Un padre e un figlio, dentro una stanza. L’uno di fronte all’altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell’altro. Loro due, insieme, in un reparto di neuropsichiatria infantile. Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo o che si fanno del male, che vivono l’estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l’intollerabile sensazione di non essere più all’altezza del proprio compito. Con la voce calda, intima, di un padre smarrito, Matteo Bussola fotografa l’istante spaventoso in cui genitori e figli smettono di riconoscersi, e parlarsi diventa impossibile. Attraverso un pugno di personaggi strazianti e bellissimi, ci ricorda che ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato.
Mi risulta molto difficile recensire questo libro. Forse perché mi tocca molto da vicino, forse perché molte delle “problematiche” affrontate da Bussola le ho vissute. Questo libro parla di mostri ancora oggi fin troppi invisibili, mostri silenziosi. Perché ogni dolore è un dolore a se. Questo libro andrebbe letto davvero da tutti. Più di così purtroppo non riesco a dirlo… Ho pianto però. Ho pianto molto.
La storia si intreccia attorno a personaggi che vivono situazioni di rottura, solitudine e riscoperta. Al centro del racconto ci sono persone comuni, ma con vite interiori complesse e mondi personali fatti di dolore e di bellezza. Bussola, con una scrittura semplice ma poetica, riesce a dare voce a queste figure, facendoci entrare nelle loro paure, nei sogni e nelle speranze. Ogni personaggio sembra portare con sé una sorta di neve interiore, un peso invisibile che ricorda la delicatezza della vita e l'imprevedibilità del destino.
Quando si parla di adolescenza, con le fragilità e le incomprensioni che la caratterizzano, è difficile dosare il peso delle parole e toccare delicatamente sia la storia che il lettore. Matteo Bussola in La neve in fondo al mare ci riesce in maniera stupenda e commovente. Un padre e un figlio sono in un reparto di neuropsichiatria infantile dove ci si specchia con sé stessi e con gli altri. Qui lasciano il segno adolescenti che faticosamente vivono la loro crescita all’interno di famiglie che non sanno come muoversi di fronte a malattie che non capiscono e tardamente recepiscono. Matteo Bussola fotografa proprio quel momento in cui, genitori e i figli, perdono la comunicazione, come una radio da risintonizzare. Non si parla solo di fragilità dei figli ma anche, e soprattutto, delle fragilità di genitori. Mi rendo conto che per me è molto difficile parlare de La neve in fondo al mare perché ho il timore che una mia parola leggermente fuori registro possa, in qualche modo, macchiare il romanzo. È una storia che non va letta a cuor leggero ma nello stesso tempo è scritta con fluidità e leggerezza. È dolce e sensibile ma allo stesso tempo dolorosa e amara. Una lettura che riempie il cuore. A mio parere il miglior libro di Bussola tra quelli che ho letto.
Di questo libro non mi sono piaciute tante cose ma per onestà intellettuale non posso non premiare con almeno 3 stelline un libro che non solo ho letto in meno di 24h ma che mi ha persino commosso, per un aspetto preciso che descriverò più avanti.
Quello che NON mi è piaciuto: - i dialoghi in Bussola sono a dir poco imbarazzanti, ad esempio: si è mai visto un 49enne che in una conversazione reale si definisce “cringe”? Appunto. - così come nell’altro libro di Bussola che ho letto (“il rosmarino non capisce l’inverno” - ma poi che titoli sono -) è la fiera dello stereotipo e della banalità per altro in un clima diffuso di prosa elementare e basica. Più in generale posso dire che a me sta antipatico l’autore e come scrive. Provo per la seconda volta fastidio nel leggere un suo libro. Non è bello, ma è così.
Però la trama di quest’ultima fatica è interessante, siamo in presenza di un “tutto chiede salvezza” però dal pov dei caregivers, in questo caso genitori di figli adolescenti. Quello che mi ha commosso è il fil rouge di tutto il libro e cioè l’incapacità del genitore di accettare che il proprio figlio cresca. Il fatto che per noi sia un lutto ogni volta che perdiamo la versione di nostro figlio/a precedente (neonato, lattante, primi passi e così via all’infinito). Mi commuove perché per me è così. Per me essere genitore è un pendolo che oscilla di continuo tra la voglia di conoscere chi diventerà mio figlio quando sarà grande, come sarà, cosa farà, che tipo di rapporto avremo e la nostalgia di non averlo più piccolo e bisognoso di me, la paura di perderlo, l’ansia al pensiero che lui sarà sempre il grande amore della mia vita ma io non lo sarò più un giorno. Ecco, se anche voi provate questo tipo di sensazioni, questo libro le spiega benissimo, tralasciate le frasi fatte e i luoghi comuni.
“Siamo Ulisse e Telemaco all’incontrario, il padre che attende il ritorno del figlio squassato dai flutti piú pericolosi, quelli delle aspettative disattese, dei sensi di colpa che piegano la schiena, del non sentirti all’altezza del mondo, del non sentirmi all’altezza di te.”
Tanti i temi trattati da Matteo Bussola ne “La neve in fondo al mare”: lo sperimento ogni giorno a scuola, gli adolescenti sono sempre più fragili, soprattutto dopo la pandemia da Sars-Cov2. Tommy soffre di anoressia nervosa: un disturbo di vuoti e di pieni; vuole smettere di esserci, diventare invisibile, sciogliersi come neve che cade. Questa storia, ahimé così realistica, è il percorso di un padre che intraprende il percorso di cura del figlio, per aiutarlo a guarire il proprio disturbo alimentare.
“– Sai, – dice dopo un po’, continuando a fissare l’orologio. – Scoprire la profondità della tristezza di un figlio, a neanche sedici anni, è come trovare qualcosa in un posto in cui non te lo saresti mai aspettato. In cui proprio non dovrebbe esserci. – Che vuoi dire? – Tipo, non so. Come trovare la neve in fondo al mare, – dice. – In fondo al mare non ci dovrebbe stare la neve, no? Dovrebbero esserci i pesci colorati, le rocce e i coralli e le meduse e Dio sa che altro, ma la neve, la neve no. La neve non te la aspetteresti mica.”
I due, ricostruiscono il loro rapporto e la guarigione del figlio diventa un po' come un secondo parto. E sarà doloroso, come un lungo travaglio. E alla fine del tunnel, la luce.
“Non capisco perché, sarà la luce, la pioggia, la stanchezza, ma è come se stessi vedendo il viso di Tommy per la prima volta. Proprio come quel giorno in sala parto, troppi anni fa, mi sento di nuovo davanti al mistero di un estraneo. La cosa, invece di spaventarmi, mi provoca un dolce conforto. Per un attimo, penso che non mi manca niente, che non voglio nulla piú di questo momento, qui c’è tutto ciò che serve. «Una zattera col tetto», mi ripeto in testa ridendo. Mi dico che si può fare, mentre salgo in auto per andare a incontrare quello sconosciuto di mio figlio.”
"La bambina cerca di mordere il padre sul naso, lancia la testa in avanti con piccoli movimenti rapidissimi che la fanno somigliare a un serpente quando punta la preda, lui si sposta e sorride, agita in aria la forchetta dicendo alla bambina: Lucy, go away, go away! - Io vorrei andare a dire al padre di non mandarla via, perché arriverà troppo presto il giorno in cui gli mancherà per il resto della vita quel tipo di amore, quello senza condizioni, quello solo perché sei tu. Il giorno in cui la sua bambina smetterà di salirgli sulle ginocchia lui lo cercherà invano altrove, quell'amore li, senza trovarlo mai, perché non esiste da nessun'altra parte. Capisco che non c'è bisogno di dirgli niente quando posa la forchetta nel piatto, e lo vedo alzare il braccio destro, e io penso che sia per sollevare Lucy dalle sue ginocchia e farla scendere.
Invece è perché una mano sola, per stringere la sua bambina, non era mica abbastanza."
Come al solito, ho pianto. Ma partiamo con ordine.
Siamo tutti i figli di qualcuno, tutti dovremmo leggere “La neve in fondo al mare”.
Chi è figlio e padre, chi è figlia e madre, potrà trovarci dentro uno specchio sul passato, sul presente e sul mondo dei se. Perché, checché se ne dica, chiunque può essere Tommy, chiunque può essere Eva, chiunque può essere Marika.
E, purtroppo, chiunque può essere il loro papà, la loro mamma.
Chi di noi - superata l’adolescenza - ne è uscito quasi incolume, ammaccato ma sostanzialmente intero, è stato fortunato. Alcuni cuori, alcune anime, avvertono le spinte della società e della famiglia in modo diverso. Viscerale. Catastrofico.
I figli non sono la seconda chance dei genitori. I genitori non dovrebbero proiettare i propri rimpianti sui figli.
È difficile? Quasi impossibile. Eppure, necessario.
Bussola, come sempre, apre ferite grandi e profonde in chi lo legge. Così profonde da esporre tutto: organi, ossa, sentimenti, pensieri, paure. E ci costringe, volenti o nolenti, a fare i conti con quello che abbiamo dentro.
Sono una figlia - quasi - scampata alle aspettative dei genitori. Spero di essere una madre in grado di dare amore incondizionato a quel tradimento che sarà la mia prole.
Bellissimo, un libro che dovrebbero forse far leggere a tutti i genitori, tutti i figli e anche nelle scuole. Quanta sofferenza, quanta tristezza.. ho sottolineato credo 2/3 frasi per capitolo e l’ultimo? Meraviglioso 🥹
Dopo averlo letto, da genitore sento la sofferenza della raggiunta consapevolezza di un padre che ammette che il proprio figlio è altro da quel figlio 'immaginato', 'atteso' e 'voluto'. Ed è proprio questo momento confessato al figlio che fa scattare quel cambiamento che lo condurrà all'accettazione di sé e soprattutto a placare quel vuoto, quel dolore che lacera la sua anima. Bussola con la sua sublime sensibilità cerca di sviscerare la fragilità adolescenziale e genitoriale.
È difficile scrivere di questo libro, esattamente com'è difficile starsene fermi e non scrivere nulla, ma in fondo, tra le due, meglio rischiare e provare a buttare giù qualcosa che riguardi alcune delle tematiche più disagevoli e, ahimè, vive degli ultimi decenni.
Questo libro è ambientato quasi per la sua totalità in un ospedale, e non manca di descrizioni dettagliate del reparto in cui si trovano i due personaggi principali, e di tutto ciò che devono affrontare e vedere quotidianamente. La panoramica offerta è duplice: da un lato, quella di un genitore che scopre di avere sulle spalle la responsabilità dell'anoressia del proprio figlio; e dall'altro, quella di un adolescente schiacciato dalla protezione e dalle aspettative che i suoi genitori gli hanno riversato inconsciamente addosso negli anni.
I capitoli si alternano, tra flashback del passato in cui Tano, il padre di Tommy, ricorda alcuni momenti salienti del loro rapporto, a partire dalla nascita del piccolo fino al motivo del suo ricovero; e racconti del presente, dove i due sono assieme nel reparto di neuropsichiatria, in cui la vita deve necessariamente andare avanti per tutti coloro che sono costretti a vivere tra quelle stesse mura.
È proprio così che Tommy e Tano conoscono tutti i coprotagonisti che li affiancano fino alla fine del loro viaggio insieme; un viaggio fatto di scoperte, paradossi ed identificazioni, che si alternano tra le menti degli adolescenti e quelle dei rispettivi genitori. Le loro storie si intrecciano in modo naturale, creando un senso di comunità che avvolge il lettore.
Lo stile di Bussola è semplice e lirico al tempo stesso. Le sue parole evocano immagini vivide e suscitano emozioni profonde. Il linguaggio è diretto ma mai banale, capace di alternare momenti di dolcezza struggente a riflessioni esistenziali più complesse. Ogni frase sembra studiata per lasciare un segno nel lettore, senza cadere nel sentimentalismo.
Una lettura che andrebbe spinta nelle scuole e che, necessariamente, non è da farsi a tempo perso con il solo scopo di rilassarsi, perché di riflessioni ne scaturisce fin troppe, tanto da non far dormire la notte per la quantità di frustrazione e senso di impotenza.
Ma ragazzi come si fa a non dare cinque stelle a questo libro? LEGGETELO. Racconta la fragilità degli adolescenti e il rapporto con i genitori nel momento in cui un figlio sta male. Io mi sono ritrovata dentro questa storia perché anche io, come il protagonista, soffro di anoressia, e anche io ho un grande dolore dentro che i miei genitori si son sempre chiesti da dove proveniva, qual era la causa, se erano loro il problema. Credo che i genitori debbano lo stesso amare un figlio che provi questo dolore immenso, anzi gli devono volere ancora più bene. E come dice Bussola “forse si diventa padri e madri proprio per imparare quel tipo di amore lì, unico e irragionevole, che non si può sperimentare in nessun altro modo”.
Un romanzo che tocca l'anima, un viaggio emozionante che si snoda tra storie legate da un filo invisibile di sentimenti autentici e universali: come la neve che si posa sul fondo del mare, le vite dei protagonisti si mescolano in un gioco di luci e ombre, in un continuo alternarsi di dolcezza e malinconia.
Il romanzo ci invita a riflettere sulle nostre scelte, sui destini che costruiamo o subiamo, e soprattutto sull'importanza dell'amore nelle sue tante forme: non è una storia d'amore convenzionale, ma un canto corale che esplora la vita nelle sue complessità, dai dolori più profondi alle gioie più semplici.
La neve in fondo al mare è un piccolo capolavoro di sensibilità e umanità, una perla rara che brilla come la neve sul fondo del mare.
La storia racconta le vicende di Tommy e Caetano, un adolescente cronicamente anoressico e il padre che lo accompagna in una settimana di ricovero. Il racconto dovrebbe dimostrare come genitori e figli vivono la transizione dell'adolescenza, con tutte le fatiche e le fragilità di un caso, tra l'altro, particolare come i disturbi alimentari, tuttavia senza mai la pretesa di spiegare ai primi come fare gli adulti e ai secondi come essere ragazzi. Le emozioni che mi ha trasmesso sono state contrastanti: da un lato l'immedesimazione nel figlio che non si sente abbastanza, all'altezza, compreso, ma dall'altro l'empatia col padre (l'unico che racconta effettivamente la storia, in prima persona) che - convinto di aver fatto del suo meglio per crescere Tommy - riconosce di aver fallito. Sembra esserci un tentativo di dialogo intergenerazionale, ma alla fine si capisce che la distanza tra le due parti è quasi incolmabile e che qualsiasi genitore, per quanto in buona fede, è destinato a deludere i figli. Per carità, può essere vero, tuttavia il libro mi è parso imparziale, facendo emergere tutti gli sforzi di un padre, ad un certo punto fraintesi e distorti da un figlio ingrato. Per esempio: alle scuole medie, Caetano e sua moglie Grazia si impegnano per far capire a Tommy che lo ameranno a prescindere dai voti che otterrà, che dai risultati scolastici non dipenderà il suo valore; in un altro momento Tommy rinfaccerà loro esattamente il contrario, ossia di aver sempre preteso la perfezione. È impazzito? Ha vissuto una realtà parallela? O forse (come dice lui stesso nel dialogo) manca la sua visione della storia e i linguaggi non verbali?
Tra l'altro tutti gli eventi, anche quelli collaterali, sono molto Covid-centrici, tutti i mali della gioventù si sono aggravati per colpa dell'isolamento del 2020. Verissimo anche questo, le statistiche non mentono. Ma c'è un intero capitolo in cui Bussola/Caetano si scusa, da parte di tutti gli adulti, per aver lasciato gli adolescenti soli, per non essersi accorti che i giovani erano quelli che stavano soffrendo di più e questo ha avuto un enorme peso sui loro problemi. Problemi che prima non esistevano? Depressione, ansia, bulimia, anoressia... prima del lockdown andava tutto bene? O genitori avevano meno "colpa"? O semplicemente ci si è iniziati a sensibilizzare dopo che la situazione ha raggiunto un picco di massimo?
Il libro è bello, emozionante e toccante, ma una volta finito mi è rimasta questa impressione di pietismo per cui mi sembra più un testo scritto per i genitori che per un pubblico eterogeneo.
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Cosa si prova ad immergersi nella realtà dei nostri tempi? Nei rapporti genitori-figli dopo il Covid19? Nelle dinamiche di fragilità e aspettative? La mia risposta è dolore. Non sono madre, ma sono figlia. Sono stata adolescente nei primi anni 2000 e paradossalmente avrei potuto non empatizzare con un l'adolescente dei nostri giorni, che ha vissuto lockdown, guerre e genitori nati negli anni '70-'80. In realtà le problematiche sottese al rapporto tra genitori e figli, in fondo, sono sempre le stesse nonostante i decenni che passano. Mi sono sentita molto toccata da diversi passaggi del romanzo che racconta, alla fine, di quanto un rapporto di amore si possa trasformare in altro e condurre alla distruzione. Sicuramente un libro molto difficile, emotivamente parlando ma imperdibile.
Come in ogni suo libro, troviamo una storia toccante. Che fa riflettere. Un tema forte ma raccontato con delicatezza. Le parole di un papà che colpiscono dritto al cuore. Un figlio adolescente sofferente (difficile che non fosse così). Un libro da leggere assolutamente!
Una lettura difficile e dolorosa per chi ha figli ma forse necessaria. Lo consiglierei a tutti quelli che stanno per entrare nella pre adolescenza con i propri figli.
Bussola ritorna carezzando le pagine con le sue parole, per un testo dall'interlocutore multiforme. Un invito per i genitori ad abbracciare lo spettro più nascosto dei figli, con le loro incertezze, quel dolore che attanaglia senza una motivazione precisa, o talvolta per una ragione talmente dettagliata da non poter venir fuori neppure tra le mura di un ospedale.
Tano, e il suo tacito desiderio di riavere qualcosa indietro, si interfaccia con le realtà di genitori naufragati, in un certo senso proprio come lui. Nessuno sa, nessuno conosce cosa risiede dietro la volontà di procurarsi sofferenze. Egoisticamente, si tenta di forzare la mano, di venir a sapere il perché di quella condanna: anoressia, bulimia, eccessivo istrionismo, o una rabbia spropositata e indomabile. I genitori, in questo immaginario, appaiono sullo stesso piano delle vittime, proprio poiché inconsapevoli della neve in fondo al mare. La possibilità di trovare l'ignoto in contesti, o luoghi, impensabili, non è da escludere, poiché talvolta la risposta alla sofferenza è semplicemente ineffabile.
Secondo libro che inizio e finisco nella stessa giornata, che mi succede? Sarà l’insonnia di questo periodo, l’ansia per il futuro a tenermi sveglia. È ormai notte fonda, sono quasi le 3. Scritto benissimo, ma a volte pieno di vuota retorica. Solito stereotipo dei ragazzi che si ammalano di disturbi alimentari perché hanno subito un abuso o perché i genitori pretendevano da loro la perfezione (cose che sicuramente accadono, ma possibile che i motivi siano “solo” questi? Io non credo). E infine basta una chiacchierata per risolvere tutto? Non so, non mi ha convinto a pieno. Mi sembra solo un compitino ben svolto
Da tempo non mi capitava di piangere leggendo, ma stanotte non riuscivo a trattenermi. Chiamatela esperienza diretta, bruciore sulla pelle, cicatrici sul cuore, ma questa storia mi ha rivoltato l'anima toccando corde che avevo cercato di seppellire per sempre. E questo sottile velo che pian piano si discosta e mostra le anime di chi il dolore lo vive davvero, anche senza saperne parlare, anche senza conoscerne i motivi. Un doppio dolore, un dolore che si riflette in parallelo, che cerca di incontrarsi ma non riesce, un dolore di figli e genitori. Una scrittura semplice e diretta, quasi "banale" si potrebbe dire, ma che con un argomento del genere diventa necessaria.
Una sorta di diario del ricovero in neuropsichiatria infantile del figlio anoressico. Attraverso la storia del protagonista e degli altri ricoverati appare tutto il disagio dei nuovi adolescenti insieme al disagio dei genitori di questi figli "sani" ma malati. Ho letto questo libro un po' per curiosità, un po' pensando che potesse essere una lettura da consigliare ai ragazzi. Invece no, andrebbe consigliata ai genitori.
Ho appena terminato il libro e ho le lacrime che mi rigano il viso. Toccante, diretto , senza troppi giri di parole e soprattutto sincero. Con uno stile asciutto l’autore ci presenta alcuni problemi nel mondo complicato e travagliato dell’adolescenza e dei contrasti con i genitori. D’altronde è proprio vero che essere dei bravi genitori è il lavoro più difficile.
Storia toccante, reale, dolorosa. Le parole di Matteo Bussola a volte mi hanno schiaffeggiato, altre volte mi hanno asciugato le lacrime con una carezza.
3,5 stelline. La trama è veramente essenziale, sono pochi i picchi di tensione (). Eppure, nonostante la brevità, i personaggi riescono a entrarti nel cuore. Questo perché le loro tragiche storie presentano dei punti di tangenza con quelle di qualsiasi altro adolescente, che abbia espresso o meno il proprio malessere all'esterno. Le somiglianze si estendono quindi alle reazioni dei genitori di fronte a queste situazioni, rispetto alle quali si sentono responsabili o del tutto estranei: in preda al senso di colpa o alla rabbia, vorrebbero semplicemente che il proprio figlio o la propria figlia tornassero "normali". Ma se, come urla Tommy nelle pagine conclusive, fosse l'anomalia la loro essenza? Se il vero Tommy fosse il Tommy anoressico, depresso, imperfetto, e non quello di prima, perfetto ma in maniera artefatta? Da questa prospettiva, la verità è sconvolgente e difficile da accettare. Mette sottosopra ogni equilibrio, cancella il confine tra genitori e figli, entrambi vittime dello stesso calvario. Ecco perché ho amato questo romanzo: perché è pieno di verità del genere. È una lettura che fa tanto riflettere, gettando luce su dinamiche genitoriali che sfuggono ai genitori stessi e, al contempo, su problematiche adolescenziali a cui gli stessi adolescenti non sanno dare una spiegazione logica.
"La depressione non somiglia ai calcoli renali, e nemmeno alla polmonite o a un glaucoma. […] se ce l'hai, o l'hai avuta, non significa che puoi comprendere quella di un altro. […] È un male insidioso, liquido, che assume la tua forma. La depressione, proprio come l'anoressia, è un male su misura. – Anche l'amore [...] calza a ciascuno in maniera diversa, no? L'amore è un bene su misura."
"Quando un adulto cerca di far sentire meglio un adolescente che soffre [...] Gli dice che lo capisce, che ci è passato anche lui, ma gli assicura che non sarà sempre così, che il dolore finirà. L'adulto cerca di lenire il dramma presente di un ragazzo, o di una ragazza, parlandogli del futuro, promettendo l'arrivo di un tempo in cui le cose non saranno solo diverse, ma migliori. Ed è per questo che gli adolescenti non ci credono. Perché loro chiedono risposte per stare meglio adesso, qui, subito. […] Ecco perché non riesce più a parlare con suo figlio. Perché suo figlio ritiene che lei non abbia nulla di davvero utile da dirgli. E forse, in fondo, mi creda, la parte più difficile del mestiere di genitore è proprio questa. Amare chi non si fida più di noi."
"Forse, non siete voi figli a essere fragili, a temere la tempesta, a trovare insopportabile la disfatta. Forse, alla fine, i fragili siamo sempre stati noi. Noi che ci ostiniamo a sognare gli uomini o le donne che diventerete, o a rimpiangere i bambini e le bambine che eravate, senza mai vedere davvero il ragazzo o la ragazza che abbiamo davanti. […] Noi che cerchiamo di proteggere ciò che sarete, nell'ossessione di pianificare il vostro domani, invece di sederci accanto a voi ad abbracciare ciò che siete."
Caetano Bernardi ha 49 anni, è un ingegnere ed è marito di Grazia e padre di Tommy, un adolescente, e di due bambine. Tommy soffre di anoressia nervosa ed è ricoverato in neuropsichiatria infantile, dove ha modo di conoscere altrettanti giovani affetti da disturbi alimentari o autolesionisti. Ed anche il padre Caetano può confrontarsi con altri genitori riguardo ai problemi dei figli.
È un libro che affronta il tema della fragilità adolescenziale attraverso gli occhi di un padre preoccupato, incapace di comprendere il figlio sempre più lontano e chiuso in sè, e che non si sente all'altezza del suo ruolo genitoriale. Lo fa raccontando in prima persona l'esperienza del ricovero del figlio, in cui si inseriscono dei salti temporali nell'infanzia attraverso cui rivive il ricordo di momenti felici e spensierati, in cui Tommy gli era vicino, e che trasmettono tutta la tenerezza e l'amore di un genitore per colui al quale ha dato la vita. Oltre all'anoressia nervosa vengono definiti altri disturbi quali la bulimia, il disturbo istrionico di personalità, il cutting, la violenza dovuta all'incapacitá di gestire le frustrazioni; tutti problemi che si sono moltiplicati in seguito alla pandemia del coronavirus ed al lockdown, che hanno privato tutti questi giovani delle relazioni sociali, rendendoli spenti, apatici, ansiosi, spaventati. Matteo Bussola è bravo ad illustrare gli errori dei genitori , spesso carichi di aspettative, che non fanno altro che imporre i propri desideri ai figli, indirizzarli verso ciò in cui loro hanno fallito in una sorta di riscatto, senza pensare che probabilmente non hanno bisogno di ciò che è mancato a loro e facendoli annegare in una versione di loro che non gli calza. Vengono mostrati gli effetti deleteri di una vera e propria ossessione per il massimo dei voti scolastici, che non preparano a sopportare risultati inferiori ed eventuali situazioni critiche che la vita riserva; l'effetto negativo di un utilizzo eccessivo e sconsiderato dei social media, in cui si ricerca continuamente il rimando positivo degli altri, entrando in crisi in seguito alla perdita di consensi e seguaci. Emerge la figura di un genitore stremato, spaventato, disorientato che, fortunatamente, trae un po' di sollievo e sostegno dal confronto con altri genitori nella stessa situazione. La lettura è molto scorrevole e toccante, con capitoli brevi che spesso si chiudono con dei messaggi positivi, di speranza. Indubbio che lo strumento per affrontare tutti questi problemi bidirezionali nel rapporto genitori-figli rimanga l'amore che li lega.