È possibile inseguire il proprio sogno senza perdere la parte più autentica di sé stessi? Sfuggire a un destino già scritto senza che questo finisca per bruciarci?Francesco cresce nella periferia di Milano, figlio di meridionali e con il sogno di un ragazzo ai margini di un paese ai margini. O almeno questa è la sua sensazione per dieci mesi l’anno, finché non arriva l’estate e lui torna con i genitori in Basilicata, dove la vita sembra più autentica. Lì le costrizioni della città si trasformano in libertà: ci sono i nonni – nonna Luisa, la rimediante del paese –, i campi, e soprattutto c’è Luciano, il cugino con cui mungere vacche, pascolare pecore, lavorare la terra e sfrecciare sulla Vespa rossa truccata. È con lui che Francesco impara a fumare, a guidare la macchina, ad ascoltare il proprio corpo. Eppure Luciano considera sbagliato emigrare, come ha fatto il padre di per lui contano solo la fedeltà alle origini e la solitudine della campagna.
E se al Sud c’è la libertà, la vita che esiste e basta, Francesco al Nord si imbatte in un duplice omicidio di mafia, vede morire dei passanti innocenti. Ma il Nord è anche il luogo in cui scopre l’amore, dove fa i conti con un padre per il quale i sogni non sono che illusioni, dove incontra un professore-poeta che cambia il suo modo di guardare sé stesso e gli altri. Il luogo dove inizia a credere di poter davvero realizzare il suo sogno, che è la chiave, forse, con cui ricomporre la frattura dei due mondi che si porta dentro.
Con la sua voce inconfondibile Giuseppe Catozzella ci narra un appassionante romanzo di formazione che è al contempo lucido romanzo sociale. Il fiore delle illusioni è la storia del rapporto fra due cugini, fra due Italie, ma anche della resa dei conti con la parabola del sogno, con quella di un la promessa nella generazione dei nonni, la piena realizzazione materiale in quella dei padri, e quanto ora rimane ai figli. E la scoperta, dopo tutto, che vivere a metà non è vivere.
Avevo l’illusione che niente si muovesse, che tutto sarebbe sempre tornato uguale all’infinito. Niente, mai, ci avrebbe le piante, la terra, le vacche, le capre, i cani, generando discendenza e morendo, avrebbero lasciato noi intatti. Noi salvi, per sempre.
He was born in Milan and studied philosophy at the University of Milan. After graduating, he moved to Australia. After living in Sydney for an extended period, he returned to his native Milan. He has been nominated by the UN Goodwill Ambassador UNHCR.
Catozzella has published across multiple literary genres, including plays, short stories and novels, and writes on the main Italian newspapers La Repubblica and L'Espresso. His novel Don't Tell Me You're Afraid, dealing with the refugee crisis in the Mediterranean Sea, was a very popular and critical success in Italy and in the world. The novel sold more than 500.000 copies in 40 countries. In Italy it won the Premio Strega Giovani 2014 and it was shortlisted for the Premio Strega 2014. It has been translated into English by Anne Appel, and published in the US and Canada by Penguin and in UK and Commonweal by Faber&Faber. A major movie is in preparation from Don't Tell Me You're Afraid. His last novel is "The Great Future".
““Solo dal fiore,” cantava, “dell’illusione,” e io gli andavo dietro sottovoce, “nasce il frutto della realtà.” Poi restammo in silenzio, nel caldo asfissiante, ognuno a fissare il buio dalla sua parte. D’un tratto papà disse, sempre con la stessa voce bassa: “Scrivi ancora, tu?”. Rimasi immobile, sentii un’ondata di gelo invadermi dai piedi. Tutto mi aspettavo, tranne quelle parole. “Come?” risposi. “La scrittura. Scrivi ancora?” Avevo un pizzicore in gola adesso. Deglutii. “Ogni tanto.” “E allora scrivi questo assalto al tuo futuro,” disse secco. Era il buio che ci proteggeva, e lo stato di assedio in cui ci trovavamo, lo sapevo. Sapevo che con il sole del giorno tutto sarebbe tornato come era sempre stato, e lui non avrebbe forse mai più nominato la scrittura, avrebbe giurato che contava solo la sicurezza materiale, il resto erano illusioni.”
Credo che il fulcro del nuovo romanzo di Giuseppe Catozzella, "Il fiore delle illusioni", sia tutto racchiuso in questo passo. I due protagonisti, Luciano (un omaggio a Luciano Bianciardi?) e Francesco, sono due facce della stessa medaglia: quella di un futuro sognato con il boom economico dell'Italia degli anni '50 e '60, quando si è infranto con una società che non cresceva così velocemente anche dal punto di vista civico e umano. La lettura di questo romanzo è arrivata in un momento particolare della mia vita, in cui mi trovo a lavorare "terreni" che sono resi aridi dall'incapacità di sognare e di credere in un futuro migliore, perché prevalgono il disincanto e il disamore. Il mio è il tempo della semina e della cura, quello in cui è necessario tornare alle proprie origini, per riscoprire e amare di nuovo le proprie radici, perché solo così si ritrova la forza di combattere, la gioia di vivere.
“Non esisteva niente come la giustizia, là fuori. Non c’era, mai, e bisognava imparare a fare senza; decidere se combattere o no, ma fare senza. Accogliere con gioia la sorte ricevuta dal grembo della madre da cui siamo nati. Altro non c’era.”
Perché tutto nasce dalla semina e tutto torna alla semina
“Non avevo mai sentito tanto di vivere quanto adesso: un libro, e seminare la mia terra. Ci sarebbe stato un tempo anche per quello. C’era una vita ancora da fare.”
E c'è tempo, c'è un tempo sognato...
"Dicono che c'è un tempo per seminare E uno più lungo per aspettare Io dico che c'era un tempo sognato Che bisognava sognare"
" Forse non c'è niente di peggio di quando uno ci mette tutto e poi perde. Di quando uno si gioca tutto, dico, fa la cosa migliore che può, e poi perde".
Una lettura piacevole ma poco emozionante. Freddo.
"... la letteratura è memoria della perdita, ricerca della dimensione sacra della vita."
"Avevamo diciott'anni, del mondo non sapevamo niente, così come niente sapevamo di niente, e il non sapere niente ci costringeva a sognare e a incontrarci in mezzo a quei sogni. Potevamo ancora sapere tutto."
p. 159 "Solo dal fiore dell'illusione... nasce il frutto della realtà" "Era il buio che ci proteggeva, lo sapevo. Sapevo che con il sole del giorno tutto sarebbe tornato come era sempre stato, e lui non avrebbe forse più nominato la scrittura, avrebbe giurato che contava solo la sicurezza materiale, il resto erano illusioni." ..." Solo al buio si potevano ammettere i sogni, solo con le tenebre il fatto che soltanto loro davano salvezza. " Che magnifico momento!!! Un padre ed un figlio, uniti e divisi dallo stesso sogno, momenti diversi, forse anche scelte diverse? La risposta nell'emozione della lettura di questo imperdibile romanzo.
Giuseppe Catozzella è un autore sempre molto attento ai temi e alle problematiche attuali. Il suo occhio sa scrutare nel profondo, sa scavare, sa giungere nei confini più intimi dell’anima. Non da meno è il suo operare in “Il fiore delle illusioni”, opera che si concentra sull’identità e sul ritrovare se stessi.
Protagonista di queste pagine è Francesco, giovane uomo i cui genitori sono originari di Monte Apro, Basilicata, ma che per lavoro si sono trasferiti a Milano. Per i milanesi egli è “il meridionale”, mentre nella terra natia del padre e della madre è “Il figlio dei milanesi” o ancora “il cugino dell’Affascìno, dello lettasangue”. È un paese dove tutti conoscono Luciano, il cugino, un uomo che per tante ragioni è stato bollato come iettatore ma che per Francesco è invece un riferimento, una costante, una persona che respira l’aria aperta, che vive nella natura, un compagno di giochi.
«Avevamo la sensazione di possedere tutto, che tutto fosse esposto, che non esistessero angoli nascosti, che il mondo fosse un nostro gioco.»
Le estati a Monte Aspro sono per Francesco un momento di quiete dopo un anno di fatiche e vergogne nel milanese. È come se tutto fosse immutato, come lascia le cose, come le ritrova. La tradizione stessa si perpetra senza cambiare di una sola virgola. Se a Monte Apro il giovane protagonista evade dalla routine vivendo senza porsi freni e godendo degli spazi aperti, al contempo riscopre la lettura e la scrittura. Non mancano le provocazioni che provengono dallo stesso Luciano. Ma come scoprire chi si è? Come coniugare la propria identità?
«[…] Io volevo dimenticarmi chi ero, non avevo mai chiesto altro a Monte Aspro e all’estate: Milano, la scuola, la vergogna di quelle origini, i finti e i veri amici, Ella l’australiana, tutto. Non era quella la felicità, mi dicevo: dimenticarsi? E non erano i libri, che scoprivo ogni giorno di più, un altro modo per dimenticarsi? E non lo erano, in fondo, anche le cose che provavo a scrivere? Aspiravo a sparire, a scordarmi il mio nome e il mio cognome, volevo solo fondermi con un’azione.»
Ed è con una penna fluida, rapida, magnetica e delicata che Giuseppe Catozzella ci prende per mano e ci conduce tra queste pagini fatte di sentimenti, emozioni, rinunce, passioni, domande e tentativi di trovare risposte.
Anche se talvolta queste risposte non esistono, anche se talvolta tradizione e ricerca di sé si coniugano e intrecciano in modo solidi tra loro ricomponendo un disegno più grande anche capace di sovvertire alle regole precostituite.
“Il fiore delle illusioni” è un testo che per chi queste domande vuole porsele ma anche per chi vuole osservare da una diversa e ricca prospettiva. Buona lettura!
" Tutto era diverso, lì. Il mondo fuori forse era lo stesso, ma se lo era non lo sembrava. Si respirava lo spazio, quello del fieno da poco trebbiato che tagliava la valle; il tempo era nelle increspature delle cortecce dei faggi. [...] Il profumo era un misto di resina di cerro,seminativi, pascoli cespugliati,antichi casolari di pietra al sole. "
Per Francesco, figlio di emigrati, era già un altro mondo all' ingresso della curva a gomito che anticipava il paese; la rigidità del Nord lascia spazio alla leggerezza del Sud. Ogni estate di ritorno in Basilicata, il paese natio, l'amata terra, la casa dei nonni, il bar del paese epicentro di quel piccolo mondo antico, i boschi inconsapevoli detentori di mille segreti, la luce abbagliante del sole riempiono il cuore e l'animo di coloro che avevano dovuto migrare al Nord in cerca di un lavoro e di fortuna.
Ed è proprio nelle tristi giornate milanesi, in cui anche il cielo di primavera è vuoto e bianco sui palazzoni grigi di periferia, circondati da cemento e da aree industriali dismesse e rinselvatichite che assale la malinconia, quella nostalgia che attanaglia lo stomaco e inesorabilmente raffiora quella sensazione frastornante di non appartenenza, di vuoto e solitudine. Giuseppe Catozzella scrive un romanzo potente e vivo, di speranza e fiducia, di sogni e pensieri intrisi di paura e curiosità, di coraggio e caparbietà perché prima o poi la vita ripaga sempre ma soprattutto di unione con la terra, che è l'unica cosa vera che nessuno può portarci via, per ricordarci che soltanto dal fiore dell' illusione nasce il frutto della realtà.
- Il fiore delle illusioni - Giuseppe Catozzella Feltrinelli 2024 240 pag.
“Il fiore delle illusioni” è un romanzo di formazione intenso e poetico che intreccia sogni, radici e contrasti tra Nord e Sud. Attraverso il viaggio interiore di Francesco, il lettore esplora la ricerca di sé, la lotta per realizzare i propri desideri. Francesco abita a Milano, figli di emigrati, per due mesi all’ anno ritorna in Basilicata. Una terra calda dove si respira aria di libertà e si vive una vita autentica. Lì Francesco trascorre le sue giornate tra la terra, il bestiame e i giri in vespa in compagnia del cugino Luciano. È con lui che fuma la prima sigaretta, impara a guidare e scopre aspetti di sé che a Milano restano sopiti. Francesco è sospeso tra due realtà: al Sud trova la pace e la semplicità, al Nord è costretto a fare i conti con la durezza della vita urbana, con il crimine organizzato, e con un padre che non crede nei sogni.
La scrittura è indubbiamente di grande qualità e sostiene la narrazione anche nei suoi continui sbandamenti, nelle digressioni, nelle riflessioni che le fanno assumere i connotati di un’autobiografia letteraria, più che di un romanzo; a tratti di un mémoire o di un flusso di coscienza. Quello che però mi ha disturbato e distaccato, impedendomi di partecipare emotivamente alla vicenda (e quindi di esserne conquistato e convinto) è l’inclinazione troppo spesso didascalica, che scivola nell’apologo morale, nel quadretto storico (ho trovato forzati i continui richiami ai principali eventi della storia italiana dagli anni Settanta ai Novanta), nel saggio letterario. L’autore spiega molto, spiega tutto, a partire dall’immagine del titolo, ma soprattutto spiega se stesso, chiosandosi e perfino emendandosi.
4 stelle forse sono troppe, ma 3 sono poche, per questo romanzo autobiografico che ripercorre infanzia e giovinezza dell'autore fra verismo pessimista alla Verga, elogio della vita semplice alla Thoreau e il romanzo di formazione di un ragazzo che insegue il suo sogno, scopre l'amore e intraprende il suo cammino di vita fra le difficoltà e le contraddizioni che deve affrontare
Al di sotto dell’ambizione che probabilmente l’autore si prefigge, questa storia non convince né come romanzo di formazione né come grande affresco della vita agra del profondo sud. Personaggi sempre poco coinvolgenti, trama immobile. Si salvano alcuni sapori, odori, consistenze e colori di quadretti paesaggistici, piccoli gioielli di nature vive in un romanzo davvero pallido.
Un bellissimo romanzo di formazione, non avrei potuto decidere di finire ed iniziare l'anno con una lettura migliore! Personaggi ricchi di profondità, di insicurezze e insoddisfazioni, ma che in un modo o nell'altro conducono le loro vite nel migliore dei modi, con ottimismo, soddisfazione e speranza. Un romanzo in cui Luciano, il più forte apparentemente è il solo ad arrendersi. Consiglio questa lettura a chi ama il Sud, a chi ci è nato, ci ha vissuto ed è emigrato, ai figli dj emigranti che leggendo le parole di questo libro riconosceranno sicuramente buona parte dei propri parenti e dei personaggi del paese...di giù!
Il libro mi è piaciuto molto perché scritto in modo scorrevole e coinvolgente. Racconta con grande personalità la vita di un giovane legato alle proprie radici, ma trapiantato in un ambiente diverso, dove ha sempre faticato a sentirsi davvero a casa. Tuttavia, ogni volta che tornava nella sua terra, ritrovava un senso di appartenenza e serenità. Col tempo, ha capito che, pur restando legato alle origini, è possibile costruirsi un nuovo equilibrio anche lontano da dove si è nati. Questo libro mi ha ricordato quanto il luogo da cui veniamo ci segni profondamente e continui a far parte di noi, nonostante i cambiamenti della vita.
La prosa è scorrevole . È un libro che avvolge il filo della memoria. Il protagonista cerca se stesso attraverso la sua Terra d’origine e I suoi abitanti, in particolare il Cugino Luciano . A tratti da essere poetico
Questo libro non è stato in grado di prendermi. È bello il confronto tra l'Italia del Nord e quella del Sud vissuto dal protagonista, ma la trama non è stata di mio gradimento. L'ossessione per il cugino mi è sembrata esagerata e pesante. Anche il finale l'ho trovato poco conclusivo.
Penna feroce e reale, piena di vita. Luciano e Francesco, terra e radici che richiamano il destino dello stesso sangue, con possibilità, sogni e destini diverse. Magnetico.
This entire review has been hidden because of spoilers.