Raffaello Baldini è un poeta grandissimo eppure pochi sanno chi è, e di quei pochi pochissimi ne hanno riconosciuto la voce. Perché scrive nel bel dialetto di Sant'Arcangelo di Romagna? Ma no. Paolo Nori ci rammenta che è poeta enorme anche nel bell'italiano con cui il poeta ha sempre tradotto a pie' di pagina i suoi versi. E quante storie si trascinano appresso quei versi, quante immagini suscitano, quanti personaggi, quanto universo c'è in quel mondo apparentemente piccolo. Come sua consuetudine, Paolo Nori attraversa l'avventura poetica di Baldini quasi come non ci fosse altro intorno, di sé facendo il filtro di una bellezza che viene su come da un fontanile e fa paura, perché ci lascia straniti. Ecco che - non diversamente da quanto è accaduto con Dostoevskji e Achmatova - l'immaginazione di Baldini si scioglie dentro quella di Nori, fatta com'è di caratteri e di accadimenti apparentemente i morti che "non dicono niente e sanno tutto", gli uomini che invece di calarsi gli anni se li crescono, lo stare lì di una donna davanti alla circonvallazione per guardare "che passa il mondo". Fra spinte e controspinte, fra il "cominciamo pure" e il "continuiamo pure" che ricorrono a battere il ritmo, impariamo che, sempre più, la scrittura di Nori è la messa a fuoco progressiva di un carattere, il il suo essere "coglione", il suo essere "bastiancontrario", il suo essere "matto come un russo", il suo essere innamorato di un poeta come Raffaello Baldini, il suo magone davanti alla casa dei Nori come fosse una scatola di bottoni, il suo stare a vedere la vita come va avanti a ogni svolto imprevisto dello stare al mondo.
Dopo il diploma in ragioneria ha lavorato in Algeria, Iraq e Francia. Tornato in Italia ha conseguito la laurea in Lingua e Letteratura Russa presso l'Università di Parma, con una tesi sulla poesia di Velimir Chlebnikov. Ha quindi esercitato per un certo tempo l'attività di traduttore di manuali tecnici dal russo part time. Alla redazione de Il semplice conosce Ermanno Cavazzoni, Gianni Celati, Ugo Cornia, Daniele Benati, con i quali collabora per anni, cominciando a pubblicare i suoi scritti fortemente influenzati dalle avanguardie russe ed emiliane. È fondatore e redattore della rivista L'Accalappiacani, edita da DeriveApprodi. Collabora con alcuni quotidiani tra cui Il Manifesto, Libero, Il Foglio e Il Fatto Quotidiano.
Mi piacerebbe scrivere che voglio bene a Paolo Nori, ma dopo questo libro credo di non volerlo più scrivere a nessuno. Peró dirò questo: come fai a leggere qualcosa di bello e non dirlo a nessuno? Ecco. Lo dovevo dire a qualcuno. Lo scrivo qui, nella speranza che chiunque sia in dubbio lo legga.
Siccome Paolo Nori scrive come parla è senz’altro bello leggerlo ma ancor più bello è ascoltarlo, quando racconta i suoi testi con quella naturalezza, quella cadenza emiliana, e più precisamente parmigiana, ammaliandoci con guizzi creativi, digressioni infinite, e soprattutto con il suo incondizionato amore per la letteratura. Non tutta, quella che piace a lui, quella che lo appassiona (gli scrittori russi in primis).
Qui è alle prese con un’altra biografia: dopo gli amati Dostoevskij e Achmatova, ecco l’altrettanto amato poeta romagnolo, perlopiù ignorato, Raffaello Baldini. Anche se, e conoscendo un pochino Nori lo sappiamo, i suoi non sono ritratti in forma classica. Le sue biografie sono sempre, anche, autobiografie. E infatti:
“Parlo, di Raffaello Baldini, ma parlo anche di me, e della mia vita, e dei miei genitori, e di mia figlia, e della mamma di mia figlia e anche di mia nonna Carmela.”
La sorprendente forma ibrida che caratterizza lo stile dell’autore ogni volta ci sorprende, ci diverte, ci entusiasma, anche un po’ ci immalinconisce, e certo ci fa pensare. Di Raffaello Baldini, poeta che scrive in dialetto e poi traduce se stesso in un italiano mirabile conosciamo frammenti di vita, stralci di scrittura, aneddoti. La grandezza di Baldini, la grandezza della letteratura grande, in genere, secondo Paolo Nori è che questi autori «fanno vedere le cose che sono in casa mia, che mi circondano, come se le vedessi per la prima volta, non rendono visibile l’invisibile, rendono visibile il visibile». Geniale. (E penso a Wislawa Szymborska, per esempio).
Perché, in fin dei conti, la letteratura ha poco a che vedere con la ragione. Come disse Josif Brodskij il compito dell’intellettuale è quello di scrivere delle cose belle. Punto. E, ne sono certa, è la bellezza che salverà il mondo.
Un libro intimo, in cui Paolo Nori racconta sé stesso attraverso la poesia di Raffaello Baldini.
“La seconda poesia [di Baldini] si intitola La circonvallazione, e fa così: «Anch’io, se potessi, mi piacerebbe d’andare a stare alla circonvallazione. Qui nel Tavernello è sempre buio, fai quelle due chiacchiere, ma io sono troppo vecchia e se parlo non mi sta a sentire nessuno. Per di più faccio fatica a camminare e quando è tempo brutto non esco neanche. Sto nella stanza di sotto, grande, con l’umidità che gonfia i muri e ogni tanto schiaccio uno scarafaggio.»”
In questo libro, Paolo Nori non usa il suo alter ego, ma parla in prima persona della sua quotidianità, delle donne della sua vita, dei suoi amati russi, della sua famiglia, e adesso che ha sessantuno anni desidera che i suoi libri possano essere come le case costruite da suo padre
“Nelle case che ha costruito mio babbo, son passati sessant’anni, la gente ci abita ancora, e tra cento anni io credo che ci abiteranno ancora; se i miei libri durassero il tempo che durano le case di mio babbo, se tra cento anni qualcuno leggesse ancora i miei romanzi, vorrebbe dire che valgono qualcosa, e che sono stato bravo come lui, ma ho dei dubbi.”
Bello!
“Osip Mandel’štam ha scritto una volta: “E il cielo, il cielo è il tuo Buonarroti”.
Il cielo, che c’è tutti i giorni, dappertutto, a guardarlo bene, a tirar fuori quello sguardo lì, da Baldini, da Chlebnikov, da Mandel’štam, da poeta, a farsi crescere dentro la pancia una piccola macchina per lo stupore, è come un Buonarroti. Originale.”
• A me Paolo Nori piace proprio tanto. Mi piace quando scrive romanzi, quando scrive saggi, quando scrive saggi che sono un po’ romanzi, e romanzi che sono un po’ saggi. Mi piace perché è sempre Nori, anche quando scrive di qualcun altro. Anzi, forse soprattutto quando scrive di qualcun altro. Come in Chiudo la porta e urlo, che è un libro su Raffaello Baldini e un po’ anche su Paolo Nori, ma in fondo è un libro su cosa significa parlare, scrivere, esistere in una lingua che è sempre doppia, sempre in bilico, sempre un po’ più avanti o un po’ più indietro di quello che volevamo dire.
• Essendo io emiliana, sento la scrittura di Nori particolarmente affine, come se risuonasse con qualcosa di mio, di profondo. È un modo di parlare e di pensare che riconosco, che mi appartiene. Per questo consiglio, soprattutto agli emiliani-romagnoli, di ascoltarlo in audiolibro, letto dalla voce emilianissima dell'autore. Perché quando è lui a leggere, tutto si amplifica: le pause, le esitazioni, le inflessioni, quella sua ironia lieve che sa diventare improvvisamente serissima.
• Raffaello Baldini è stato un poeta in dialetto romagnolo, e uno scrittore che sapeva dare forma a quel pensiero che inciampa, che dubita, che si interrompe. Nori lo racconta con un’ammirazione commossa, ma anche con una vicinanza che è quasi un’adesione: non solo all’opera, ma al modo di stare al mondo. Leggendo Chiudo la porta e urlo, si ha come l’impressione che Nori stia guardando Baldini come uno specchio un po’ più vecchio, un po’ più saggio, un po’ più sconsolato, ma in cui riconoscersi fa male e fa bene insieme.
• Questo racconto mi ha divertita, mi ha commossa, ci ho trovato tanta malinconia. Ma è quella malinconia bella, quella che non ti schiaccia ma ti allarga, ti fa respirare di più. È un libro che mentre racconta Baldini, racconta anche Nori. E mentre racconta Nori, racconta anche un po’ tutti noi.
• E per fortuna, viene da dire, quella volta Nori non ha ascoltato la voce nella sua testa che gli diceva di non scrivere. Perché Chiudo la porta e urlo è uno di quei libri che sembrano parlare piano, ma a modo loro arrivano lontano, e magari ti fanno anche venire voglia di ascoltare meglio.
In uno dei tanti episodi di questo libro, incontriamo una signora che, dopo aver assistito a uno spettacolo sui testi di Raffaello Baldini, si avvicina a Ivano Marescotti e gli dice che quelle poesie son così belle da non sembrare nemmeno poesie.
Alla pagina precedente, l’autore ricorda la prima volta in cui ha visto Marescotti in un film: perfino lui, col suo modo «di recitare, bellissimo, non sembrava neanche un attore». Anche riguardo ai suoi romanzi, Paolo Nori ci tiene a ribadire che non sembrano romanzi, e Chiudo la porta e urlo non fa eccezione: niente sembra ciò che dovrebbe essere, e va bene così.
Dopo Dostoevskij e Achmatova, lo slavista e scrittore parmense fa lo stesso col poeta e drammaturgo dialettale romagnolo Raffaello Baldini. Nori, benché voglia far apparire il contrario, ci dice molto, sulla biografia e sull’opera del poeta di Santarcangelo, disseminando nel racconto pure molti suoi versi (in italiano); intreccia il tutto con digressioni dove non mancano né il suo vissuto, che include la conoscenza con lo stesso Baldini, né i suoi cari autori russi, parte inscindibile da lui e dalla sua poetica almeno quanto la sua prosa, quell’inconfondibile registro colloquiale da leggere ad alta voce di pura scuola emiliana, etichetta alla quale lui sembrerebbe voler rinunciare. Ma non può comunque rinunciare a essere un narratore; un narratore che cammina costantemente assieme alla letteratura che ama; e proprio per questo, inevitabilmente, riesce di nuovo farla amare a chi legge.
«Io adesso devo fare due cose, finire questo romanzo su Raffaello Baldini, che io, è una vita che lo leggo, ma non so quasi niente, di Raffaello Baldini, e mi sembra impossibile scrivere una cosa lunga su di lui, e ci metterò un anno, ancora, e sarà un anno di magone, di voci dentro la testa che mi dicono Ma cosa credi di fare?, e quando mi prende il magone che mi sembra che non ce la farò mai io mi chiudo nella stanza, ho una stanza degli ospiti che non ho mai ospiti, è una specie di camera orba, e chiudo la porta, e urlo, ma piano, che ci sono i vicini, poverini.»
3 ⭐️ Paolo Nori che dire di lui? Si lascia commentare da solo, mi è sempre piaciuta la sua scrittura e anche questo libro incentrato su Baldini, ha fatto centro. Riporto anche un pezzo che mi ha fatto davvero pensare e morire dal ridere:
“Una persona che mi piace, che se non ci vediamo sentiamo la mancanza l'uno dell'altro, e lui, continuamente , mi dice Ti voglio bene, che io lì gli darei degli schiaffi quando mi dice così, Ma che bisogno hai di dirmi queste cazzate? Stiamo insieme, raccontiamoci le cose, cerchiamo di aiutarci l'uno con l'altro, altro che ti voglio bene, è troppo semplice, ti voglio bene, è troppo a buon mercato”.
Paolo Nori ci fa conoscere Raffaello Baldini la sua opera e ci fa conoscere se stesso ossia il Nori figlio, marito, scrittore o meglio quello che scrive libri il tutto ammantato da tanta ironia da tanta geniale semplicità. Una lettura che rallegra e nel contempo ci porta nei territori della letteratura russa, della poesia italiana di Guerra, Pedretti e Baldini e dello stare al mondo con leggerezza ma mai con banalità. Nori scrive pensando a Brodskij che diceva che il compito dell’intellettuale è “Scrivere delle cose belle» e ci riesce perfettamente.
Ho ascoltato (su Audible) Paolo Nori letto da Paolo Nori, che parla di un poeta Romagnolo, Raffaello Baldini, e parla con l’accento della mia regione, che non mi è mai piaciuto, ma ora mi ricorda mio papà e la mia nonna, e mi piace tantissimo, e se ci metti dentro anche una manciata di riferimenti alla letteratura russa, che dire, se non che mi è piaciuto da sgarbati
Ps. Piccola contro indicazioni: a fine lettura/ascolto parlerete e penserete con la cadenza dell’autore
Innanzitutto è la prima opera che leggo di questo scrittore di cui ho sentito parlare in diverse occasioni ma di cui nessuno, fino ad ora, mi aveva consigliato la lettura. Sicuramente è uno scrittore originale e particolare, non sta a me giudicare una persona ma solo quello che scrive. E il problema è proprio questo: cosa ho appena letto? Che poi è la stessa cosa che si chiede Nori stesso nel libro: ho scritto un romanzo o qualcos'altro? Dovrebbe essere un libro che parli di un poeta, Lello Baldini, ma in realtà quello che si legge non è che la vita e le esperienze che fa o che ha fatto lo stesso autore Paolo Nori. Diciamo che non amo molto gli autori che non fanno che parlare soltanto di sé stessi, a meno che non si tratta di un libro di viaggio o un reportage. Non è un romanzo, ma un lungo disquisire sulla sua vita, sulle sue esperienze passate e presenti, sul fatto che corre perché gli fa bene, sul suo sconfinato amore per la Russia e per gli autori russi, e potrei continuare ancora per un po'. Credo sia evidente che non mi sia piaciuto perché sono di questa opinione: o scrivi un libro su un autore o ne scrivi uno che parli solo di te, ma spacciare un libro che (dovrebbe) presentare un poeta italiano quando in realtà è un continuo monologo solo su se stesso no, non va bene per me.
Paolo Nori è un vero genio. "Chiudo la porta e urlo" è una scrittura sincera e potente, capace di mescolare umorismo e dolore con una naturalezza incredibile. Tra riflessioni sulla vita, la perdita e la scrittura, Nori riesce a raccontare il quotidiano con una profondità che colpisce dritto al cuore, senza mai prendersi troppo sul serio. Un libro che ti resta addosso e che conferma quanto sia unico come autore.
Chi ha creato i Teletubbies, sa che agli umani di dimensioni ridotte piace la ripetizione. Per questo ogni episodio gira sempre attorno alle stesse scene, e poi ricomincia tale e quale al termine. Leggere Paolo Nori segue la stessa regola, e crea la stessa dipendenza della visione dei Teletubbies per dei treenni. Io conosco così bene nonna Carmela, Togliatti e la Battaglia che a volte penso che siano la mia famiglia, eppure non mi stancherò mai di sentire ancora una volta quelle stesse storie.
Non ci sono riuscita a dare la terza stella, ci ho riflettuto a lungo, ma alla fine ho deciso: questo libro mi ha deluso o forse meglio dire che non mi è piaciuto lo scrittore, di cui ho apprezzato il viaggio nel proprio intimo, che però mi è risultato sminuito dalla arroganza intellettuale strisciante. Le poesie di Baldini a loro volta non mi hanno dato alcuna sensazione interessante. Infine, non per moralismo, ma mi danno fastidio pagine come quelle spese a parlare della “cacca”, le trovo inutilmente provocatorie.
Un romanzo che forse non è un romanzo, però è anche un romanzo, ed è una ricerca, una ricerca di risposte a domande sulla vita, la morte, la bellezza, ed è anche un viaggio tra le poesie di Raffaello Baldini, che forse davvero è stato il più grande poeta italiano, ma un viaggio anche nella vita dell'autore, e negli autori russi, e in quelli romagnoli. Nori si piace e ci piace, si commuove e ci commuove, e ci fa scoprire la vita, la morte, la bellezza, quella che il mondo lo salverà. E forse un po' di bellezza, quella bellezza che salva, questo libro ce l'ha.
Semplicemente stupendo. Come al solito Nori sembra che non scriva di niente e invece scrive della vita, dell'universo, della bellezza, dell'arte. E poi la scoperta della stupefacente poesia di Raffaello Baldini, che non sembra poesia e invece la è, e parlando di cose minime, della vita semplice di tutti i giorni, parla dell'infinito, e della vita.
Quasi nulla di nuovo in questo Nori, per chi lo conosce e per chi conosce Baldini di cui parla il libro. Comunque mi è piaciuto, come tutto quello che scrive Nori.
Ho ascoltato la versione audiolibro e l'ho apprezzata molto. Paolo Nori è un pozzo di conoscenza e cultura, lo si ascolta volentieri e la sua cadenza spontanea con accento emiliano rende il tutto più informale e quasi amichevole. E' stato bello trascorrere qualche ora ad ascoltarlo...credo che lo sia poi sempre, a prescindere poi dall'argomento!
Come sempre contento di aver letto l’ultima fatica di Paolo Nori, mi perdo un po’ in queste frasi che sembrano sconnesse, ma non lo sono; in questi pensieri circolari, che si ripetono spesso nel corso della scrittura, ma che alla fine illustrano le stesse cose da una prospettiva diversa - ne parla anche lui, di un effetto Kulesov.
Ora, non credo che potrà vincere il Premio Strega e forse non ha neanche senso che lo vinca, però questo libro su Raffaello Baldini e su tutte le figure della vita di Nori, sulla figlia, sulla madre di quest’ultima, su sua nonna, su diversi amici di ambiti letterari e non, rimane piacevole, tenero, poetico a modo suo. Poi senza ombra di dubbio fa conoscere ai più la figura di Raffaello Baldini, di cui avevo un libro una volta, che ho ceduto perché facevo fatica a leggere il romagnolo, ma mi sa che lo riprenderò.
2 stelline (e mi considero generosa) Incuriosita dalla mia amica Silvia, ho deciso di ascoltare il libro. Mi è piaciuto a tratti. Per certi versi, l'ho considerato ripetitivo e noioso, per altri una luce su un qualcosa che non avevo considerato. Interessante (ok, non molto), ma Paolo Nori non fa per me.
Arriverò tardi e me ne vergogno ma non conoscevo Paolo Nori e ora ne sono rimasta completamente folgorata! Attirata dalla candidatura del Premio Strega ho ascoltato l'audiolibro (letto da lui) e sicuramente rende molto di più rispetto al classico cartaceo. Si presenta come una sorta di chiacchierata con l'autore, con delle digressioni infinite autobiografiche che si intervallano alla biografia atipica del poeta Raffaello Baldini.
Recupererò sicuramente anche la biografia di Dostoevskij visto che proprio in questo momento ho in corso anche la lettura dei fratelli Karamazov!
Ed è proprio così, un romanzo (che forse così tanto romanzo poi non è) che raccontato ad alta voce dallo stesso autore risulta ancora più bello, vivo e brillante, in un costante alternarsi di ironia e commozione, scherzo e malinconia. La figura di Raffaello Baldini si intreccia e lascia spazio allo stesso Paolo Nori, che si fa personaggio e che raccontando i versi e gli episodi salienti della vita del poeta romagnolo racconta anche tanto di sé, e lo fa con infinita tenerezza.
È un libro che non mi è piaciuto per niente. Soprattutto non ho apprezzato lo stile narrativo molto ma molto elementare. Ho trovato parecchi refusi, stonature, stridori grammaticali e lessicali. Qualcuno dice che è uno stile rivoluzionario. Per me stile rivoluzionario è quello di Wallace (tanto per fare un esempio ma se ne potrebbero fare altri) non si trova certo in questo libricino. Non ho apprezzato questo suo autoincensarsi con tono ironico grazie al quale Nori vuol far credere che in realtà non si autoincensa. Devo dire che in questo l’ho trovato un po’ patetico. Non ho apprezzato questa non trama, che pure in certi autori è qualcosa di sublime come in alcune opere di avanguardia che si discostano dalla narrazione tradizionale, oppure in opere che si concentrano sulla descrizione dei personaggi, sulla psicologia, sui paesaggi interiori, o sull'uso del linguaggio stesso. Qui non c’è nulla di tutto questo. Un guazzabuglio senza trama. Insomma, forse il peggior libro di Nori.
Nei romanzi di Paolo Nori spesso si ritrovano gli stessi elementi, di sicuro la stessa poetica, a volte aneddoti, nomi, addirittura pensieri che si ripetono. A pensarci, forse non sono del tutto dei romanzi. Sono un tentativo di smontare l'artificiosità dietro quel ritrito "la bellezza salverà il mondo" e di farci notare quanto di quella bellezza, forse anche un po' spaventosa, ci sia nelle nostre minuscole esistenze, nei nostri provincialismi, e che somiglia molto a quello che hanno cercato di raccontare i russi in quella loro lingua assurda, perché non è che la bellezza salverà il mondo, è che dopo aver letto Paolo Nori sai che мир спасёт красота, e sai che differenza c'è.
Bonus: però ascoltare Paolo Nori che legge Paolo Nori (e secondo me si commuove anche un po') è ancora più bello.