«Io vorrei isolare il momento in cui ho visto la crepa e ho preso atto della fine, ma non lo trovo, perché non c'è. L'amore è discreto nel morire, non si lamenta e non fa scenate, non c'informa quando si ammala. Siamo noi a risponderne, e tutto quello che gli capita è colpa nostra».
Fosco e Alice si sono amati tanto. E tra poco, senza sapere bene perché, si diranno addio. Per questo, nel vortice di parole piú o meno giuste o piú o meno sbagliate, abbracci notturni, porte sbattute, avvocati nuovi di zecca e antiche recriminazioni, decidono di raccontare la loro storia a modo loro. Con ostinazione, dolore e persino tutto quello che nei documenti legali non potrà mai trovare spazio. Diego De Silva lascia riposare il suo personaggio piú amato, l'«avvocato d'insuccesso» Vincenzo Malinconico, per consegnarci un grande romanzo sulla fine dell'amore.
«L'amore non è una storia, ma due». Per questo Fosco e Alice hanno affidato ai loro rispettivi avvocati le parole che non sanno dirsi, lasciandosi. Alice aspira a una conclusione drammatica, come se un grande amore si misurasse dalle ferite, dal male che è possibile farsi. Vuole enfasi, conflitto, palcoscenico. Fosco è piú morbido, quasi passivo, incline ad accettare qualsiasi condizione. E alla fine, come in tutte le separazioni, le loro posizioni si tradurranno in documenti mortificanti, che nulla dicono perché nulla sanno di una vita insieme. Che riassumono il dolore, e anche la gioia, in parole povere. Per riscrivere con una dignità diversa i titoli di coda della loro storia, decidono allora di ritirarsi in una casa amata, tra i fantasmi dal passato e di ciò che è stato tradito, che siano gli anni felici dell'infanzia, quel tempo bello in cui s'impara il mondo, gli amici di sempre o il loro stesso legame. Trovarsi lí, in quella casa, significa anche cercare un fuoco il loro fuoco. Significa attraversare in due i rimpianti fino a esaurire la sofferenza, estrarre dalle macerie del tempo ciò che rimane vivo e trovare la forza di andare addosso alle cose, persino quando fanno paura. Senza rinunciare all'ironia che lo contraddistingue, come modo di illuminare ciò che conta, Diego De Silva riesce a raccontare con forza, attraverso le voci di Fosco e Alice, le speranze, le delusioni, le felicità sepolte, il complicato groviglio di sentimenti che accompagnano da sempre la fine di un amore.
Diego De Silva, scrittore, giornalista e sceneggiatore, è nato a Napoli nel 1964. Il suo romanzo "La donna di scorta" (1999) è stato finalista del premio Montblanc, "Certi bambini" (2001) è stato selezionato per il premio Campiello e "Non avevo capito niente" (2007) ha vinto il premio Napoli ed è stato finalista al premio Strega. Da "Certi bambini", la crudele storia di un ragazzo di strada assoldato come killer dalla camorra, è stato tratto nel 2004 l'omonimo film diretto dai fratelli Frazzi, vincitore di numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, fra i quali l'Oscar europeo e due David di Donatello. Molti suoi racconti sono apparsi in svariate antologie, fra le quali "Disertori e Crimini". Dal racconto "Il covo di Teresa", in particolare, nel 2006 è stato tratto un film tv interpretato da Lina Sastri per la regia di Stefano Sollima. Con Antonio Pascale e Valeria Parrella ha firmato lo spettacolo teatrale "Tre terzi", interpretato da Marina Confalone e diretto da Giuseppe Bertolucci. Tra i suoi ultimi lavori si ricordano i romanzi "Sono contrario alle emozioni" e "Mancarsi". Oltre a scrivere per il cinema, la tv e il teatro, De Silva collabora al quotidiano "Il Mattino". I suoi libri sono tradotti in Inghilterra, Francia, Spagna, Germania, Olanda, Portogallo e Grecia.
Vorrei non averlo ancora letto per poterlo leggere di nuovo. Ha senso? Questo è il meraviglioso saluto tra Fosco e Alice, che si sono amati, che adesso si vogliono bene e che in qualche modo devono scrivere i "titoli di coda della loro vita insieme". De Silva ci mostra la lenta discesa nella malinconia di due persone che sanno di doversi lasciare, ma lo fanno con la fatica di chi si è amato tanto e adesso non sa come affrontare la casa vuota, l'assenza dell'altro, i ricordi che bussano alla porta portando dolore. Una dolcezza infinita: questo romanzo è una dolorosa carezza. De Silva si conferma uno dei miei scrittori preferiti, regalandoci (ne sono quasi certa) il suo romanzo più bello. - "L'amore non è una storia, ma due." - "Io vorrei isolare il momento in cui ho visto la crepa e ho preso atto della fine, ma non lo trovo, perché non c'è. L'amore è discreto nel morire, non si lamenta e non fa scenate, non c'informa quando si ammala. Siamo noi a risponderne, e tutto quello che gli capita è colpa nostra." - "Alice e io ci vogliamo bene. Per questo ci stiamo lasciando."
Tante volte mi sono riletta frasi solo per il gusto di riassaporare quella scelta così giusta e bilanciata delle parole. una delle migliori letture dell’ultimo periodo. Talmente vero
«E che non credo che ci si possa lasciare di comune accordo, tutto qui. Non ci ho mai creduto, fin da ragazza. Quando un fidanzato me lo proponeva, e cercava di rifilarmi una di quelle frasi di circostanza tipo "Prendiamoci una pausa di riflessione", lo lasciavo seduta stante, anche se magari era proprio quello che voleva». «Non vedo cosa c'entri, - ha ribattuto ridacchiando, - ma piú o meno ho capito». «E che vorrei scrivere un po' meglio i titoli di coda di una vita insieme, ecco tutto». Qui c'è rimasta. E anch'io ho avuto l'impressione che fosse successo qualcosa. «I titoli di coda...?» ha chiesto. «...di una vita insieme», ho completato. Altra pausa. «Ti dispiace se la uso in qualche conferenza, questa?» «Oh, figurati». «La trovo bellissima».
5 ⭐️ È un intercalare di momenti vissuti raccontati da Fusco e da Alice, una coppia la quale il matrimonio è ormai verso la fine. Bellissimo l’episodio della grande litigata, dove Fusco fa le valigie ma non se ne va via veramente. Alice lo cerca in tutto il quartiere e alla fine lui era solo sceso per ritirare un pacco dal corriere. Mi piace questa discrepanza: lei pensa sia tutto finito per colpa sua, lui non ritiene nemmeno importante la litigata. Fusco ha una aggressività passiva che dimostra nei confronti di Alice in vari momenti delle loro discussioni che non gli permettono mai di alzarsi e andarsene veramente dalla loro casa, dallo loro vita. Anche durante il divorzio, Fosco non vuole che il suo avvocato “lo difenda” perché per lui non c’è niente da cui difendersi e nulla di cui accaparrarsi nemmeno la casa dove hanno vissuto. È un libro da leggere? Assolutamente!
Scritto benissimo, mi è sembrato uno sterile esercizio di stile. Per il mio cervello probabilmente unicellulare, il racconto non è credibile. Perché mai due persone che si amano, si rispettano, con reciproca attrazione fisica, che ancora ridono insieme, che non hanno relazioni extra coniugali... perché mai dovrebbero divorziare ?!
Una lettura piacevolissima dai toni dolceamari, la cui prosa brillante riesce a non scadere nel pretenzioso e costringe il lettore a pensare di continuo ai propri affetti.
2.5 ⭐️ Scritto benissimo, senza ombra di dubbio. Di tanto in tanto ci si imbatte in frasi meravigliose durante la lettura ma, ahimè, tutto si esaurisce qui. La storia l’ho trovata noiosa e poco coinvolgente. Come ha già evidenziato qualcuno sembra un romanzo scritto come fosse un esercizio di stile. Peccato!
vorrei poter cancellare dalla mia memoria ogni ricordo di questo libro per poterlo leggere da capo come se fosse la prima volta. fosco, ti ho voluto bene da star male
Cosa succede quando non c’è più amore in coppia un tempo affiatata? Diego De Silva cerca di dare una risposta tramite le storie e le voci di Fosco e Alice, il primo famoso scrittore e la seconda laboriosa infermiera. I due si sono tanto amati, ma il loro rapporto giunge al capolinea, evidenziando le differenze storiche fra i due. Alice, più grintosa, ambisce a una grande fine, mentre Fosco, in maniera passiva, accetta qualsiasi decisione presa dall’ex moglie. I due concordano su una cosa: la loro relazione non può essere formulata da nessun avvocato, ma solo loro due possono scrivere i titoli di coda della loro vita assieme. Un romanzo caratterizzato da un enorme carico di malinconia, di nostalgia, per cui le “cose sono ricordi”, la cui lettura vi accoglierà calorosamente, dando una risposta definitiva alla domanda: “come chiudere una relazione”
-Ps: il finale sembra un po’ dispersivo, ma non deluderà!
Per me questo libro è scritto davvero davvero bene, mi piace il realismo che si è mantenuto per tutta la storia, è un libro autentico che tratta la separazione di una coppia in maniera totalmente convincente, senza cadere nel melodramma, e ho apprezzato tanto il rispetto e l’affetto che sono sempre rimasti tra Fosco e Alice e che è possibile leggere tra le righe del libro nelle attenzioni che ancora si dedicano l’un l’altra, nel modo in cui conoscono gesti specifici dell’uno o dell’altra. Nonostante si parli di una fine, per me sono dei titoli di coda di una bellissima storia d’amore.
L’amore non è una storia, ma due. È lo squilibrio narrativo che rende scellerato il patto che regola la vita di coppia. Ci riconosciamo in un racconto comune, medio, fatto di concessioni reciproche, di compensazioni, di «Fa niente». E se ci accontentiamo di cosí poco è perché sappiamo che è il solo modo di tenerci accanto chi amiamo e non vogliamo perdere. Chiunque dica che questo non è amore, non sa di cosa parla. L’amore è intelligente, e sa aspettare. Con gli anni ho imparato ad ascoltarlo, e ho capito che la sa piú lunga di me. Soprattutto, l’amore non è orgoglioso.
Le prime 100 pagine volano da quanto sono belle e pregne di quel dolore ancora bruciante che solo una separazione puo’ dare. Poi ci sono delle digressioni che a volte ho faticato a capire. Il premio Viareggio se l’è meritato, a pieni voti.
Non ho mai letto un libro che analizzi così lucidamente, senza retorica, ne’ smancerie, la fine di un amore. Non è cosa facile. L’autore ha camminato su un percorso accidentato, ma ce l’ha fatta. Ho pianto, ho riso e ho annuito. ‘ La verità è che non ce senso alla fine di un amore. Come nell’inizio, del resto.’
"Io vorrei isolare il momento in cui ho visto la crepa e ho preso atto della fine, ma non la trovo, perché non c'è. L'amore è discreto nel morire, non si lamenta e non fa scenate, non c'informa quando si ammala."
Come si scrivono i titoli di coda di una vita insieme? La fine di una storia può essere scritta a due mani, ricordando l'amore che c'è stato pur non capendo il momento in cui è finito, perché "L'amore non è una storia ma due".
A che punto capisci che è finita? Come ti rassegni al fatto che non puoi tornare alle origini della tua vita per provare a capire dove tutto ha iniziato ad infrangersi e cercare di rimettere insieme tutti i pezzi?
De Silva ha dipinto perfettamente il quadro di una storia d’amore (anzi due) e della sua fine inevitabile. Come dice Fosco, c’è poco da discutere sulla fine di un amore, bisogna solo prenderne atto. Ma lui riuscirà a farlo solo dopo mesi, entrando in quella che è stata casa sua e di Alice, il contenitore del loro amore e trovando una cornice svuotata della foto di loro due. Soltanto in quel momento riesce a prendere coscienza del fatto di aver perso Alice. Per sempre. . . .
“Un simbolo che diceva: ho avuto un posto nel cuore di un altro. Perché una sola cosa vogliamo, arrivati alle sette di sera della vita: sapere che qualcuno ci ha amati.”
"La verità è che non c'è senso nella fine di un amore. Come nell'inizio, del resto." Veramente una bella lettura, profonda e leggera allo stesso tempo.
Che tenerezza, che dolcezza. Caro De Silva, magari sapessi usare le parole con la maestria con cui le usi tu. A leggere questo libro mi si è stretto il cuore
Le mie riflessioni qui sotto sono al netto del fatto che i protagonisti non mi stanno simpatici, specialmente lei, e al netto del maschilismo latente di alcuni dettagli.
Un libro lucidamente malinconico. Triste senza essere melenso.
Mi è piaciuta la scrittura e mi sono piaciute le riflessioni che si susseguono nel libro. Riflessioni che ho trovato "universali" (o "banali" che è la stessa cosa in realtà) ma potenti. Titolo super azzeccato. Un focus sui titoli di coda della vita dei protagonisti. Il che mi ha generato la frustrazione di non avere più elementi sulle storie e i racconti collaterali, e anche la frustrazione di un finale che mi è sembrato improvviso.
Avrei voluto sapere di più sul poi, dopo che lo schermo della vita insieme è diventato nero, e che le luci in sala si sono accese. Ne abbiamo solo un piccolissimo tristissimo scorcio, che per me è stato come un colpo di grazia.
Alcune frasi che mi sono piaciute:
"Perché una sola cosa vogliamo, arrivati alle sette di sera della vita: sapere che qualcuno ci ha amati."
"Magari fosse un male, quello che lo affligge: è un dolore, ed è la sua natura che complica le cose. Il male si cura, o almeno si allevia, oppure ti uccide. Il dolore lavora col tempo e nel tempo, a volte è svogliato, altre si accanisce, lasciandoti la riserva di forze che basta appena a tenerti in vita."
"Capita spesso di fare un passo definivo scoprendo solo in seguito di non poter tornare indietro [...]. Minimizzare l'ovvio è un errore che commettiamo in molti."
"Io vorrei isolare il momento in cui ho visto la crepa e ho preso atto della fine, ma non lo trovo, perché non c'è. L'amore è discreto nel morire, non si lamenta e non fa scenate, non c'informa quando si ammala. Siamo noi a risponderne, e tutto quello che gli capita è colpa nostra».
"È quella solitudine, non vuoto ma mancanza, non trovare più la mano nel buio che ti tiene quando la cerchi."
“Mia moglie, invece, l’ho perduta senza urti. Senza male. In silenzio, nella complicità e nella gentilezza. Quante volte, quando di notte mi cercava, ho riconosciuto nelle sue carezze una pena insopportabile, di chi vorrebbe e non può più, e però non si rassegna e prova ancora; e io che me ne accorgevo volevo morire e l’abbracciavo, per aiutarla a ingannarmi. La verità è che non c’è senso nella fine di un amore. Come nell’inizio, del resto”.
"La legge, e soprattutto la giustizia, non c’entrano niente con l’amore. L’amore non è giusto, e non sopporta le regole. È per questo che ci rende felici"
I titoli di coda di una vita insieme è un romanzo che ho sentito vicino, quasi come se parlasse al mio orecchio con la voce di qualcuno che conosco. Diego De Silva racconta la fine di una relazione senza tragedie e senza urla, ma con quella discrezione crudele con cui, spesso, l’amore se ne va davvero: in silenzio. Fosco e Alice non sono personaggi inventati per intrattenere, sembrano due persone che potremmo incontrare al bar o tra i nostri amici. Lui, scrittore fragile e incline alla malinconia; lei, oncologa pragmatica, con i piedi per terra. Insieme non reggono più, ma continuano a parlarsi, a stuzzicarsi, a prendersi in giro.
Leggendo, ho avuto la sensazione di spiare le pieghe nascoste di una coppia: quelle frasi ripetute mille volte, i silenzi che diventano pesanti, le ironie che smettono di essere complicità e diventano distanze. De Silva riesce a rendere tutto questo con uno stile leggero, pieno di battute e di osservazioni acute, ma senza mai sdrammatizzare troppo. Si ride, sì, ma subito dopo ci si ritrova con un nodo alla gola.
Quello che mi ha colpito di più è il rispetto con cui De Silva accompagna i suoi protagonisti alla fine del loro amore. Non c’è rancore, non ci sono accuse: solo la consapevolezza che, a volte, anche chi si è voluto bene non riesce più a camminare insieme. Eppure, in quelle ultime pagine, ho trovato anche un seme di speranza: l’idea che le storie non finiscono mai del tutto, che qualcosa resta sempre, anche se in forma diversa.
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Divorato! premetto che, avendo superato un divorzio, molto di ciò che è scritto l'ho vissuto sulla mia pelle e quindi ha fatto risuonare un diapason di memorie. Scritto in modo raffinato, mai una caduta di stile che forse avrebbe reso meno "fintamente elegante" la fine di un rapporto, che porta con sè comunque risentimento, dolore e rabbia. Entrambi i personaggi sono descritti sia nella propria solitudine sia nei rapporti con altri. Lei più vera, sempre in bilico ma in equilibrio, lui con il fiato corto e la mancanza di ossigeno. L'inizio della crepa è nei due avvenimenti in cui la coppia non ha retto, l'altra/o non è stato capace, non ha voluto o saputo spingere l'altro/a verso la soluzione che alla lunga - forse - non avrebbe creato sensi di colpa, recriminazioni e rimpianti. La vendita della casa è fin troppo analizzata, rendo lui la voce narrante di tutto il romanzo; il mancato trasferimento a Chicago è giusto un accenno che però lascia intravedere un solco che non si è rimarginato tra i due. Con questa scelta, lei diventa marginale, sebbene i capitoli si alternino. Mi sarebbe piaciuta più introspezione su quell'accadimento per rendere più chiare le motivazioni dell'allontanamento, che altrimenti sono davvero poco comprensibili. Assolutamente vero quanto descrive sulle emozioni e sentimenti davanti agli avvocati e al giudice.
Parlare, scrivere, sulla fine di un amore è complesso, fa male, fa paura. Ci si immedesima nei confronti dei due protagonisti, senza entrare nel merito del contesto familiare, senza mettersi nei panni del figlio (cosa che potrebbe sembrare scontata), ma la storia ruota attorno esclusivamente a Fosco e Alice. Si sono amati, a loro modo si amano ancora, ma, forse, non abbastanza. Ho provato tenerezza nei confronti di Fosco, del suo atteggiamento di fronte alla giustizia che mi ha tanto fatto riflettere. “Ma la legge, e soprattutto la giustizia, non c’entrano niente con l’amore. L’amore non è giusto, e non sopporta le regole. È per questo che ci rende felici.”
"La disperazione [...] può essere uno spaventoso tipo di quiete. Una liberazione, ma da tutto quello in cui credevi." (p. 21)
"Le poche vanità che avevo le ho perse con gli anni. Togliersele è un po' come smettere di fumare." (p. 99)
"Aspettare una diagnosi è peggio della diagnosi. E quando arriva, anche se conferma il sospetto, ti libera da quel peso. E' faticoso portare speranza." (p. 161)
"Le polemiche mi annoiano, sono come i chewing gum, perdono sapore dopo un po' che li mastichi." (p. 191)
mi ha spezzato il cuore. la fine di una storia che nonostante lasci due persone che si incastrano e conoscono meglio di chiunque altro, rimane irrecuperabile, lasciando ricordi, rispetto e amore che ormai non bastano più. mi ha fatto veramente pensare a quanto le parole abbiano un peso e di quanto le piccole cose, che spesso sembrano banali, fondino in realtà i pilastri di un rapporto. spero di ricordarmelo più spesso