Per un gioco del caso, due esseri umani molto diversi si trovano a essere dirimpettai in una palazzina milanese. Augusto è un settantenne trapiantato di cuore, vedovo da poco, che interpreta la sofferenza come un lasciapassare per il cinismo; Astòre è un ventenne deluso dalla propria stessa precocità, che si considera un eremita digitale. Raccontando la loro reciproca diffidenza mentre lentamente si trasforma in bizzarra amicizia, Siti ci parla delle mutazioni in corso nella nostra società, dove lo sviluppo tecnologico è così rapido che nessuna certezza riesce a stargli dietro; dove tutti si amano male, dove il miraggio del post-umano rischia di trasformarsi in una liquidazione dell'umanità, dove l'intelligenza artificiale incoraggia il rifiuto dei sentimenti e il Bene è un esito della paura. Augusto e Astòre sono due risposte sbagliate a una identica domanda sul senso e la direzione del progresso; ma sono anche due creature sotto il cielo trafitte dai propri traumi, che incrociandosi fanno i conti con la morte. Con la tenerezza rabbiosa e la leggerezza consentite ai vecchi, Siti rivisita i suoi temi ossessivi e chiude il cerchio; confermandoci che la curiosità non può morire, anche se è troppo tardi per guardare indietro e troppo presto per sperare.
Primo libro che leggo di Siti quindi non posso fare un paragone con altri suoi romanzi, ma si legge veramente benissimo; un romanzo scorrevole, divertente e dissacrante. La storia ruota intorno all'incontro/scontro generazionale tra un ragazzo di vent'anni che decide di vivere da recluso e un uomo vicino ai settanta rimasto vedovo e che ha da poco subito un trapianto di cuore.
Un libro in cui Siti riflette sull'attualità italiana e sullo stato della nostra società, segnata da eventi di grande portata negli ultimi anni. Pieno di riflessioni interessanti su numerosi temi, questo è un romanzo su cui secondo me si continua a riflettere anche molto tempo dopo la fine della lettura. Inoltre ho veramente apprezzato il fatto che l'autore sia riuscito a creare un'opera intelligente ma allo stesso tempo molto godibile e "facile da leggere", se così si può dire. Sicuramente una delle migliori uscite di quest'anno.
Siti ha la capacità di raccontare la Storia contemporanea (tra covid, guerra in Ucraina, boom dei social network) attraverso frasi asciutte, taglienti, sagaci, battute che potrebbero stare in bocca a qualsiasi esponente della borghesia italiana, ma che esposti dagli originali personaggi di questo romanzo diventano uno spaccato dei giorni nostri davvero fedele alla realtà.
Sorprende la grande competenza dell’autore (che alla sua età avrebbe potuto rimanere, come tanti suoi colleghi, abbarbicato alle reminiscenze classiche del passato) rispetto a tematiche estremamente attuali come intelligenza artificiale, mondo social e universo del porno raccontati con un linguaggio cólto e nudo, scevro dal politically correct (finalmente!) che tanto affligge la letteratura contemporanea.
La sua maestrìa con dialoghi e parole, riesce addirittura a porre in secondo piano la trama che si consuma tra i pianerottoli degli appartamenti di un palazzo e nell’interiorità di due casi umani come Augusto e Astore. Essi, attraverso le proprie fragilità ed idiosincrasie, evidenziano le difficoltà dell’umanità contemporanea alle prese con la grande protagonista del nostro secolo, la solitudine subíta o desiderata.
Da Siti dovrebbero prendere lezioni di scrittura molti autori italiani di oggi che tanto hanno successo nelle vendite e nei circoli, ma che con il loro contributo letterario non fanno che appiattire il dibattito e semplificare i contesti, trattando temi melensi atti solo ad ingraziarsi il pubblico.
C’è poco da fare e chi non è d’accordo si rassegni: Walter Siti è il miglior romanziere che abbiamo attualmente in Italia. Ne è riprova è il suo ultimo (ultimo in tutti i sensi, visto che ha detto che non scriverà più, ma poi chissà) romanzo: I figli sono finiti. Nessuno sa essere, come lui, un autentico sismografo della contemporaneità, con la sua scrittura che ti afferra e sembra non darti tregua fino a sembrarti crudele, ma che poi è in realtà irrorata da una incessante pietas. Augusto è all’incirca settantenne, ovviamente gay, vedovo da poco e con notevoli problemi di salute; Astore ha invece una ventina di anni ed è una specie di hikikomori in rotta con la famiglia: difficile immaginare due protagonisti più diversi (“Ancora quello sguardo: due inetti alla vita, uno perché è troppo tardi l'altro perché è troppo presto, o forse perché il suo presto coincide col niente”) che si ritrovano ad n certo punto dirimpettai. Invece, sotto la penna di Siti, i due finiranno per solidarizzare e per trovare tra di loro inaspettati punti di contatto. Un’opera che è la dimostrazione che è il romanzo, attualmente, lo strumento migliore per capire e analizzare il presente e anche per capire quali direzioni potrà prendere il futuro. E speriamo che Siti ci ripensi e che questo non sia davvero il suo ultimo romanzo: abbiamo ancora bisogno di voci come la sua.
“Ancora quello sguardo: due inetti alla vita, uno perché è troppo tardi l’altro perché è troppo presto, o forse perché il suo presto coincide col niente.”
Walter Siti parla dell’incontro di due solitudini, di un’amicizia ma anche di un confronto generazionale, della vita durante il Covid, di una borghesia privilegiata milanese che si rifiuta di evolversi, della schiavitù dei social, dell’ossessione dell’eros, pone un lungo interrogativo sulla tecnologia, le sue derive e i suoi esiti, ma soprattutto offre una straordinaria prova di perfezione stilistica. Primo libro di questo autore - adocchiato da parecchio - che leggo, di sicuro non sarà l’ultimo.
a tratti mettono in imbarazzo i tentativi di parlare la-lingua-dei-giovani, specie quando i giovani parlano spesso come parlerebbe siti (e va bene, il giovane in questione è un "giovane speciale", però...). nota di merito: a un certo punto vengono spiegate le regole di una partita di league of legends. viene citata grelmosss. le sezioni col bodybuilder sono le migliori del libro, sarà che si allena a scriverle da 30 anni, sarà che si sente quanto gli è caro il tema. tutto sommato lo dimentico volentieri
Siti e la sua magistrale scrittura raccontano l'oggi meglio di chiunque altro. I desideri di un vecchio e la mancanza di desideri di un giovane. Il corpo è esplorato e sublimato e raccontato nelle sue mille sfaccettature. Quelle stanco e malato dei vecchi, quello ipertrofico del bodybuilder/escort nella sua perfezione plastica, quello intangibile che si usa attraverso lo schermo, quello deformato dall' intelligenza artificiale. Il dolore che permea il libro, tanto, non sfocia mai nel patetismo.
Sento l’oscillazione costante fra le insofferenze dei protagonisti e la FOMO frenetica del narratore. Poi però quasi tutto va a posto, anche se un po’ meno che nei precedenti romanzi di Siti.
Io non smetterò mai di consigliare Walter Siti, per come scrive, per cosa scrive, per il suo prosare magnifico, per lo sguardo lucido sul mondo che lo circonda. Uno dei più gradi prosatori del panorama letterario italiano. Uno che ha esordito a 49 anni e nei suoi libri ha saputo richiudere dei mondi inesplorati e inaspettati.
È così anche per questo che si dice essere il suo ultimo romanzo. E il senso di una fine si respira ad ogni pagina. Si apre con la morte e con la morte si gioca per tutto il romanzo, fino alla fine. La vecchiaia è solitudine, è rabbia, è non accettazione: della poca vita che manca, del tuo corpo che non è più tuo, della malattia, del sesso che non esiste più e, se esiste, è a pagamento con tutto il corollario che lo circonda. Un uomo anziano , rimasto vedovo, che cerca un uomo online e lo paga, per sentirsi vivo quelle poche ore, conscio delle bugie ma inebriato da quello che sente sarà l'ultimo sesso della sua vita. Malinconico, disperato, a tratti anche patetico.
Siti, questa volta, ha scelto di affiancare al suo personaggio un ragazzo molto giovane, che scegli di vivere recluso, intelligente, depresso (?), distante. Gli si avvicina a tutti i costi creando un rapporto: e si comincia a parlare di OnlyFans, di video giochi, di video, di Ig, insomma di tutta una contemporaneità che, a parere mio, stride un po' in questo romanzo e mi ha dato parecchio fastidio. Mi è sembrata forzata, un voler stare al passo non necessario, mi è sembrato il vecchio che vuole far il giovane a tutti i costi.
Ma forse invecchiare è anche questo: sentire la contemporaneità che ti sfugge, cercare la giovinezza negli altri, aggrapparsi con le unghie agli ultimi sentimenti che riescono a smuoverti il cuore.
Ho aperto un Lugana con molta malinconia, ricordo di una gioventù lontana e di amici scomparsi. È complicato invecchiare, orrendo per certi versi, inevitabile e, a tratti, incomprensibile..