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192 pages, Paperback
First published January 1, 1976




«Io abiuro dalla Trilogia della vita, benché non mi penta di averla fatta. Non posso negare la sincerità e la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso. Tale sincerità e necessità hanno diverse giustificazione storiche e ideologiche. Prima di tutto esse si inseriscono in quella lotta per la democratizzazione del "diritto a esprimersi" e per la liberazione sessuale, che erano due momenti fondamentali della tensione progressista negli anni Cinquanta e Sessanta. In secondo luogo, nella prima fase della crisi culturale e antropologica cominciata verso la fine degli anni sessanta - in cui cominciava a trionfare l'irrealtà della sottocultura dei "mass- media" e quindi della comunicazione di massa - l'ultimo baluardo della realtà parevano gli "innocenti" corpi con l'arcaica, fosca, vitale violenza degli organi sessuali [...] Ora, tutto si è rovesciato. Primo: la lotta progressista per la democratizzazione espressiva e per la liberazione sessuale è stata brutalmente superata e vanificata dalla decisione del potere consumistico di concedere una vasta (quanto falsa) tolleranza. Secondo: anche la "realtà" dei corpi innocenti è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico; anzi, tale violenza sui corpi è diventato il dato più macroscopico della nuova epoca umana»
Negli stessi anni in cui i movimenti omosessuali cominciano la loro lunga battaglia per libertà e apertura, Foucault e Pasolini (due omosessuali che più volte, esplicitamente o implicitamente, affermarono di preferire e/o rimpiangere e/o trovarsi bene nella dimensione "iniziatica" del segreto e della doppiezza*) mettono in guardia tutti quanti (etero e gay), esortano a sospettare di quella libertà e di quell'apertura, sostenendo che il problema della sessualità non è (non è più?) la sua repressione. Ed è (anche) questo che Pasolini cerca di mettere in scena in Petrolio. E, ovviamente, è questo il tema di Salò. L'ultimo Pasolini si interrogava su questo. E se non fosse morto nel novembre del '75, certamente l'anno dopo avrebbe trovato un alleato nel Foucault che avviava gli studi sulla sessualità. Che "what if" affascinante! Mi azzardo a dire "certamente" perché Pasolini conosceva le opere di Klossowski (amico di Foucault) e Bataille (grande ispiratore di Foucault).
La riflessione partita allora sfocia, trent'anni dopo, nelle rappresentazioni del sesso che dà Walter Siti (non a caso altro omosessuale e studioso di Pasolini) nei suoi "oggetti narrativi": in un libro come Il contagio non c'è proprio più nulla che somigli alla repressione sessuale denunciata dal freudo-marxismo, dal '68 etc.
E' terribilmente riduttivo dire che Pasolini fu un "reazionario", come continuano a fare gli attempati reduci del Gruppo 63 e i loro eredi. Certamente ebbe sussulti di quel tipo e tentò contrattacchi su quel terreno ("Io sono una forza del passato" etc.), ma in realtà, soprattutto nei suoi anni "corsari" (e già a partire dal '68), Pasolini attaccò il nemico non nelle postazioni che stava abbandonando bensì in quelle che stava per occupare. In questo, al di là delle differenze di background, di lessico e di posizionamenti tattici, potremmo scoprirlo molto vicino a certo pensiero radicale francese.
P.S. Rimando anche a una mia lettura di Salò di Pasolini (e di Amici miei di Monicelli) fortemente influenzata da Foucault:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=114
* Cfr. James Miller, La passione di Michel Foucault, Longanesi, Milano 1993; quanto a Pasolini, si paragona - con un certo compiacimento - a Mister Hyde in una lettera aperta a Calvino dell'8 luglio 1974, ora in Scritti corsari, Garzanti, 1990, p. 52: "Ma io, come il dottor Hyde, ho un'altra vita". Il senso nascosto dell'affermazione sarebbe stato chiaro ai più un anno e mezzo più tardi.