In un paese sulla costa della Sicilia orientale, la giunta comunale ha un’idea per risollevare il teatro cittadino. Richiamare a casa come direttore artistico il figliol prodigo, che ha abbandonato la provincia e l’isola per diventare un attore di successo. Lui accetta felice, pieno di aspettative. È pronto a portare avanti un progetto innovativo e dal respiro internazionale. Ma, varcata la porta dell’edificio di fine Ottocento, quello che vede è i corridoi sono affollati di dipendenti annoiati che spostano carte e si accaparrano straordinari che non fanno, la biglietteria non funziona, la sartoria è abbandonata da tempo.
Sballottato da questa schiera di “inutili”, come in una visione allucinata di Kafka, prova a non darsi per vinto e, per cercare di smuovere gli animi e bonificare la palude istituzionale in cui è finito, decide di organizzare tra mille difficoltà un Amleto. Ma ogni volta che sbatte la testa contro l’ennesimo intrallazzo burocratico, sempre più scoraggiato e solo, ripensa alla disavventura che ha causato la sua fuga dall’isola, una storia fatta di silenzi, di gerarchie fasulle e abusive, di negligenze, di sistemi sociali chiusi e politiche corrotte alle quali si era ostinato a non piegarsi.
Ninni Bruschetta, che come il protagonista del libro è un amatissimo attore di teatro, cinema e televisione, esordisce con un romanzo intenso e doloroso che, nel solco della tradizione di alcuni grandi scrittori siciliani come Leonardo Sciascia, mette in scena una storia in cui il passato si riverbera sul presente e che rivela l’amara e terribile verità di una terra magnifica e unica, in cui l’aria è costantemente pulita dal vento e il disordine e l’incuria si mischiano a scenari di rara bellezza.
"Giuro a me stesso che non tornerò mai più. Sarà la millesima volta che lo dico, ma devo mantenere questo proposito. Mi sto prendendo in giro. Lo so da sempre che qui non si può fare niente, sennò non me ne sarei mai andato. Chi rinuncerebbe a tutta questa bellezza se il prezzo da pagare non fosse così alto?"
Avevo grandi aspettative e invece... mah. Un grosso mah. Perchè non succede niente, a meno di non voler raccontare una storia su come la burocrazia e gli intighi in Sicilia non permettano di fare nulla e sia solo tutto un gioco di potere sempre e comunque usando come location un teatro. Io mi sono annoiata, alla fine del libro è tutto esattamente come prima e allora mi chiedo: ma erano necessarie ste duecento e passa pagine? Ha perso tempo il protagonista a cercare di fare il direttore artistico di un teatro, ma l'ho perso pure io a vedere che non succedeva niente. La storia "flashback" raccontata a capitoli alterni era già più interessante, ma anche lì si conclude con tutto che resta com'era all'inizio, non c'è giustizia, non si risolve nulla davvero. Come dicevo prima non so se fosse proprio questo l'obiettivo del romanzo, se sì ci ha sicuramente preso. A me però le storie così non lasciano niente, sono solo frustranti perchè non danno la soddisfazione di una risoluzione. Mi si dirà che questa è la vita, ma io non leggo romanzi per vedere sempre la vita tale e quale ahahah per quello ci sono i saggi, che mi piacciono pure eh, ma appunto è un altro genere. Altra cosa che non ho capito: per quale motivo sottolineare nella descrizione dei personaggi se erano grassi o robusti o in carne o con la pancia ma mai se erano magri, ad esempio? Perchè insistere su questo dettaglio, visto che era irrilevante ai fini dei personaggi stessi? Boh, a me è sembrato strano e se me ne sono accorta vuol dire che salta all'occhio.
Io ho preso questo libro per via di Ninni, ma sinceramente mi sembra un po' di aver buttato soldi 😕