Este livro reúne as famosas entrevistas de Kubrick realizadas por Michel Ciment, informações sobre os profissionais que trabalharam com o diretor, como roteiristas, diretores de arte, montadores, etc., além de making of, fotos de cena e filmografia completa. Com prefácio do cineasta Martin Scorsese, trata-se de uma leitura obrigatória para cinéfilos e amantes da obra desse artista genial.
Michel Ciment was a French film critic and the editor of the cinema magazine Positif. He was a Chevalier of the Order of Merit, Knight of the Legion of Honour, Officer in the Order of Arts and Letters, and the president of FIPRESCI. Ciment was noted for his love for American film, somewhat unusual in his French cultural environment.
Michel Ciment est un critique de cinéma et rédacteur en chef du magazine de cinéma Positif. Il est Chevalier de l'Ordre national du Mérite, Chevalier de la Légion d'honneur, Officier de l'Ordre des Arts et des Lettres et président de la FIPRESCI. Ciment est connu pour son amour pour le cinéma américain, quelque peu inhabituel dans son environnement culturel français.
Opera che viene da definire monumentale, ma senza riferimento alla mole, con le sue 350 pagine certo non incombe. Ma, monumentale perché è dedicata al padre di tutti i registi, al regista tra i registi - e perché è così curata e approfondita che l’aggettivo monumentale e quello definitiva, seppure riferito all’edizione e non tanto al suo contenuto, sembrano alquanto appropriati.
Il corredo fotografico è sontuoso, alterna immagini in bianco e nero con quelle a colori, e sono tutte immagini che tolgono il fiato. D’altra parte, trattandosi di foto da set di Kubrick, aspettarsi fotografia top e composizione perfetta è normale. Pregio aggiunto è che il testo di Ciment fa riferimento alle immagini, per così dire dialoga con loro.
Al centro Stanley Kubrick sul set di “2001: A Space Odyssey”.
Michel Ciment è un critico cinematografico francese redattore della rivista “Positif” che in aggiunta insegna all’università: sembrerebbe avere i criteri giusti per avvicinarsi al genio della settima arte. Il rapporto col quale sembra essere stato positivo (positif?) visto il risultato, visto che c’è una parte biografica autorizzata - e si sa quanto Kubrick fosse geloso della sua privacy. I due si conoscevano da tempo e questo studio li ha portati vicino ancora più volte. Sembra ironia, ma con Kubrick andava così: la sua curiosità era insaziabile, anche perché riusciva a tenersi al corrente di tutto, informato su tutto, perfino sulla borsa di Hong Kong, pur vivendo nel suo buen retiro britannico nella campagna a 50 km dalla capitale, e dice Ciment che la difficoltà con lui era riuscire a intervistarlo senza diventare l’oggetto dell’intervista, perché Kubrick faceva domande a raffica. Con Ciment, per esempio, che è francese, Kubrick era oltre modo curioso di sapere il punto di vista di tutti gli storici francesi su Napoleone.
Kubrick giovane ‘armato’ di macchina fotografica Leica.
E proprio dal dato biografico parte il racconto di Ciment: l’eredità ebrea, il Bronx, New York, le passioni di sempre, e cioè la fotografia (Kubrick si guadagnò da vivere inizialmente proprio come fotografo, e fino alla fine ha curato personalmente le riprese a mano dei suoi film), gli scacchi (la cui geometria certo influenzava il suo immaginario visivo), la musica jazz (che invece poco compare nei suoi film, che fanno più spesso uso di brani di cosiddetta musica classica, quando non addirittura lirica, vedi per esempio l’ouverture da “La gazza ladra” di Gioacchino Rossini in “A Clockwork Orange”).
Kubrick cameraman.
Dalla musica, dalla fotografia, dalla composizione visiva, si capisce quanto Kubrick curasse ogni singolo aspetto dei suoi film. Si percepisce il suo perfezionismo. Ora, essendo considerato anche un po’ maniacale, e probabilmente lo era (ma mai sgarbato come spesso è stato descritto: era anzi persona molto gentile, e forse per questo ha preferito trasferirsi a vivere in Inghilterra, ha preferito quell’educazione secolare a quella più ruspante del suo paese natale), non meraviglia che per prepararsi a Barry Lyndon abbia ascoltato tutta la musica del XVIII secolo e visionato tutti i quadri francesi, inglesi e italiani dell'epoca. Neppure meraviglia che seguisse davvero pure i dettagli, ovviamente montaggio e post-produzione, ma anche la cartellonistica, la traduzione del dialogo nelle altre lingue, vuoi per doppiaggio vuoi per sottotitoli, e curava personalmente il missaggio del doppiaggio delle edizioni nelle varie lingue.
Stanley Kubrick e George C. Scott giocano a scacchi sul set di “Doctor Strangelove”.
Dal che consegue che una delle battaglie combattute e vinte da Kubrick fosse quello di essere in pieno e totale controllo di ogni fase del processo: non solo quelle creative, ma anche organizzative e finanziarie. Non solo il cosiddetto ‘final cut’, che quello ça va sans dire, ma proprio tutto. Ma non si sottolinea abbastanza quanto ciò nonostante (secondo me, invece, proprio grazie a questo) i suoi film abbiano incontrato il successo del pubblico e della critica. Meno quello degli addetti ai lavori, si direbbe: candidato ben tredici volte all’Oscar, non lo ha mai vinto – tranne i cosiddetti Oscar “tecnici”: effetti speciali per “2001…”, fotografia per “Barry Lyndon” costumi e scenografia per “Spartacus”. Nel 1997 arrivò il Leone d’Oro alla carriera al Festival del Cinema di Venezia.
Kubrick e la sua passione per la fotografia, still o motion.
Chiaro che un suo film gli portasse via un tempo più lungo che ad altri: il suo primo film (Fear and Desire) è uscito nel 1953, l’ultimo nel 1999 (Eyes Wide Shut), sono quarantasei anni di attività durante i quali ha realizzato solo tredici lungometraggi - una media di uno ogni tre anni e mezzo, il che non è meraviglia: ma il fatto è che ben otto dei suoi lavori sono stati realizzati negli anni Cinquanta e Sessanta, cioè otto in meno di vent’anni – e poi cinque dal 1971 alla fine!
Notorio è come abbia affrontato la maggior parte dei “generi” cinematografici: guerra, horror, peplum, noir, thriller, fantascienza, drammatico, storico, satirico, commedia. E in ciascuno si usa dire abbia messo la parola fine: impossibile spingersi oltre (“2001: A Space Odyssey” è del 1968, quindi ha già più di mezzo secolo, eppure sembra ancora attuale nonostante il genere, grazie alla tecnologia, si sia evoluto in modo esponenziale).
”Shining”: come si può vedere le cose tra Jack e Wendy sono a un punto di non ritorno, lei ha impugnato la mazza da baseball.
Tre anni fa ho avuto modo di vedere un’ennesima mostra che gli è stata dedicata, particolarmente ghiotta: collocata nel Contemporary Jewish Museum di San Francisco (progettato e realizzato da Libeskind, che ha al suo attivo anche il Jewish Museum di Berlino), colpiva per alcuni aspetti che non avevo mai visto prima, tipo i modellini in scala di alcuni set (il labirinto di “Shining”), un mobiletto a cassettini pieno zeppe di schede, proprio come si usava nelle biblioteche, tutte dedicate alle sue ricerche per il film su Napoleone, mai realizzato, un brillante backstage realizzato dalla figlia Vivian sul set di Full Metal Jacket dove si vede Kubrick sorridente e scherzoso ripassare il dialogo con Matthew Modine.
”Barry Lyndon”: Stanley Kubrick di spalle alla macchina da presa.
Os ensaios das 100 primeiras páginas são de fato excepcionais, mas o restante do livro acaba caindo em mesmice de obviedades, com uma ou outra curiosidade inserida aqui e alí.
Heavily sourced by subsequent writers, you may find long stretches of this book familiar. Nevertheless, it remains essential for anyone with an interest in the great director. Ciment conducted two interviews with the man himself, around the release of Barry Lyndon and later The Shining. The text here is concerned solely with critical interpretation of the films, minimal in terms of biography, anecdote or 'making of ...' info.
Antes de tudo, queria dizer que meu amor por cinema começou por causa de O Iluminado. Pode até ser estranho, mas eu amava esse filme na infância. Via muitas vezes e não costumava sentir medo dele, toda vez era uma experiência nova e claro, tensa.
Na adolescência, decidi explorar os outros filmes do Stanley Kubrick e me deparei com um universo ainda maior sobre psicologia, guerra, humanidade e arte. Não há um filme dele que eu não goste, todos são excelentes e particularmente acho que cada um se enquadra como obras primas do cinema.
Mais importante que conhecer a arte, é saber quem produz. Falo isso de forma geral. Ler esse livro me fez entender a filmografia do Kubrick, conhecê-lo como ser humano e artista e também sobre a vida e arte, que às vezes se confundem. É um livro muito bem organizado, com entrevistas de pessoas que trabalharam com ele e análises sobre seus filmes que ao meu ver, respeitaram a grandiosidade da filmografia desse diretor importantíssimo.
I have to admit that I was unable to find the link to the edition that proudly sits on my shelves, namely the first French edition, which is quite simply the first book on cinema I ever owned, with the possible exception of Truffaut's conversations with Hitchcock. This ground-breaking book on Kubrick, a combination of history, analysis and interviews, has been a life-changing experience, not only in itself but also because it triggered the desire to study film and, in later years, to follow the course on American cinema taught by Ciment himself at Paris-VII University. Little was I to suspect, as a student, that years later I would sit at a jury presided by Ciment at a major film festival and that he would invite me to publish in the columns of "Positif". Few authorities in film studies, if any, have had such a long-lasting influence on my views over the years. Only the other day I was re-reading his "Seven notes on Billy Wilder", an unsurpassed collection of insights into the oeuvre of another remarkable filmmaker.
Though I was only able to get my hands on the first edition, Ciment's seminal study of the eponymous director stands as a well-rounded reflection of the intertwining aspects of the typically described "cold" and "mechanical" artist. Naremore's own study seems to find numerous opportunities to draw from Ciment's while expanding upon it with updated analyses and other frameworks, but the Positif critic uses photographs and film stills to create an important dialectic important to a photographer-cum-director.
Excelente reunião de textos que envolvem leituras das obras do Kubrick, entrevistas com ele e outras pessoas envolvidas nos filmes, análises sobre o impacto de algumas obras, muito gostoso de se ler.
Um prato cheio não só para cinéfilos mas também para produtores de conteúdo em geral. É uma grande aula. Possui pequenos erros de revisão e muitas vezes a tradução parece "truncada" mas não cotejei a tradução original pra saber se é o estilo do autor, enfim, nada que tire o brilho da edição linda com um papel de ótima qualidade.
Il più autorevole saggio su Kubrick dal critico europeo più accreditato, finalmente tradotto in italiano in versione ampliata dopo Full Metal Jacket e Eyes Wide Shut. Immancabile in ogni biblioteca kubrickiana, per le precise analisi critiche, le quattro interessanti interviste a kubrick, le moltissime testimonianze di attori e collaboratori, e soprattutto per il notevole apparato iconografico.
Il più autorevole saggio su Kubrick dal critico europeo più accreditato, finalmente tradotto in italiano in versione ampliata dopo Full Metal Jacket e Eyes Wide Shut. Immancabile in ogni biblioteca kubrickiana, per le precise analisi critiche, le quattro interessanti interviste a kubrick, le moltissime testimonianze di attori e collaboratori, e soprattutto per il notevole apparato iconografico.
This is a must have resource for Stanley Kubrick fans. It contains a little bit of everything - tons of pictures, essays on the films, interviews with Kubrick and his collaborators. While some of the information is familiar to those of us who have read other things on Kubrick, there are few resources that collect so much in one place
Exclusive interviews with Stanley Kubrick, plus those who worked closely with Kubrick this is the one book that is critical for anyone who wants to learn the great art work of a great artist.