«In questi libri tutti fanno la guerra, si incazzano, diventano furiosi, litigano, sono gelosi, minacciosi, e usano la forza in modo esplicito, picchiando, violentando. Ma sono anche violenti in modo piú moderno, quindi occultato, sono lamentosi e recriminatori, e finiscono per soffocare le donne in altro modo. Il racconto semplicemente corrisponde a quello che siamo (stati)».
Un saggio d'autore, inaspettato e personale. Francesco Piccolo rilegge tredici capolavori che, con i loro protagonisti, sono entrati nelle nostre vite e hanno segnato in maniera indelebile il nostro immaginario, contribuendo a legittimare il mito della maschilità e la cultura virile.
Se l'impressione che abbiamo degli uomini è che siano potenti, arroganti, violenti, egoisti e famelici, allora, di questi uomini, ve ne sarà traccia anche nelle opere chiave della nostra letteratura, quelle che hanno in qualche modo contribuito a consolidare una certa idea di maschio. A partire dalle fondamenta, dalla settima novella dell'ottava giornata del Decameron, in cui Boccaccio mette in scena la spietata vendetta del giovane scolaro Rinieri, che sbeffeggiato e rifiutato da una avvenente vedova la punisce facendo in modo che non possa piú vantare la propria avvenenza. La se si ferisce il maschio non è pena affatto ingiusta essere sfregiate a vita. Come non pensare al nostro presente. E come non pensarci leggendo delle peripezie matrimoniali di Zeno di cui scrive Svevo. Zeno Cosini, arrogante e fragile al tempo stesso, irrazionale che si finge ponderato, ma soprattutto, come ogni uomo che si rispetti, tarlato dal desiderio, che una volta piantato in testa non schioda piú e fa compiere i gesti piú sciocchi e sconsiderati. E poi ancora l'innominato di Manzoni, il Principe di Salina di Tomasi di Lampedusa, 'Ntoni di Verga, l'Antonio di Brancati, il Milton di Fenoglio e altri maschi, tutti sempre uguali a sé stessi, vigliacchi e furiosi, gelosi e violenti, al centro di romanzi che hanno costruito il canone della letteratura italiana. Perché chi siamo ha a che fare con la famiglia, l'educazione, il mondo dove si cresce, ma anche con i libri che si sono letti.
Francesco Piccolo was born at Caserta, in 1964. His novels and short story collections include “Allegro occidentale”, “E se c'ero dormivo”, “Il tempo imperfetto”, “Storie di primogeniti e figli unici” (all published by Feltrinelli), “L’Italia spensierata” (Laterza) and “La separazione del maschio” (Einaudi). With “Storie di primogeniti e figli unici" he won two literary prizes: the Premio Giuseppe Berto and the Premio letterario Piero Chiara. His latest works are “Momenti di trascurabile felicità” and “Il desiderio di essere come tutti”, published by Einaudi.
In cinema, he has developed the screenplays “My Name Is Tanino, Paz!“ (based on cartoons by Andrea Pazienza), “Ovunque sei”, “Giorni e nuvole” and “Nemmeno in un sogno”, as well as “Il caimano” (for which he, Nanni Moretti and Federica Pontremoli were awarded the 2006 David di Donatello for Best Script), “Caos calmo” and “Habemus Papam” directed by Nanni Moretti.
He writes for varied newspapers and periodicals, including la Repubblica and Diario. Piccolo lives in Rome, where he runs the screenwriters’ laboratory for the DAMS course at Roma Tre.
Francesco Piccolo è nato a Caserta nel 1964. Si è laureato in Lettere con una tesi su "Le teorie comiche nel teatro del Settecento". Vive e lavora a Roma e collabora alle pagine culturali del “diario della settimana”. Nel 1993 è stato finalista del Premio Calvino con il romanzo inedito "Diario di uno scrittore senza talento". Con la casa editrice Minimum fax ha pubblicato nel 1994 "Scrivere è un tic. I metodi degli scrittori", tratto da alcune lezioni di creative writing sui metodi di scrittura.
Ha scritto romanzi e raccolte di racconti: “Allegro occidentale”, “E se c'ero dormivo”, “Il tempo imperfetto”, “Storie di primogeniti e figli unici” (tutti pubblicati da Feltrinelli), “L’Italia spensierata” (Laterza) e “La separazione del maschio” (Einaudi). Con “Storie di primogeniti e figli unici” ha vinto il Premio Giuseppe Berto e il Premio letterario Piero Chiara. Il suo penultimo libro, edito da Einaudi, si intitola “Momenti di trascurabile felicità”, una raccolta di aneddoti sulla felicità delle piccole cose quotidiane. Nel 2013, ha pubblicato “Il desiderio di essere come tutti”.
Ha lavorato anche per il cinema scrivendo sceneggiature, tra cui “My Name Is Tanino, Paz!” (tratto dai fumetti di Andrea Pazienza), “Ovunque sei”, “Giorni e nuvole” e “Nemmeno in un sogno”, oltre a “Il caimano”, “Caos calmo” e “Habemus Papam” con reggia di Nanni Moretti.
Collabora con riviste e quotidiani. Attualmente vive a Roma e cura il laboratorio di sceneggiatura al D.A.M.S. della terza Università di Roma.
Francesco Piccolo, attraverso tredici libri, pilastri della letteratura, dimostra come la mentalità del maschio si è costruita attraverso i secoli ed è difficile che questa consapevolezza aiuti a migliorare chi è affetto da questa malattia maschia. La letteratura aiuta a smascherarla. Il processo di guarigione sarà lungo.
“È per questo motivo che il titolo di questo libro è una frase tra quelle indimenticabili della letteratura italiana, ed è pronunciata da una donna, Lucia, nel punto piú estremo dello sfinimento e dell’arrendevolezza. È come se fosse la sintesi di ciò che il maschio ha prodotto con la sua professione di forza fin dall’Iliade. Ma non è tutto: Lucia, con quella frase, ottiene una reazione positiva (buona) nel terrorizzante personaggio maschile dell’innominato. È come se Manzoni dicesse che la forza femminile, la capacità di produrre un risultato, stia nella concessione totale, nella resa a quella forza che ha di fronte. È quindi una frase spaventosa, estrema, e lo è maggiormente per il fatto che innesca una salvezza. Quasi, vorrei dire, è ciò che tutti i personaggi maschili in questo libro desidererebbero sentirsi dire, cercherebbero di sentirsi dire; oppure, appunto, vorrebbero non sentirsi dire perché vorrebbero essere migliori di quello che sono. E invece è bene inchiodarci a quella frase, ancora.”
Di tutti i romanzi analizzati da Francesco Piccolo, non ho letto Via gemito di Domenico Starnone e la sua rilettura mi ha fatto venire voglia di recuperarlo
“In mezzo a quell’orrore, il ricordo di quella parola ha resistito, negli anni, fino a determinare con il suo fascino misterioso una passione. «Vanesia» esclude il ragazzo di quella notte dalla comprensione, ma gli promette anche un mondo di parole che proprio quella notte e con quella parola misteriosa lo sedurrà per sempre. Quindi non esclude lo scrittore di ora, anzi lo attrae. Lo inchioda alla corresponsabilità. Quella parola è terribile perché lega per sempre Federí e il narratore, il padre di allora e il figlio di oggi, il pittore di allora e lo scrittore di oggi. Ma anche le altre parole, quelle violente e dialettali, le parole brutali, vengono riproposte dal narratore per raccontare il padre. La sua voce interpreta la violenza del padre, si fa tramite, e voglia o non voglia, ne rimane invischiata; e costruisce una complicità, una continuità. E nonostante tenti disperatamente di raccontarne la distanza, lega il maschio di allora a quello di oggi. Esattamente quello che abbiamo fatto noi lettori, leggendo tutti i personaggi maschili, libro dopo libro, negli anni, in tutta la nostra vita.”
Francesco Piccolo compie un'analisi acuta e originale del ruolo dell'uomo nella letteratura classica italiana, esplorando come gli scrittori maschi abbiano rappresentato la figura maschile attraverso i secoli. Il libro è un viaggio affascinante attraverso opere come I Promessi Sposi di Manzoni, il Decameron di Boccaccio e altre pietre miliari della letteratura, mettendo in luce le debolezze, le ambizioni, le fragilità e i fallimenti degli uomini raccontati da questi autori. Piccolo si concentra su come gli scrittori abbiano descritto gli uomini in relazione all'amore, alle donne e alla loro stessa identità. Questi uomini sono spesso in bilico tra il desiderio di apparire forti e la consapevolezza della propria vulnerabilità, tra la ricerca di redenzione e la tendenza all'autoinganno. Attraverso una scrittura ironica e riflessiva, Piccolo smonta gli stereotipi maschili, mostrando come la letteratura abbia spesso rivelato verità scomode sulla natura umana, il caso del Bell'Antonio che preferisce la virilità del cugino stupratore alla propria impotenza è emblematico di una visione di mascolinità tossica. Quello che colpisce di questo libro è la capacità di far dialogare i classici con il presente, offrendo una lettura contemporanea di temi eterni. La sua analisi non si limita a una semplice rilettura dei testi, ma diventa un'esplorazione della condizione maschile, delle sue contraddizioni e delle sue aspirazioni. Il risultato è un'opera che, pur radicata nella tradizione letteraria, parla direttamente a chi legge, invitandolo a riflettere su come i ruoli di genere e le dinamiche relazionali possano cambiare (o no purtroppo) nel tempo.
Piccolo capolavoro (perdonatemi il gioco di parole) in cui attraverso i secoli ed i libri di letteratura, la figura dell'uomo, inteso come maschio, macho, patriarca e quant'altro non cambia praticamente poi tanto, purtroppo. Tra l'Orlando dell'Ariosto e il Federí di Starnone, la differenza é minima e lo dico con grosso scoramento. Per fortuna ora peró se ne puó parlare, anzi sarebbe il caso di segnalare questo saggio a Vera Gheno.
“Se il maschile è inteso come potente, arrogante, violento, sopraffattore, egoista e famelico, allora ve ne sarà traccia anche nelle opere letterarie che abbiamo amato [...] E di conseguenza quelle opere ci avranno restituito una legittimazione della mascolinità, che ha contribuito a consolidare la cultura virile.”
Dall’Orlando furioso a Via Gemito passando per I promessi sposi, una carrellata di personaggi maschili che animano la letteratura italiana per dimostrare che la deleteria cultura patriarcale disegna (sempre) la figura del maschio prevaricatore, istillandone i semi velenosi in chi legge.
Insomma: non c’è speranza.
La frase del titolo è quella pronunciata dall’inerme Lucia davanti al potente di turno, l’Innominato, con l’effetto di scioglierne il cuore.
“Come rinvigorita dallo spavento, l’infelicissima si rizzò subito inginocchioni; e giungendo le mani, come avrebbe fatto davanti a un’immagine, alzò gli occhi in viso all’Innominato, e riabbassandoli subito, disse: ‘Son qui: m’ammazzi’”.
L’inermità femminile davanti alla potenza maschile è un classico dell’immaginario, prima che l’effetto di una triste realtà. Nei libri e nella vita la guerra non finisce mai.
...noi, in quanto maschi, pensiamo di essere piú probabilmente delle vittime dell’amore, dei maschi buoni innamorati di donne crudeli. È quello che la vita ci ha insegnato quando eravamo bambini e poi adolescenti, e tutte le ragazze non ci guardavano mai; e quindi anche dopo, quando le ragazze hanno cominciato a guardarci, abbiamo avuto un fondo di scetticismo, la paura di soffrire. Ma chissà se è cosí oppure se la donna crudele e poi sconfitta è ciò che gli uomini amano immaginare per tutta la vita, perché per tutta la vita sono rimasti gli adolescenti insicuri che erano.
Mi vedo "costretto" a scrivere la motivazione per cui do soltanto due stelle, ovvero per non essere frainteso: a scanso di equivoci, dico subito che condivido tutto ciò che l'autore scrive e il suo pensiero, ma la votazione bassa è dovuta ad altri motivi, che spiegherò brevemente, come l'autore ha brevemente commentato gli episodi del libro. Ecco, una prima, grande pecca è che il libro è davvero troppo poco, troppo breve, nei singoli capitoli e nell'insieme, per affrontare un argomento così complesso e sfaccettato, come il maschilismo, la mascolinità tossica, lo sguardo maschile, nella letteratura. E queste espressioni, tra l'altro, non compaiono mai, ma le ritengo parole-chiave per l'argomento, non sostituibili con perifrasi (e non compare, ad esempio, nemmeno la parola "stupro", come quasi per reticenza, quando si parla dell'episodio di Micol allettata ne Il giardino dei Finzi-Contini). Attenzione: dico che l'argomento è "complesso" , non complicato, perché in realtà ciò che l'autore mostra è tutt'altro che complicato, bensì è semplice e lampante... e però manca un reale approfondimento e quasi del tutto una contestualizzazione. Contestualizzazione che sarebbe servita non certo a giustificare i comportamenti dei personaggi maschili, ma anzi a rafforzare il biasimo che Piccolo esterna invece soltanto con pochi, sparuti commenti qua e là. Il grosso del libro è fondamentalmente un riassuntino (in alcuni punti nemmeno così puntuale) del romanzo o degli episodi delle opere citate, mentre l'argomento principale di tutto il libro è trattato in maniera alquanto sbrigativa e superficiale. Probabilmente non rientro nel target, perché conosco bene di cosa si parla e avevo già imparato, di mio, a riconoscere tutto ciò; allora mi sono chiesto se questo libro non volesse essere estremamente divulgativo: non saprei, sinceramente, cosa avesse in mente l'autore, ma anche in questo caso, la brevità e la superficialità non credo sarebbero giustificate. Insegno storia e letteratura negli istituti professionali e dunque la mia platea è tutt'altro che colta, ma affronto queste stesse tematiche in queste stesse opere letterarie con maggiore spessore e profondità. Quello che mi è piaciuto davvero del libro è la prefazione e il primo capitolo su Boccaccio (anche se ci sarebbe stato da citare anche l'ultima novella, ovvero Griselda): ovvero una ventina di pagine o giù di lì... In ogni caso, la scelta di Piccolo delle opere da prendere in esame è secondo me troppo limitata (nonché opinabile per alcune): facile prendere certi personaggiacci della letteratura e trovarci la mascolinità, la violenza, il maschilismo... Sarebbe stata una operazione molto più interessante, invece, commentare magari le opere di Dante e Petrarca (per esempio, le donne nell'inferno, Laura nel Canzoniere) dove, dietro l'apparente benevolenza degli autori nei confronti del sesso femminile, si nasconde un maschilismo più subdolo e una narrazione maschilista più difficile da individuare e, per questa ragione, più difficile da combattere. Ci sarebbe tanto altro da dire e tantissimo altro ci sarebbe stato da dire libro, ma chiudo la mia recensione con un'ultima notazione: l'altro argomento importante, speculare a quello dei personaggi maschili e i loro comportamento, sarebbe stato come gli autori vedono i loro personaggi femminili, e come quindi lo sguardo maschile ha influito, tramite la letteratura, nei secoli. Non pervenuto, se non con qualche commento a margine. Insomma, 4/5 stelle per le belle intenzioni di Piccolo, ma si poteva fare decisamente di meglio.
“Soprattutto lo colpiva come la maggioranza, appena venuta in rapporto con una donna desiderabile, immediatamente la considerasse una preda, non già una creatura uguale a loro con un mondo di interessi, di desideri e di preoccupazioni importante come il loro, ma la considerassero soltanto come corpo da godere e ritenessero quasi doveroso da parte di lei accondiscendere e si meravigliassero come di un illecito capriccio se lei recalcitrava” (Da “Un amore” di Dino Buzzati)💔
Un’analisi molto originale di come la virilità, la mascolinità tossica e la violenza siano state tramandate fino ad oggi e interiorizzate anche attraverso i personaggi maschili della letteratura italiana. Sono tredici i personaggi che Francesco Piccolo analizza, ognuno carico di quelle caratteristiche di arroganza, violenza, egoismo, ossessività e possessione che il “maschio” di oggi ancora eredita.
Il tutto poi culmina in un’opera contemporanea, a me sconosciuta, “Via Gemito”, di Domenico Starnone, con il racconto, che personalmente ho trovato molto straziante, di un episodio autobiografico di violenza da parte del padre nei confronti della madre.
Ho trovato questo saggio una prospettiva davvero originale nel modo di trattare un argomento devastante, che ci tocca fin troppo frequentemente ancora oggi. Ritengo che molti personaggi vadano approfonditi ancora di più, ma nel complesso molto molto interessante.
Francesco Piccolo analizza l’immagine “popolare” dell’indole maschile estrapolando personaggi da opere letterarie che, in qualche modo, hanno consolidato, nella caratterizzazione dei personaggi, l’idea virile e non proprio premiante della mascolinità.
Questa raccolta ci presenta tredici ritratti maschili estrapolati da tredici romanzi classici italiani: Il Decameron, I promessi sposi, Il Gattopardo, I Malavoglia ecc.
Il risultato è un viaggio storico e letterario, ma soprattutto proprio dell’animo umano maschile in cui emergono caratteristiche disparate e situazioni tipiche in cui il lato interiore viene analizzato e sviscerato per contestualizzare quei comportamenti che, nella realtà come nella letteratura, hanno contribuito a consolidare l’idea del maschio e della mascolinità.
Una raccolta interessante raccontata in modo eccelso che manca però volutamente di caratteristiche positive, lasciando erroneamente intendere che i personaggi maschili nella letteratura italiana portino solo un bagaglio di caratteristiche negative immutate nel tempo.
Sicuramente è una scelta che fa da fil rouge nelle numerose opere analizzate però fa emergere un limitato senso di completezza nell’analisi maschile nelle opere letterarie nostrane e di conseguenza nel contesto moderno di uomini che, nel profondo, non sono mai cambiati nel tempo, elementi con cui non mi trovo d’accordo.
La parentesi temporale è ampia e vengono analizzate opere disparate, più o meno conosciute, unite da caratteristiche diverse come la gelosia, l’ossessione, la vendetta, la virilità e molte altre in un concerto di sentimenti interiori propri della sfera maschile, raccontate unendole alla parte relativa al contesto storico e alla trama del romanzo stesso.
Una lettura piacevole e sicuramente arricchente che manca di qualcosa ma incuriosisce anche rispetto alle opere non ancora lette o rivisitate da un punto di vista diverso e interessante.
In “Son qui: m’ammazzi” Francesco Piccolo analizza alcuni tra i personaggi maschili più noti della letteratura italiana, partendo dal presupposto che ciò che leggiamo e studiamo nel corso della nostra vita - fin dai banchi di scuola- influenza inevitabilmente il nostro immaginario, il modo in cui vediamo il mondo e le persone.
“Se il maschile è inteso come potente, arrogante, violento, sopraffattore, egoista e famelico, allora ve ne sarà traccia anche nelle opere letterarie che abbiamo amato [...] E di conseguenza quelle opere ci avranno restituito una legittimazione della mascolinità, che ha contribuito a consolidare la cultura virile.”
Da questo ragionamento inizia un viaggio letterario che attraversa i secoli: dal Decameron di Boccaccio fino a Via Gemito di Starnone, Piccolo scompone i protagonisti maschili di ogni storia, cercando una lettura alternativa attraverso una prospettiva diversa.
Un esercizio letterario che, in alcuni casi, lascia il lettore senza parole- come accade sin dalle prime pagine dedicate alla settima novella del Decameron- in altri risulta forse più complesso. Di certo, per cogliere a appieno il ragionamento, è utile conoscere bene ciascuna delle tredici opere scelte dall’autore.
Per puro caso, la mia lettura di questo libro ha coinciso con due terribili notizie di cronaca: due giovani ragazze uccise da due maschi, un ex fidanzato che non accettava la fine della relazione e un collega universitario che non tollerava un rifiuto. E così mentre leggevo le storie di questi uomini letterari gelosi, violenti e furiosi, a sconvolgermi era la tragica consapevolezza che certi modelli sono ancora pericolosamente vivi.
Libro ascoltato in audiolibro. È un saggio breve che attraverso vari personaggi della lettura cerca di approfondire vari aspetti che caratterizzano il maschile. L'ho trovato interessante, forse avrei voluto certe tematiche fossero un po' più approfondite. Lato positivo è che mi ha spinto a voler recuperare libri della letteratura italiana studiati a scuola ma che non ho mai letto per intero.
Un'analisi acuta dei personaggi maschili che negli anni hanno plasmato l'idea di come un maschio dovrebbe essere, disgraziatamente. Forse non il modo migliore di farmi venir voglia di leggere i libri citati.
Brillante, consapevole. Ho amato il modo in cui Piccolo sviscera i personaggi maschili (creati da maschi) dei più famosi romanzi che conosciamo. Quando questo lavoro lo fanno i maschi, in modo così puntuale, attento, comprensivo, io credo che un mondo migliore sia possibile.
È buffo come una delle canzoni di Sanremo 2025 si presti bene ad accompagnare la recensione di questo saggio. Tonny Effe in “DAMME ‘NA MANO” esprime al meglio il senso di quanto raccontato da Francesco Piccolo. L’incipit: “Io non soffro per te/ Non so fare l’attore/ Sono pronto a sbagliare come un uomo d’onore”.
E proprio uomini d’onore (o presunti tali) sono quelli narrati tra le pagine di questo brillante saggio che analizza la figura del maschio dipinta nella letteratura italiana, da Boccaccio ai giorni nostri. Uomini che poi di onorevole hanno solo la parola, ma non le intenzioni. Un viaggio attraverso le piccolezze e le fragilità della figura maschile e un invito a raccontare tutto questo. Non nascondere ciò che è stato, ma imparare da esso per non ripetere gli stessi errori. Soprattutto un coraggioso atto di trasparenza da parte dello scrittore nel dire tra le righe“io sono anche questo. Sono cresciuto in una cultura che tuttora ci vorrebbe maschi alfa, nonostante i tanti passi avanti. Io sono anche questo, ma ne prendo atto e raccontarlo mi aiuta a riconoscere quali sono i bias da evitare”.
In particolare: • Son qui: m’ammazzi (I promessi sposi di Alessandro Manzoni) • Il maschio e la femmina (Le confessioni d’un italiano di Ippolito Nievo) • Una violenta impotenza (Il bell’Antonio di Vitaliano Brancati) • Il tramonto del maschio (Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa) • Parlare di sentimenti tra maschi (Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani)
Ero insospettita fin dall'inizio da un saggio così breve che si proponeva di toccare così tanti elementi, così tanta letteratura. Facevo bene. L'opera si presenta in effetti come una serie di riassunti (ben scritti, quasi sempre ben contestualizzati, godibilissimi) ma di saggio ha ben poco. L'analisi, quando c'è, è maledettamente frettolosa e infinitamente frustrante nel suo sfiorare punti di estremo interesse e rifiutare sistematicamente di approfondirli. Mi permetto di prendere in prestito una metafora altrui: un saggio di analisi letteraria dev'essere una trivella. Diametro prossimo allo zero, profondità vertiginosa. Andar giù al centro delle cose, tirare fuori il fuoco che c'è dentro. Questo libro non è una trivella, è una talpa: due centimetri in verticale, chilometri in orizzontale. Non posso che concludere che Francesco Piccolo, nel suo pur comprensibile tentativo di evitare il moralismo, ha finito per togliere al suo lavoro non solo "la morale" (Intesa qui come la morale alla fine di una favola) ma anche qualsiasi tipo di conclusione. Ogni capitolo semplicemente finisce, nel vuoto, ed è tanto più frustrante in ragione dell'immenso potenziale che c'era per portare tutti questi semini di analisi in direzioni veramente affascinanti. Peccato, France'. Peccato.
È abbastanza fuori dalla mia confort zone e non credo ci siano ragioni per non dare 5⭐️, ma forse 4,5⭐️ rappresenta più le mie sensazioni a riguardo… anche se 5 le merita piene. Molto ben scritto e ben argomentato. I capitoli sono lunghi “il giusto”, ben divisi tra racconto della storia di riferimento (che per le opere che non conoscevo personalmente è stato più che necessario, e che per quelle che conoscevo è stato coerente e fedele) e discussione della stessa; ho molto apprezzato il fatto che racconto e argomentazione avvenissero “contestualmente”, risultando quindi per me decisamente più coinvolgente e scorrevole rispetto a un impianto “tutto il racconto poi tutta la discussione”. Lo consiglierei? Sì.
“È per questo motivo che il titolo di questo libro è una frase tra quelle indimenticabili della letteratura italiana, ed è pronunciata da una donna, Lucia, nel punto più estremo dello sfinimento e dell’arrendevolezza. È come se se fosse la sintesi di ciò che il maschio ha prodotto con la sua professione di forza fin dall'Iliade. Ma non è tutto: Lucia, con quella frase, ottiene una reazione positiva (buona) nel terrorizzante personaggio maschile dell'innominato. È come se Manzoni dicesse che la forza femminile, la capacità di produrre un risultato, stia nella concessione totale, nella resa a quella forza che ha di fronte. È quindi una frase spaventosa, estrema, e lo è maggiormente per il fatto che innesca una salvezza. Quasi, vorrei dire, è ciò che tutti i personaggi maschili in questo libro desidererebbero sentirsi dire, cercherebbero di sentirsi dire; oppure, appunto, vorrebbero non sentirsi dire perché vorrebbero essere migliori di quello che sono. E invece è bene inchiodarci a quella frase, ancora. Del resto, lo ha scritto Carla Lonzi: «Noi neghiamo come un'assurdità il mito dell'uomo nuovo». Ecco. Anche io.”
Questo saggio è molto interessante da leggere: attraverso la letteratura Francesco Piccolo racconta come sono (stati) gli uomini e quali istinti non sempre positivi li guidino. Piccolo non vuole giustificare gli uomini, anzi: li descrive perfettamente in ogni loro tratto o atteggiamento negativo e include anche se stesso; con questo non vuole dire che non ci siano uomini buoni, ma i tratti negativi sono quelli più evidenti.
Indubbiamente un saggio letterario realizzato con uno stile immediato, lineare e veloce. L'autore non si perde in tecnicismi e in digressioni troppo lunghe che solo gli addetti ai lavori potrebbero comprendere. È un libro per tutti, utile per farci riflettere sulla mascolinità, troppo spesso tossica, che si evince dalla letteratura di tutti i tempi. L'idea è ottima, però ci si poteva inoltrare in riflessioni ancora più profonde, forse quelle vengono lasciate al lettore.
Un bellissimo excursus letterario sulle figure maschili delle opere italiane più famose... scritte da uomini! Si parte da Boccaccio, per parlare di Verga, Svevo (e tanti altri) fino ad arrivare a Starnone. Ben scritto e piacevole. Aspetterò con ansia la parte dove esaminerà la bestialità di Nino Narratore.
Un'analisi acuta e inaspettata dei personaggi maschili della nostra letteratura. Da Don Rodrigo a Zeno Cosini, passando per l'Innominato, un viaggio sorprendente che svela dinamiche nascoste e offre nuove prospettive sul racconto di noi stessi.
mi è piaciuto molto come ha messo insieme alcune espressioni della maschilità nella letteratura italiana. francesco piccolo propone letture per me inattese del Bell’antonio, dell”orlando furioso, del gattopardo… bello! è stato intelligente e coinvolgente, secondo me!
interessante disamina del ruolo del maschio (inteso come macho, ponendo l'attenzione sulla virilità) nel corso della storia della letteratura.
dopo L'animale che mi portò dentro, Piccolo torna sul tema e lo fa in un modo che ci consente di vivere, o rivivere, altri mondi, da Ariosto a Starnone..
Nonostante apprezzi l'intento, l'ho trovato, delle volte, solo il riassunto di opere e dei relativi personaggi maschili, senza effettivamente dilungarsi (se non in alcune rarissime occasioni). Forse un peccato, perché, ribadisco, l'intento è davvero ammirevole.
Il romanzo/saggio di Piccolo analizza in maniera eccellente la mascolinità tossica in alcuni dei romanzi più belli della nostra letteratura. L’autore ha una scrittura piacevolissima, venata di un’ironia che accompagna pagina dopo pagina.