«A me piacevano le banche con la porta girevole, un calcio e il mondo cominciava a girare. Uscivo per primo, facevo fuori un caricatore intero e davo il via al Far West. Ci chiamavano "il mucchio selvaggio".» È questa la Milano degli anni Settanta. Oscura, plumbea, e irriconoscibile rispetto a quella di oggi. Per le strade si calpestano i bossoli di pistola, la media di omicidi è di 150 all'anno, nei locali notturni si mescolano delinquenti, imprenditori e personaggi dello spettacolo e le bische sono nascoste dentro a palazzi insospettabili. Qui si incrociano per la prima volta i destini dei tre banditi che cambieranno le sorti della mala milanese, i loro nomi si pronunciano a bassa voce perché si portano dietro una scia di polvere da sparo. Sono tre uomini molto diversi tra Francis Turatello, noto come «Faccia d'angelo», insaziabile di potere, Renato Vallanzasca, il «bel René», un rapinatore anarchico che ama essere sempre al centro dell'attenzione, e Angelo Epaminonda, detto «il Tebano», un gangster feroce e spietato. Nati senza possedere niente, sono pronti a prendersi tutto, prima sparandosi addosso, poi alleandosi, poi tornando a sparare. Intorno a loro, intanto, si muovono gli affiliati alla banda, i poliziotti e le vittime innocenti.
È una storia nera di sangue, tradimenti e morti ma anche di sodalizi, potere e amore. Stefano Nazzi la ricostruisce con la sua prosa intensa e incalzante raccontando gli uomini dietro ai criminali e le ombre che li hanno resi tali, perché nonostante siano passati oltre trent'anni dall'ultimo sparo i loro canti di guerra riecheggiano ancora oggi.
Lo stile e la contenutistica sono tipicamente di Stefano Nazzi, un resoconto freddo ma dettagliato di vicende dure, di mondi staccati da ciò che noi definiamo normalità e che lo guardiamo e ci riconosciamo perché ne emerge l’umanità.
Ciononostante, il libro si perde in elenchi di personaggi non ben strutturati, magari non approfonditi o troppo approfonditi. L’ordine temporale non è sempre chiaro, il che mi ha portato a chiedermi se tutti gli eventi fossero davvero susseguenti.
Però devo dire che è una lettura interessante, per conoscere una vicenda che un po’ si è persa nei gangli della storia del Bel Paese.
“Faccia d'angelo, il Tebano, il bel René sono i protagonisti di questa storia, carica di violenza, omicidi, stragi, sequestri di persona, odio e amicizia, tradimenti, strani amori. Ma è anche la storia dell'Italia, a cavallo tra anni Sessanta, Settanta e Ottanta, molto diversa da quella di oggi. […] A Milano, tra gli anni Settanta e Ottanta, si contavano di media 150 omicidi all'anno. Nel 2022 sono stati 19. Ed è a Milano che inizia questa storia che poi si allargherà come un fiume che esonda in tutta Italia. È la storia dei tre banditi che si contesero un regno fatto di bische, prostituzione, rapine, sequestri, omicidi. Ma la loro storia comincia molto prima che Turatello diventasse Faccia d'angelo, Vallanzasca il bel René ed Epaminonda venisse chiamato il Tebano. Inizia ad Asiago, in Veneto, e in un circo alla periferia di Milano, e ancora, a bordo di un treno che porta una famiglia di Catania verso il Nord. Poi il destino volle che i tre banditi si incontrassero a Milano.”
Non so se si possa definire un saggio molto superficiale, a volo d’uccello, o un romanzo storico molto attendibile. Quello che si può dire è che Nazzi rimane il miglior autore italiano di testi non fiction sulla cronaca nera, giudiziaria e politica. In questo caso non c’è analisi, non c’è approfondimento ma un racconto estremamente scorrevole (se pur basato su atti ufficiali e testimonianze) di cosa fu la mala della Milano degli anni 70-80. Poi se, come dico sempre, ascoltare la voce dello scrittore dà a un audiolibro un plus, se quella voce è di Nazzi il delta è ancora maggiore.
Sembra di sentire la trascrizione di una lunga puntata del podcast indagini, la narrazione senza futili dettagli descrittivi o romanzati rende la lettura molto veloce mantenendo sempre alto il livello di concentrazione
Scritto benissimo, ma non avevo dubbi. Il podcast di Nazzi è così ben fatto che ero certa che anche questo libro mi avrebbe presa, nonostante non sia appassionata di storia delle bande criminali.
Lo stile di Nazzi è inconfondibile e tremendamente coinvolgente. La narrazione, però, si traduce spesso in un elenco di nomi e di luoghi e le digressioni avanti e indietro nel tempo (che ben si sposano con la narrazione orale tipica dei podcast) qui aggiunge complessità e dettagli di poco aiuto nel mantenere una linea narrativa chiara. Una storia confusionaria raccontata egregiamente
Interessante racconto delle gesta criminali e personali di 3 big della malavita milanese anni 70 : Turatello, Epaminonda, Vallanzasca. Lo stile è quello asciutto ma incisivo e incalzante a cui ci ha abituato Nazzi. Mi è piaciuto il tono lucido e non epico della narrazione. Non c’è mitizzazione, ma neanche giudizio dall’alto. Una testimonianza di una Milano criminale che non c’è più.
Un libro che si legge con una fluidità che ti scivola via, mentre a tratti ti fa pensare di essere lì con loro - dentro una sparatoria per strada, in una bisca o in un night della mala. Poi ti alzi gli occhi e ti sembra incredibile che tutto questo succedeva per le strade di Milano, lì dove vivi oggi.
Bel libro, ritmo incalzante, non ci sono pause nelle folli vite di Turatello, Vallanzasca, Epaminonda e tutti i personaggi che comandano o ruotano attorno alla criminalità di quegli anni Settanta e Ottanta. Persone spregevoli, balordi improvvisati, che per qualche motivo venivano anche apprezzate da una parte del popolo. Difficile, anzi impossibile salvarne una, un decadimento morale senza fine, senso di colpa inesistente, ho pensato che forse le persone cattive esistono, qui ce ne sono parecchie. Ci sono tanti episodi a me sconosciuti e con particolari che ricorderò, come quello dei sequestri di persona, senza sequestrare realmente le vittime. Ci sono tante vittime, oltre a poliziotti e carabinieri, in queste storie ci sono anche inconsapevoli, spesso passati per caso in un luogo, un istante e sono morti senza sapere, senza capire chi fossero coloro che li stavano uccidendo. Sono rimasto schifato dal tenore morale di questi personaggi, si ritengono dei bravi ragazzi, gente che non ha mai ucciso sparando alle spalle, come se questo fosse un merito. Le fughe di Vallanzasca sono quelle di un malato di mente, ma ancora peggio sono l'incompetenza delle forze dell'ordine, la corruzione nemmeno latente, la mancanza di preparazione di chi fa la guardia, e l'impossibilità di chiudere i conti una volta per tutte con questo squallido uomo che non si è mai ravveduto. Tre uomini, molto diversi tra loro, Francis Turatello, detto faccia d'angelo, mira al potere assoluto, Renato Vallanzasca, detto il bel René è l'anarchico che non vuole nessun capo, narciso fino al midollo, e Angelo Epaminonda noto come il Tebano, un violento e indisciplinato cocainomane. Resta per me inconcepibile, come una persona nella vita, scelga di essere un criminale, di fare carriera, di uccidere consapevolmente, di picchiare, torturare, ricattare per libera scelta.
Qui siamo bimbi del Post e una nuovo ingresso nella nostra libreria di un volume dell’autore di “Indagini” e “Altre indagini” l’avremmo festeggiata a prescindere, un po’ come facciamo quando esce un nuovo “Cose spiegate bene”. Se ci aggiungi che il racconto di una Milano ormai - direi fortunatamente- scomparsa è tremendamente fascinoso, che la storia dei tre principali criminali protagonisti inevitabilmente avvince e che la quota “saggio crime” e quella “romanzata” sono in perfetto equilibrio narrativo… beh, il risultato non può che essere più che positivo.
Chiaro che per gli ascoltatori del podcast la tentazione di sovrapporre la voce di Nazzi a quella interiore del lettore c’è; personalmente mi è durata il tempo di leggere due frasi, perché Nazzi è (notoriamente) un’ottima penna da ben prima di aver preso un microfono in mano, ed è perfettamente conscio del media a cui si sta affidando. Periodi più corti, dialoghi ben inseriti, il giusto compromesso fra la necessità di spiegare un periodo storico a chi non lo ha vissuto e la necessità di mantenersi distanti nel giudizio rendono “Canti di guerra” un racconto solido, ottimamente costruito, capace di evocare ricordi lontani e di far alzare lo sguardo su un palazzo del tuo quartiere “ma pensa, proprio lì…”.
Il crime narrativo è una delle mie tazze di the, e io l’ho divorato.
Interessante e intrattenente, si legge molto volentieri e altrettanto velocemente, perché la narrazione stessa è molto veloce. È un rapido susseguirsi di eventi, episodi o aneddoti di colore, che disegnano una trama che lega i tre protagonisti. Forse è proprio questo ciò che mi è pesato di più: la narrazione è fin troppo veloce. In tutto il libro non ricordo neanche una descrizione, intesa come un paragrafo lungo a piacere dove il racconto si prende una pausa dagli eventi per dirci come appaiono i luoghi in cui questi eventi avvengono o le persone che li vivono; ci sono un po’ di aggettivi per gli attributi fisici o i vestiti dei personaggi, qualche volta. Beninteso: questo da leggere è una goduria, non ci si annoia niente, ma forse succedono fin troppe cose, ci sono fin troppi nomi tra cui districarsi senza una minima caratterizzazione per distinguere chi li porta, se non ricordandoli come “il tizio che ha fatto azione criminale X”, quando tra l’altro azione criminale X somiglia tanto alla Y, entrambe fatte da almeno 3 persone. Ad ogni modo non è sconsigliato, solo a volte sembra un po’ una puntata di Indagini (che amo) e un po’ troppo poco un libro.
Adoro il modo in cui Stefano Nazzi racconta le storie, quindi sono andato sul sicuro quando ho comprato il libro durante una sua presentazione.
Il tema della criminalità nel nord Italia mi interessa molto, ma devo dire che alla fine il libro mi è sembrato un po’ superficiale. Ci sono passaggi che corrono via troppo velocemente e in poche pagine succede davvero troppo. È sicuramente utile per farsi un’idea generale sulla mala milanese di quell’epoca, però manca un po’ di profondità.
Avrei apprezzato un maggior focus su alcune figure femminili che vengono toccate solo di sfuggita. C’è del potenziale lì, ma è rimasto un po’ in superficie. Non mi resta che guardare il film con Kim Rossi Stuart.
Che dire? Sono nata negli anni 90. Non ho vissuto quell'atmosfera, ma Nazzi me l'ha fatta ben provare. Se conosco qualcosa della storia italiana del dopoguerra é per solo interesse personale. Quindi trovarmi di fronte ad una vicenda così ben raccontata, ma soprattutto ben contestualizzata, vuol dire essermi trovata di fronte ad un grande libro. Nazzi si riconferma un grande scrittore e "racconta storie". Non ho avuto bisogno di andare online a guardare quel tale fatto o quella tale vicenda perché viene sempre spiegato tutto benissimo. L'unico consiglio che vi posso dare é: LEGGETELO! E perdetevi in questa storia mozzafiato.
Istruttivo. Chi non ha conoscenze dirette con la criminalità organizzata si sorprenderà di scoprire un mondo a sé, un universo popolato di regole, gerarchie, carriere. Un mondo in cui chi decide di partecipare ha delle opportunità di crescita economica e professionale - o di uscita forzata perché va in galera o viene ucciso; chi decide di uscirne pacificamente difficilmente riesce a farlo. Stefano Nazzi racconta bene, senza dare spazio alle emozioni, solo ai fatti. In questo racconto si parla della Milano degli anni settanta, di Vallanzasca, Epaminonda, Turatello: nomi che hanno riempito i giornali dell’epoca, persone dietro i criminali che rappresentavano. Scorre via.
Non essendo un capolavoro di narrativa dovrei dare 4, ma sono di parte e gli dò 5. La storia di Milano degli anni 70 è incredibile ed è narrata magistralmente (230 pagine sembrano pochissime per tutte quelle storie e personaggi). La costruzione della frase è una firma caratteristica. In certi punti ti sembra quasi di sentire la voce di Stefano Nazzi, resa celebre dal podcast. Si parla di 3 criminali, ma parliamoci chiaro, Vallanzasca è il principale e il più interessante; così irreale e coerente da surclassare gli altri 2 (Francis Turatello e Angelo Epaminonda il tebano).
Spesso i bravi narratori "orali" non sono scrittori irresistibili; parzialmente vale anche per Nazzi, ma fino a un certo punto (nello stile molto "da podcast" e nella resa grafica, più che altro): è un giornalista, sa scrivere e sa costruire un testo. Per il resto gran bel libro, romanzato il giusto, che sa mantenere sempre alto il livello di attenzione anche grazie a qualche trucco del mestiere, a cominciare dalla scena "finale" di uno dei tre protagonisti posta come incipit.
Un saggio che sembra quasi un romanzo noir, con lo stile narrativo che contraddistingue Stefano Nazzi in modo cristallino.
Purtroppo, non sempre la scorrevolezza è altrettanto cristallina. Però mi piace il modo colloquiale, freddo e preciso con il quale sono narrati i fatti. Senza mitizzare o lanciare chissà che giudizi.
Il libro trascina benissimo nell'atmosfera della Milano del tempo, in un pezzo di storia (quasi) dimenticata che racconta molto bene anche il presente.
Si legge bene, anche grazie alle parti romanzate, perlopiù dialoghi, che permettono di riempire gli spazi lasciati vuoti dalla cronaca. I fatti ci sono tutti, l'ambiente è quello, probabilmente i protagonisti non si sono detti davvero quelle cose, ma cambia poco. La parte difficile è riuscire a leggerlo con una voce diversa da quella del conduttore di Indagini
L’ho divorato, scritto molto bene, senza mitizzare una malavita che di romantico non aveva nulla. Fa rivivere la Milano di poche decine di anni fa , ma che sembrano secoli. Ora la situazione non penso sia diversa per la criminalità… non ci si spara più per strada quello si… ma la delinquenza… quella c’è!
Lettura molto interessante sulla malavita milanese degli anni 70 e tutto quello che ne girava attorno. Regole, gerarchie, follie e modo di vivere e pensare di chi è stato tra i suoi protagonisti più famosi Raccomandato soprattutto a chi, come me, non l' ha vissuto e vuole imparare un pezzo di storia italiana che non si trova sui libri di scuola.
Stefano Nazzi è un grandissimo giornalista e narratore. Se poi si parla della figura di Vallanzasca e di Turatello il tutto diventa più interessante. Non conoscevo Epaminonda, ma è stato interessante sentire parlare di lui. Inoltre ho un affezione particolare per i posti narrati, perché ho vissuto un periodo a Milano Lambrate
È stato molto affascinante scoprire le storie dietro a nomi che da piccola sentivo al telegiornale e non capivo. Molto ben scritto, ricco di intrecci e notizie. Impossibile leggerlo senza sentirselo nella testa raccontato dalla sua voce inconfondibile.
Non necessariamente il contenuto è di mio interesse al 100%, nonostante ciò, libro bevuto. Nazzi rende ogni storia degna di essere raccontata e letta. Bravo! Stefano rè a pari merito con Carrisi della scrittura Italiana del momento.