Al giorno d’oggi, quando si vuole dare l’idea di essere obiettivi, perché ci si prefigge di essere incontestabili, può scappare di bocca un’espressione diventata d’uso comune: «Lo dicono i dati». Ma siamo certi che quei dati così allettanti, che confermano il nostro giudizio, non nascondano un «pregiudizio»? Quando leggiamo un articolo online o apprezziamo un’infografica colorata bisognerebbe chiedersi prima di tutto: chi trae beneficio dalla raccolta, dall’analisi e dalla rappresentazione di quel dato, e chi può esserne invece discriminato? Donata Columbro suggerisce come, universalizzando e standardizzando concetti come quello di «normalità», si sia in passato più escluso che incluso, creando una rappresentazione del mondo che ha eliminato le anomalie. Stabilire però chi è dentro o fuori le statistiche non è un atto neutrale, ma una scelta, e come tale andrebbe insegnata e indagata. Solo una persona consapevole che i dati sono costrutti umani e sociali può impedire che siano usati per discriminare, invece che per lottare contro le disuguaglianze.
Giornalista, divulgatrice e scrittrice. Per il suo modo accessibile e inclusivo di divulgare la cultura dei dati è stata definita una “data humanizer”. Collabora con diverse testate, tra cui «Lucy», «Internazionale» e «La Stampa», per cui cura la rubrica Data Storie. È docente a contratto per l’università Iulm di Milano e per l’università della Svizzera Italiana a Lugano. Insegna data journalism al Master di giornalismo di LUISS e ogni mercoledì pubblica una newsletter su dati, algoritmi e tecnologia. È autrice dei libri Ti Spiego il Dato (Quinto Quarto 2021), Dentro l’Algoritmo (effequ 2022) e Quando i dati discriminano (Il Margine 2024).
Se pensiamo ai dati come strumenti di conoscenza neutra, dobbiamo fare i conti con una realtà ben diversa: il dato, per sua natura, è intrinsecamente umano. Questo è il punto di partenza di Quando i dati discriminano, libriccino illuminante di Donata Columbro che ci guida in un viaggio critico attraverso il mondo della datificazione e delle sue implicazioni sociali, alla ricerca della natura intrinseca del dato e di ciò che esprime.
mi e piaciuto! parte 2 e parte 3 trattano il data gap con focus su italia (interessante) mentre parte 1 sostiene la soggettivita dei dati (e perchè invece colleghiamo i dati una verità unica universale e non confutabile) che porta alla visione del dato come influenzato da, precisamente “situato” in, un contesto socioculturale
Lettura interessante, che mette in luce la discriminazione nell'utilizzo dei dati delle parti più deboli della società (anziani, donne e disabili). A tratti complicato, ma sforzandosi, lo si può apprezzare.
Un interessante pamphlet, agile e ricco di spunti per approfondimenti successivi. Non è un libro di testo né un trattato, ma centra l'obbiettivo divulgativo lasciando delle utilissime riflessioni.
Mi aspettavo altro, qualcosa di più tecnico e che scendesse nel dettaglio. Invece è un librino divulgativo, per chi è alle primissime armi sull'argomento.
Breve saggio molto interessante (e non difficile, nonostante si parli di dati statistici), seguo la newsletter dell'autrice ed ero curiosa di leggere qualcosa di più sistematico. Spiega come i dati siano un costrutto, dipendono da cosa si decide di osservare. Vengono influenzati dal contesto in cui sono stati PRODOTTI e da cosa si è scelto di includere in una categoria. Questa scelta influenza la rappresentazione di un fenomeno, ad es: i dati sulla povertà sono calcolati a livello di famiglia, non di singolo individuo, escludendo la possibilità di vedere l'eventuale violenza economica. Alla fine è presente la bibliografia.