Harmony es un pueblo como cualquier otro, un rincón del mundo en el que santos y pecadores matan las tardes en el centro comercial, sucumben al adulterio, juegan a fútbol americano, ven porno o leen a Faulkner en la biblioteca pública. Su historia es un reguero de violencia colonial, linchamientos y fanatismo religioso. Pero esos episodios son ya folklore local, ecos lejanos. La verdadera tragedia irrumpe en el año 2000, cuando Iggy, un chico solitario y misterioso, acude a misa armado de un bidón de gasolina y una caja de cerillas, dispuesto a inmolarse como un monje budista. En el incendio mueren veinticinco fieles.
Las horas antiguas explora las secuelas de este día fatídico en las víctimas, los testigos y el culpable, que cuenta las horas en el corredor de la muerte. La vida sigue, pero los vecinos de Harmony no cesan de preguntarse qué mosca le picó a Iggy. ¿Fueron los analgésicos que esnifaba, el alcohol y la heroína? ¿Su amor «cósmico, salvaje y extraño» por Cleo? ¿Su dolor ante el absurdo de la existencia?
Michael Bible ha escrito una inolvidable balada sureña, la historia de un puñado de almas perdidas que se empeñan en buscar la redención en el lugar más insospechado.
Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L’amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il cielo è un livido viola. Il centro commerciale è morto. Siamo i vecchi che avevamo giurato di non diventare mai. Passiamo le giornate al tavolo d’angolo dello Starlight Diner a discutere i capricci della vita. La nostra Harmony è una cittadina come tante. Tale e quale alla vostra. Piena di santi e peccatori, indistinguibili.
Comincia così questo breve romanzo (centrotrenta scarse pagine). L’ho preso in mano l’altra sera che aspettavo i miei amici per cena nella libreria-enoteca-ristorante vicino a casa mia. E sarà perché ho dovuto aspettare più del previsto, e sarà perché questo incipit m’è piaciuto e m’ha colpito al punto da rileggerlo tre o quattro volte sul momento, e sarà perché prima che arrivassero ho avuto tempo e modo di leggerne una decina di pagine, fatto sta che me lo sono portato a casa.
E oggi l’ho letto. In un giorno solo. Ma non l’ho divorato: con lunghe pause tra un capitolo e l’altro, tra un morso e l’altro, lasciando in mezzo il tempo di metabolizzare, di farmi tornare appetito. I capitoli sono quattro, e sono molto diversi uno dall’altro, scritti alcuni in prima persona – a volte indirizzandosi ai lettori e quindi diventa seconda plurale - altri in terza singolare. E anche gli anni cambiano, vanno avanti e indietro: 2018, 2006, 2005, 2019. Ma tanto il racconto si prende le sue libertà, non rimane mica inchiodato alla data indicata accanto al titolo di ogni singolo capitolo. E il tempo che vince, quello che domina nettamente, sia sul futuro ma ancor di più sul presente, è il tempo passato. Come l’incipit lascia ben immaginare. Tanto il tempo ci cambia ma ci lascia immutati, direbbe Bible.
Siamo nella Carolina del nord, che di recente frequento spesso con le mie letture. E nonostante sia quella del nord, è comunque parte del Sud, ex stato confederato, le giacche grigie per intendersi, quelli pro schiavitù. E siamo sui monti Appalachi: accanto alla Rust Belt, qui possiamo parlare di Bible Belt, dove Bible non è l’autore ma la bibbia. La vicenda sembra girare attorno a un incendio, proprio come in La versione della cameriera di Daniel Woodrell: un incendio che scoppia in un luogo pubblico – qui in chiesa, là in una sala da ballo – e una comunità rimane ferita, cambiata, macchiata.
Quattro capitoli e quattro punti di vista diversi. Moltiplicazione dei punti di vista. Ma lasciamo stare Rashomon. Bible racconta, per così dire, l’interno e l’esterno della storia, come è stata vissuta e come è stata percepita dai vari personaggi. Romanzo particolarmente intenso, forse anche perché così breve. La lezione di Hemingway fatta propria: le cose dette, e quelle che rimangono fuori (sotto la parte dell’iceberg che spunta), altrettanto importanti, se non di più. E perfino quelle dette, sono intinte nel colore dell’ambiguità, non suonano così certe e definitive. E, soprattutto, danno l’impressione d’avere più significati. Stratificazione del senso, che non è fisso, non è scolpito.
Raccontami una storia. In questo secolo e momento di mania, raccontami una storia. Che sia una storia di grandi distanze e di luce stellare. Il nome della storia sarà Tempo, ma non devi pronunciare il suo nome. Raccontami una storia di profonda gioia. Robert Penn Warren.
Onestamente non credo di potergli dare più di tre stelle, tre stelle abbondanti, perché l’incedere iniziale è magnifico - mi ha fatto pensare a quella meraviglia che è La versione della cameriera - con quella prima persona plurale che mi accorgo mi colpisce e piace tutte le volte che la incontro, ma quando la narrazione si sposta e cambia il protagonista (e con loro la scrittura) mi è sembrato tutto più acerbo, appena accennato, incapace di mantenere promesse e profondità. Ma ci penso, eh, magari lo rileggo con minori aspettative in attesa di leggere altro di suo.
Ero convinto fosse un romanzo d’esordio, invece dalle informazioni che ho trovato sembra che sia il terzo o quarto dell’autore.
L’ho pensato perché il libro mi è risultato molto acerbo, privo di tridimensionalità sia nei personaggi che nella storia. Capita a volte che per comodità o inesperienza un esordiente traduca in romanzo quello che nasce come racconto breve, nel quale la scrittura può essere sì bella e pulita ma in cui gli elementi non trovano il giusto spazio e tempo.
Gli eventi qui si susseguono molto rapidamente e non si entra mai in profondità. La storia è intensa in sé - un ragazzo che vuole darsi fuoco in una chiesa ma che finisce per uccidere tutti i presenti tranne se stesso e una donna -, ma la modalità scelta per svilupparla purtroppo la rende blanda.
I personaggi mi sono sembrati stereotipati: i classici ragazzi dannati e incompresi - che fumano bevono e si drogano -, privi di qualsiasi sapore. E questo non perché siano classici personaggi ragazzi dannati e incompresi, ma perché, di nuovo, viene dedicato loro troppo poco spazio e finiscono quindi col non sembrare reali, ma solo delle macchiette. Diciamo che non basta che un personaggio beva si droghi si dica tormentato e parli un po’ enigmatico per risultare complesso, c’è bisogno di tutto un mondo da costruirgli intorno e da guardargli dentro che qui è mancato; il famoso “show don’t tell”.
Qui c’è troppo di detto e poco di mostrato, perciò tutto mi è sembrato affettato e affrettato. Peccato davvero perché oltre a essere stato un regalo molto gradito avevo alte aspettative.
Harmony è una piccola cittadina nella Carolina del Nord, che vive in tranquillità fino al giorno della tragedia
Una domenica Iggy entra in chiesa mentre tutti sono raccolti in preghiera e si cosparge di benzina con l’intento di darsi fuoco, ma è agitato e maldestro con i fiammiferi e la benzina e basta poco perché il pavimento di pino, vecchio di duecento anni, cominci a bruciare rapidamente Nel rogo muoiono venticinque persone, non si salva quasi nessuno, ma Iggy sì Viene arrestato e condannato alla pena capitale. La ferita ad Harmony non si rimarginerà mai e a distanza di quasi vent’anni anni gli abitanti ancora rivivono quel lutto infinito Le loro voci fatte di dolore e destini segnati, si alternano e si mescolano nel tempo che sa provocare e ferire
“L’ultima cosa bella sulla faccia della terra” ruota attorno a pochi personaggi (Paul, Cleo, Farber,Joe) ma al centro della trama e della narrazione c'è Iggy, l'adolescente nichilista emarginato che ha appiccato l'incendio. Iggy racconta alcune parti della storia dal braccio della morte, dove attende l'esecuzione, mentre ricorda la sua educazione e il crimine commesso, tra rassegnazione e pentimento Iggy è un narratore versatile e poetico e Michael Bible non fa nulla per indurre a simpatizzare per lui, ma sfrutta la sua psicologia per indagare sul difficile rapporto con la religione e sulla solitudine dei giovani emarginati A collegare le voci del romanzo, oltre alla geografia e al dramma del rogo, c’è una condizione esistenziale pervasiva, che Iggy chiama la "Costante”, qualcosa tra struggimento continuo e un terrore improvviso…
“Come un pomeriggio di pioggia con il sole che splende o il ronzio misterioso di una strada deserta di notte.”
Seppur tormentati, i personaggi rifiutano di ammettere le loro sconfitte Cercano la redenzione nell'amore nella memoria e nella droga, tentando di colmare le fragilità i conflitti familiari, facendo i conti con la presenza ingombrante di Dio e accompagnati dalla sensazione di andare avanti ma di poter guardare soltanto indietro. Come se il futuro fosse già passato
Su Harmony aleggiano il dolore e la rassegnazione, la transitorietà e l’inevitabilità del destino che rende faticoso anche il solo respirare Sembra che tutto sia destinato a morire prima del tempo, soprattutto Iggy che dalla piccola finestra della sua cella guarda l’albero di corniolo perdere i suoi fiori, consapevole che non vedrà cadere l’ultimo
Eppure in questo viaggio assurdo che fa sembrare la vita utile anche nella sua futilità, che trasforma il tempo e le sue punizioni in una sorta di piacere, c’è tanta poesia e sprazzi di luce a illuminare il grande schema delle cose.
Scusate ma solo a me è sembrato tutto accennato, incluse le voci dei personaggi che gravitano attorno alla storia di Iggy? E anche la fine di Iggy… ma non è un po’ troppo in sordina? Io pensavo dovesse ancora arrivare, volto pagina e si passa ad un altro personaggio. Non so, non mi ha convinto. Peccato…
Non credevo di poter provare così tanta pietà e benevolenza in un libro che si legge in una giornata: quanta esattezza nelle parole, quale incredibile viaggio nelle tante sfaccettature della parola “fine”.
Valutazione che di solito riservo a testi che pur essendo interessanti non mi hanno coinvolto più di tanto nella maggior parte dei casi riassumendoli nella definizione “dimenticabili”. Qui invece il coinvolgimento c’era e anche abbastanza, gli elementi per cui poteva piacermi erano tutti presenti: una prosa che cattura, eleganza, ritmo, personaggi che ammaliano il lettore nel loro modo di porsi ma sarà stato il mio limite (e un pizzico di pregiudizio) nei confronti dei testi così brevi ma a fine lettura non ho provato quella sensazione di soddisfazione che si prova quando un testo ti ha convinto.
Probabilmente ci fosse stato un maggior grado di coinvolgimento con un maggiore sviluppo -anche perché le basi c’erano tutte-, molti episodi potevano essere sviscerati meglio e alcune lacune temporali colmate senza dare tutta la responsabilità all’immaginazione del lettore di doverle riempire.
In un eccesso di pubblicazioni “chunky” le cui recensioni contengono spesso le espressioni “alcune pagine potevano essere decisamente ridotte”, Bible lavora eccessivamente in sottrazione lasciando il lettore in preda a un senso di sazietà non del tutto colmata.
Aspetto fiducioso altro di lui con un pizzico di rammarico perché con una più lunga gestazione non si era così lontani da poterne ricavare un grande romanzo americano
For such a short book it is the case that any reasonable sized summary or review lessens the enjoyment of reading it. I advise to avoid them if you plan to read this. Some reviews I have read, by reviewers with justifiably high reputations, would completely change the experience of going into the book blind, fortunately as I did. Suffice to say, the author gradually earns the trust of the reader as he reveals details of the tragedy and its aftermath, his account manages to be morally unprejudiced and unsparing, subjective, but not unsentimental. It is that rare beast, a really good 'new' Southern novel, which in the best tradition of the genre, has at its heart, the conflict between religion and violence, in the mold of Flannery O'Connor, Harry Crews, et al. I've just one complaint, such a very rare one for me.. it's too short..
“Ho letto da qualche parte che alla terra restano solo un paio d’anni buoni. Fra poco farà troppo caldo per viverci. Do per scontato che arriverà prima la mia fine che quella del mondo, la mia mente scivola già verso l’oblio. Certi giorni vanno meglio di altri ma quando va male sono come un bambino convinto che se si chiudono gli occhi il mondo sparirà. Presto sarò polvere sotto una lapide e col tempo anche la lapide diventerà polvere e non esisterà più nulla. Prima che che succeda, volevo mettere per iscritto certe cose che ho amato e ricordarvi che, per adesso, resisto. Il mio cagnolino ha paura dei tuoni. La sera bevo il tè e leggo il giornale. Quando metto i tulipani alla finestra, si aprono verso il sole. In lontananza c’è qualcuno che mi chiama.”
Credo che ormai tutti conoscano la trama di questo romanzo, l' ultimo della lista degli Osanna della mia bolla di book-grammer (un ragazzo che vuole darsi fuoco durante una funzione religiosa e invece finisce per sopravvivere alla strage), per cui mi perdonerete se passo oltre, per soffermarmi un po' di più sulla cocente delusione con cui mi sono ritrovata a fare i conti, alla fine. Un po' per gli Osanna di cui sopra, un po' perché parte bene, con atmosfere che mi hanno ricordato gli Stati Uniti di Kent Haruf. E Haruf ho rincorso, invano, ad ogni pagina, fino all' ultima: quando sono rimasta con l' impressione di una storia ancora da scrivere. I personaggi, le atmosfere, la stessa trama finiscono per restare abbozzati, in superficie e l'impressione è quella -sgradevole- di aver fatto la spesa alla fiera dello stereotipo (il disagiato,preso, il tossico, preso, la setta la danno in svendita due scaffali più in là). Anche la scrittura, in sé gradevole, perde di mordente appena si rivela incapace di scavare e lo stesso vale per la trama che, in mancanza di colpi di scena, si affloscia su se stessa, in un ultimo capitolo talmente slegato da risultare inutile.. Insomma, alla fin fine, l' unico grande pregio è nella brevità: in due ore lo hai finito e puoi dire di averlo letto anche tu. Il che può essere cosa buona e giusta per qualcuno, ma non basta per raddrizzarne le sorti, almeno qui sopra.
Magari direte che è colpa della società. Di tutta quella codeina che mi bevevo o dei film violenti. O delle mie idee politiche. Ma non è niente di tutto questo. O tutte queste cose insieme. Volete sapere perché ho fatto quel che ho fatto? Sarebbe come prendere un po’ d’acqua fra le mani e chiedersi se è fiume o pioggia.
Cuando lo terminé se me vino inmediatamente a la cabeza el libro de “El guardián entre en el centeno”. Me deja sensación de rebeldía, de frustración y de abandono.
Un racconto doloroso quello di iggy, dalla sua cella aspetta e va incontro al suo destino: espia. Ripercorre la sua vita, analizza e con sincerità e lucidità entra nel solco della sua esistenza . Alcune persone sono cadute in quel solco e sono morte altre sono sopravvissute ed altre sono state felici . Contraddizioni non ce ne sono perché anche noi che leggiamo abbiamo dei punti di svolta nella nostra vita, quel non sarà mai più come prima, iggy ce lo ricorda e forse ci mette in guardia sulle nostre azioni, sugli incontri e sulle causa -effetto delle nostre esistenze. In definitiva ci vuole consapevolezza per vivere degnamente al netto del dolore che pure c’è e ce lo portiamo dietro come un bagaglio pesante prima di partire per il nostro lungo viaggio polveroso .
3.5 ⭐ - questo breve romanzo è partito benissimo, così tanto che la prima metà mi ha folgorata. La storia di Iggy, del suo malessere e del suo gesto disperato mi hanno coinvolta così tanto da aver letto la prima metà in un'unica sessione. Ho poi riletto di nuovo quella prima parte perché mi era piaciuta così tanto che temevo di aver perso qualcosa. Quando poi però sono arrivata alla seconda parte mi è parso che tutto si sfilacciasse un po', come se la carica iniziale si perdesse un po'. Alla fine mi sono sembrati quasi tre racconti separati e legati tra loro solo da qualche debole riferimento.
A beautiful and luminous and sorrow-filled book that does in a short space what so many great novels do: light up the inside of lives until you see a little bit of the world from the open windows of all the different people suffering and living and loving alongside you. The book says it better than I can: "The grief they wore was my grief because they were missing the same thing I was missing."
Scritto divinamente, alcuni passaggi sono talmente veri e trasparenti da annullare la distanza tra la letteratura e la vita. Un minuscolo appunto sul fatto che ho trovato i personaggi un po’ stereotipati, ma resta molto molto bello.
Harmony è un piccolo paese del North Carolina, tra i principali produttori di tabacco della zona. Qui vive Iggy, un giovane un po' strano, solitario, trasgressivo e con pochi amici. Sarà una sua azione a farlo finire in prigione e a far parlare di sé.
Un breve ma potente romanzo, che si legge velocemente ma risulta abbastanza complesso. Il tema è un po' l'insofferenza delle nuove generazioni di vivere in una realtà tutt'altro che stimolante, che li spinge a trasgredire, alla ricerca di una felicità impossibile da ottenere senza il dolore. Ed è quello che succede a Iggy, che si accorge delle cose belle che la vita offre solo quando sta per perderle. Ed è proprio intorno ad un suo comportamento ed alle gravi conseguenze che ne scaturiscono, che ruota tutta la trama del libro. Il racconto si articola in quattro parti in cui la voce narrante è sempre diversa, per lo più in prima persona, ma il collegamento tra le quattro non è per nulla immediato e, a volte, i riferimenti ad Iggy risultano marginali e prende piede un altro scenario che va ad ampliare la trama principale. Vi sono molti spaccati della vita quotidiana di Harmony, con i suoi abitanti e le loro professioni, spesso nominati e relegati a semplici comparse. Molto toccante è la parte in cui Iggy accenna al proprio passato, ai propri nostalgici ricordi ed ai propri sogni senza futuro, destinati a sfiorire come il corniolo che vede dalla finestra della sua cella. Lo stile di Michael Bible è caratterizzato da frasi brevi, dialoghi che si intrecciano nella trama senza segni di interpunzione, immagini dirette e crude ma anche allusioni e similitudini più poetiche. L'ho trovato un libro alquanto contorto e ad essere sincera la cosa mi ha un po' disturbata, condizionando il mio giudizio, anche se non posso negare la bellezza di alcuni pensieri. Credo di aver bisogno di metabolizzarlo ancora un po'!
Di solito si dice il contrario, ma: se questo libro avesse avuto 200 pagine in più, sarebbe stato meglio. L'idea di partenza è di quelle forti, che possono aprire a tanti scenari diversi, tutti complessi. Invece qui l'autore ha scelto di raccontarne solo alcuni, rimanendo però su un piano più superficiale, abbozzando appena personalità e storie e talvolta scivolando verso i cliché. Proprio perché questo brevissimo romanzo (135 pagine) è comunque ben scritto, e soprattutto perché ha delle ottime premesse, mi sarebbe piaciuto leggere qualcosa di più corposo, complesso, approfondito. La brevità di solito mi piace, e ripenso sempre alla definizione di racconto che dà Cognetti: leggere un racconto è come sbirciare dentro la finestra di una casa, osservare il momento e immaginare il resto (parafraso brutalmente, mi scuserà Cognetti). Ed è una formula di una potenza incredibile, ma in questo caso c'era la possibilità non solo di sbirciare dalla finestra dell'appartamento, ma di entrare con calma nell'androne, salire le scale e visitare con calma tutte le stanze. Mi rimarrà una curiosità, ecco.
One of our greatest living writers. A true stylist and born storyteller. I’ve read his all his books and short stories. The Ancient Hours is his finest published work to date. A future classic if you ask me.
Ad Harmony sono tutti raccolti in preghiera. Dall’ultima fila si alza un ragazzo di nome Iggy, cammina lungo la navata della chiesa con una tanica di benzina in una mano e un fiammifero nell’altra. Le sue mani tremano, così nel tentativo di darsi fuoco, il cerino gli cade di mano e la chiesa diventa un rogo, in cui muoiono venticinque fedeli. Diciotto anni dopo, ad Harmony, c’è ancora chi si chiede perche lo abbia fatto e commentano ancora la notizia, continuando a piangere chi non c’è più. Iggy cerca di spiegare quello che ha fatto dalla sua cella nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione: gli resta solo questo. “È ora di andare. Per concludere voglio dire solo questo. Se c’è qualcosa che amate, tenetevelo stretto perché non si può mai sapere quando verranno a portarvelo via.” Un romanzo corale, in cui ogni personaggio racconta la propria prospettiva, ma è anche un romanzo molto individuale e intimo, che mi ha ricordato molto una delle mie recenti letture Demon Copperhead. Ovviamente non ne ha la stessa mole (125 pagine contro le oltre 600 di Demon), ma i luoghi di quella parte degli Stati Uniti rurali, abbandonati dal sistema che ricordano un paese devastato dalla crisi, ben lontano dalle immagini che ha ognuno di noi. Iggy è un ragazzo abbandonato dai genitori (un padre violento e una madre assente), che dopo l’incendio che ha causato nella chiesa, in cui si salvano solo l’ex maestra di scuola e un bambino, viene condannato alla pena capitale. Per 20 anni aspetta questa condanna, in una cella di isolamento in cui ha un unico conforto: vedere gli alberi di corniolo dalla finestra della sua stanza. Proprio in questo conforto c’è tutto il senso del libro: cioè quella ricerca di bellezza e pace, nel vedere un ramo fiorito di albero, è tutto quello che occorre per affrontare ogni futuro possibile. Un libro bellissimo che vi consiglio, lo leggerete in un soffio e non lo dimenticherete più.
There is little that is harmonious with Harmony, NC—the setting of Michael Bible’s slim novel. At the start of the millennium, a teenage boy named Iggy sets the First Baptist Church on fire, killing most of the worshippers inside because “darkness begets darkness and love only got me into trouble.”
He is one of the voices that is heard within these pages, which starts with a chorus of townspeople—saints and sinners—who pay witness later to what happened in their town. We meet a number of them—an evangelist teacher who rescued a four-year-old boy from the blaze, Iggy’s two friends—one has preceded him in death—the town librarian, a Christian cult, the boy who was saved years later.
The first half portrays the events that culminated with the fire; the second half provides context into its aftermath. Iggy’s own reflections immediate and compelling. But Michael Bible strives to accomplish too much within his narrow framework. Although the book is well-written, with prose that sometimes sparkles, it might have been better served with a narrower framework—fewer characters, perhaps, or a more singular focus on, say, oppressive religion on already alienated teens or the role of imperfect memory in recreating and trying to undo tragic consequences. This is a good book but I believe the author may have bitten off more than he can chew.
La vera pecca di questo libro è la sua lunghezza. La scrittura straordinaria di Michael Bible accompagna un racconto di per sé potentissimo, ma a tratti appena accennato. Non lamento la mancanza di profondità, che l’autore riesce a raggiungere anche attraverso singole frasi, con una prosa essenziale ma mai sterile. Ho come però sentito il bisogno, l’autentica voglia, di sapere di più su Iggy, sui suoi trascorsi, sulle sue avventure con Cleo e Paul. Volevo aver modo di entrare un po’ di più nei suoi pensieri, di sentirlo parlare ancora. Il classico “vorrei che questo libro non finisse mai”, ma in questo caso, avrei letteralmente preferito che ci fossero più episodi narrati. Detto ciò, le 135 pagine presenti sono un vero e proprio gioiellino, in cui penso che ognuno si possa rispecchiare: non serve compiere atti estremi per essere come Iggy. Tutti noi, chi più chi meno, chi prima chi poi, abbiamo avvertito quella ‘Costante’ che tanto affligge il protagonista, e che, almeno in parte, rende le nostre vite simili a quella di Iggy.
A story that celebrates love and explores human fragility. With lyrical and intense prose, Bible takes us on an emotional journey into the depths of the human soul, offering a fascinating insight into what it truly means to live and love. Moments of profound melancholy intertwine with flashes of hope and beauty. Each page is a mosaic of emotions, a delicate balance between darkness and light. The beauty that emerges from the narrative lies in the small things, in moments of unexpected kindness and genuine connections between people.
A poetic reflection on existence itself, inviting us to consider what it truly means to find beauty in a world that can seem cruel and indifferent.