La neve è macchiata di sangue, attorno alla torre del castello di Kransberg. A pochi metri di distanza, il Führer è asserragliato in un bunker, preda di deliri e paure dopo l’attentato del luglio 1944. Ma Johann Maria Adami non ha tempo di pensare al poco spazio che lo separa dal dittatore, ultimo responsabile del suo internamento a Dachau. Il professor Adami ha un scoprire la verità che si cela dietro la morte sospetta di un soldato nazista. Suicidio? O un complotto alle spalle di Hitler? Veil Seidel, l’ufficiale delle SS che lo ha prelevato d’imperio dal campo di concentramento, è un suo ex allievo e costringe Johann a una sfida contro il deve ricorrere a tutto il suo acume per sciogliere l’enigma, non solo nella speranza di salvare se stesso, ma per tenere al sicuro chi più ama. La neve è macchiata di sangue, attorno alle mura della Risiera di Trieste. Non è la prima volta che succede, e Ada teme, anzi, sa che non sarà l’ultima. Ma individuare l’assassino è un’impresa impossibile quando la città stessa è invasa di assassini, che hanno riempito l’aria di cenere e di terrore. Nel seguire le tracce del colpevole, Ada è più che mai non ha più suo padre, catturato dai nazisti perché dissidente e portato chissà dove. Non ha più un compagno, scomparso insieme ai partigiani in fuga. Ha soltanto se stessa, il suo cuore, le sue capacità mediche… e un segreto. Da proteggere a tutti i costi. Questa è una storia di resistenza e coraggio, di orrore e saggezza, di fragilità ed eternità. Questa è la storia di un padre e una figlia, divisi dalla Storia e costretti a lottare con tutta l’anima perché la luce possa tornare a splendere…
Ilaria Tuti lives in Gemona del Friuli, in the province of Udine. She has a degree in economics, has always had a passion for painting, and freelances for a small independent publisher in her spare time. She won the 2014 Gran Giallo Città di Cattolica literary prize for her short story “The Pagan Child.” Flowers over the Inferno is her debut novel.
Risplendo, non brucio è il nuovo romanzo storico di Ilaria Tuti che, dopo averci fatto conoscere importanti spezzoni quasi dimenticati della prima guerra mondiale in Fiore di roccia e Come vento cucito alla terra, ci trasporta nel 1944. In un racconto alternato a due voci incontriamo Johann e Ada Adami, padre e figlia, segnati dal secondo conflitto mondiale. Johann, prigioniero a Dachau, dovrà risolvere il mistero legato alla morte sospetta di un soldato nazista. Ada, seppur libera, dovrà invece muoversi in un intricato labirinto di trappole e orrore. Fino circa a pagina 260 la mia parte preferita era quella raccontata dal padre. L’ho trovata più stuzzicante e allo stesso tempo più storicamente interessante rispetto a quella di Ada. Poi la situazione si è completamente rovesciata rivelando un contesto inaspettato (che a scuola si studia poco). Storie caratterizzate da scelte diverse e da moti di reazione differenti che però infondono un messaggio di concretezza e stabilità: la capacità di splendere senza bruciarsi, senza corrompersi, rimanendo fedeli ai propri principi morali. Anche se la cosa richiede un enorme sforzo. Risplendo, non brucio emoziona e insegna. Ilaria Tuti riesce a regalarci un nuovo libro con cui arricchire la nostra libreria.
Fin da quando siamo piccoli, fin dalle elementari, a chi è nato e cresciuto in Friuli Venezia Giulia, viene raccontata la storia di questa regione. Terra di confine, molto spesso chiusa e dura. Alle volte arida agli occhi degli altri. Ciò che è accaduto, durante la II Guerra Mondiale, su questa terra di confine orientale, molto spesso viene quasi dimenticato, non visto, non ricordato. Ma non da chi è nato, cresciuto e vive in questa regione, come me e come Ilaria Tuti, mia corregionale. Aldilà di alcuni personaggi inventati solo per il nome, ma che in sé rappresentano molto bene ciò che è stato, aldilà dell' ambientazione storica, Ilaria Tuti, con la sua scrittura coinvolgente quasi alla ricerca di ogni singola parola corretta per entrare nella pelle di chi sta' leggendo, riesce a dare luce ad una parte di guerra di un territorio quasi dimenticato. Partendo dalla Risiera di San Sabba, custode ancora oggi di quegli orrori, passando per il capoluogo Trieste, dove il mare coi suoi mille colori porta nel suo silenzio ciò che è accaduto, fino ad arrivare all' estremo confine orientale delle atroci foibe. Impossibile, per chi conosce bene il Friuli Venezia Giulia, non lasciare un pezzetto del proprio cuore in questo libro.
Johann Maria Adami è un professore universitario nonché dottore in traumatologia e medicina forense. Viene internato al campo di concentramento di Dachau per la sua decisa opposizione al Reich e temporaneamente trasferito al castello di Kransberg per esaminare il cadavere di un uomo delle SS, per stabilirne il suicidio o l'omicidio. Ada Adamı è la figlia di Johann, anch'ella dottoressa, vive a Trieste, paese d'origine della famiglia, e cerca di indagare sull'aggressione della giovane Margherita, il cui corpo è stato ritrovato davanti alla misteriosa risiera di San Sabba.
È un altro bellissimo libro di Ilaria Tuti che, come ha già abituato i suoi lettori, ha dissotterrato un altro pezzetto "scomodo" e triste della nostra storia, un altro fatto non così conosciuto ma che merita di essere riportato alla luce per non dimenticare! È la volta della risiera di San Sabba, un ex opificio trasformato in un campo di concentramento nazista a Trieste, l'unico del territorio italiano ad essere dotato di un forno crematorio. Fu utilizzato per eliminare i "ribelli", gli oppositori politici, i partigiani e come campo di transito per gli ebrei destinati ai campi di sterminio. Per raccontare quelle pagine abominevoli, Ilaria Tuti non risparmia scene crude e forti, vere e dolorose nella loro spietatezza. Come un pugno nello stomaco arrivano le condizioni disumane dei prigionieri dei lager, costretti a rinunciare all'amor proprio, alla propria intimità, alla propria famiglia e derubati del proprio nome, sostituito da un numero... privati di dignità e identità, omologati tutti, senza eccezioni, a delle maschere di morte. Nel libro si legge: "chi entrava a Dachau diventava nessuno". Diventa impossibile restare indifferenti a tanto male ed automatico chiedersi cosa possa scattare nelle menti di uomini e donne tanto malvagi! In primis la figura di Hitler, che nel libro ritroviamo negli anni di internamento volontario nel proprio bunker, in seguito all'attentato del 20 luglio. Interessantissima la parentesi sulla sua infanzia: non sapevo che fosse stato paziente di Freud, che ne aveva consigliato il ricovero in una clinica psichiatrica infantile per i suoi sogni di morte. Chissà se il padre, sempre violento con lui, non si fosse opposto... E chissà quale sarebbe stata la risposta a queste domande: "Quando, in quel cuore bambino, era sbocciato un fiore nero e il ragazzo aveva iniziato a pensare che sterminare i propri simili fosse giusto? Quando l’umanità in lui era sparita per considerare altri non degni di venir chiamati esseri umani?". La trama è ben articolata e porta avanti due storie parallele, le storie di padre e figlia, lontani ma accomunati dallo stesso orrore, che finiscono per confluire nell'epilogo. Al tempo stesso, oltre al contesto storico reale, l'autrice si concede anche un filone più misterioso, due casi da risolvere, due colpevoli da individuare. La Tuti è sempre molto brava a sviare ogni supposizione, ogni sospetto, a rimetterli in gioco, con una cura per il dettaglio che non risulta mai ininfluente. Nonostante ciò c'è qualcosa che non funziona, qualche spiegazione mancata, qualche dubbio che rimane, ed è un peccato. Anche il finale l'ho trovato un po' frettoloso, avrei gradito qualche chiarimento in più, nonostante il gran finale mi abbia pienamente soddisfatta! Tra i personaggi ne ritroviamo alcuni realmente esistiti e la cui condotta fa rabbrividire, oltre ad alcune pratiche (come l'epurazione di minorati mentali e fisici) realmente attuate assolutamente disumane. Ho sicuramente apprezzato la ricerca storica della Tuti ed il taglio dato al libro, con un messaggio di speranza che viene proprio da quel protagonista che nella sua sofferenza riesce a restare umano... Bello, bello, bello, nonostante la parte mistery che non mi ha pienamente convinta!
Purtroppo non è all’altezza dei precedenti. Ilaria Tuti io l’adoro, ma qui non mi ha entusiasmato. È la storia di un padre e una figlia, entrambi medici, nel 1943, uno deportato a Dachau e l’altra rimasta a Trieste. Entrambi si trovano a lottare contro Il Male assoluto del nazismo, separati, ma uniti.
Due indagini che hanno in comune la crudeltà e la malvagità dell'essere umano durante la Seconda Guerra Mondiale. Padre e figlia si ritrovano a chilometri di distanza a risolvere due crimini diversi. Una storia difficile e cruda, come può esserlo solo la Guerra. Poca ma presente speranza, con dubbi, paure ed ostacoli. Un libro che nonostante l'importanza della testimonianza (anche romanzata) non mi ha particolarmente presa e colpita.
Ilaria Tuti in “Risplendo non brucio” è tornata a parlare di guerra. Scrive nei ringraziamenti: “Ho scelto di tornare a scrivere di guerra, di una guerra ancora più tragica, perché i conflitti ancora ardono. L’ho fatto attraverso una storia di fantasia, ma come sempre sono tanti i riferimenti veri, i personaggi storici che gravitano attorno a quelli inventati.”
La storia è ambientata nella Risiera di San Sabba, che ho visitato un po’ di anni fa e che mi ha scossa profondamente. Le mura, come quelle di Auschwitz, sono state testimoni dell’orrore.
“La Risiera di San Sabba non è solo un Monumento Nazionale sede del Museo della Resistenza, fatto di cemento e pietra, di celle della morte che ancora oggi tolgono il respiro e finestre che sono occhi. È un luogo sospeso tra terra e spirito, dove si percepisce il peso delle esistenze sfortunate che vi sono transitate, è un sepolcro senza corpi, ma con un pugno della loro cenere murato per sempre al suo interno. È sospesa anche la sua storia, perché giustizia non è mai stata fatta. Il processo si svolse nel 1976 dopo un iter giudiziario durato tre decenni, e Josef Oberhauser, condannato all’ergastolo, non scontò mai la pena. Nell’aprile del 1945, prima di scappare, le SS fecero saltare con la dinamite il forno crematorio, di cui sopravvive il profilo in muratura. Tra le macerie furono recuperati cenere e resti ossei umani. Dopo la Liberazione, il Governo Militare Alleato ordinò l’imbiancamento a calce dei locali per scopi igienici, ma di fatto cancellò così ogni possibile prova delle torture inferte e i nomi di chi le aveva ordinate e compiute. Di quelle scritte e di quei graffiti lasciati dalle donne e dagli uomini prigionieri sulle pareti della Risiera abbiamo tuttavia testimonianza parziale nei diari del professor Diego de Henriquez, a cui furono concessi pochi giorni per ricopiarle. Diari oggi conservati presso il Civico museo della guerra per la pace a lui dedicato. In una di quelle pagine è impressa la frase LASCIATE OGNI SPERANZA VOI CHE ENTRATE ricordata in questo libro.”
Ora, a ottant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale, non abbiamo imparato niente da quegli orrori, visto che nella striscia di Gaza la Dichiarazione dei diritti umani è stata violata da tempo e ancora non si pone fine ai conflitti.
“Non c’erano parole che potessero descrivere come ciascuno vedesse nell’altro la devastazione di ciò che un tempo era stato. Quelle parole non le avrebbero trovate per lungo tempo, forse mai. Ada posò il capo sulle ginocchia di quel viandante malconcio, sentì le sue ossa premere sotto la guancia, gli baciò le mani e finalmente poté abbandonarsi al pianto. Per il sollievo, la pena, l’amore, la tristezza, la colpa. Nel profondo, anche per la speranza. Erano due sopravvissuti. Lei aveva attraversato l’inferno. Lui lo aveva abitato, ne era risalito ed era tornato per raggiungerla.”
Devo dire che, rispetto ad altri romanzi di Ilaria Tuti, sempre senza il commissario Battaglia, non mi ha entusiasmato: l'ho trovato abbastanza inverosimile ma soprattutto tirato via nel finale: non si capisce come il nonno riesca a trovare il nipote, non si capisce perchè sia stato chiamato proprio lui, un prigioniero, a risolvere un caso a km0 da Hitler, e così via.
La Tuti mi convince con Teresa Battaglia ma quando si cimenta in altro... Pesante, a tratti assurdo e con un finale buttato lì e poco credibile. Per me è no. Voto: 5
Due indagini parallele ambientate in due diverse zone nevralgiche dell'Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. Il dottor Johann Maria Adami viene fatto uscire da Dachau, all'interno del quale è stato rinchiuso come oppositore politico, per indagare sulla morte di un soldato nazista morto a breve distanza dal bunker in cui Hitler si è rintanato dopo l'attentato del 20 luglio 1944. È lo stesso Hitler a chiedere di risolvere al più presto la questione, nel timore che possa trattarsi di una nuova congiura, ed è l'ex allievo di Johann, Veil Seidel, diventato nel frattempo una arrogantissima SS, a portarlo al castello di Kransberg. Nel frattempo, a Trieste, la figlia di Johann, Ada - anche lei medico - indaga sulle raccapriccianti aggressioni ad alcune ragazze nelle vicinanze della Risiera di Trieste: l'ultima vittima, la sua giovane paziente Margherita, si è salvata per un soffio, ma il padre - che non ha voluto denunciare l'aggressione - la fa tenere sedata da un altro medico inetto. Ada vive un momento difficilissimo: il padre l'ha abbandonata facendosi rinchiudere a Dachau per questioni etiche più che politiche; Marco, suo marito, è scomparso senza far sapere più nulla. Ada non ha potuto neanche dirgli niente del figlio che aspettava e che adesso è nato e lei tiene nascosto a causa di una piccola deformità alla gamba. Un romanzo pervaso dall'inizio alla fine dalla cappa scura della malvagità umana, che per me è stato difficile da leggere in questo periodo in cui cerco letture più leggere, malgrado la scorrevolezza della scrittura di Tuti. Grazie a questo romanzo ho colmato - anche se in minima pare, naturalmente - le lacune storiche che avevo riguardo a Trieste durante la Seconda Guerra Mondiale.
Un romanzo che dietro alla storia narrata, ai due enigmi da risolvere, mette sullo sfondo un periodo storico, quello della seconda guerra mondiale, che non lascia indifferenti. Episodi, situazioni e stati d'animo raccontati dalla Tuti in modo diretto, crudo e straziante. Un periodo storico che ci pone davanti a delle scelte e che ci spinge a chiederci cosa avremmo fatto noi se fossimo stati i protagonisti di questa storia. Saremo riusciti a lasciare tutto per la nostra integrità morale? In un mondo dove non ci si può fidare di nessuno, dove emerge la banalità del male, atti mostruosi fatti da persone normali; dove si diventa bestie per sopravvivere, dove l'egoismo si impossessa di noi per far valere i nostri valori e la nostra voglia di continuare vivere.
"Risplendo non brucio" un romanzo che richiede assenza di giudizio, perché non sai dove ti porterebbero certe situazioni se il protagonista o la vittima fossi tu, come ti porterebbero ad agire o cosa ti farebbero dire per salvarti!
Attraverso un'esplorazione di posti che hanno visto atroci crudeltà, da Trieste (la Risiera di San Sabba) ai campi di concentramento di Dachau, Ilaria Tuti con l'alternanza di capitoli dedicati a Johann e ad Ada, ci trasporta in modo dinamico ma riflessivo dentro queste due storie, riportando alla luce anni di guerra, povertà e dolore, che nel mondo ancora persistono, creando nel lettore momenti di riflessione e tristezza per un mondo fatto di uomini dall'anima nera. Quel nero, (come dice la Tuti) prima o poi, si sarebbe tramutato in vergogna?
Coriaceo, feroce, doloroso. “Risplendo non brucio” è l’ennesima prova narrativa di Ilaria Tuti, che fonde il racconto thriller nel romanzo storico, omaggiando tra l’altro la sua terra, il Friuli, una regione dura ma ricca di bellezze e temprata dall’umanità e dalla caparbietà dei suoi abitanti. E’ qui, tra le vergogna della Risiera di San Sabba, campo di concentramento triestino, che Ada Adami è chiamata a far luce sulla morte di una giovane cristiana, Margherita, il cui corpo è stato rinvenuto entro le mura del campo. Parallelamente seguiamo le vicende del dottor Johann Maria Adami, padre di Ada e internato a Dachau, al quale viene chiesto di investigare sulla morte di un gerarca nazista, col dubbio che non si tratti di un suicidio ma di un omicidio. Più delle due indagini parallele, ciò che colpisce e che si ama di questo romanzo di Ilaria Tuti è il clima plumbeo che si respira dall’inizio alla fine, un cielo oscuro destinato a gettare in ombra il nostro animo, a trasferirci la pesantezza di quel muro di ostilità e oppressione che vivono i nostri protagonisti, padre e figlia: due lotte personali che alla fine si uniscono e diventano, loro malgrado, simbolicamente, una sola lotta contro il male, o meglio contro le forze che il male aveva assunto a quel tempo e in quel contesto. Un dramma di resistenza e coraggio in un romanzo intenso e meritevole.
Quest'autrice mi è stata più volte consigliata e ho capito il perché. Una scrittura decisa e netta, ottima per raccontare storie dense e forti. Credo che questo libro possa essere classificato come thriller storico, se esiste come categoria. Ambientato verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, racconta la storia e i percorsi di un padre e una figlia, entrambi medici, lui si trova nel cuore della Germania, lei nella zona di Trieste. Ho trovato il filone di storia legato alla figlia molto bello e interessante, la storia dell'Italia orientale è un argomento che mi cattura, forse perchè spesso viene tralasciato o non approfondito. Inoltre, ho trovato il personaggio della figlia veramente ben descritto e caratterizzato. L'ho trovato un'ottima lettura e credo procederò nel conoscere i lavori di questa autrice.
Storie entrambe un po' forzate e piuttosto scontate, il libro si posiziona a cavallo fra il documento storico, l'omaggio all'onore e alla resistenza triestini e il thriller. Non il libro migliore dell'autrice, ma come sempre scritto molto bene
Inizio folgorante, le premesse c’erano tutte; purtroppo procedendo con la lettura la trama si è rivelata, a mio giudizio, inverosimile e argomenti così tragici sono stati liquidati in maniera superficiale e frettolosa.
Potente thriller storico, se posso permettermi il termine, questo Risplendo non brucio di Ilaria Tuti. Ambientato verso la fine della seconda guerra mondiale, vede l’intrecciarsi dei destini di padre e figlia, entrambi medici, l’uno nella Germania dei campi di concentramenti e nel cuore del Terzo Reich, l’altra a Trieste non lontano dalla Risiera di san sabba. Sono entrambi i personaggi impegnati in una lotta serrata per la loro sopravvivenza e contemporaneamente nell’indagine su alcune morti misteriose dove il male ha prevalso. Il titolo stesso del libro è molto significativo. “Risplendo” cioè ho dentro di me una scintilla che brilla, una scintilla di umanità, di resilienza in mezzo alla bruttura del male, “non brucio” perché non soccombo alla brutalità! È certamente la loro una lotta disperata per far prevalere la dignità umana di fronte all’orrore. È un romanzo forte e potente nel quale la Tuti con una prosa molto incisiva mette in evidenza le complesse dinamiche psicologiche tra i personaggi. Un buon monito a non dimenticare la Storia.
“Luceo non uro” è la frase cara al protagonista di questo libro. “Il testamento di un uomo che sapeva di dover morire e che le chiedeva vivere pienamente, ma di non rinunciare mai alla propria integrità, di attraversare le avversità e i pericoli senza soccombere a compromessi morali.”
Johann Adami, è uno stimato professore di traumatologia e di medicina forense che si è rifiutato di piegarsi al nazismo e per questo si trova internato a Dachau. Lì Johann non è un professore, e non si sente nemmeno più un uomo: ha lasciato ogni speranza entrando, è diventato bestia, guidato dall’ istinto animale di sopravvivenza. È ridotto ad uno scheletro, quando viene prelevato dal campo di concentramento da un ex allievo, ora ufficiale delle SS, e costretto a risolvere un mistero: deve scoprire se la morte sospetta di un soldato nazista può celare un complotto contro Hitler, che, chiuso nel proprio bunker, è prigioniero delle proprie paure, demone in balia dei propri demoni. Per il professore una corsa contro il tempo che gli impone di ricorrere a tutto il suo acume per sciogliere l’enigma, non solo nella speranza di salvare se stesso, ma per tenere al sicuro chi più ama. Sua figlia, Ada, rimasta a Trieste, anche lei medico, non riesca a perdonare la scelta del padre, ma, anche lei, rifiuta di piegarsi: ha soltanto se stessa, il suo coraggio e un segreto da proteggere a tutti i costi in una città invasa dalla paura e dalla morte. Anche lei è alle prese con un mistero. Un “lupo” malvagio che sevizia giovani ragazze e che agisce intorno alla Risiera di San Sabba, un luogo terribile in cui partigiani e oppositori entrano, ma nessuno esce mai. E Ada capirà qual è l’origine della cenere che si confonde con la neve.
Un padre e una figlia che sfidano le atrocità del loro tempo e lottano per restare umani, per risplendere e non bruciare. Un giallo storico incalzante, una storia di paura e coraggio, di fragilità e forza. La Tuti riesce sempre a catturare il lettore e a farlo precipitare nella narrazione con la sua scrittura densa di emozioni. Una scrittura elegante e così evocativa da rendere vivo ogni dettaglio sia quando descrive i sentimenti e le difficili scelte dei protagonisti, sia quando catapulta il lettore un contesto storico tragico e pieno di orrori.
“Risplendo non brucio” è un romanzo storico magistralmente scritto ed emotivamente coinvolgente come tutti i libri di questo genere ("Fiore di roccia" e "Come vento cucito alla terra") della Tuti. Scritto a due voci, padre e figlia, emerge fin dalle prime pagine la sensibilità della autrice nel raccontare una storia così delicata ambientata in un periodo storico difficile (precisamente nel 1944) in cui l’Italia era invasa sia da tedeschi che da titini. Personalmente ritengo la Tuti una delle più grandi scrittrici italiane attualmente in circolazione e anche in questo libro conferma questa fama. Leggete i suoi libri perché arricchiscono, coinvolgono, stupiscono, lasciano sempre una traccia ma soprattutto non sono mai giudicanti: il lettore è libero di conoscere e farsi una sua opinione perché fondamentalmente le cose non sono mai bianche o nere. Come dice Johann “l’uomo è lupo per gli altri uomini” ma l’importante è trovare la forza di “risplendere e non bruciare”. Un messaggio intenso, potente e decisamente attuale che parla di speranza, altruismo e amore verso gli altri. Meraviglioso. Da leggere assolutamente.
Un padre e una figlia, l'uno prigioniero in un campo di lavoro e costretto ad indagare sul presunto suicidio di un fedelissimo di Hitler, l'altra costretta alla fuga perché appartiene alla resistenza. Non sanno più nulla l'uno dell'altra, il loro legame è forte e, in questo mare di orrore della guerra, entrambi navigheranno a vista. In questa storia dove si alternano capitoli di lui a quelli di lei, non si perde il filo, si va avanti voraci pagina dopo pagina per sarepe cosa ne sarà di loro.
«Perché è quando sei più fragile e le albe che vedi più che mai preziose, che davvero conta chi hai accanto. Chi è rimasto, nonostante tutto.»
“…sperava che suo figlio ardesse di uno spirito indomito ma gentile, perché la vera forza risiedeva nel costruire e non nel distruggere, e molto più spesso nel percorrere il proprio sentiero resistendo a forze avverse.”
Verso la fine del secondo conflitto mondiale, Johann Adami, medico e professore universitario di medicina legale, viene prelevato dal campo di concentramento di Dachau e portato al castello di Kransberg dove il Fuhrer e’ nascosto dopo l’attentato di luglio 1944. Johann ha un compito: scoprire la verità sulla morte di un giovane soldato nazista. L’obiettivo è capire se si sia suicidato o se dietro la sua morte si nasconde un qualche complotto contro Hitler.
Intanto a Trieste, Ada figlia di Johann e medico anche lei, cerca di sopravvivere in una terra sempre più ostile, dopo la scomparsa del compagno e senza l’appoggio di suo padre…
Un romanzo molto bello, scritto in modo impeccabile. Ilaria Tuti coinvolge il lettore fino all’ultima pagina. Crude ma reali le descrizioni delle vicende narrate e ben contestualizzate nello sfondo storico. Una storia di orrore ma anche di speranza, perché bisogna sempre cercare di risplendere anche nei periodi più bui della vita.
Un padre ed una figlia che si trovano a distanza di migliaia di chilometri a dover risolvere delle morti misteriose. Il padre si trova nel nido dell'aquila, penultimo rifugio di Hitler, ormai alle prese con una probabile sconfitta e sempre piú paranoico. La figlia si mette alla ricerca di quello che anni dopo verrá nominato "serial killer", nella Trieste dopo l'armistizio firmato da Badoglio, occupata dai tedeschi e circondata dall'esercito di Tito. Una bella storia nonostante la disperazione sia onnipresente.
“Di coraggio ne avrebbe avuto bisogno. Ma in greco Alessandro significava anche “difensore degli uomini”. Ada sperava che suo figlio ardesse di uno spirito indomito ma gentile, perché la vera forza risiedeva nel costruire e non nel distruggere, e molto più spesso nel percorrere il proprio sentiero resistendo a forze avverse”.
Anche questa volta, grazie Ilaria che mi hai mostrato uno degli innumerevoli volti di questa guerra, sconosciuto ai molti. Grazie per la potenza delle tue parole che arrivano al cuore e alla mente come forti schiaffi, forti terremoti, che smuovono la coscienza e fanno riflettere sulla violenza che, ancora oggi, abita il mondo.
Questo meraviglioso #libro è un vero affare: con l'acquisto di un solo libro ne avrete due. Non sono impazzita né tantomeno ho fatto uso di alcolici 😜. In quest' opera ci sono ben due storie distinte che viaggiano per tutto il racconto su due binari paralleli, a capitoli alterni, ricongiungendosi solo nelle ultimissime pagine.
La penna magistrale di #ilariatuti ci racconta la triste realtà vissuta da alcuni nostri connazionali durante la seconda guerra mondiale, i campi di concentramento, le foibe triestine, la crudeltà dei gerarchi nazisti equiparabile solo a quella dei Titini, la morte. In tutto questo però si trova anche spazio per l'amore di un padre verso la figlia, di una madre verso suo figlio. C'è anche un mistero da risolvere e tanti riferimenti storici, nomi di personaggi realmente esistiti ed eventi storici realmente accaduti, l' ombra del Fuhrer ormai al tramonto, con le sue paranoie e le sue deliranti teorie.
Lo stile è davvero molto scorrevole, la trama avvincente ed i capitoli brevi. Vi catturerà sin dalle primissime pagine. Se non è ancora chiaro MI È PIACIUTO TANTISSIMO! 📚📚📚📚📚/5 #risplendononbrucio #libribelli #receumile #recensionivelocidilibri #consiglilibrosi #consigliletterari #secondaguerramondiale #campidisterminio #book #bookstagram #leggo
Risplendo non brucio di Ilaria Tuti. Padre e figlia sono i protagonisti di questo struggente romanzo. Distanti chilometri l'uno dall'altra, ma uniti dal grande amore reciproco. Johann, medico e docente di medicina forense, internato a Dachau e fatto uscire per volere del Fuhrer, per indagare sulla misteriosa morte di un soldato, avvenuta al Castello di Kransberg, il nido dell'Aquila. Ada, anche lei medico come il padre, impegnata ad indagare su alcune aggressioni a giovani ragazze avvenute a Trieste. Esposta a qualsiasi pericolo, braccata dalle SS e disposta a tutto pur di proteggere il suo piccolo grande segreto. Ambientato nell'ultimo anno della Seconda Guerra Mondiale, dove, morte, odio e crudeltà, raggiungono un livello disumano, non solo nei confronti degli ebrei, ma anche nei confronti di chiunque inteferisse con la folle e delirante dittatura del Fuhrer. Un libro da leggere assolutamente, per ricordare e non dimenticare. Ho voluto aspettare qualche giorno prima di recensire Risplendo non brucio di Ilaria Tuti. Dovevo far sedimentare quel turbinio di emozioni e turbamenti affiorati dai ricordi di famiglia. Ferite mai rimarginate, momenti di paura e dolore, celati per molti anni, raccontati solo a metà per cercare di alleggerire quel peso troppo pesante da portare. Quello raccontato in questo straordinario romanzo, è quello che tantissime famiglie hanno vissuto durante la seconda guerra mondiale in Friuli. Ognuno di noi ha storie tragiche da raccontare o da ricordare. Il terrore era ovunque, ogni giorno in più di vita ero un dono...oppure un inferno... Domande a cui non avrò mai risposte, ma continueranno a turbare i miei pensieri. Che fine ha fatto il fratello del mio nonno materno, dopo essere stato catturato dai tedeschi? Nessuno è mai riuscito a trovare la risposta. Non un messaggio, una prova, il suo nome non è mai comparso su nessuna lista. Disperso... è stata la conclusione dopo diversi anni. Che cosa ha subito il nonno nelle mani dei tedeschi? Riuscito a sfuggire in modo roccambilesco e a nascondersi fino alla fine della guerra. Non ha mai voluto parlare di quei giorni troppo bui. Cosa ha provato la mia nonna paterna messa al muro e poi per puro miracolo scampata alla fucilazione? Non ha mai voluto raccontare quel momento, ma i suoi occhi avevano sempre quel velo di tristezza di chi ha visto troppo. Avrei voluto fare a loro tante domande, ma se ne sono andati troppo presto, ed io, ero troppo giovane per insistere e trovare le parole giuste.
"Una pace tiepida si era posata su quel lembo di mondo. La primavera premeva in ogni stelo, in ogni nuovo getto. Ada la sentiva negli odori verdi. Il gelo inusuale degli ultimi giorni non era stato abbastanza forte da fermare la vita che era in procinto di esplodere, gloriosa."
Emozionante. Da leggere tutto d'un fiato. Un libro che non racconta una storia, ma la fa vivere al lettore. Forse perché, conosco bene i luoghi in cui l'azione si svolge.
Molto molto bello. Ci sarebbe da dilungarsi parecchio con la recensione. Accurata descrizione, storia, empatia coi personaggi. Una scrittura che catapulta negli orrori della guerra con una storia avvincente. Bellissimo il finale.