Il protagonista di questo romanzo è Walter Siti. Non il Walter Siti in carne e ossa ma il personaggio che l'autore ha inventato nei suoi libri precedenti. Un uomo che ha deciso di cambiare vita, di abbandonare quella illusione di onnipotenza in cui si è cullato per trent'anni, e che dopo tante storie effimere si è adattato alla relazione "umana troppo umana" con un nuovo compagno. Il passaggio dal desiderare all'essere desiderato, e il contemporaneo trasferimento da Roma a Milano, significa per lui la fine dei sogni facili e l'assunzione di una responsabilità a lungo rimandata. Sullo sfondo di questo percorso personale, un interrogativo più profondo: davvero per gli italiani è possibile risvegliarsi dall'incantesimo, dimenticare il "sole in tasca" del loro leader idolatrato e odiato in ugual misura? Esiste una via d'uscita che non sia semplice recessione? O, come il vecchio protagonista teme per sé, l'uscita si configura soltanto come un ennesimo trompe-l'oeil, dove le ossessioni non si sconfiggono combattendole ma si eludono parlando d'altro?
Dopo aver affermato che "resistere non serve a niente", Siti propone qui la sua exit strategy, entrando più pesantemente nella struttura narrativa e costruendo un pretenzioso parallelo tra le sorti sentimental-sessuali del protagonista e la parabola della politica italiana. A parte qualche pagina conclusiva più esplicita e incisiva, il parallelo funziona così così. E a farne le spese è anche la scrittura (che, a parte qualche vezzo, non è mai al livello del libro precedente).