La storia di una leggendaria scienziata medievale, punta di diamante della Scuola medica salernitana (sec. XI) e autrice di opere di ginecologia e di cosmetica, una donna che seppe dare alle altre donne la consapevolezza della loro dignità e curarne le infermità con i suoi prodigiosi medicamenti.
delusa da questo libro, in particolare, sapevo già xhe Trotula fosse un personaggio femminile che ha smosso, in epoca medievale, le coscienze di molti uomini sia di potere sia di chiesa, facendosi ascoltare e valere grazie alla sua instancabile voglia di conoscere, studiare e applicare in pratica tutti i progressi fatti nel campo della medicina. Ma questa autrice pone tutta la storia un un modo,secondo me, troppo romanzato e pervaso da un sentimento di sottomissione alla religione che, secondo me, cozza violentemente con la determinazione della medichessa a voler risollevare le sorti della donna, pienamente assoggettata all'uomo in ogni momento della sua vita. Ella sapeva di non poter cambiare tutto in pochi anni ma dubito che si ponesse davvero il problema du rispettare i precetti cattolici dell'astensione dai rapporti, per un rispetto verso Dio o il papa.. piuttosto, mi sembra più affine al personaggio il pensiero che questi precetti potessero dare sollievo alle donne costrette ad avere rapporti ad ogni volubile richiesta dei mariti...ora è mia intenzione leggere una versione meno indottrinata del personaggio. ..
Dopo esser caduta nell’oblio per secoli, in questi ultimi anni si può dire persino che Trotula sia diventata di moda: in pochi anni su di lei sono stati scritti libri, spettacoli teatrali e musicali. Due romanzi in particolare hanno avuto molto successo, in Italia e all’estero: "Trotula" di Paola Presciuttini, e "Io, Trotula" di Dorotea Memoli Apicella. L’autrice del primo, fiorentina, allieva di Dacia Maraini e di Lidia Ravera, è una scrittrice di professione; quella del secondo, salernitana, è invece una docente del liceo classico in pensione da sempre appassionata della storia di Salerno, alla sua prima esperienza di narrativa. La differenza tra i due romanzi si avverte, e sembrerebbe tutta a vantaggio di quello della Presciuttini, ma io confesso di aver preferito la Trotula della Memoli Apicella, e non per campanilismo. Paola Presciuttini, infatti, fa di Trotula una donna fuori dal suo tempo, una donna moderna nata nel mondo sbagliato; qui risente molto dell’impostazione femminista della sua maestra Dacia Maraini. Una ribelle, dunque, questa Trotula, una donna senza velo, in lotta contro tutto un contesto che rema contro di lei, dominato dagli uomini, e dalla Chiesa. Una reincarnazione di Ipazia, insomma, o meglio di quello che noi moderni pensiamo sia stata Ipazia, trapiantata in un XI secolo forse con un po’ troppi stereotipi. La Trotula di Dorotea Memoli Apicella è invece una donna inserita nel suo contesto, la Salerno dell’XI secolo. L’autrice s’identifica con la protagonista, attraverso l’uso del punto di focalizzazione interno e della prima persona singolare; e svela così la sua empatia sia con la Salerno storica, quella dei vicoli stretti della città alta in cui è nata, sia con le malattie delle donne, attraverso i racconti raccolti dalla madre ostetrica. E con delicatezza tutta femminile entra in punta di piedi anche nei risvolti privati dell’esistenza di donna di Trotula, durante tutto l’arco della sua vita; come a sottolineare che una donna rimane donna in tutte le età della vita, da bambina come da anziana, anche se verso la fine il racconto si fa un po’ prolisso.