The Call of the Ice was written during Moro's dramatic winter attempt on Nanga Parbat in 2012, his twelfth attempt on that mountain during weather delays and other breaks in the climb. Moro reflects on past climbs and partners, including the death of his longtime friend and climbing partner, Anatoli Boukreev, on Annapurna, his mourning when Boukreev died, and his subsequent recovery; Denis Urubko and the nature of climbing partnerships; two attempts on Shisha Pangma; Broad Peak; Makalu; and Gasherbrum II, which he, Urubko, and Cory Richards completed in February 2011 despite near-tragic moments when they miraculously escaped after being swept away by an avalanche. Many of Moro's climbs do not result in a summit and he explains why his interest lies in the attempt itself. In addition to these reflections, we relive in real-time his attempt on Nanga Parbat, which he and Urubko had to abandon after 51 days and 6600 meters!
Interessante diario di viaggio dell'alpinista Simone Moro, grande scalatore degli 8000 in inverno. Nel 2011 il 2 febbraio porta a termine la prima salita mondiale invernale del Gasherbrum II (Karakorum, 8035 metri) in compagnia di Denis Urubko e Cory Richards. Con questa incredibile impresa entra nella storia come il primo alpinista al mondo ad aver raggiunto tre cime di 8000 metri in completa stagione invernale. Lo consiglio agli amanti dell'avventura e ovviamente agli appassionati di montagne.
sono partita poco convinta: mai mi sarei avvicinata a un libro su uno sport invernale se non ci fosse stata la challenge tematica di goodreads italia, che ha voluto omaggiare le olimpiadi invernali nel mese di febbraio. la narrativa di simone moro sicuramente non è letteraria, ma le sue premesse sono chiare sin dall'inizio: è lui a scrivere, non si fa aiutare da nessun ghostwriter. perciò, aggiungo io, dobbiamo considerare che il suo mestiere è un altro, non propriamente nel settore umanistico. se si vuole apprezzare la lettura bisogna prendere "la voce del ghiaccio" come un reportage, e non aspettarsi nessun climax, colpi di scena o particolari convenzioni narrative. se un personaggio inizia a tossire, non è detto che quella situazione evolva; se le dita dei piedi gli stanno per andare in necrosi, non avremo lamentele o introspezione o riflessioni profonde.
però.
ci sono degli spunti di riflessione che non mi aspettavo. uno su tutti, mi ha stupita l'umiltà con cui devono fare i conti gli alpinisti e le alpiniste che scelgono di affrontare una montagna himalayana in inverno, a meno 50 gradi centigradi. umiltà, sì: perché se lanci questa sfida a te stesso lo fai per ambizione... ma giunto sulla montagna è lei che vince. la montagna non si addomestica: la si aggira. non la si convince né la si imbroglia: le si obbedisce. il "coraggio di rinunciare", come è anche intitolato un capitolo, deve caratterizzare l'alpinista ambizioso, che deve ritenersi soddisfatto anche se è arrivato a 250 metri dalla cima, perché il sole sta per tramontare e se vuole sopravvivere deve fermarsi. questa riflessione da sola vale le quattro stelle del libro.
Well, the first thing one will ask while reading this book is how many times the author used the words "I", "me" and the like. This book is advertised as an authentic report of an incredible athlete that accomplished a few extraordinary things. In fact you'll find a guy that is just raving about his own successes and praising himself endlessly while he actually would have something to say.
Surely it is hard to write a good book within 20 days while being in the base camp and climbing up a mountain during freezing and raging winter storms. Whoever had this idea didn't seem to have bargained for a quality report but just for some manuscript of a famous person.
Another problem is the way Moro reports his past adventures. The way he let's the people speak is just very stiff and unnatural. Maybe the German translation is at fault here because I didn't get the impression that they were trying very hard either.
After all it's just sad to see the fascinating life of a man being portrayed in this uninspiring and dull way. It was clear that Moro's memories of the past events had already faded and he hadn't tried to reconstruct them with a lot of effort.
I will definitely keep reading books about climbing and alpinism because there is so much to learn from people that pushed themselves to their limits under these drastic and life threatening conditions - it just won't be a book written by Simone Moro.
He’s an alpinist, not a writer, but there was so much fascinating stuff, especially with the non-western cultural insights. Plus the mountaineering winter ascents, fast and light. I got a lot from reading this.
Simone Moro è senza dubbio un alpinista eccezionale, può senza dubbio essere accostato ai grandi nomi (Messner, Bonatti, Terray...) ed è indubbiamente un ottimo comunicatore. Il racconto delle sue imprese quasi impossibili (le invernali sugli Ottomila) ti incolla alla pagina (o meglio... allo schermo del mio ereader!) ed è davvero un'emozione dall'inizio alla fine leggere delle sue esplorazioni. Eppure questo libro, rispetto a Cometa sull'Annapurna, sembra più una trascrizione di un racconto fatto a voce che un vero libro. Da un altro ha un fascino particolare, è come se Simone stesse proprio raccontando a te delle sue avventure, dall'altra non mi ha convinta fino in fondo (ma solo ed esclusivamente sul piano della forma).
Though disjointed and rambling at times, this is an entertaining read since it features some hilarious moments as well. Plus it goes pretty quickly since there isn't really much to talk about other than Moro railing against his critics and taking satisfaction in having proven them wrong by surviving 'impossible' ascents unscathed - much in the same vein that Messner did 30 years earlier. A good book for supporting the claim that recent high-altitude mountaineering can be as inspiring as the "classics" of the 1970s and 1980s.
Simone Moro’s book is honestly written poorly, but it’s easily forgotten from the sheer force of his adventures.
Even with the barely passable writing, the dangers described are mind-boggling enough to make any reader attentives.
Mr. Moro takes the reader through his legendary ascents of 8,000-meter peaks in winter. You’ve got to be a special kind of masochist to enjoy this practice!
But to each their own I suppose, and I was happy enough to follow along from my armchair.
Avventura ed esplorazione raccontate con schiettezza e purezza di sentimenti. Non ci sono poesia e contemplazione, non c’è tempo per sguardi prolungati che scrutano gli occhi di qualcuno o si rivolgono cauti e attenti al proprio animo, ma ci sono intuizione brillante e azione lucida impregnata di entusiasmo e amore. Ispira vigore e coraggio per le proprie personali esplorazioni.
Simone Moro è infaticabile, su questo non si discute. È sempre dietro a sponsor, conferenze, brevetti per piloti, costruire scuole in Asia, organizzare spedizioni e partire. Non pago di essere così preso da essere lontano da casa circa sei mesi all’anno, ultimamente ha deciso di utilizzare i tempi morti delle sue spedizioni invernali per scrivere i suoi libri. Sì, al plurale. Simone è consapevole di aver scritto dei capitoli della storia dell’alpinismo, è consapevole del potere della parola scritta di un libro (e non quello di una rivista) per il suo perdurare nel tempo e ama raccontarsi, soprattutto ama raccontarsi senza intermediari (come sui social, altro luogo da lui molto amato per narrare delle sue imprese). E questo perché, a quanto pare, non gli piace quando sono altri a raccontare di lui, non gli piace le cose che dicono di lui che, secondo Simone, non corrispondono a verità. Così, nel tempo, ha scritto nel frattempo parecchi libri, gli ultimi sempre più brevi, variegati nelle tematiche, dalla paura, alla paternità, da manuali di semi-self help (in questo caso a due mani con la sua manager) sul lavoro (come cambiarlo, come lavorare in squadra), a storie di grandi cordate come quella con Mario Curnis. Nella pagina scritta poi, Simone si sfoga dalla tanta rabbia che cova dentro vis à vis dal mondo – in generale e di quello dell’alpinismo nello specifico, che secondo lui gli è avverso e lo critica ad ogni pié sospinto. Nonostante gli anni di angherie subite (a livello verbale), Simone, sicuro di sé, dei suoi risultati in montagna se da una parte non ha alcuna intenzione di cedere o di cambiare qualcosa nel suo atteggiamento, dall’altra non riesce nemmeno ad elevarsi dal nervosismo che gli provoca chiunque gli stia accanto. Non è in pace, Simone Moro, prima che con gli altri, con sé stesso. Polemizza, puntualizza, accusa senza mai però puntare chiaramente il dito (con parole come: “nessuno mi dice in mai le cose in faccia, nessuno mi scrive mai sul mio profilo Fb. Chi è “nessuno”? E se nessuno mai gli dice le cose in faccia, come fa a sapere cosa gli dicono?) e poi non perde occasione (ma ho capito che lo fa inconsciamente) per mettersi sul gradino più alto, rispetto a chi gli sta accanto. Insomma, è un po’ difficile stargli vicino, soprattutto per quest’ultimo suo aspetto: non che non sia una persona generosa, ma ho avuto l’impressione che se ti fa una cortesia poi te la fa pesare tanto perché appunto ci tiene a risaltare meglio di te (affermo questo anche dalla lettura di altri testi). Per quanto riguarda poi lo specifico di questo libro, esso non incontra particolarmente i miei gusti perché Simone non dedica (mai o sennò solo in maniera molto blanda) spazio alla condivisione delle sue riflessioni personali e di conseguenza il materiale che poi ne risulta è un po’ uguale a tanti (suoi innanzia tutto ma anche uguale a tanti altri) perché in una spedizione himalayana, estiva o invernale, troviamo comunque il crepaccio, la salita erta e complicata, le vecchie corde di cui non si sa se fidarsi o no, il mettersi a bollire la neve per idratarsi, lo smarrimento del campo causa scarsa visibilità, le temperature polari, il vento fortissimo, l’aria sottile, il respiro corto e via dicendo. Se si scrive un libro, bisogna anche scrivere di dettagli (meglio se riflessioni!) che contraddistinguono in maniera unica questa spedizione. Unica nota davvero commovente è l’amicizia verso Anatolij Boukreev – sembrava che potesse succedere lo stesso anche con Denis, ma a quanto pare, le cose poi si sono sviluppate diversamente anche se in questo libro, del lontano 2012, ancora non ci sono cenni alla loro rottura che avverrà quattro anni dopo, nel 2016: il Nanga Parbat sarà la loro ultima cordata insieme.
Zitat: »Ich träume davon, etwas Neues zu machen. Abenteuer sind der Motor meines Alpinismus.«
Etwas Neues war es tatsächlich, was der Italiener Simone Moro unternommen hat. Schon früh auf Höhenbergsteigen spezialisiert, wollte er die Berge abseits des große Tourismus besteigen. Die Entscheidung, die Besteigungen im Winter zu mache, fiel ihm deswegen nicht schwer. Er ist der erste Alpinist, der drei Achttausender im Winter bestiegen hat.
Gleich zu Anfang steht fest: Simone Moro ist kein Schreiber, sondern ein Bergsteiger. Deshalb fällt es ihm auch schwer, mit seinem Buch zu beginnen. Also nimmt er seine Arbeit mit an den Nanga Parbat und schreibt einfach im Lager.
"Einfach" ist vielleicht der falsche Begriff, denn natürlich gehört jede Menge Logistik dazu, wenn man aus einem Basislager regelmäßig berichten will. Für Simone Moro gehört das in einem Maß zu seinen Expeditionen dazu, wie ich es noch nie gelesen habe. Gefühlt schleppt er mehr elektronisches Spielzeug mit, als die meisten Menschen daheim haben. Aber wenn man sich wie er dazu entschieden hat, seine Expeditionen so transparent wie möglich zu machen, gibt es keine andere Möglichkeit.
Was mich auch ein wenig gestört hat, war dass er seine Ausrüstung sehr weit mit dem Helikopter transportieren lässt. Er ist begeistert vom Fliegen, aber kann das der einzige Grund sein? Auch das passt für mich nicht mit dem Erlebnis in der Natur zusammen und widerspricht der Aussage, dass er seinen großen Idolen wie Reinhold Messner nacheifern will. Denn die waren alle eher spartanisch ausgerüstet unterwegs. Das ist Simone Moro auch, aber nur auf dem Weg zum Gipfel, wo er gerne nur mit einem leichten Rucksack unterwegs ist. Erst spät im Buch wird mir diese Frage beantwortet: um die Ausrüstung im Winter zu transportieren, würden so viele Träger benötigt, dass es ökonomisch tatsächlich besser ist, zu fliegen.
Davon abgesehen, hat mir Simone Moros Herangehensweise sehr gut gefallen. Er dreht lieber einmal mehr um, kein Gipfel ist ihm sein Leben wert. Er geht nicht nur auf die Berge, sondern kümmert sich auch um die Menschen in den Regionen, die er besucht. Und er findet deutliche Worte, wenn ihm etwas nicht gefällt. Das macht ihm nicht immer Freunde, aber es macht ihn authentisch. Ich wünsche ihm noch viele Gipfel.
in questo libro l’alpinista simone Moro descrive alcune delle sue ascese invernali al limite del possibile. Le situazioni sono spesso così estreme che fino alla fine potrebbero terminare in tragedia. Quindi il libro ha quindi un suo fascino per le avventure che racconta. Anche l’amore dell’autore per l’alpinismo invernale e il suo aver riferimenti e collaboratori da paesi che non sono sempre quelli soliti - russi, Kazaki etc è ammirevole. Ci sono però dei lati negativi. Fondamentale, è un testo scritto da un alpinista dotato ma scrittore scarsetto e valore letterario ne ha pochino. Risulta solo un resoconto di attività scritto da una persona molto infervorata di se stessa, che mette costantemente se stesso al primo posto e gli altri appaiono come controfigure. Come libro sulla montagna, ha indubbiamente un valore artistico molto più elevato quello scritto da Alessandra Carati su Daniele Nardi, un libro che mi ha piacevolmente sorpreso con la sua capacità di porre questioni sui nodi cruciali dell’esistenza in montagna Non leggerei un altro libro di questo autore - sarebbe fortemente a rischio di diventare monotono - lèggerei altri libri sulla montagna
Ovviamente lo dico nel senso buono e con il massimo dell'ammirazione, dal basso dei miei miseri trekking estivi e domenicali tra i rifugi delle Alpi. Simone Moro invece inizia a "carburare" sopra i 7.000 metri e siccome ormai lungo le vie normali e in estate non si diverte più, eccolo raccontarci delle sue imprese invernali alla caccia dei più prestigiosi Ottomila. Venti a 115 km/h, temperature di -50°, nottate in parete, principi di congelamento, migliaia di metri di dislivello percorsi tra neve, ghiaccio e corde fisse come se nulla fosse. Giù il cappello di fronte a quest'uomo e quasi quasi d'ora in poi mi darò al mare perché un po' mi vergogno...
L'ho iniziato un po' dubbiosa sull'effettivo interesse che mi avrebbe suscitato e invece, dopo una partenza lenta, eccolo che entra nel vivo: le esplorazioni invernali, la perdita e le privazioni, il freddo e il ghiaccio, la gioia e il trionfo, la valanga e la salvezza. In appena due giorni ho finito l'ascolto, e gli ultimi 150 minuti li ho letteralmente divorati. La prosa non è niente di eccezionale, beninteso, ma è sincera e appassionata e lo rende piacevole.
Il racconto dell'autore delle sue avventure nel tentativo di realizzare prime invernali in stile alpino sulle vette più alte e difficili del mondo. Molto belli i racconti e i ricordi di imprese che resteranno eterne, a volte un po' fastidiosi i punti in cui risponde a critiche ricevute da altri appassionati del settore. In ogni caso vale la pena leggere il racconto in prima persona di uno degli alpinisti più grandi di tutti i tempi.
Simone Moro has had a fascinating life but this short book telling of his winter 8000 climbs is a bit disappointing. It reads more like short stories or blogs tied together. I would have liked to hear more detail and enjoyed the last longer section most. As he wrote it in 20 days while at altitude I am not surprised the writing was a bit poor. It would have been good to have photos of the mountains included too.
Fatico a fare una recensione perché sono combattuto su cosa mi abbia lasciato il libro. Simone Moro mi risulta a volte sinaptico a volte insopportabile. Il libro è un'autocelebrazione dei suoi risultati. Non mancano parti interessanti
Libro che raccoglie tutti gli 8000 scalati da Moro (escluso il Nanga Parbat del 2016). Lettura piacevole, bellissime inoltre le foto delle spedizioni raccolte all'interno.
Simone Moro, great Mountaineer and mountain rescue pilot Pilot has been widely criticized for using technology in his expeditions and for being strict on winter mountaineering rules. This book is proof of how technology can lead humans to achieve the unthinkable, "the impossible", a beautiful book written under inhuman weather conditions and in a place where only a very few can be. Gracias Simone
Di Simone Moro apprezzo moltissimo la genuinità delle parole, ma non è uno scrittore di professione e si vede. L'aver scritto il libro in fretta e furia non lo ha certo aiutato.