Dalla scrittura cuneiforme alla memoria dei computer, da una favolosa città antica alla Londra vittoriana fino a Napoli, che – come scrisse Malaparte – somiglierebbe a Ninive se non fosse stata distrutta, La babilonese ci può la fiamma della vendetta sopravvivere a chi la cerca e restare sempre viva, come quella della passione? Non sarà, invece, che la memoria della vita è destinata a perdersi come i segni cuneiformi sulle tavolette d'argilla, come la capa di mummia che conserva Filomena Argento, come la memoria danneggiata degli hard disk?
Ninive, VI secolo la vita di Libbali, sposa del dio-re Assurbanipal, scorre immutabile finché alla ziggurat reale non arriva un giovane prigioniero ebreo dagli occhi color lapislazzulo. Tra Avhiram e Libbali nasce una passione travolgente, destinata a essere scoperta con tragiche nel giorno in cui Avhiram viene giustiziato e le figlie della regina pagano con la vita la colpa della madre, Libbali scampa alla morte grazie a una bambina che porta fra le mani una lucerna e la trascina con sé in una fuga nel tempo senza fine.
Londra, 1848: l'archeologo Henry Layard, scopritore delle città assire, è perseguitato dalla visione di una donna accompagnata da una bambina che porta una lucerna.
Napoli, 1655: mentre la peste infuria il pittore Aniello Falcone incontra la maga Albalì e la sua sfuggente figlia. Nel 1683, l'erudito Sebastiano Resta rinviene un disegno di Falcone che allude a una madonna o a una maga. Ed è il 1881 quando Filomena Argento, ultima di una dinastia di setaioli, eredita quel disegno e incontra Madame Ballu, negromante, e sua figlia...
Infine, nella Napoli di oggi una coppia fronteggia il fallimento di un progetto anche il loro destino sarà segnato dall'incontro con una giovane e luminosa ragazzina.
"Un trauma costruisce un inceppo della finché non è superato ce lo racconteremo, in attesa che le parole lo esauriscano". In questo vertiginoso romanzo di romanzi ciascun personaggio ha un immenso dolore e un amore ardente da attraversare, e dunque da narrare.
Antonella Cilento è nata nel 1970 a Napoli dove vive e insegna scrittura creativa dal 1993. Nel 1998 è stata finalista del Premio Calvino e ha vinto il Premio Pier Vittorio Tondelli nel 1999.
Ha pubblicato per Guanda Una lunga notte (2002, Premio Fiesole 2002, Premio Viadana), Neronapoletano (2004), L’amore, quello vero (2005), Isole senza mare (2009) Asino chi legge (2010); ma anche: Il cielo capovolto (Avagliano, 2000), Non è il Paradiso (Sironi, 2003), Napoli sul mare luccica (Laterza, 2006), Nessun sogno finisce (Giannino Stoppani, 2007, Premio Giulitto 2008). Una lunga notte e Neronapoletano sono tradotti in Germania BTB Bertlesmann.
Numerosi suoi racconti sono in antologie statunitensi, francesi e olandesi, su quotidiani, settimanali e riviste cartacee e on line a partire dagli anni Ottanta.
Ha scritto testi per il teatro, fra cui "Itagliani!" con Margherita Di Rauso e ha collaborato con Teatro Cargo (Genova), e alcuni cortometraggi per Sandro Dionisio e Mario Martone. Collabora con Il Mattino, Corriere della Sera, Sole 24 Ore, Grazia, La Stampa TTL, L'Indice dei libri del mese. Ha fondato nel 1993 a Napoli il Laboratorio di Scrittura Creativa Lalineascritta (www.lalineascritta.it) e tiene corsi e stages di scrittura per allievi di ogni età tutto l'anno in tutt’Italia da 19 anni.
E' organizzatrice di eventi, convegni, rassegne, fra cui Strane Coppie, sei incontri per dodici classici italiani, francesi, spagnoli e tedeschi , manifestazione giunta al quarto anno di programmazione, in collaborazione con Instituto Cervantes, Goethe Institut e Institut Français de Naples Le Grenoble.
Un romanzo decisamente diverso da quelli che siamo soliti leggere in Casa Sterne, una narrazione che si sviluppa attraverso varie epoche e che esplora tematiche importanti. Il tutto inizia a Ninive, nel VI secolo, dove incontriamo per la prima volta Libbali sposa del re Assurbanipal. Un libro che ho impiegato davvero molto tempo per leggere, non perché non mi prendesse, al contrario mi faceva un effetto stranissimo: mi faceva venir voglia di scrivere. Questo mi portava in una situazione difficile perché riuscivo a stento a leggere un capitolo prima di dover correre a mettermi a pc per continuare la stesura del mio libro. Questo lo vedo come qualcosa di molto positivo, sinceramente, e non mi capitava da molto tempo.
Dicevamo che siamo a Ninive, la vita di Libbali all'interno dello ziggurat reale procede scandita da tempi precisi. Le funzioni religiose, il giacere con un marito che ha più interesse negli uomini, ben poche emozioni a scuotere le sue giornate divise fra le donne del suo seguito e le figlie. La situazione cambia quando arriva Avhiram, ebreo e prigioniero, dagli insoliti occhi azzurri messo al servizio dei maghi come dotto e studioso. La figlia di questi lega inaspettatamente con la regina e le sue figlie, una cosa da niente ma che porta Avhiram a richiedere alla regina di lasciare in pace la bambina, perché avranno delle ripercussioni a causa della sua attenzione. L'attenzione fra i due però si consolida, tanto che la regina verrà aiutata da coloro che fanno parte del suo seguito e gli incontri fra i due diventeranno più intensi e passionali.
Peccato che nulla possa realmente sfuggire al dio-re e che la travolgente passione che ha dato vita all'insipida vita della regina si concluda in maniera più che tragica. Avhiram verrà giustiziato, Libbali costretta a presenziare all'esposizione del cadavere costringendo le proprie emozioni nella parte più profonda di sé, finché non si troverà sola. In una solitudine che le attiva un altro campanello d'allarme: dove sono le sue figlie? Le troverà, nei propri sudari, il marito per punirla le ha tolto le bambine e Libbali sa di essere la prossima. A salvarla dalla propria morte è una bambina con una lanterna che la porterà a correre lontano dallo ziggurat, la figlia di Avhiram, scampata alla sua stessa esecuzione e così la donna e la bambina procederanno la propria fuga nel corso dei tempo e dello spazio.
Le rincontriamo infatti nei vari luoghi e tempi che la Cilento ci presenta, nel 1848 a Londra, nel 1655 a 1683 a Napoli. Nel 1881 ancora a Napoli e infine ai giorni nostri. Una donna e una bambina che attraversano epoche e luoghi per compiere la loro vendetta o forse per ritrovare l'amore? Una storia che affonda nel passato per proiettarsi nel futuro e che ci spinge a riflettere sul peso delle nostre scelte e sulla fora che due sentimenti come odio e amore possano avere nello svolgimento di una storia. Libbali riappare sempre, insieme alla bambina in cerca dei due uomini che le hanno segnato la vita, pronta a compiere la propria vendetta e a riscrivere il proprio amore. La memoria che diviene filo conduttore ma può questo filo resistere ai secoli o finirà per sfilacciarsi e mutare?
Personaggi carichi dei propri dolori e dei propri destini, pronti a trasmettere dalla carta la loro intensità. Ho trovato qualche difficoltà nella lettura nelle parti di testo in napoletano, perché non lo capisco e ho dovuto impiegare diverso tempo nella traduzione. Esistono dialetti della penisola che anche se non limitrofi alla nostra zona d'origine abbiamo meno problemi a comprendere, il napoletano non è uno di questi per me. Ho invece apprezzato moltissimo la figura di Libbali in ogni forma che ha assunto durante la narrazione, così come ho letteralmente amato la frase finale del volume e so che non siamo da spoiler in Casa Sterne, è la mia regola madre ma vi prometto che non lo sarà, solo sento che in questa frase si condensi interamente l'anima del romanzo: "[...] per un'indicibile felicità fatta di ricordi, che era anche dolore."
Non sono proprio tre stelle, si potrebbe dire un 3 +++
All’inizio il racconto mi ha travolta completamente, sono rimasta accecata dalle atmosfere dell’antico impero babilonese e dal racconto della regina Libbali che sa di mito, leggenda. Le pagine scorrono, io amo i romanzi in cui i piani temporali (e spaziali) si intrecciano, in cui quel personaggio ritorna con altro nome pur conservando la stessa sete di ricchezza, giustizia o vendetta, la stessa passione amorosa per una donna che appare come un sogno, lo stesso terrore per una figura che sembra venuta da un’altra vita. Dunque, finché non sono giunta alla parte intitolata “Filomena” tutto filava liscio, parola dopo parola mi sentivo di non riuscire a fermarmi mai nella lettura perché volevo sapere. Filomena non è Libbali, non è Assurbanipal, non è Acherib. L’uso del napoletano in questa penultima parte del romanzo è al suo massimo e mi piace assai. È chiaro, è un lungo capitolo di raccordo, che lega assieme l’immagine della regina assira, Aniello-Avhiram-Lo Scozzese e Henry Layard. Ma la narrazione inspiegabilmente rallenta come se la cosa fosse stata tirata troppo per le lunghe. Allora, quando assisteremo alla vendetta finale? L’ultima parte, quella ambientata ai giorni nostri, mi stranisce. Non è che non mi sia piaciuta, ma rompe completamente quella parete di mistero che solo un romanzo dalle atmosfere storiche può dare. Dunque, è il finale a lasciarmi un po’ così, un po’ perplessa. Mi aspettavo che sarebbe accaduto qualcosa di diverso, qualcosa di epico.
Nel romanzo La babilonese l'autrice sviluppa una trama attorno a una figura femminile intrigante e sfaccettata. La storia di Libbali si dipana nel corso dei secoli, iniziando nella Ninive del VI secolo a.C., dove è sposa del re Assurbanipal. Un uomo che ignora la moglie, considerandola solo un mezzo per la procreazione, ma che gli ha dato soltanto figlie femmine.