, la cosa di cui parlo non è una cosa. È una memoria, direi”. “Ciò conferma quanto dico. Ma, di grazia! Memoria di che?”. “Lei ha toccato il punto dolente. […] La cosa perduta non c’è più. Il vuoto c’è”. “Dobbiamo dunque supporre che fosse una cosa molto...molto...” […]. “Parole non ce ne sono, per dirla. Che cosa sia non si sa. Ma non è mancanza recente. L’oggetto, anzi, è tutt’altro che recente. La sua assenza, dai più, non è avvertita se non con qualche tiepida malinconia […]. Dai pochi è avvertita dalla nascita, subito, per sempre”.
Non si può leggere questa stremante, prodigiosa e negletta signora da sani o sane di mente. Quindi, nel caso, procuratevi un disturbo qualsiasi: lieve, reversibile e, soprattutto, che vi piaccia. E un paio di pinne antinaufragio. “La pazzia vi visita, signori, vi passa accanto, ma voi non le siete riconoscenti, la credete anarchia”.
Ortese, tu temporeggi e non va bene. L’avevamo stabilito: io ti avrei amata con passione, e a mio esclusivo rischio, tu però mi avresti mandato giù un conforto qualsiasi. Ricordi? Non so. Un cucciolo di puma?
Le storie sono piene di mutamenti; si comincia con lui, si finisce con lei o loro, o il contrario: con nessuno, con tutti.
L'universo intero è unicamente pensiero. Tutto diventa vero, appena lo pensiamo.
Queste due citazioni basterebbero forse a rendere giustizia all'Ortese, alla sua capacità di appropriarsi del surreale e a servirsene per i suoi scopi. Con Alonso ed i visionari l'Ortese costruisce in maniera brillante un romanzo dal sapore quasi giallistico, mettendo in piedi un mistery tutto italiano e che trova come sfondo ideale quello di un'Italia sfregiata dalle bande armate, dagli intrighi politici, dai movimenti oscuri di certi membri della sua intelligenzia. Tutto ruota attorno ad Alonso, un cucciolo di Puma: vivo, morto, sostituito, vero puma, forse un cane, forse una sigla per comunicare con le bande armate, forse allucinazione di un pazzo - ma indubbiamente esistente, protagonista assente ma fondamentale di tutto romanzo, e infine quasi divinità, spirito del mondo, personificazione della bontà assoluta. E' un romanzo che inizia con il semplice racconto del professore Op, che ricorda il suo primo incontro col Cucciolo, e finisce con speculazioni ed allucinazioni sempre più fantasiose e filosofiche - ma senza, attenzione!, senza mai mettere in dubbio il suo realismo. La corda del realismo è tirata, sfibrata, ma non si spezza mai, e alla fine il lettore è libero di credere quel che gli pare. Interessanti i personaggi, azzeccata la narratrice Stella Winter, sempre più esaurita dall'invasione del surreale, che però respinge sempre prontamente. Alla fine, però, oltre le quattro stelle non posso andare. E' un romanzo ben costruito, ma che manifesta, appunto, la pesante mano di chi scrive. E' un romanzo di soli effetti e niente sentimento. E' un romanzo breve, ma per niente scorrevole, ogni pagina è pesante come un macigno - e di certo l'ingargubliatissima trama non aiuta il lettore. E quell'esplosione finale di allegorie su allegorie stritola il senso fino a soffocarlo completamente. Senza alcuna apparente ragione.
Da grande estimatore della Ortese (Il “Cardillo” e il “Porto di Toledo” sono per me tra i massimi capolavori del ‘900) debbo dire che questo Alonso mi ha lasciato un po’ spiazzato.
Un “giallo metafisico”, ridondante di richiami simbolici e allegorici, meditazione sulla bontà della natura, sulla difficile distinzione tra bene e male, forse su Dio e della sua disponibilità al sacrificio (sulla necessità del sacrificio?), sul clima politico dell’Italia degli anni ’70 permeato di idealismi estremi, di terrorismo e di violenza (il libro è scritto in quegli anni).
In altre recensioni qui si è sottolineata anche la commistione di diversi stili (narrativo, epistolare, saggistico,…). Forse troppa carne al fuoco?
Come al solito la posizione di Ortese è assolutamente coraggiosa, anarchica, personalissima e isolata. E in questo sta il gran pregio della scrittrice, capace di creare (anche grazie alla capacità della sua sfrenata fantasia) spunti di profonda riflessione e discussione. Tuttavia il romanzo non è riuscito a convincermi e a catturarmi quanto gli altri due, o all’ancora precedente “Iguana”.
Sicuramente merita una rilettura. Che potrebbe anche modificare il mio per ora perplesso giudizio.
se partissi dal fondo, da quella preghiera umana che la ortese (che credo parli qui con la sua voce, e non attraverso quella della protagonista stella winter) lascia al lettore e all'umanità, ci sarebbe solo da abbracciare l'autrice, da riconoscergli grande sensibilità. e non è il solo momento così nel libro: tanti sono i passaggi in cui l'autrice mostra una vera empatia verso chiunque, personaggi del libro, umanità e chiunque altro abiti questo pianeta. e questo per non dire di alcuni passaggi che sono autentica poesia, e di certi altri di un'innocenza che oggi è difficile da recuperare. epperò bisogna arrivaci al fondo, e non è facile: la lettura scorre lenta, a tratti difficile e -secca dirlo- a tratti anche noiosetta. e poi c'è la trama, un ginepraio che finisce per confondere più volte e continuare a chiedersi chi ha fatto cosa, su cui pesano come macigni le tantissime allegorie (storiche, religiose e chissà cos'altro). insomma, che fatica: ma alla fine quel che rimane di bello ripaga dal mal di testa del resto, e nel suo non avermi convinto del tutto "alonso e i visionari" esta comunque ad un livello superiore a tanti libri perfettini ma senza anima.
I dunno, although a great fan of Ortese's work in general this novel just felt tedious and slow and never managed to pull me in. Oh, I get it, its point that answers about the whys of human behavior are pretty hazy at best, but trying to write that ambiguity, writing all of the criss-crossing facts, endless characters' suppositions about what happened, the new information that contradicts old, the contradictory testimonies, and eventual changes and developments of belief and attitude in an attempt to reconstruct a mysterious event that will never be sufficiently explained, although probably quite true to life as we experience it, makes for a tedious narrative.
I kept thinking how boring it would have been to get up every day and write it. (Ha! A writer's thoughts when reading.)
None of the characters interested me much, nor where they very specifically drawn. The narrator has a ton of esteem for the male protagonist, but we're never really shown why and he does nothing really remarkable except get sick and go to bed and even his (perhaps) madness is pretty tame--and also ambiguous, perhaps false. The narrator's one trait that we're shown is a kind of middle-class racism, a bugaboo of mine, so I couldn't help but dislike her. Thus, no interesting character sketches here, just people whose motivations we can't figure out--which I do think is the point of the narrative--but which is also tedious and frustrating to read in such pointless detail.
Then there's a hint of politics with this Anni di piombo (Italy's spate of mostly Fascist but also Communist backlash terrorism and counter-terrorism of the 1970s) act and the crime that inspires the whole (satire?) of a kind of police procedural mystery novel which is summarily treated as a betrayal of humanity--as also are policing, ruling, all manner of the armed search for "order," no? Yet it's blamed here on the terrorist character's anarchism. Anarchism, to me however, is the search for peace and an escape from the abuses of power in its abuses in creating what it thinks is orderly, the utter subservience on the part of subjects rather than the human freedom of its citizens. So, yeah, although there was a chance to say something political it was missed. Also the terrorist's father's Ayn Randian philosophy, said to be the backing of the son's anarchism, is much closer to Nazi superman fascist ideology than anything coming from the anarchist side, imho. Even if the novel wanted to show how blurred the lines are in the acts of violent fascists, communists, and anarchists it failed by only vaguely confusing the philosophies and not developing any sort of comparison to show how they can look similar in act or say something about how all forms of belief often lead to heinous acts done to serve a god or an ideology, how good people do evil as their faith exonerates them in their own eyes when they do ill in the war upon their concept of evil. Nope. Not quite there.
In the end, there was a pretty beautiful passage regarding the beauties versus the ugliness of human interactions, so I guess the novel's heart was straining to be in the right place, but it was just not enough to make a string of ambiguities about how ambiguous life is not-tedious. Sadly this was Ortese's last novel. I had hoped for something better. Read The Lament of the Linnet, The Iguana or the Neapolitan Chronicles (Il mare non bagna Napoli) for real wisdom and great art.
I read this book through to the end even though I realized it wasn't worth it about a third of the way into it. Why (did I finish reading it)? Well, it has a Pynchon by way of Bolaño feel to it, and I think I thought maybe it would turn itself around, but it only got worse, with a final section actually explaining the story! Which is sad for a story that seems to revel in having multiple meanings, or rather multiple interpretations. Or could that have been the point? It was some sort of anti interpretation (and thus anti-Literature) screed? I doubt it. I think it's just bad fiction and bad prose. It's all talk and no action. It's about spirit, but it doesn't itself have spirit.
Capisco l'intenzione della Ortese e il libro, soprattutto nel finale, è scritto divinamente. Ma nel desiderio di rappresentare la follia, la leggibilità del libro è passata in secondo piano, rendendolo ostile e difficile.
strano ma affascinante, una lettura criptica ma se spiegata risulta interessante. Alonso incarna lo spirito del mondo e dei personaggi che coinvolge, per quanto breve l’ho trovata una lettura pesante, spesso mi ritrovavo a rileggere le frasi per comprenderle, molto resta sottinteso e non spiegato. Sono contenta di aver potuto studiare la lettura per un corso universitario, se non me l’avesse spiegato precedentemente qualcuno non avrei mai capito la storia