Boris, quattordici anni, congolese naturalizzato francese, non crede ai suoi occhi quando vede arrivare il padre di cui non ha più notizie da anni e che credeva morto. Boris vive a Bondy, nella banlieue nord di Parigi, con lo zio Fulgence e sua moglie Béatrice, francese bianca. Sono una coppia mista, aperta, moderna. Béatrice crede che Boris sia figlio di Fulgence – a questo titolo, infatti, Fulgence è riuscito a farlo venire dal Congo – e come tale l’ha adottato. Ormai francese, Boris frequenta con profitto l’ultimo anno delle medie. L’arrivo del vero padre spezza la serenità della famigliola tranquilla, gli equilibri si alterano, nasce un conflitto di autorità nei confronti del ragazzo, un problema di identità da parte del nuovo venuto. Una situazione intricata la cui matassa si sbroglia nel corso di un racconto tenero, divertente, leggero e profondo insieme, che segue con acume e ironia le vicende di un ragazzo di periferia integrato eppure africano, le sue pulsioni adolescenziali, i suoi contatti con il mondo borghese di Parigi centro, in cui si innamora della bella Hortense, il suo giro di amici in cui sono rappresentate tutte le nazionalità dell’immigrazione. Un racconto che fa ridere e che soprattutto e uno spaccato lucido del modo in cui si sta trasformando la società occidentale.
Lettura leggera, scrittura scorrevole, ma mi aspettavo di più. La trama sembrava interessante, ma l’argomento non è stato approfondito adeguatamente. Si è rivelato completamente l’opposto di quanto avevo ipotizzato, sono arrivata alla fine insoddisfatta e con una sensazione di “non-finito”. Lo inserisco nelle letture insipide: non una perdita di tempo, ma lontane dall’essere ricordate. Considerando l’argomento sarebbe potuto essere sviluppato e approfondito dando vita ad una storia con più nuances e dando spazio a tutti i personaggi. Se dovete scegliere, prendetelo in prestito in biblioteca.