Giovanni ha ventiquattro anni e ha coronato il suo sogno, quello di lavorare nella redazione di un quotidiano. Intorno a sé, però, ha soltanto colleghi più anziani, ormai apatici, storditi da un mestiere sempre più in crisi. Tranne uno, Sergio Fabiani, caposervizio della cultura, che gli affida il compito di scrivere un pezzo su Donato Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli, linciato in modo selvaggio dalla folla nel settembre 1944. Il giovane giornalista si immerge allora nella ricerca e nello scavo: sotto la guida paterna di Fabiani, Giovanni ci porta sui luoghi che furono teatro del fatto – il Palazzo di Giustizia, il Tevere, Regina Coeli –, ci mostra le testimonianze di chi quel massacro l’ha visto e documentato, e ce lo restituisce in un racconto vivido, crudo, reale. Chi era Carretta? Un fascista o un antifascista? Oppure uno della “zona grigia”? Con la precisione del reporter e l’abilità dello scrittore, Giovanni ricostruisce la storia di una condanna controversa, brutale, di certo ingiusta. Indagando le pulsioni e la rabbia che agitano la folla di quel settembre 1944 rivede, nella Roma liberata dal fascismo e dall’occupazione nazista, gli strepiti e i livori che si muovono, velenosi, nelle relazioni di oggi, nella comunicazione, sui social. Walter Veltroni torna con un romanzo intenso, capace di raccontare un passato ancora attuale, in cui possiamo leggere in controluce – e forse decifrare, un passo alla volta, insieme a Giovanni – il presente in cui viviamo.
Walter Veltroni è nato a Roma il 3 luglio 1955. È stato direttore dell’Unità, vicepresidente del Consiglio e ministro per i Beni e le attività culturali, sindaco di Roma, fondatore e primo segretario del Partito democratico. Oltre al primo capitolo delle indagini del commissario Buonvino, Assassinio a Villa Borghese, pubblicato sempre da Marsilio nel 2019, ha scritto vari romanzi, tra i quali La scoperta dell’alba (2006), Noi (2009), L’isola e le rose (2012), Ciao (2015), Quando (2017), tutti editi da Rizzoli. Ha realizzato diversi documentari tra i quali Quando c’era Berlinguer (2014), I bambini sanno (2015), Indizi di felicità (2017), Tutto davanti a questi occhi (2018) e la serie sulla storia dei programmi televisivi Gli occhi cambiano (2016). Nel 2019 è uscito il suo primo film, C’è tempo. Collabora con il Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport.
A ottant'anni dai fatti del settembre 1944, al giovane protagonista di questo romanzo-inchiesta (nato nel 2000 e appena laureato in legge, che ha coronato il suo sogno di entrare a far parte della redazione di un giornale) viene richiesto dal suo caporedattore di indagare sulla figura di Donato Carretta, l'ex direttore del carcere di Regina Coeli, lapidato dalla folla inferocita senza un vero motivo apparente, quando doveva testimoniare al processo di un ex aguzzino fascista, l’ex-questore di Roma Caruso - processo che viene rimandato, forse per quello la folla era esacerbata - che aveva collaborato con i tedeschi ed era corresponsabile per l'eccidio delle Fosse Ardeatine. Giovanni e la sua ex-compagna di scuola Loredana, appassionata di quel periodo storico, leggono e confrontano tutti i documenti su cui riescono a mettere le mani, i libri che sono stati scritti sull'argomento, e persino le scene girate da Luchino Visconti, che era incaricato dagli Alleati di filmare il processo. Dopo aver ricostruito i fatti del 18 settembre 1944, Giovanni e Loredana cercano di farsi un'idea di chi fosse Donato Carretta, se fosse fascista o antifascista, come si fosse comportato nel suo ruolo di direttore del carcere di Regina Coeli, giungendo a riflessioni sull'etica dell'uomo comune quando si trova sotto una dittatura o sulla giustizia quando vi si è appena stati liberati. Il tutto visto con il distacco di chi non ha mai conosciuto cosa significhi vivere sotto un regime dittatoriale, e che quindi non può e non vuole giudicare, perché non è tutto bianco e nero e perché, grazie al cielo, le persone a volte cambiano anche idea. (Non so giudicare, mi viene difficile farlo con la coscienza di oggi. Se i ragazzi di quegli anni avevano conosciuto solo la dittatura, noi, per fortuna, abbiamo conosciuto solo la democrazia.)
Il modo con cui la vicenda del linciaggio di Carretta è presentato è davvero geniale: attraverso gli occhi di due giovani professionisti vicini ai trent’anni di oggi (viene addirittura citata la docuserie di Netflix su San Patrignano e i conflitti Russia vs. Ucraina e Israele vs. Palestinesi… era proprio necessario?) che guardano al 1944 e fanno le loro considerazioni.
Peccato che il “trombonismo” moralistico sia così onnipresente (alla Carofiglio per intenderci).
Mi spiace caro Walter … non hai più trent’anni e un certo moralismo “ingenuo” suona falso se esce dalle labbra o penne di noi tra i 60 e i 70. O facciamo veramente i “romanzieri” o “giallisti” o dovremmo armarci di ben altra consapevolezza ricca anche di mea culpa se facciamo i predicatori o scriviamo saggi politici. Questa forma a “metà” non mi convince mai (più in generale non mi convincono più i “falsi” romanzi così abbondanti in libreria tra auto-narrative, riletture storiche a cavallo tra fiction e realtà …)
A meno che la nostra parabola sia meglio descritta dalla vicenda umana e storica del Carretta (anche se “al rovescio”, come un negativo fotografico attraverso ‘68 e anni ‘80 e ‘90) che da quella dei due giovani “investigatori”. Allora ti perdono Veltroni … ma mi piacerebbe che in filigrana ciò che dice il vecchio giornalista alla fine fosse più marcato dal senso dell’“io” invece che un giudizio su di “lui”.
Comunque un libro a cavallo tra le due stelle e le cinque stelle … a seconda delle prospettive.
« Donato Carretta non ha ucciso nessuno, non meritava di morire. E se anche fosse stato duro come direttore del carcere di Civitavecchia o avesse lasciato correre le nefandezze di un capoguardia fascista, se anche non si volessero considerare gli oneri e i rischi che lui si assunse nel dopo 8 settembre, quello che avrebbe meritato, al massimo, era un processo, con un bravo avvocato e il giudizio dell'Alto Commissario per le epurazioni. Non di essere maciullato, affogato, impiccato. La giustizia a testa in giù. Come il corpo di Carretta »
4,5 ⭐️ Veltroni racconta questa storia di vera Storia Italiana, dell’uccisione di Donato Carretta, o meglio, del suo linciaggio. Chiunque di noi fa bene a leggersi un pezzo di storia della nostra (brutta) Italia.
Interessante e ottimo spunto per ragionare sulla psiche delle folle. Personalmente ho trovato che l’abbia tirata un po’ troppo lunga rendendo le ultime 50 pagine difficili da digerire.
Questo breve romanzo racconta una pagina tragica nella cronaca romana del settembre 1944: l'omicidio di Donato Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli, linciato dalla folla accorsa per assistere all'inizio del processo dell'ex Questore di Roma Pietro Caruso. E' un romanzo crudo e intenso, su una vicenda agghiacciante che non conoscevo. La cronaca è interessante e il libro ben scritto, ma non mi è piaciuta la forma romanzata scelta per raccontarla. L'ho trovata un po' fiacca, sentivo la voce dell'autore e non di Giovanni, il giovane giornalista protagonista del libro, in quel modo un po' didascalico che non mi riesce a coinvolgere. Per questo non vado oltre con la votazione (ma sarebbero quasi 3 stelline...), anche se è l'esperienza di lettura a non avermi convinta del tutto, non il romanzo in sé, del quale consiglio la lettura.