Un debut sumamente poderoso, resonante y excepcional sobre el renacimiento, protagonizado por una chica que se encuentra frente a su propia línea de sombra.
«Tengo que aprender a vivir en un mundo que desaparece a mi alrededor, un mundo que se aleja de mí».
Livia es hermosa y tiene una familia feliz, una mejor amiga y todo lo que una adolescente puede desear. Es la más veloz de todos, y corre tan rápido que es capaz de atrapar el viento. Sin embargo, un día descubrirá que su vida está cambiando muy rápido y que pronto estará rodeada de oscuridad.
A Livia le diagnostican retinitis pigmentosa, un trastorno genético de los ojos que provoca la pérdida de la visión. Lo descubre en un momento en el que lo único que quiere es ser como el resto, ser idéntica a sus compañeros, ganar en los juegos deportivos, ir a fiestas, ser vista. Pero por la noche, cuando todo se sumerge en las sombras, pierde la visión. Si crecer significa aprender a aceptar las debilidades, la realidad de Livia es un poco más difícil que la de los demás.
¿Qué significa perder el control y asimilar tu propia imperfección? ¿Es posible reconocer tus límites, si lo único que quieres es ser como los demás y ser aceptado?
Gracias a su padre, su familia y sus amigos, Livia tendrá que aceptar este nuevo futuro. Tendrá que aprender a vivir sin ver el mundo que la rodea, a moverse en la oscuridad y a escuchar los sonidos, pero sobre todo, tendrá que enfrentarse a todos sus miedos.
Inspirada en una historia real, esta es una novela fascinante y conmovedora, iluminada en cada página por una fuerza profunda y visceral. Es un relato melancólico sobre la soledad adolescente y los traumas personales, así como una historia aguda sobre los sentimientos humanos más secretos y atroces de una vida rota. Y, sobre todo, el cautivador debut de Greta Olivo es un testimonio intenso que revela cómo una persona puede resurgir de sus propias cenizas, y que nada está perdido en la vida.
Die Erzählerstimme gehört Livia, einem jungen Leichtathletik-Talent in Rom. Zu Hause wartet eine ganz normale Familie, die sie unterstützt und zu allen Wettkämpfen begleitet. Bis zu dem schicksalhaften Tag, an dem sie nach einem Sturz erfährt, dass sie von einer degenerativen Augenerkrankung betroffen ist. Livias Diagnose ist ernst: Sie leidet frühzeitig an einer Retinitis pigmentosa, was einem fortschreitenden Urteil zur Erblindung gleichkommt. Ihre erste Reaktion ist die völlige Ablehnung ihrer Situation. Sie versucht mit aller Kraft, so zu tun, als könnte sie noch gut sehen: Sie probiert heimlich die Kontaktlinsen einer Freundin aus und stürzt sich in riskante Situationen, nur um normal zu erscheinen.
Die Tage vergehen mit einem Streich nach dem anderen, und Livia wird erwachsen. Sie ist kein wehrloses Kind mehr, sondern eine Jugendliche mit all den dazugehörigen Problemen: die erste Liebe, der Schulalltag, Ausflüge, Partys. Livia kann nicht länger vortäuschen, sie muss sich helfen lassen. In einem auf Behinderungen spezialisierten Zentrum lernt sie Emilio kennen, den Tutor, der ihr hilft, in der Dunkelheit, die sie mittlerweile völlig umhüllt, Ordnung und Licht zu finden.
In den Kapiteln, die durch negative Dioptrienwerte (-2, -6, -8...) gekennzeichnet sind, fällt es auf, dass man es mit einer Jugendlichen zu tun hat, die zwar wie alle Teenager von einer getriebenen Unruhe geplagt ist, sich jedoch nicht im Selbstmitleid suhlt. Stattdessen zeigt sie einen enormen Wunsch nach Autonomie und "Normalität". Eine moderne und authentische Jugendliche, die mir schnell ans Herz gewachsen ist und in der ich mich ein Stück weit wiedererkannt habe.
„Die Nacht der Schildkröten“ ist der Debütroman der Dreißigjährigen Römerin Greta Olivo, die mich mit ihrem klaren, inspirierenden Schreibstil von ihrer Geschichte überzeugt hat, welche ein hohes emotionales Mitfühlpotential bereithält - auch wenn mich das Ende eher unzufrieden gestimmt hat. Ein Lichtstrahl am Literaturhimmel - danke, Greta Olivo!
Greta Olivo, trentenne romana al suo esordio. È la storia di Livia, liceale ritratta in varie fasi della sua adolescenza fino ai 18 anni, Livia che vuole vivere come se niente fosse la sua giovinezza, sebbene la sua vista si faccia sempre più ristretta, i contorni delle cose via via più offuscati, e le relazioni e gli amori piuttosto deludenti. Personaggio descritto con autenticità, attraverso il suo piglio indipendente e umoristico, gli spilli del titolo sono un riferimento allo splendido racconto “Un paio di occhiali” di Anna Maria Ortese, nel quale la protagonista, affetta da problemi di vista, vede (intravede) le lettere piccole come spilli.
A mio avviso un ottimo esordio, ma non per quanto si apprende dagli strilli di copertina sempre troppo strillati e non del tutto esatti, non è un racconto sulla disabilità, non è un ennesimo inno alle nuove generazioni, è il racconto di una ragazza che sa di essere speciale, attraente, qualcosa di simile alle asprezze di una Lalla Romano miope, ma con una lingua agile, piana, non austera, i problemi di vista esaspereranno le cose, ma è il personaggio interessante in sé, la descrizione delle sue vicissitudini, insomma, i suoi movimenti mentali, i suoi imbarazzi. Questo rende il testo interessante.
Nota a margine del tutto personale: il «te» romanizzato nel senso di usarlo spesso impropriamente al posto del «tu», esempio “te non puoi capire”, è inevitabile come la gravità, oramai, se siamo a Roma (e non solo).
Non sono contenta di questa lettura e ad essere sincera i libri come questo mi fanno arrabbiare più dei libri brutti, perché in teoria ci povrebbe essere tutto quello che serve a spaccare, ma resta solo una scrittura bella, un esercizio di stile. L'intenzione era puntare al desiderio di essere come tutti nella propria diversità, di superare i propri limiti attraverso l'amicizia, lo sport o attraverso l'amore per qualsiasi interesse, ma sarà che ho avuto il privilegio di ascoltare Bebe Vio nella mia vita, queste buone intenzioni di Greta Olivo per me restano teoriche perché di fatto ho letto un teen drama fatto più di appuntamenti, festicciole e batticuori che di accettazione dei propri limiti. Mi verrebbe da dire un puntatone di Skam, ma in Skam ho trovato sì leggerezza,ma tanti contenuti,mentre in questo caso è stato l'opposto. Eppure la scrittura era fluida e le opportunità per fare bene c'erano tutte. Un'occasione mancata.
Su Robinson di oggi, 7 gennaio 2024, Raffaella De Santis recensisce “Spilli”, romanzo di esordio di Greta Olivo.
E così, ne approfitto per scriverne pure io, pur avendo finito di leggere il libro il 6 ottobre scorso, pochissimi giorni dopo la sua uscita.
Come Livia, la protagonista del racconto, anche io sono affetta da una miopia seria, ereditata dal nonno. Ad aggravare la sua situazione, c’è anche una malattia degenerativa, la retinite pigmentosa, che la porterà gradualmente a non vederci più.
“Il dottore intanto mi aveva chiesto di sedermi sulla poltrona nera, per visitarmi. – Userò le lenti pochissimo, – dissi. – Dovevo metterle di meno, non sono stata molto attenta. Rimbaldi misurò la pressione del mio occhio destro, di quello sinistro, lo sbuffo d’aria improvviso mi fece sobbalzare come al solito, poi la casetta rossa nel prato verde e le lettere sul cartellone. Non ero mai riuscita a proseguire oltre le tre righe e non ci riuscii neanche quella volta. Le lettere dalla quarta riga in poi non le distinguevo. Diventavano minute, piccole come spilli.”
E alla difficoltà di crescere è legata all’adolescenza si aggiunge anche quella di non vedere, di prendere le misure in un modo dai contorni sfocati.
“Ma basta spostare lo sguardo di poco che tutto si perde, le facce e i corpi diventano confusi e mischiati, come se qualcuno avesse passato un panno intinto nell’acqua sporca su un quadro ancora fresco. Meglio non guardare troppo in là, te lo dice anche lo stomaco che si strizza…”
Sarà Emilio ad insegnarle a come muoversi in un mondo avvolto dal buio, a vivere senza guardare, imparando ad ascoltare in modo attento
“Sistemai la benda, mi tirai su i capelli. Cercai di isolare i rumori attorno, raggrupparli nella mia testa, capire da quale punto provenivano e cosa li provocava. In un buio cosí profondo non ero stata mai, e infatti è un buio che non esiste, neanche per i ciechi. Erano stati loro a dirmelo, che anche quando non ci si vede proprio piú, c’è sempre un lampo di luce che riesce a penetrare le palpebre, perché la retina ricorda ancora.”
E grazie a Emilio, Livia trasformerà il suo limite in una risorsa
“Il fatto che i ciechi ci sentano di piú, mi avevano detto, è una cavolata. È solo che i rumori diventano l’unica cosa che abbiamo, il modo in cui ci orientiamo nel mondo. Ci si accorge all’improvviso anche di quelli piú piccoli, di cui il cervello prima non aveva bisogno perché usava le immagini, perché erano le immagini a guidarlo e a dirgli dove andare.”
Chissà quando finirànno queste storie strappalacrime nella narrativa italiana. Me lo aspettavo ma l'ho ascoltato in audiolibro, il che ha reso anche meno noioso il tutto. Ma.
Magistro studijose turėjau neregę kurso draugę. Kaip dabar atsimenu, kad niekad asmeniškai nesusidūrus, sutrikau supratus, kad čia tas pats, bet kiek kitoks pasaulis. Tuomet googlinau, kaip man nepadaryti ar nepasakyti kokios nesąmonės iš nesupratimo. Gali skambėt kvailai, nes juk tie patys žmonės. Ir visiškai taip. Bet detalės kiek skiriasi. Sužinojau, kaip palydėti (ne vesti, kursiokė sakydavo, "juk ne šuo"), likdavo nejaukumo jausmas išeinant iš jos buto išjungiant šviesas, vis sau primindavau, kad nežinau ir jei nežinau galiu paklausti. Ši pažintis kaip reikiant praplėtė mano akiratį ir dabar, skaitant knygą "Smeigtukai" atsiminimų lavina sugrįžo.
Tai knyga apie regėjimą prarandančią paauglę ir ją skaitant ši netektis, kuri vis po truputį pasiglemžia spalvotą ir ryškų pasaulį, persmelkia ir skauda. Ji pereina gedėjimo stadijas, ji maištauja, ji netiki, ji apgaili, ji vengia šios temos, ji slepia nuo savęs problemas ir tikisi, kad jos savaime išsispręs ateityje, kuri atrodo taip toli, o gyvenimas, juk, vyksta čia ir dabar. Ir pamažu pamažu pajuda link susitaikymo, kuriame dar randasi sielvarto ir pykčio.
Skaitydama stebėjau, kaip autorė nesprendė santykių problemų, nebandė jų sustyguoti, išaiškinti, sudėti į stalčiukus. Vienu metu tarsi labai to norėjau, bet tada supratau, kad ji puikiai pavaizdavo paauglio pasaulį, kai dar ne iki galo įvertini tuos, kurie šalia, sieki tų, kurių negali pasiekti ir tėvai yra savaime suprantami asmenys šalia. Kai kurie asmenys buvo lengva ranka pamirštami, paskui netikėtai atsimenami, nustebdavau perskaičius apie brolį, ar užmirštą vėl atsiradusią draugę. Labiausiai sužavėjo tėvo figūra ir jų santykiai.
Ši knyga - savotiškas atsisveikinimas su pasauliu, kurį suvoki per matymą. Skaitant neišvengiamai skauda.
Mąsčiau ir apie tai, jog regėjimo netenkantis asmuo patenka į situacijas, kur nori nenori tampa daugiau liečiamas žmonių, jau vien tai gali tapti nemenku iššūkiu!
Simboliškas knygoje ir desperatiškas bėgimas nuo akinių, o tada toks pat staigus grįžimas prie jų, jau tamsintų.
"Woran wirst du dich gewöhnen müssen?" - "An die Welt, die um mich herum verschwindet, an die Welt, die geht."
Livia ist kaum ein Teenager, als sie gleiche Diagnose erhält, die ihrem Großvater das Augenlicht gekostet hat. Retinitis pigmentosa heißt die Augenkrankheit, bei der ihre Photorezeptoren nach und nach zerstört werden. Livia kann nicht akzeptieren, dass die Dunkelheit einmal ihr Leben bestimmen wird. Im Verlauf des Buches wird deutlich, welche Auswirkungen so eine lebensverändernde Diagnose für ein junges Mädchen haben.
Ich habe schon lange keine italienische Literatur mehr gelesen und grundsätzlich hat mir das Buch von Greta Olivo gut gefallen! Der Schreibstil ist sehr angenehm, ich habe mich aber allerdings etwas mit Livia schwer getan. Sie wirkt manchmal sehr unreif (sie ist ja auch noch jung, also eigentlich nicht verwunderlich) und die Diagnose, die sie erhält ist natürlich krass.
Es war vielleicht nicht ganz das Highlight, dass ich mir erhofft hatte, wahrscheinlich, weil ich erwartet hatte, das man Livia beim Großwerden mit der Diagnose über einen längeren Zeitraum begleitet. Nichts desto trotz kann ich das Buch auf jeden Fall weiterempfehlen!
Mi è piaciuto lo stile di scrittura, la lettura è stata molto scorrevole e ho apprezzato particolarmente certe espressioni e passaggi.
Penso di capire il perché la storia si “interrompa così”, perché non abbia una fine: si coglie la chiusura di un capitolo della vita della protagonista, ma questa ha pur sempre 16 anni circa, tutta la vita davanti, tanti anni e esperienze da vivere con la sua malattia. Mi aspettavo un approfondimento introspettivo maggiore, ma può esserci, davvero, a quella età? O forse sarebbe stato anacronistico? Forse è giusto così, che Livia non pensi eccessivamente a cosa la malattia le stia togliendo e le toglierà, tormentandosi, ma pensi il più possibile a quello che si pensa a quella età. Perché il senso è poi questo, no? Si tratta di imparare a vivere diversamente, non di smettere di vivere.
Il “no” è perché mi ha lasciata un po’ insoddisfatta, come se mi mancasse “un pezzo”, la Livia adulta.
L’opera d’esordio di Greta Olivo è un racconto di formazione, ma sarebbe riduttivo parlarne solo in questi termini. È la storia di Livia, che conosciamo ancora bambina, affetta da retinite pigmentosa, malattia oculare che porta progressivamente alla cecità. Livia però diventa ben presto anche adolescente, vivendo l’amore, lo smarrimento e i cambiamenti tipici dell’età. È un romanzo che parla della disabilità in modo delicato, mai banale. Livia non è mai vittima, è fragile sì, ma combattiva, a tratti dura (come nel rapporto con Daniele) e con un forte desiderio di emancipazione (come quando indossa per la prima volta le lenti a contatto). La scrittura è piena di dettagli e segue il decorso della malattia, portando anche chi legge a vedere la realtà piena di “spilli”. Un romanzo moderno, con riferimenti alla cultura pop ma che mantiene una solidità stilistica d’altri tempi.
un libro d'esordio che parla di adolescenza, di cosa vuol dire vivere qs particolare periodo cercando di nascondere la perdita della vista, vivere una specie di doppia vita dove da una parte non vedi abbastanza e dall'altra vedi ancora troppo per essere considerata non vedente. la protagonista deve imparare ad accettare e convivere con questa malattia degenerativa che piano piano la porterà a perdere del tutto la vista. una cosa che diamo per scontato.. vedere.. nel libro si parla anche tanto della crescita, dei primi amori, delle amicizie, delle occupazioni scolastiche. l'autrice prende spunto dalla sua vita personale in quanto suo nonno è cieco e lei affetta da una grave miopia. per quasi metà del libro non capivo bene cosa stessi leggendo, ma poi mi sono davvero affezionata alla protagonista, quindi nell'insieme do un giudizio positivo.
Un bel libro, scivola via. Raccontando di Livia forse racconta di tutti noi, di quel desiderio di essere come gli altri, e di quel destino che però è unico e particolare per ognuno. Ammetto però quello che per me è il limite: la maggior parte dei libri di letteratura contemporanea italiana sembrano scritti dalla stessa penna, e questo testo, pur piacevole, non fa eccezione
“Me sentía terriblemente distante de la gente de mi edad, que acumulaba experiencias, hacía cosas por primera vez, tenía tiempo para construir. Mi vida, en cambio, parecía haberse acelerado de manera despiadada hacia la privación” . . Livia es una joven a la que le diagnostican retinitis pigmentaria, una enfermedad de la retina que impide que ésta responda a la luz, y que implica una pérdida progresiva de la visión.
Greta Olivo nos acerca hacia los primeros síntomas de Livia, el diagnóstico y su posterior adaptación. Como la pérdida de visión es progresiva, cuenta con algo de tiempo para anticiparse a su nueva situación.
Es una novela breve, y eso quizá juega en su contra, porque el tema da mucho de sí para profundizar en la parte emocional, la parte práctica, la afectación de las relaciones sociales y familiares… Es verdad que la autora pasa por estos temas, pero bastante de puntillas.
No esperéis de este libro un gran drama que os encoja el corazón porque, aunque está y se percibe, es secundario en esta novela. Para mí la clave de este libro es el punto de inflexión que supone. Livia pasa de ser una adolescente completamente normal, deportista, sociable y buena estudiante; a una joven en segundo plano en todas estas esferas.
Desde mi punto de vista, en lo que más se ahonda es en la forma que tiene de adaptarse a sus nuevas circunstancias, la negación inicial o los nuevos vínculos que necesariamente genera su enfermedad. Y es que la enfermedad destruye algunas de sus relaciones, pero también crea otras, como la vida misma.
Es cierto que creo que la autora podría haber profundizado más en el desarrollo de los personajes, haber centrado más la trama en determinados aspectos más emocionales y hacer una novela más al uso, pero a mí en general me ha parecido un buen libro; una historia, principalmente didáctica, en donde nos acerca a la realidad de las personas con retinitis pigmentaria.
Y si hay una cuestión que para mí es mejorable es que los saltos temporales no están del todo bien trabajados y no se aprecian bien, lo que hace que el cambio de Livia parezca más superficial de lo que en realidad es.
Un esordio folgorante; una scrittura tagliente, sicura che va dritta al punto. Non è un romanzo di formazione, è qualcosa di più. Bellissimo. La Olivo mi ha catturato dalla prima pagina.
“Penso che dovrò abituarmi al mondo che mi scompare intorno, al mondo che va via” un romanzo che mi ha fatto commuovere. Una malattia, la retinite, che purtroppo può colpire anche chi è giovane e non farti vedere più niente. Ma la protagonista non si scoraggia affatto e fa “vedere” che può vivere la sua vita anche con un bastone e tanta tanta voglia di vivere
• Al fin y al cabo, eso era lo que nos había permitido seguir siendo amigos: fingir que no pasaba nada. A veces es la única manera de estar cerca de alguien. • Te pregunta si te encuentras bien. Es una pregunta que te hace mucha gente, no puedes culparlos. Es imposible concebir que estás bien de verdad cuando debes caminar pegada a la pared, con unas gafas oscuras en la cara, sin que ningún chico te llame para pasar el recreo con él y sus amigos. • Por lo demás, sin gafas ni lentes de contacto, el mundo me parecía un pozo al que podía caer a cada paso que daba. • Jamás había estado inmersa en una oscuridad tan profunda; de hecho, es una oscuridad que no existe, ni siquiera para los ciegos. Sabía por ellos que, incluso cuando no puedes ver en absoluto, siempre hay un destello de luz que logra penetrar los párpados, porque la retina aún recuerda. • Tal vez el hecho de quedarte ciega te haya dado superpoderes. ¿No debería ser así? Una sensibilidad especial, la capacidad de ver donde los demás no ven. Los sentidos agudizados. Un tacto formidable, un pído prodigioso. • Me había justificado a mí misma diciéndome que no sabía qué escribir, pero no era cierto. Quería evitar que las cosas que me pasaban se hicieran más reales por el mero hecho de escribirlas. • Se quitó las gafas y se las puso sobre la cabeza. Era uno de sos miopes que sin gafas parece desnudo, como si le faltara la nariz, la frente, toda la boca. • El dolor de cabeza llegaba de puntillassin que yo tuviera tiempo de darme cuenta , y de repente se convertía en lo único en que podía concentrarme, un embotamiento que trasnformaba mi mente y mis ojos en una masa pulsante de dolor absoluto. • El pendiente no desapareció, pensé, lo que había desaparecido era el lugar donde el pendiente se había caído. • Oía el sonido rítmico de la sangre fluyendo por mis venas, podía ver el agarre del dolor avanzando tan lento y pesado como la melaza, implacable. Me estaba devorando el cerebro, los ojos, toda la cabeza. • Del dolor físico me brindaba una razón obvia para quedarme en casa, para retirarme, cerrar la puerta tras de mí sin remordimientos y bajar las persianas. • La información sobre la vida de los demás constituía un rico botín, una moneda de cambio por una pizca de atención. • Me sentía terriblemente distante de la gente de mi edad, que acumulaba experiencias, hacía cosas por primera vez, tenía tiempo para construir. Mi vida, en cambio, parecía haberse acelerado de manera despiadada hacia la privación. • Imaginas que te tendrás que acostumbrar a eso, a que la gente te trate con cautela, como si fueras de cristal. • No distinguía las letras a partir de la cuarta línea. Se volvían diminutas, tan minúsculas como alfileres. • Cuando suena el timbre a las once y cuarto, te levantas, cruzas el pasillo pegada a la pared, rozando con un dedo su superficie grumosa. Aprenderás a despegarte de las paredes en algún momento, pero aún no puedes hacerlo. • Estaba acostumbrada a las mentiras de Morena. Inventaba historias complicadas y magníficas, llenas de detalles, y cuando la descubrían, no hacía mucho por defenderse. • Intenté hacer los movimientos que había visto a la chica de la óptica el otro día. Agarrar la lentilla con el índice, abrir los párpados con los dedos corazón y pulgar, mantener el ojo quieto. • Pierna izquierda adelante, pierna derecha atrás. Los dedos parados en la pista naranja.
Premisa: Livia sufre de retinitis pigmentosa. Está condenada a ver cada vez menos, a entrar en un mundo de sombras, de sonidos luminosos e intuición aprendida. Y se enfrenta a ello en plena adolescencia, cuando la imagen social tiene relevancia máxima y sus relaciones personales se tambalean con el mínimo suspiro.
Opinión: Premisa potente, ¿verdad? Yo siempre he pensado que la ceguera sobrevenida ha de ser una circunstancia angustiosa y afilada. Sobre todo por el hecho de la pérdida, del haber tenido. El anhelo y la añoranza deben de pasar a ser compañeros de viaje, pero de los pesados y cansinos, de los que requieren atención y no pierden nada en el intento.
En mi cabeza todo este drama se juntaba con el periodo de adolescencia, que se caracteriza por ser un torbellino de emociones que genera desorientación e irrealidad. Vaya mezcla, explosión visceral de situaciones límite y construcción personal. Iba con unas expectativas altísimas porque nunca había leído algo por el estilo y el potencial era fabuloso.
Quizá todo esto me haya jugado una mala pasada. Lo sé, lo prometo y lo sigo incumpliendo. Es como un antiguo amor que no he superado... las expectativas siguen viniendo a mi encuentro y yo caigo rendida a sus pies. Vaya relación de dependencia más tóxica tenemos.
En realidad es una novela que tiene muchos puntos fuertes: el reflejo de la adolescencia está muy bien llevado, la indecisión constante, la necesidad de aprobación, las ilusiones truncadas. Y sí que se reflejan las consecuencias que puede tener una enfermedad tan delimitante. Se muestra la necesidad de adaptación y la huella que deja en el entorno cercano.
Pero es cierto que me han faltado vísceras. Desgarro, congoja y desesperanza. Quizá sea porque hay un salto temporal en el propio relato que esconde este proceso, pero creo que en este caso era necesario mostrar más de esa oscuridad interna. Porque ha de ser parte de esa realidad, y más en ese periodo vital de desconcierto.
Además, la visión que tenemos se centra principalmente en Livia y solo conocemos las circunstancias de sus amigos y familiares a través de ella. Acercarnos a cómo su entorno se vuelca, a la percepción de la pérdida desde el vínculo emocional o al proceso de intentar ayudar sin poder sembrar en suelo fértil podría haber completado un libro al que, a mi manera de ver, le faltan perspectivas.
Tai debiutinė rašytojos knyga apie paauglės merginos gyvenimą, kai vieną dieną tu atrodi turi viską, o kitą dieną supranti, kad jei nori gyventi, turi išmokti prisitaikyti ir keistis kartu su savo kūnu. Kadangi mano regėjimas nėra iš tobulųjų jau nuo paauglystės, tai daugelyje aprašytų situacijų prisiminiau save ir savo paauglystę - nuolat trukdančius akinius, patiriamas patyčias ir tt. O prarasti regėjimą, man ko gero yra pati didžiausia baimė... tfu tfu tfu (tris kartus per kairį petį)
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"greičiausiai mes likome draugais štai dėl ko: apsimetėme, kad nieko neįvyko. Kartkartėmis, tai vienintelis būdas būti su kitu žmogumi"
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Reziumė: • apie paauglystę • gyvenimiška • lengvai skaitoma • apie draugystę • jautri
p.s. tai mano asmeninė nuomonė perskaičius knygą. Tavo nuomonė neturi sutapti su manąja :-)
La historia nos habla de Livia, una adolescente retratada en varias etapas de la adolescencia, y como todo adolescente quiere vivir su juventud, pero la diagnostican una enfermedad que hace que cada vez vaya perdiendo su visión. El libro no es una historia sobre la discapacidad, es la historia de una chica que es “especial” que sabe que sus problemas con la vista le dificultan la vida, sus primeros amores, sus amistades, su pasión por el deporte… Un libro con una forma de narrar muy fluida, muy cortito pero que quizá yo esperaba que fuera de otra manera, que se centrara mucho más en este tipo de discapacidad y no tanto en contar su día a día. Esta inspirado en una historia real y es algo que siempre me llama mucho. Me ha gustado la forma de escribir de la autora pero como digo esperaba un pelin mas.
splendido esordio, scrittura ineccepibile, scorre liscia come l’olio, semplice ma mai scontata, storia coinvolgente e toccante per la fragilità in cui deve imbattersi la protagonista Livia, l’ho letta con molto piacere, catturata dall’inizio alla fine, complimenti alla scrittrice per la costruzione di tutto il romanzo, è stata una bellissima sorpresa!!!
Audiolibro. Buone intenzioni, scrittura mediamente buona. Un tema che poteva coinvolgere un po’ di più, sopratutto perché trattato dal punto di vista di un’adolescente cui tante opportunità vengono strappate via dall’incombere della cecità.
Esordio molto promettente con un approccio molto interessante alla disabilità. Avrei letto volentieri qualcosa in più sulla storia di Livia ma trovo che questo racconto incisivo abbia una potenza e un’immediatezza non scontate.
Storia particolare, ambientata nella Roma degli inizi 2000, mi ha ricordato tantissimo quando andavo al liceo. Mi aspettavo qualcosina in più sul finale, date le premesse.
Basada en hechos reales, Alfileres nos narra la historia de Livia, una adolescente en plena ebullición de cambios físicos, psicológicos y sociales, que debe afrontar esta dura etapa sufriendo una retinitis pigmentosa. Esta desconocida enfermedad degenerativa hará que vaya poco a poco perdiendo visión hasta quedarse prácticamente ciega.
Desde la negativa inicial a ser diferente, donde intenta camuflar su enfermedad, hasta conocer a Emilio que ha pasado por lo mismo y la acompaña en su proceso de aceptación, Livia atraviesa un sinfín de situaciones y traumas que la harán madurar a marchas forzadas. Si ya es duro ser adolescente, ser diferente y afrontar la vida con condiciones adversas puede, tanto convertirse en un infierno, como en un proceso introspectivo de autoconocimiento y aceptación.
Una historia conmovedora, dura, llena de claros oscuros, un camino de sombras y soledad que se transforma en una metáfora literaria donde Livia es el ejemplo que da nombre a cualquier dificultad. Todos nos movemos ciegamente en el desconocido camino de la vida.
Me ha gustado acompañarla, emocionarme con sus logros, bregar sus obstáculos y mirar la vida con el mismo poso de esperanza que nos deja leer entre líneas. Me ha faltado sin embargo un poco de profundidad en el personaje, en un libro tan cortito, no me ha dado tiempo a hallar la emoción y dolor que tal historia debería acarrear, me he quedado con ganas de paladearla y sentirla más, porque nunca mejor dicho, ha pasado demasiado fugaz ante mis ojos.