Spesso succede che un nome si porti dietro un destino, a volte trascinato col fare pigro e indolente di chi sa già cosa lo aspetta, altre con la determinazione caparbia di chi a quel destino già segnato non si arrende. Il destino di Caterina si snoda nell’aria densa e lattiginosa della provincia, all’ombra di treni che sembrano passare sempre al momento sbagliato. Ma lei ha un sogno, anzi più di un sogno, un progetto, e per realizzarlo ha accettato di portare su di sé un marchio che è allo stesso tempo una premonizione: essere quella strana, quella diversa, quella che se ne vuole andare.
E poi c’è il destino dell’altra Caterina, la sua bisnonna. Un destino che parla di povertà, di oceani e bastimenti, di un viaggio di sola andata per l’America e di una zia, Minerva, che la cresce come una figlia. Lì, a Little Italy, tra stoffe vistose e abiti tagliati per sembrare quelli dei ricchi, Minerva non le insegna soltanto un mestiere ma soprattutto l’arte di essere libera. Poi il ritorno. Doveva essere solo per qualche mese, dicevano, ma nel frattempo è trascorsa una vita intera. Di là, oltre l’oceano, Caterina ha lasciato i frammenti di un’esistenza che ha cercato fino all’ultimo di ricomporre fino a quando, nelle parole e nei ricordi di nonno Ernesto, le storie di due donne che hanno condiviso il nome e una ostinata vocazione alla diversità si ricongiungono inserendo l’ultimo tassello di un puzzle che racconta quattro generazioni.
Un ritratto di famiglia tratteggiato con voce delicata e toccante, ricco di figure femminili potenti, su cui torreggia una monumentale Minerva a tessere ricordi e annodare le trame sgargianti di un racconto difficile da dimenticare.
Avevo bisogno di una lettura che mi facesse dimenticare che giorno fosse, e devo ammettere che fin dalle prime pagine ha ripagato subito la mia fiducia e il ferragosto è passato, senza che me ne accorgessi.
Sono stata rapita dai racconti di nonno Ernesto, catapultata in America, percorso con emozione la storia di chi ha intrecciato i fili di questa famiglia, divisa tra due continenti ma attraversata da un amore incondizionato, che, tanto quanto unisce, divide. Ad ascoltare ogni sua sillaba, con occhi e orecchie, Caterina, la nipote che indossa tutti i giorni un nome che sa di sentenza ma anche di salvezza. Perché lei ha sì una vita di merda, ma non si perde mai d’animo e guarda sempre dritto davanti a se’, per non perdere di vista il suo obiettivo: andare via. Una menzione speciale va al nonno e alla sua teoria del contrario di aggiustare: ho riso un sacco con lui ma ho avuto anche tanta voglia di piangere. • “Rotto è il contrario di intero. Aggiustato invece non c’entra niente: per quanto tu ti dia da fare, le cose rotte non tornano com’erano prima. Perché gli oggetti interi, in pratica, bisogna non averli mai rotti.” • È un primo esordio davvero brillante che prende subito il posto nella nuova collana B8ttoni di narrativa italiana di 8tto Edizioni, che raccoglie solo storie autentiche, “cucite addosso”, capaci di avvolgerti come una calda giacca comoda e inaspettatamente lasciarti solo e infreddolito, perché le tue certezze sono sgusciate via, come un bottone pressato con troppa forza.
Quanto si conosce di se stessi e della propria famiglia? Una storia che suona un po' come una favola, nel suo intento di non voler accatastare convolute elucubrazioni mentali. Bellissima l'idea del nonno scultore, che si schiude nelle pagine del libro mostrando un lato dolcemente poetico. Unica pecca, a mio avviso: troppi personaggi che arrivano, salutano e se ne vanno... ma è peccato più che veniale, per una lettura piacevole.
"Si era data una regola: aveva bisogno di fissare la campagna dritta, scomporre il peso dei giorni in freddo e caldo e fuliggine mentre le si depositavano addosso per strati, rendendola uguale ai braccioli e allo schienale della panchina, metallica come le rotaie."
Che grande esordio! Un romanzo avvolgente, con personaggi femminili forti e una storia familiare non banale o noiosa.