Die Lombardei im Zweiten Die Menschen suchen Zuflucht vor ständigen Bombenangriffen, deutsche Besatzer jagen Partisanen, das Essen wird rationiert. Die 13-jährige Giada wohnt bei ihrer Tante, einer gläubigen Faschistin, Gewalt und Entbehrung prägen den Alltag. Also träumt sich Giada fort, träumt vom »Großen A«: Afrika, wo ihre Mutter Adele in den italienischen Kolonien angeblich ein abenteuerliches, unabhängiges Leben führt.
Und Nach Kriegsende holt die Mutter sie zu sich nach Eritrea. Doch die großen Erwartungen werden enttä Dauerhitze und die Arbeit in Adeles Bar am Rand der Wüste haben so gar nichts Märchenhaftes an sich. Und sogar der Kaffee schmeckt nach Salzwasser. Eritrea ist auf dem Weg in die Unabhängigkeit, die verbliebenen Kolonisten ringen um eine Zukunft unter den neuen Machtverhältnissen. Und die schillernde Mutter erstickt jeden Freiheitsdrang, bis Giada den charmanten, aber undurchsichtigen Giacomo kennenlernt.
Atmosphärisch und mit störrischer Poesie erzählt Giulia Caminito von zwei widerspenstigen, willensstarken Frauen, die auf sehr unterschiedliche Weise zur Selbstbestimmtheit finden.
Giulia Caminito è nata a Roma nel 1988 e si è laureata in Filosofia politica. Ha esordito con il romanzo La Grande A (Giunti 2016, Premio Bagutta opera prima, Premio Berto e Premio Brancati giovani), seguito nel 2019 da Un giorno verrà (Bompiani, Premio Fiesole Under 40).
La grande A sta per Africa, America, Adi.La grande A sta per Altrove.Sono tutte A che Giada, in un momento o in un altro della sua vita, sogna. Tutte collegate tra loro, tutte un po' una sola. Adi, la mamma, è la figura di riferimento di Giada. iferimento di Giada. Bellissima, anticonformista, affascinante, questa grande Assente - almeno nella prima parte del libro - è idealizzata da Giada nei pochi ricordi che ne serba. Insieme a lei viene idealizzata anche la grande A, l'Africa, dove la donna vive. In un tempo di privazioni com'è quello della Guerra, l'Africa diventa per Giada terra di sogno, in cui le speranze si realizzano, in cui il futuro risplende. Sogna una vita accanto ad Adi, quella mamma che, un giorno, torna a prenderla. Da qul momento ha inizio il viaggio di Giada, un viaggio che la porterà dall'Italia ad Assab e poi ad Addis Abeba, e che durerà tutta una vita. Un viaggio che, in verità, è la vita. Giada scoprirà sulla sua pelle che l'Africa non è la terra idilliaca che sognava, ma una terra dura dove il sale ti entra nei polmoni e il caldo rischia di fare impazzire. E' anche una terra di profumi, però, di spezie e di frutta, e di opulenta penombra. Scoprirà anche che la vita di sua madre è tutt'altro che perfetta, che la donna stessa corrisponde solo in parte all'ideale del suo ricordo di bambina. Adi è una donna forte, che si impone su Giada e fa di tutto perché lei non compia i suoi stessi errori. Non le manda a dire, Adi, a nessuno. E crescendo, diventando moglie e madre, invischiata in un matrimonio con alti e bassi e con un figlio che sarà presto la sua ragione di vita, Giada imparerà che la grande A non nasconde la perfezione, che la perfezione non è nemmeno nell'America dei film, né in Adi. E' un romanzo di viaggi, questo, e di scelte: le scelte che tutti i personaggi, in un momento o nell'altro, compiono. Quelle di Adi, di Giada, di Giacomo e degli altri. Scelte che cambiano la vita spesso in modo radicale. Un romanzo che ha, senza alcun dubbio, una sua propria voce. Minuta, ingenua, Giada imparerà ad adattarsi e al tempo stesso a tirare fuori le unghie, a lottare in una vita non perfetta ma che è sua fino a dimostrare che qualche gazzella riesce a sopravvivere anche se le spezzano le zampe. (A proposito di gazzelle, il paragrafo su Checco fa romanzo a sé.) Infine, la partenza verso un nuovo Altrove, quell'Italia che da bambina aveva lasciato e che quasi non ricorda. Una terra profondamente diversa dall'Africa, una terra più fredda, segnata ancora dagli stenti del dopoguerra. Una terra con cui bisogna scendere a compromessi. E il compromesso più grande da raggiungere, forse, è quello con noi stessi. Imperfetti, incostanti, vagabondi e speranzosi. Ecco, speranzosi soprattutto.
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Forse mi aspettavo qualcosina di più sul tema rapporto colonie-Italia.
Qui chiaramente il punto di vista è limitato, perché Giada è una ragazza a cui è stato impedito di avere accesso a un'istruzione superiore negli anni '40, che del mondo sa poco e niente (ignara dei fatti della vita pure quando si ritrova sposata), meno che mai di politica. Per buona parte del romanzo potremmo essere ad Addis Abeba come in qualunque altra parte del mondo. È anche vero che la protagonista vive e frequenta per lo più il mondo post-coloniale degli italiani rimasti in Africa, quindi i limiti ci sono.
In ogni caso l'ho trovato un romanzo interessante. Sarei curiosa di leggere qualcos'altro perché ho qualche dubbio anche sullo stile, però penso sia dovuto alla semplicità e alle frasi al limite dello "sbagliato" scelte per rendere la protagonista. Non male, ma c'è margine di crescita.
"Tutti dicono che la Mamma ha i grilli addosso, se li porta nelle tasche. Tutti dicono che sgobba come un uomo, che non ha saputo neanche tenersi una bottega di scarpette per neonati, che usa parole sconvenienti su cose che a Dio non piacciono, ride troppo. Tutti dicono che una donna col camion è come una capra in bicicletta."
La grande A è il primo libro di Giulia Caminito, ispirato liberamente alla biografia di famiglia. Racconta di Giada, una bambina considerata da tutti perennemente manchevole, troppo minuta, “una raganella”, che vive malvolentieri a casa degli zii in provincia di Milano. Da che sua madre se n’è andata per trafficare con camion, alcolici e bar nelle colonie italiane in terra d’Africa, Giada non pensa ad altro che a raggiungerla in quella che lei chiama “la Grande A”, una terra che immagina piena di meraviglie e di promesse. Ma una volta giunta ad Assab, una cittadina avvolta nell’arsura e nell’aria salmastra, la vita sembra ruotare solo intorno al piccolo bar che Adi gestisce fino a notte fonda, dove Giada fa molte nuove conoscenze: da Hamed, il garzone che non sa scrivere, a Orlando, il compagno della madre animato dalla retorica fascista vecchio stampo; dalla gazzella Checco, che vive in casa come un animale domestico, a Giacomo Colgada, un giovane italiano farfallone che sembra la copia di un attore del cinema. Ed è proprio con lui che inizia la vera storia di Giada: il matrimonio imposto da Adi, le insidie di suocera e nuora, la fortuna economica, il boom del Circolo Juventus di Addis Abeba, gli incredibili viaggi con la jeep nel deserto, i dolorosi chiaroscuri di Giacomo che obbligano Giada al continuo raffronto con una donna dura e intraprendente come sua madre.
Il libro mi ha lasciato a dir poco perplessa. Ho trovato sia elementi positivi che negativi anche se quest’ultimi, ahimè, hanno prevalso.
La storia in sé ha un grande potenziale e la prima parte rappresenta uno spaccato della vita degli italiani durante il conflitto mondiale: l’angoscia di essere bombardati da un momento all’altro, la fame, la paura di non poter più riabbracciare un proprio caro, la speranza di poter tornare a dormire senza dover scappare e trovare la propria casa distrutta dalle bombe, l’arrivo degli americani, le ragazze che non potevano continuare gli studi e dovevano andare a lavorare. Inoltre va a raccontare la vita degli italiani in Africa e, successivamente, cosa significhi essere considerati stranieri all’interno del proprio paese. ...continua a leggere su http://giuseppinabiondi.altervista.or...
Un bel romanzo di formazione: uno spaccato della guerra, del viaggio verso la "grande A" (che solo verso la fine scopriremo essere qualcosa di diverso), della vita adulta, con un figlio adorato, una madre incredibile e ingombrante e un marito assente. E il ritorno in "patria", quel posto a cui non si appartiene più o a cui si appartiene in maniera diversa, più critica.
Un romanzo ambientato in un periodo storico particolare: siamo alla fine della Seconda Guerra Mondiale e Giada, che abita a Legnano, ha dovuto abbandonare gli studi non solo a causa della guerra, ma anche perché sua madre si è da tempo trasferita in Africa, abbandonando il marito, un siciliano, e disseminando i figli in varie case. Giadina è stata forse la più sfortunata di tutte, perché la zia la fa sentire sempre inferiore a sua cugina e le rende le difficoltà della guerra ancor più dure. Per questo, Giadina idealizza l'America (la zia è fascista e per lei gli americani sono gentaglia) e, soprattutto, l'Africa, dove sogna di andare a vivere con la madre, chiamando entrambi i continenti La grande A. Quando alla fine il suo sogno si avvera e Giada raggiungerà la madre ad Assab, in Eritrea, dove la Adi ha un bar, si renderà conto che l'Africa non è certo un luogo ideale, anzi. Qui scoprirà ben presto la comunità post-coloniale degli anni '50, soprattutto quando sposerà Giacomo, un affascinante scavezzacollo, che sarà presto il grande A(ssente) dalla vita sua e del piccolo Massimiliano, loro figlio, e che la porterà ad abitare ad Addis Abeba per poi partire quasi subito dietro le gonnelle dell'amante di turno, lasciandola a sbrigarsela da sola in tutto, mentre suocera e cognata continuano a criticare ogni sua mossa, quasi a dare ragione a Giacomo per essere andato via, nel tentativo di sottrarle Massimiliano. Per fortuna, Giada e Adi sono due donne forti, che non si arrendono ai dettami della società e che sanno rimboccarsi le maniche ogni volta che la vita dà loro uno scossone e le costringe a ripartire di nuovo da zero, e ottenere quello che meritano; due femministe in un mondo ancora così gretto e conservatore. Ritornate in Italia si sentiranno trattare come straniere, prese in giro, guardate con sospetto e con invidia per quell'italiano senza inflessione dialettale che le rende inclassificabili ed esterne alla comunità, mentre l'Africa, con tutte le sue imperfezioni, sarà l'oggetto della loro nostalgia e mentre dovranno aiutare Massimiliano ad ambientarsi in un mondo completamente diverso da ciò che ha conosciuto nella sua breve vita, tentando di crescerlo diverso da quel padre così farfallone e inaffidabile.
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Questo è un libro che profuma. E non perché sto avendo un ictus e sento odori che non esistono, ma perché l’autrice è riuscita a descrivere talmente bene i sapori e i profumi dell’Africa che mentre leggevo riuscivo a sentirli. Le descrizioni minuziose mi hanno trasportata nella Grande A e mi hanno fatto vivere le gioie e i dolori della Giadina. A livello di immagini 5/5 senza ombra di dubbio, devo levare una stella solo perché la storia in se è un po’ statica, ma comunque accattivante. Ho apprezzato la forma discorsiva che ha reso i pensieri e le parole della protagonista anche parole mie. Solo: meraviglioso.
È il libro di esordio. Un bellissimo romanzo. Per certi versi dalla parte delle donne, se esiste una parte delle donne e una degli uomini. Da uomo ammiro le donne che “fanno bagarre, strepiti da gallinaccia, sangue rappreso, trombe da fanfara”. La scrittura è particolare, originale. Superate le prime pagine poi di facile lettura. In alcuni passaggi poetica. Una storia semplice che ho trovato interessante . Voto 8.
Amerò sempre lo stile di giulia caminito anche se qualche passaggio dovesse essere poco trasparente, anche se dovessi notare qualche implicito di troppo, anche se mi è rimasta la curiosità di conoscere altro di questa famiglia. Mi piace la sua sensibilità e quindi metto cinque stelle.
Powiedzieć, że Giulia Caminito jest wirtuozką Bildungsroman to nic nie powiedzieć. Gęsta psychologicznie, ale i kontekstualnie opowieść o domach i "domu". Tym razem umiejscowiona w suchym i słonym krajobrazie kolonizowanej przez Włochów (i nie tylko) Erytrei i Etiopii.
Für meinen Geschmack zu fabulierend, das mitschwingende Thema "Kolonialismus" wird in seiner bonbonfarbenen Welt in wiederholten Bildern beschrieben; ich habe einen scharfen Blick vermisst.
Ein Frauenroman über starke italienische Frauen, solche, die man auch in den italienischen Filmen der 60er Jahre findet. Diesmal spielt der Film hauptsächlich in Eritrea und Äthiopien, zeigt auch hier dunkle Bars und Kinder auf der Straße. Verfilmt kann ich mir das Buch gut vorstellen.
L’unica cosa che salvo del libro e aver descritto una parte di storia non ben citata e raccontata dai libri di scuola. Per il resto lettura molto difficile per me, ci ho messo un anno a finirlo.
Esordio col botto dell autrice. Stile elegante e scorrevole. Ci si appassiona alla vita di Giada e della madre Adele. Incantevole il ritratto dell'Africa coloniale e dei suoi profumi salati. Impressiona la coesione e la maturità di questa giovane autrice. Lettura piacevolissima che consiglio caldamente.
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