Dopo la morte del padre, Keita ha abbandonato il sogno di fare il musicista e, ormai da dieci anni, lavora per una casa discografica. All'apparenza è un affermato produttore musicale, rispettato da tutti e dedito con passione al suo lavoro, ma sotto la superficie la realtà è più complessa e Keita vive in bilico tra l'amore per la musica e il vuoto che lo circonda. Questo fragile equilibrio si rompe del tutto quando comincia a sperimentare inspiegabili e misteriose allucinazioni uditive e incontra Kashima, un bizzarro ingegnere del suono che gli propone un viaggio alla ricerca del "dio dei suoni", un'entità nascosta nelle frequenze inudibili. Keita, da sempre attratto dall'idea che dietro ai rumori della natura e alle vibrazioni del mondo ci sia qualcosa di più grande, accetta la strana proposta dell'ingegnere e insieme si avventurano nel gelido nord dell'Hokkaido, dove la banchisa del mare di Ochotsk diventa lo scenario di una ricerca mistica e surreale. In un'alternanza di momenti di introspezione e scoperta, Il castello di lana di vetro esplora i confini tra suono e silenzio, vita e alienazione, in una storia che affascina e inquieta, come un'eco che vibra nell'animo di chi sa ascoltare.
Hitonari Tsuji (辻 仁成 Tsuji Hitonari) is a Japanese writer, composer, and film director. In his film and singing work he uses the name Jinsei Tsuji, an alternative reading of the Japanese writing of his name. He debuted as a writer in 1989. His films include Hotoke (ほとけ?) (2001) and Filament (フイラメント?) (2001).
Novels (Japanese Edition)
Pianissimo (1990) Cloudy (1990) Kai no Omochyabako (1991) Tabibito no Ki (1992) Fragile (1992) Glasswool no Shiro (1993) Hahanaru Nagi to Chichinaru Zika (1994) Open house (1994) Ai ha Pride yori tsuyoku (1995) Passagio (1995) Sabita Sekai no Guidebook (1995) Newton no Ringo (1996) Antinoise (1996) Kyō no Kimochi (1996) Kaikyō no Hikari (1997) Ai no Kumen (1997) Hakufutsu (1997) Wild Flower (1998) Sennenn Tabibito (1999) Reisei to Zyonetu no Aida Blue (1999) Shitto no Kaori (2000) Ai wo kudasai (2000) Sayonara Itsuka (2001) Koisuru tame ni umareta (2001) Taiyō Machi (2001) Mokka no Koibito (2002) Ai to Eien no Aoisora (2002) Kanojo wa Uchyūfuku wo kitenemuru (2002) O'keeffe no Koibito Ozwald no Tsuioku (2003) 99sai made ikita Akanbō (2003) Ima Kono Syunkan Aishiterutoiukoto (2003) Katana (2004) Daihitsy Ya (2004) Koufuku na Ketsumatsu (2005) Acacia Ashita no Yakusoku (2005) Yada to Iiyo (2005) Ai no atoni Kurumono (2006) Pianissimo Pianissimo (2007) Hito ha Omoide ni nomi shittosuru (2007) Ugan (2008) Madam to Okusama (2009) Mokka no Koibito (2009) Dahlia (2009) Acacia no Hana no sakidasukoro Acacia (2009) Kuroe to Enzō (2010)
Novels (English Edition)
Pianissimo by Hitonari Tsuji,transrated by Rebecca Clare Lindsay,Shueisha Inc.1992 ISBN 978-4-08-749812-7
1989 — Subaru Literary Prize (Shueisha), Pianissimo 1996 — Akutagawa Prize, The Light from the Strait (Kaikyō no hikari) 1999 — Femina Prize (Prix Femina Étranger), Le Bouddha blanc (The White Buddha, 白仏)
Provo a rimanere zitto: la lana di vetro assorbe tutti i suoni, a me sembra che i rumori manchino del tutto. «Qui non c'è assenza assoluta?» Kashima scuote la testa sorridendo. «A voler essere precisi, no. I muri riflettono sempre qualcosa. Il condizionatore dovrebbe essere più attutito rispetto a quello di altre stanze, ma un po’ di rumore lo fa comunque. Non è eccezionale? Noi creiamo la musica, ma non siamo in grado di ricreare l'assenza assoluta di rumore. Possiamo tapparci le orecchie per farlo sparire, ma non è lo stesso. I suoni vengono trasmessi alla pelle e al cranio, non svaniscono mai del tutto. In natura la cosa si verifica solo quando vengono soddisfatte determinate condizioni, quando il dio del suono tace.» «Il dio del suono tace?» «Esattamente. Non mi è ancora mai capitato, però immagino che l'assenza di suono sia il silenzio del dio.»
3,5⭐️ Ho scoperto Hitonari Tsuji dal suo romanzo “Uova” e mi era piaciuto tantissimo, anche questo non male…
Una piccola lettura diversa dal solito, ma molto piacevole.
Questo piccolo romanzo, 176 pagine, ci racconta due storie diverse ma accomunate da alcuni elementi a partire dai protagonisti delle rispettive storie: entrambi uomini sui quant'anni e con un lavoro (produttore uno, ghostwriter l'altro) meccanico e poco soddisfacente per il quale hanno perso la passione. Hanno entrambe relazioni ambigue e piene di non detti con le rispettive partner; condividono la sensazione di essere fuori posto e soli e, infine, le rispettive menti giocano loro brutti scherzi: uno ha allucinazioni uditive improvvise e l'altro ha dei nani in testa che non lo lasciano in pace.
È un racconto breve dove, con estrema semplicità, l'autore ci porta sul confine tra la vita e l'alienazione, dove ci parla di quella solitudine e di quella insoddisfazione che ti divora da dentro, dove ci fa percorrere un viaggio introspettivo.
Il racconto "Il Castello di Lana di Vetro", che dà il nome al libro, è quello che ho trovato più interessante e coinvolgente: parla di musica, suoni, rumori e silenzi, parla della natura e dalla sua vitalità e potenza anche quando è silenziosa e ci travolge.
"Ghostwriter", invece, è un racconto altresì interessante ma meno incisivo.
C'è una solitudine, in questo libro, che non fa rumore. Non è quella urlata o visibile. È una solitudine sottile, che si insinua nei pensieri del protagonista, nei suoi silenzi, nelle sue indecisioni. Ed è proprio lì che ti entra dentro.
Il protagonista sembra sospeso, incapace di scegliere, incapace di lasciar andare. E non perché sia debole, ma perché nel profondo c’è ancora amore, e a volte l’amore è proprio quello che ci tiene fermi. Quel tipo di amore che non si sa più come vivere, ma nemmeno come finire.
Quello che mi ha colpito – ancora una volta – è la scrittura di Hitonari Tsuji. Ha un modo unico di raccontare le emozioni, senza esagerare mai, ma facendoti arrivare tutto. Ti colpisce al cuore in silenzio, come un ricordo che non pensavi di avere.
E poi ci sono i suoni, che in questo libro diventano quasi personaggi. Sono loro a “salvare” il protagonista, a tendergli una mano quando lui non riesce più a sentire nemmeno se stesso. È come se la musica, i rumori, tutto ciò che vibra nel mondo intorno a noi, fossero l’unico modo per rientrare in contatto con quello che sentiamo davvero.
Un libro delicato, ma profondo. Da leggere con calma, lasciandosi attraversare. Se siete persone che si sentono spesso bloccate tra ciò che vorrebbero e ciò che non riescono a lasciare andare, allora questo libro vi parlerà. E forse, in silenzio, vi capirà.
In realtà questo libro contiene due racconti, quello del titolo ed un altro intitolato "Ghostwriter". Entrambi mi sono piaciuti parecchio. Attraverso la metafora del suono nel primo, e dei "nani" nel secondo, si esplorano due diverse solitudini nel Giappone contemporaneo, di chi ha perso la bussola, ma rifiuta di rendersene conto e che forse solo alla fine può intravedere un'epifania di cambiamento. Il tutto però è lasciato in sospeso, come nei racconti/romanzi del primo H. Murakami!
se dovessi descrivere questo libro con una parola sarebbe "suono", perché tutto ruota intorno a esso. Che siano della natura o della città si impongono lettura con la loro presenza. L'autore, come un direttore d'orchestra, crea una sinfonia che racconta la vita dei protagonisti. Non avrete bisogno di nessuna musica per accompagnare la lettura.
Avrei voluto che il primo racconto fosse un romanzo lunghissimo, così ben scritto, affascinante. Il finale è stato spiazzante, violento. E 'ghostwriter' ferisce, anche quando non si coincide con il protagonista perché rivolto comunque a te.
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