Come e quando gli incubi di Lovecraft, le visioni di Philip K. Dick e l’inquietante matematica di Hilbert – sciolti nell’inferno che chiamiamo Rete – abbiano finito per diventare qualcosa che assomiglia al nostro mondo. O peggio, che lo è.
Benjamin Labatut was born in Rotterdam, Netherlands. He spent his childhood in The Hague and Buenos Aires and when he was twelve years old he moved to Santiago de Chile, where he lives today.
La Antártica empieza aquí was his first book, being published in México, where it won Premio Caza de Letras 2009, delivered by Universidad Autónoma de México (UNAM) and Editorial Alfaguara.
His second book is titled Después de la luz, appeared in 2016, published by Editorial Hueders. After a deep personal crisis, Labatut wrote this book, conformed by scientific, historical and filosofical notes about the void.
His third book Un verdor terrible, was published in spanish by Editorial Anagrama and also several countries such Germany, Italy, France, Netherlands, United Kingdom and Portugal
Escuché el libro en español, así que lo comentaré en el idioma original. Me encantó Un Verdor Terrible, así que decidí leer todo lo que escribió Labatut. Desafortunadamente, esto es todo lo que pude conseguir (además de el ARC de su nueva novela). El audiolibro es una colección de dos ensayos narrados por el autor. El tema es similar a su novela, locura y genialidad. Además, la segunda novela habla de una mujer que cree que los escritores famosos (incluido él) copiaron sus novelas inéditas y todo es parte de una gran conspiración. Los ensayos fueron interesantes, pero solo recomendaría esto para los fanáticos de Labatut que hablan español .
Todo lo que pueda haber de interesante en sus planteamientos parte de una concepción de la locura completamente prejuiciosa y nociva para las personas que sí sabemos lo que es transitarla. Es un intento pseudointelectualoide de demostrar que se sabe mucho sin haber hecho el más mínimo esfuerzo por entender qué es en realidad la vivencia de la locura en primera persona.
En el segundo de los dos ensayos que componen este panfleto utiliza durante 21 páginas (el libro tiene en total 71) a una mujer "desquiciada", "paranoide" y con "psicosis" que escribió a su traductor y le dedicó algún vídeo en su canal de Youtube para argumentar algo que al final, después de todas las descalificaciones y chascarrillos, no es más que la afirmación arbitraria y cuerdista de "es que todos estamos locos". Arrogarse el capital simbólico de una persona sobre la que te preguntas si está en tratamiento es vomitivo.
“La cosa più misericordiosa, scrisse Lovecraft, è l'incapacità della mente umana di mettere in relazione tutto ciò che contiene. Viviamo in una placida isola di ignoranza in mezzo alle acque torbide dell'infinito, e non è nostro destino viaggiare lontano. Finora le scienze, perseguendo ognuna la propria strada, ci hanno danneggiato in minima parte; ma verrà il giorno in cui il mosaico di tutti i frammenti della conoscenza ci offrirà una visione talmente agghiacciante della realtà, e del posto che occupiamo al suo interno, che o impazziremo dinanzi a quella rivelazione, oppure rifuggiremo l'illuminazione rintanandoci nella pace e nella sicurezza di una nuova èra oscura” (pagine 13-14).
“Non dovremmo mai dimenticare che la scienza non è soltanto metodo, ma anche delirio metafisico: l'illusione di pensare che questo nostro mondo sia conforme a un ordine, un ordine che possiamo non soltanto riconoscere, ma persino comprendere […]. Potremmo forse trarre insegnamento dall'illuminata follia di Philip K. Dick, il quale ci ha mostrato che in certi casi impazzire risulta essere una risposta adeguata alla realtà, che verità e follia potrebbero essere sintomi della stessa malattia, e che il prezzo che paghiamo per la conoscenza è la perdita della nostra capacità di comprensione” (pagine 47-48).
“Dare libero sfogo all'irrazionale comporterebbe un'innegabile quantità di pericoli, ma non potremmo nemmeno bandirlo in toto perché, senza, non solo saremmo più poveri sotto tanti punti di vista, ma potremmo perfino non sopravvivere” (pagina 75).
Questo scritto breve di Labatut può considerarsi un'espansione, un'aggiunta, una postilla al suo “Quando abbiamo smesso di capire il mondo”. Qui l'autore in qualche modo ragiona sui concetti di ragione, conoscenza e follia allo stesso modo dell'opera precedente. Ma se prima i protagonisti della sua narrazione erano stati gli uomini di scienza, chimici, fisici e matematici, ora sono i letterati: H. P. Lovecraft e Philip K. Dick, con un accenno al matematico Hilbert (che fa in qualche modo da cerniera tra i due tipi di profili analizzati da Labatut nelle sue due opere).
La pietra della follia da cui prende spunto la narrazione di Labatut è il soggetto di un dipinto minore di Hieronymus Bosch, presente in controfrontespizio e ben analizzato dall'autore in queste pagine. Il suo ultimo scritto si divide in due parti: “L'estrazione della pietra della follia” (che è anche il titolo del dipinto di Bosch) e “La cura della follia”.
Labatut ci presenta, come se fossero senza un'apparente soluzione di continuità, le inquietanti e orrorifiche visioni di Lovecraft, gli incubi folli e deliranti di Philip K. Dick e gli utopici e presuntuosi progetti di conoscenza di Hilbert: a partire da queste che hanno tutta l'aria di essere delle premonizioni, delle previsioni, delle intuizioni che anticipano di molti anni la realtà che tuttora stiamo vivendo, l'autore sviluppa una serie di elucubrazioni su ragione e follia, su conoscenza e comprensione, su reale e virtuale, su autentico e simulacro, su ossessione e paranoia, su visione e sogno, su illusione ed incubo, su razionale ed irrazionale, sulla necessità di coesistenza di queste due sfere della mente umana, sull'impossibilità di una conoscenza autentica e completa del reale, sulla intrinseca difficoltà di comprensione del mondo, la cui verità sfugge anche alle teorie scientifiche più recenti. In altre parole, le stesse tematiche che erano centrali nella precedente fatica di Labatut, viste da nuove angolazioni. Inoltre, sono presenti anche vari riferimenti all'attualità ed alle esperienze personali dell'autore: Labatut ci parla dei conflitti sociali e delle agitazioni politiche in Cile, della gestione dell'emergenza durante la pandemia, fa abbondante uso di rimandi alla propria carriera di scrittore ed alle proprie precedenti fatiche letterarie, descrive ed analizza l'arte di Bosch, ci racconta dei rapporti con il proprio pubblico di lettori, soprattutto quelli più fuori dagli schemi, come quelli con una lettrice la cui paranoia preoccupa ed affascina allo stesso tempo. E alla fine, viene il dubbio su chi sia veramente il folle, chi il sano di mente.
Leggendo questo breve saggio di Labatut ho avuto le stesse riflessioni che erano scaturite da “Quando abbiamo smesso di capire il mondo”. Ritengo che le teorie di Labatut sui limiti della ragione siano un po' estreme, a volte forzate, se vogliamo pericolose e fuorvianti, quindi da maneggiare con cautela, ma certamente c'è del vero e del condivisibile nel suo pensiero, benché qui sia appena accennato, ed il dibattito che questo autore solleva rimane sempre interessante e mai banale. Invidiabile, inoltre, il modo chiaro e naturale con cui sa scrivere.
Un libro que contiene 2 ensayos que mezclan literatura, matemáticas, Lovecraft, Hilbert y El Bosco. El primero,"La extracción de la piedra de la locura", es una genial disgresión donde se relaciona el sentido de la vida y si realmente estamos siendo gobernados por un ser superior como ocurría en los libros de Lovecraft o Philip K. Dick. El mundo, razona Labatut, se ha vuelto incomprensible, y se pregunta si como Lovecraft, ¿vamos a subir hacial la luz, o vamos a retroceder, temblando, hacia la oscuridad? Y como decía Philip Kendrick Dick, “a veces volverse loco es una respuesta adecuada a la realida, la verdad y la locura pueden ser síntomas de la misma enfermedad, y el precio que pagamos por el conocimiento es la pérdida de la comprensión”. De este ensayo me ha encantado cuando compara las damas con su libro finito de jugadas con el ajedrez que tiene infinitas posibilidades.
Por otra parte, en "La cura de la locura", Labatut comienza recordando el cuadro La Extracción de la piedra de la locura, de la primera etapa de El Bosco, un pequeño cuadro que pasa desapercibido al lado del gigantesco Jardín de las delicias en el Museo del Prado. Cuenta su experiencia personal sobre una mujer que le escribe para reprocharle que sus libros están copiados de los que ella escribe, y que hay toda una red en el mundo que se dedica a la tarea de plagiar los escritos de otros. Me ha dado mucha curiosidad conocer el nombre de esa misteriosa escritora para comprobar que hay de locura o realidad en esto del plagio literario. Un libro muy entretenido.
Un librito que nace de las más puras ganas de hablar, que le ganaron a la simpleza de un "no sé, hermanito, no entiendo, no tengo nada que decir".
Dos estrellas por la parte en que dice que la investigación pa sus libros está toda en internet y que cualquiera puede ir a verla. Muy chistoso.
Lo que me queda dando vueltas es si Labatut tiene otro modo de escribir que no sea juntar anécdotas de científicos/autores/filósofos, pasarlas por agua y devolverlas en un texto que es una majamama de oraciones que suenan densas y que parece que disimulan algo, quizá el vacío.
Attirato dal richiamo a HP Lovecraft e PK Dick sono rimasto deluso visto che vi è solo qualche richiamo in assenza di spunti curiosi o intelligenti.
Il tema centrale del libro, i cambiamenti epocali che stiamo vivendo e lo scombussolamento che generano nella società e negli individui, è “dimostrato” con due aneddoti della storia personale dell’autore - le più recenti rivolte in Cile e il confronto con una "cospirazionista" editoriale - che poco dimostrano e poco ci dicono su come questo passaggio della storia umana sia diverso dagli innumerevoli sconvolgimenti di ogni tipo che hanno interessato la nostra specie ed il nostro pianeta in anni più o meno recenti o in epoche remote, su larga scala o più localizzati.
Al netto dell’erudito ed elegante richiamo al dipinto di Bosch (“La pietra della Follia”), l’elogio della follia – da intendersi come visione della realtà da punti di vista non ortodossi da cui possono scaturire soluzioni innovative – quale rimedio sul piano del singolo ma anche in campo scientifico o politico lo aveva già fatto Erasmo da Rotterdam mezzo millennio fa.
"Οι ευρύνοες άνθρωποι γνωρίζουν πως δεν υπάρχει ξεκάθαρη διάκριση μεταξύ πραγματικού και μη πραγματικού."
Το πρώτο κομμάτι καταπληκτικό, στη σκιά και κατά τα πρότυπα του Όταν παύουμε να καταλαβαίνουμε τον κόσμο - βιβλίο στο.οποιο έδωσα πέντε αστέρια από την καρδιά μου-
Το δεύτερο σκέλος, ο λίθος της τρέλας, που δε φαίνεται να σχετίζεται, να ευθυγραμμίζεται κ να εναρμονίζεται απόλυτα με το πρώτο , έχει μια όμορφη εισαγωγή εξηγώντας τον ενδιαφέρων ομώνυμο πίνακα του Ιερώνυμου Μπος που εκτίθεται στο Πράδο, δίπλα στον Κήπο των Επίγειων Αγαθών, οπότε κανείς δεν πολύ ασχολείται. Οι σκέψεις κ αναλύσεις του επάνω στο τι είναι τρέλα ήταν συναρπαστικές.
Το σημείο οπου εντελώς μ έχασε ήταν η πολυσέλιδη αφιέρωση/εμμονή σε μια καταγγελία που δέχτηκε για λογοκλοπή, όπου εξέθετε τη γυναίκα που τον κατηγόρησε και αυτο, για μένα τον άσχετο αναγνώστη ήταν απλά άβολο. Θα μπορούσε να το λύσει ιδιωτικά, να το δημοσιεύσει σε άρθρο εάν του ήταν τόσο σημαντικό, αλλά στο βιβλίο ήταν μια αρκουντως άκυρη κίνηση #γνωμη_μου
De manera deliciosa se establecen vínculos entre algunas de las ideas científicas más sorprendentes de la humanidad con el caos al que nos vemos sometidos en nuestras vidas cotidianas. Una explosión de pura literatura imaginativa, donde se dan cita Gödel, Lovecraft, David Hilbert y Philip K. Dick.
También habla sobre la infinita sutileza de la maravilla que subyace en la locura y hasta se pregunta si no perderíamos algo valioso si elimináramos la locura de la humanidad.
Ahora con más ganas de leer su anterior libro, Un verdor terrible.
Son dos ensayitos: El primero critica y alaba a la vez un orden social chileno post-Pinochet muy tranquilo, luego mira con distancia el Estallido Social y luego echa mucho de menos el orden previo que ha sido roto por mucha gente quejándose por muchas cosas. Me parece una postura tremendamente superficial y burguesa. El segundo es él... ¿riéndose de una señora? No lo tengo claro.
Me da pena porque Un verdor terrible me fascinó, y ahora creo que Labatut no me cae bien.
Realmente los hombres pueden hacer lo que quieran en esta vida. Qué vergüenza el texto sobre el estallido, no sé cómo no le dio pudor publicar algo así. Nada tenía mucho sentido. ¿Esto será la locura?
Labatut construeix un assaig que és molt divertit de llegir per com enllaça diferents perspectives de la bogeria començant per Lovecraft i Dick, passant per la revolta xilena, i acabant amb El Bosco i una paranoide d’internet. Malgrat tot, no acaba d’anar enlloc i no planteja una conclusió a tot el que proposa, més enllà de ser evidenciar les dificultats de descriure un món com l’actual hiperconnectat i la seua manca de sentit.
Se o século XXI é um período completamente inovador e tecnológico, é por outro lado um território extremamente perigoso. A vista disso, das rupturas sociais e catástrofes econômicas, muitos estudiosos tem se debruçado para tentar desvendar a fragilidade das democracias, as ascensões totalitárias e a insatisfação geral contra regimes e formas de governo aparentemente estáveis. O que Labatut propõe aqui é também observar o fenômeno de ruptura, só que não sob uma visão usual e sim sob a metafísica, o que faz da abordagem um curioso meio de analisar os perigos atuais.
É, portanto, assim, que o escritor chileno desce até a criação da teoria do caos e da volatilidade do tempo, que não mais se agarra ao passado e não tem uma ideia nítida do futuro, para descortinar um mundo onde “a chama da razão já não é suficiente para iluminar o complexo labirinto que vai se formando devagar à nossa volta”, uma vez que certa demência se infiltrou no mundo e tem ganhado cada vez mais força.
A Era da paranoia não pode mais ser ignorada, a ausência de lógica é a nova realidade e quem sabe, ao tentar aborda-las pode ser um meio de nos guiar para compreender uma realidade cada vez mais estranha e mortífera. Esse é o meu primeiro contato com o escritor e não será a última; ótima leitura.
Benjamín Labatut é para mim um dos autores mais instigantes que li nos últimos tempos pelo fato de atiçar a minha curiosidade sobre o mundo, e fazê-lo também com curiosidade, deixando preconceitos intelectuais de lado.
Esse pequeno livro de Labatut é composto de dois interessantes ensaios que poderiam ser ditos serem consequências de sua obra anterior, Un verdor terrible ([Eng.]When we cease to understand the world; [PtB.]Quando deixamos de entender o mundo). Trata da loucura e do caos e do irracional que o mundo parece se encontrar, da dissolução das grandes narrativas que justificam o nosso mundo e da falta de novas narrativas que possam explicá-lo com clareza, ao tempo que de certa forma também nos alerta como alguns "lideres mundiais" fazem uso desse vácuo:
(...) traen consigo la fueza de la sinrazón, y cabalgan libremente sobre las frenéticas olas del cambio como no lo puede hacer ninguna persona com decencia o sentido común.(...)
Ou como o pensamento de Antonio Gramsci, na epígrafe ao livro, bem expressa:
La crisis consiste precisamente en que lo viejo está muriendo y lo nuevo no puede nacer: durante este interregno surgen los más variados síntomas mórbidos.
Conhecemos bem essa realidade da qual Labatut fala a respeito, temos estado inseridos nela desde cerca de meados da década passada. Ocorre que enquanto rimos de certas situações por achá-las absurdas, loucas, Labatut tem um olhar curioso sobre elas. Trump não é um bobo da corte. E os estragos que tanto ele como seus acólitos têm causado não nos deixam mais margem para risos.
Mas também fala sobre o papel das ciências na construção e desconstrução das nossas realidades, as quais achavamos tão sólidas, mas que nem mais podemos dizer que a realidade é como parece ser.
A mim, é como se as ciências por vezes, na ansia de alcançar soluções para a nossa compreensão do mundo, não observa limites como os éticos. E não digo somente acerca das ciências naturais, mas também a econômica, a política etc. Temos noção clara disso quando pensamos na eugenia, nas teorias racistas, quando se busca no darwinismo justificativas para a busca desenfreada de lucros e do massacre constante da vida de trabalhadores, quando se pensa em criar clones humanos para os mais loucos fins etc.
Vê-se que o primeiro texto é tão pequeno, mas tão cheio de ideias e pensamentos que seria necessário escrever um longo ensaio apenas sobre ele. E por mais que eu pense nele, mais tenho dificuldade de expressar os meus pensamentos, como essa breve resenha demonstra. Mas indico a todos aqueles que querem entender um pouco melhor o mundo em que vivemos.
O segundo texto trata de um tema caro à Labatut, que é a loucura/o delírio, e a necessidade que temos de entender melhor esse mundo tão estranho para nós que nos consideramos tão plenos no mundo da razão.
P.S.: Quem tem interesse em conhecer um pouco melhor o seu pensamento, indico que procurem no Youtube o vídeo de sua participação na FLIP 2022 (Festa Literária Internacional de Paraty) e o vídeo da Louisiana Channel, quando participou da Louisiana Literature festival em agosto de 2022.
'La piedra de la locura' es un breve ensayo de la fragmentación del mundo en el que vivimos, una contestación de que los grandes relatos colapsaron hace tiempo y las sociedades andan buscando recomponer las piezas de nuestro sentido en el mundo. Y sin embargo, la hiperrealidad ha venido para quedarse, un movimiento más real que lo real, que cuestiona la propia noción de realidad que veníamos teniendo y que acompaña a la pregunta ¿esto es real? Como si la realidad hubiera dejado de pertenecernos y no pudiéramos tener certezas sobre el mundo en el que vivimos de tanta: ficción, videojuegos, redes sociales, noticias siniestras en el televisor, etc. Todo ese caótico contenido nos enloquece y hace que lo real se difumine con lo hiperreal. Esa es, creo yo, la piedra de la locura.
Un recuento sobre el origen de la teoría del caos, vinculado con el cuadro del Bosco y precedido por una alusión a un par de "ideas" de Lovecraft y de Philip K. Dick, unido a un lectura muy, pero muy pobre del 18 de octubre del 2019, que quiere pasar por una suerte de memoria colectiva sobre ese hecho (completamente deschavetada: la violencia habría empezado después del 18. Vaya a saber uno qué sería el incendio del metro, entonces). En dos partes. Está, si se me perdona el culteranismo, pegado con moco. Básicamente es un gran barquillo, hecho de piezas que no juntan ni pegan, para no decir mucho más que, "¿qué loco todo, no?". Lo que funcionaba muy bien en las primeras partes de "Un verdor terrible",la challa científica, digamos, acá apenas para el libro, porque el autor decidió tomarse en serio y amigo no.
Un verdor terrible me gustó mucho (dentro de que algunos relatos eran mejores que otros) y es por eso que tenía pendiente La piedra de la locura. Aunque las ideas de los dos pequeños ensayos que contiene este libro son interesantes he acabado con la sensación de que Labatut apenas ha sabido sintetizar un par de ideas de todo lo que quería explicar. Tiene momentos brillantes, sobre todo cuando habla de Philip K. Dick y de la mujer paranoica, pero al final no acaba de desarrollar bien su tesis sobre la relación entre la locura y una realidad cada vez más evasiva e ininteligible.
Mucha gente le ha puesto la cruz por la mala -pésima, terrible- lectura sobre el estallido social en Chile del 2019, que es el eje de la primera parte del libro y que es también lo menos interesante del mismo y lo que aborda con mayor superficialidad. Las alusiones a Lovecraft y Dick en un inicio, bastante interesantes, se decantan por un lugar común sobre la locura del mundo contemporáneo, una idea que no llega a ser más que pura vaguedad recubierta de imágenes recargadas y analogías innecesarias. Un punto de anclaje bueno podría haber sido el camino de la teoría del caos, pero Labatut se pierde, no sabe qué hacer con esa conexión y no la desarrolla satisfactoriamente.
Algo interesante de la teoría del caos es que opera bajo los mismos principios que la física clásica, es decir, bajo un modelo determinista según el cual, si podemos medir las variables iniciales, podemos predecir el resultado de cualquier trayectoria. El problema que intuye Labatut y que se le escapa, no es que el caos sea impredecible, sino que es inabarcable para nosotros -en tanto no podemos siquiera medir todas las variables iniciales porque simplemente son demasiadas- y, en ese sentido, no tenemos suficiente información para predecir nada que pertenezca a estos sistemas complejos. La impredecibilidad es más bien característica del otro campo de estudio al que hace referencia, el de la mecánica cuántica, donde esa cualidad es más bien constitutiva.
En fin, la última parte del libro sí es una gozada, una pequeña joya autoindulgente, pero no por ello menos encantadora.
Un tres molt justet. Una de les coses que més em va agradar de 'Un verdor terrible' va ser l'atmosfera que aconseguia crear Labatut. El to, en cada un dels capítols, era molt similar, malgrat parlés de personatges i moments històrics diferents. Però tot tenia una coherència, una raó de ser. No sé si per límit d'espai o per falta de tema, però en aquest llibret no aconsegueix transmetre res massa interessant. Sí, la bogeria, el caos, l'estat actual de les coses...però res acaba de transcendir massa. I és una pena.
«(...) a veces volverse loco es una respuesta adecuada a la realidad, que la verdad y la locura pueden ser síntomas de la misma enfermedad y que el precio que pagamos por el conocimiento es la pérdida de la comprensión.»
Aunque le cuesta un poco condensar las dos ideas que maneja (realidad y locura), cuando habla de Philip K. Dick y su visión de la realidad o en la segunda parte sobre la mujer paranoica con el robo de manuscritos por parte de autores "conocidos", es MARAVILLA.
Un exquisito ensayo sobre la locura que ha estado germinando, tal vez esperando, paciente la manera de salir, a medida que se precipitaban laa probabilidades y posibilidades de caer en un error de proporciones universales.
Una sacudida de hombro para caer en cuenta de como poco a poco nuestro mundo presente se ve de camino, al parecer inevitable, hacia el colapso.
Me gustó mucho Un verdor terrible así que quise leer más de Labatut. Qué gran decepción me llevé con este libro. El primer ensayo es muy malo, un "análisis" bastante superficial del estallido social en Chile, plagado de analogías rimbombantes y que no dice absolutamente nada. Me llegó a dar rabia que una editorial lo haya considerado digno de ser publicado siquiera. El segundo ensayo es mejor, podría haber sido una historia interesante, pero se pierde en este formato y no compensa lo malo del primero. Sugiero no perder el tiempo con este libro y definitivamente no gastar plata en él.
Περίμενα περισσοτερα, δοκιμιακή γραφή. Εχει καποια αποσπασματα που σκεφτεσαι οταν κλεινεις το βιβλίο, γενικα ομως καιγεσαι λιγο διαβαζοντας αυτες τις 90 σελίδες. Δεν τρελάθηκα. Δεν κατέληξα καπου κλεινοντας το βιβλίο... δεν ξερω κιολας αν θα πρεπε.. 2.5 απο εμενα
“en todo este asunto no logro distinguir quién es el médico, quién el monje, quién el paciente, quién la monja y cuál de todos nosotros carga la piedra de la locura en la frente”.
Única leitura que conclui em setembro/2022. Mês de viagens... Esses dois ensaios desenvolvem algumas ideias que já estavam presentes no livro “Quando deixamos de entender o mundo” – sensação do ano de 2021. Uma dessas ideias é a de que talvez o homem seja incapaz de compreender o mundo e o seu funcionamento. Talvez tudo seja tão complexo que, no fim das contas, seja demais para a capacidade de compreensão de nosso cérebro. Para abordar essa ideia ele faz uso de dois escritores e de um matemático. Os escritores são H. P. Lovecraft e Philip K. Dick. O matemático é David Hilbert. Os dois primeiros são pessimistas. O último lhes faz um contraponto. Viveriamos, então, em um mundo indecifrável e regido pelo caos (palavras do autor). A razão, assim, é apenas uma ilusão – ou simulação, para lembrar PKD – que nos permite manter a loucura a uma certa distância. O ponto é que hoje até essa cidadela da razão está ameaçada por inimigos externos e internos. Talvez, sugere ele, por fim, mais conhecimento não signifique, no final das contas, mas compreensão. No segundo ensaio – que dá também título ao livro – ele comenta de um e-mail que fora enviado ao seu agente literário. Escrito por um mulher de meia-idade – aparentemente com uma vida normal, uma família normal, um emprego normal – contém uma teoria conspiratória curiosa. Alguém estaria lhe roubando as ideias e vendendo-as para escritores e editoras famosos. Assim, grandes livros que ela teria escrito estariam sendo publicados com o nome de terceiros. A teoria é absurda. Porém, ele recorda que foi descoberto um esquema de roubo de originais de escritores conhecidos ou não. Tudo se confunde. Um mundo hiperconectado estaria difundindo uma espécie de loucura, em que as fronteiras entre realidade e ficção estariam se dissipando? Enfim, um livrinho interessante, que é uma continuidade do livro mais famoso do autor.
Dois ensaios reunidos em um livro: o primeiro, parte das novas formas de perceber o mundo para refletir sobre como "entendemos a realidade" e o papel da ciência nesse fluxo, dialogando com autores que trataram disso em suas obras, como Lovecraft e Philip K. Dick; o segundo, analisa os textos (alucinatórios) de uma leitora que crê numa conspiração editorial de plágios.
Infelizmente, não é tão interessante quanto o primeiro livro. Ao fazer as leituras sobre o mundo, escorrega nas análises históricas, sociais e econômicas; confunde alguns fatores na ordem dos acontecimentos na estruturação do capitalismo neoliberal; faz análises de eventos ainda bastante frescos na época da escrita, como os levantes da década passada e o período pandêmico; e até na segunda parte, no próprio aspecto social da loucura, parece ser pessoal demais ao expor a leitora que enviou cartas ao tradutor do livro.
Mas parte substancial das análises literárias e científicas do primeiro ensaios são interessantes, principalmente na articulação de Lovecraft e P.K.D.
En este pequeño libro, 70 y pico de páginas que se leen en un abrir y cerrar de ojo, Labatut abunda un poco más sobre algunas de las ideas que había tocado de manera algo más superficial en un verdor terrible. Me ha gustado sobre todo su particular visión acerca de un tipo de psicosis colectiva que se da a raíz de una realidad constantemente cambiante, especialmente en los ultimos decenios, pero sobretodo demasiado brutal y que sobrepasa el entendimiento humano. Una realidad totalmente subyugada a una ciencia en pocos años ha pasado de ser una herramienta a ser un monstruo feroz ya incontrolable. Labatut tira otra vez de un hilo invisible, esta vez el que une la locura con varios tipos de procesos sociales totalmente inexplicables. Este tipo está construyendo la literatura del futuro!!