This searing historical fiction immerses us in the brutal early days of the 19th-century French colonization of Algeria.
The highly anticipated English-language debut of a prize-winning author who tackles the taboo of France’s colonial past.
In search of a prosperous life, Séraphine and her family brave the dangerous journey to France’s newly conquered Algerian territory, along with 500 likeminded citizens. But the realities of the colony soon give the lie to the French government’s promises: inadequate shelter, hostile weather, sickness, and a native population whose anger and desperation threaten to boil over into violence.
As the settlers gradually, painfully establish a community and a church in this foreign land, the French army wreaks devastation on the Algerian people and their villages. Through the eyes of a soldier—constantly reminded by his captain, “You’re no angels!”—we witness the shocking cruelty with which they attempt to quell resistance.
With chiseled, haunting prose reminiscent of Faulkner, Mathieu Belezi condenses years of historical research into a powerfully human account. Far from the pioneer dream sold by Western powers, Attacking Earth and Sun vividly exposes the hell that was colonization.
Mathieu Belezi a enseigné en Louisiane (États-Unis), et beaucoup voyagé. Il a vécu au Mexique, au Népal, en Inde, et dans les îles grecques et italiennes. Il partage désormais sa vie entre la France et l'Italie.
Au Tripode, il est l'auteur de Attaquer la terre et le soleil (Prix littéraire Le Monde et Prix du Livre Inter), Le Petit roi, Moi, le glorieux, Le Temps des crocodiles et Emma Picard.
Sulla copertina: Dalila Dalléas Bouzar: Autoritratto #2, 2018. Anche le immagini che seguono sono della stessa artista, nata in Algeria nel 1974.
Mathieu Belezi (classe 1953) rinuncia ai punti fermi – ma non agli altri segni di punteggiatura – li sostituisce coi capoversi, per quanto eliminando anche le maiuscole. Sceglie due voci: una femminile, quella di Séraphine, che lascia la Francia per l’Algeria nella prima metà dell’Ottocento convinta dalla propaganda del suo governo che una vita migliore aspetta tutti loro in terra d’Africa (siamo tra la fine della Restaurazione e l’inizio della Seconda Repubblica); e una voce maschile, quella di un anonimo soldato semplice dell’esercito mandato a proteggere i coloni, a “pacificare” quella terra (pace intrisa nel sangue e nelle teste mozzate), a educare i barbari locali con metodi ben più barbari. Alterna le due voci con quello che, eliminando i punti fermi, diventa facilmente una sorta di flusso di coscienza, di fiume di parole. I capitoli di lei hanno tutti lo stesso titolo: Ardua fatica. Quelli di lui, idem: Bagno di sangue.
Ardua fatica perché la vita dei coloni non corrisponde affatto alle promesse ricevute: prima sotto tende precarie a combattere contro l’inverno, poi costruendo col legno case-capanne, dopo arando terra che non aveva mai visto il vomere, e sempre combattendo contro le epidemie, e contro i locali che non si arrendono alla loro nuova condizione di servi depredati. Alla fine, Séraphine vuole tornare in Francia, il “sogno” algerino, quel progetto di una nuova vita, migliore della precedente, non ha funzionato.
Bagno di sangue perché quello che i soldati francesi dimostrano di sapere fare meglio è ammazzare, sventrare, decapitare, stuprare, razziare, distruggere: Vuol dire che saremo senza pietà, porca puttana! Vuol dire che non esiteremo a infilzare i rivoltosi uno a uno, a bruciare le loro case, saccheggiare i loro raccolti, e tutto questo in nome del diritto, del nostro buon diritto di colonizzatori venuti a pacificare delle terre da troppo tempo abbandonate alla barbarie… Un racconto che si basa su un’ampia documentazione: i soldati francesi scrivevano alle loro famiglie, entrando nei dettagli di quanto vedevano e facevano. Che denuncia il razzismo degli europei, così interessati a costruire i loro imperi da non accorgersi dell’abominio delle loro azioni.
Una scena m’è rimasta particolarmente viva: il neo villaggio dei coloni, in Cabilia, è preda del colera, e presto ci sono più morti sotto terra nel cimitero che abitanti rimasti vivi; per respingere l’infezione, meglio tenere il sangue caldo e in movimento: e allora si organizza una maratona di danza, al suono di una fisarmonica, uomini e donne, tutti contadini, ballano per giorni fino allo stremo.
Un altro momento del romanzo ha risvegliato un’altra scena, quella splendida di uno splendido film: nel libro si fatica col poco legno a disposizione ad assemblare baracche-capanne-casupole, anche questa una lotta impari; nel film si costruisce la nuova stalla in un tripudio gioioso e festoso di musica, solidarietà, partecipazione, una lezione di cinema che Peter Weir ha regalato prima di rinunciare troppo presto a un talento che possedeva in misura consistente. Eccola: https://www.youtube.com/watch?v=BL_X7...
Roman percutant qui nous fait (re)découvrir une partie de l'histoire coloniale de la France. A travers les deux protagonistes, l'histoire s'écrit et nous montre que la guerre est bien plus qu'une affaire de soldats. Avec une écriture crue et détaillée, Belezi ne nous épargne pas un seul instant.
Un retrat breu però contundent sobre els primers anys de colonització a Algèria per part dels francesos, que colpeix i fa mal. Sobretot, perquè ens ressona massa proper i actual, encara.
Racconto crudo ed ipnotico sulla tragedia della colonizzazione algerina, vista con lo sguardo dei coloni e dei soldati francesi. Una violenza selvaggia che spazza via ogni residuo d'umanità.
“Ho pianto non ho potuto ricacciare le lacrime quando siamo arrivati e abbiamo visto la terra che bisognava lavorare santa, santissima madre di Dio giorni e giorni di viaggio, a discendere il corso della Senna e della Saona, e poi il Rodano su barche piatte come una mano tirate da cavalli che se la prendevano comoda, mi potete credere, mentre gli uomini alle fermate delle chiuse correvano a fare bisboccia nelle locande e noi, povere donne, approfittavamo di quella tregua per cambiare la biancheria e pulire il culo ai bambini, giorni e giorni vi dico, fino a che non finimmo per scorgere il mare, il mare e la sua luce accecante che sbatteva come una bandiera sul porto di Marsiglia”
Inizia così il romanzo “Attaccare la terra e il sole” dell’autore francese Mathieu Belezi. Questo volume, pur essendo il volume conclusivo di una tetralogia dedicata all'Algeria, è il primo a uscire in Italia.
In un’intervista, lo scrittore afferma che: "Bisogna tener presente che nel XIX secolo dovunque in Europa circolava l'idea di razze inferiori e superiori e sono partito da questo. I francesi in patria si riempivano la bocca di parole come libertà, eguaglianza, fraternità, ma all'estero e da paese colonizzatore si sono comportati in modo orribile. C'era il mercato delle orecchie mozzate agli algerini del territorio e le persone, di ogni genere ed età, che si rifugiavano nelle grotte per sfuggire ai proiettili, venivano affumicate. Quello che si legge in questo libro e negli altri che compongono la tetralogia algerina, è verificabile e confermato storicamente".
In questo romanzo di denuncia, "La sofferenza della guerra si sente attraverso la voce delle donne e dei bambini. Donne rese invisibili come la conquista. Cerco sempre nei miei libri di trovare delle voci. Per quella di Seraphine, che fa da contrappunto, c'è voluto molto tempo, quasi un anno, mentre quella del soldato è arrivata subito. Ma io lascio liberi i miei personaggi ed è questo che mi interessa nel fare letteratura".
Si parla delle guerre accadute nei secoli scorsi per parlare anche delle guerre in corso oggi.
“davanti alle tombe dei miei due figli e di mia sorella che avevo ammazzato, ho promesso che sarei tornata il più presto possibile per riportare i loro corpi in Francia e dare loro il riposo che meritavano in un cimitero cristiano”
Ma… come in tutte le guerre, ci sono promesse che non si possono né si riescono a mantenere.
لكلّ حضارة طابوهاتها، ولكلّ شعب في ثقافته وموروثه مواضيعه المحرّمة، ونقاطه السّوداء التي لا يحبّذ كثيرًا التّطرّق إليها والخوض فيها، سواءً في العلن، أو في أجواء أكثر حميمة، مثل صفحات رواية تتناول المسكوت عنه، وتحاول نفض الغبار عنه. وتاريخ فرنسا الاستعماري، خير دليل على مثل هذا الصّراع الدّاخلي النّاتج عن عدم التّصالح مع الذّات، والماضي. قُسّمت فترة الاستعمار الفرنسي في الجزائر إلى شطرين، الأوّل بين سنتي 1830 و1860، والثّاني بعد 1860. الحقبة الأولى، بما مورس فيها من غزو ومجازر وتجويع وتسميم وتهجير للأنديجان، وإنشاء أولى المستوطنات؛ تختلف جذريًا عن الثّانية، التي يريدها البعض مرحلةَ تأسيسٍ للجمهورية. حتّى وإن تزامن فيها تشييد البنى التّحتية، وبناء المدارس (التي لم تكن موجّهة لأبناء المستعمَر) مع عملية هدمٍ ثقافي وتخريب دينيّ منهجيّ، كان هدفه الأوّل والأخير محو الثّقافة الأصل جذريًا من الوجود بشتّى الطّرق، وانتزاع الهويّة، أو على الأقل، طمسها. غالبًا ما تخوض أشجع الأصوات الثّقافية التي بإمكانها التّطرّق من وقت لآخر عن تاريخ الجزائر، في فترة حرب التّحرير، أو تلك التي سبقتها بوقت قصير، أي ما يزيد عن قرن وربع القرن بعد بدء الاستعمار. أو بالأكثر، تغوص في فترة النّضال السّياسي لثلاثينيات القرن الماضي، إلّا أنّها لا تجرؤ أبدًا على التّطرّق للبدايات، للتّفاصيل التي يندى لها الجبين. لطالما اهتمّ ماتيو بيليزي بسنوات بتاريخ الجزائر الاستعمارية، خاصّة الفترة الأولى منها. ولم يلق الإشادة والاعتراف إلّا بفضل روايته هذه، "الهجوم على الأرض والشّمس". ما يجعل من المشروع التّساؤل عمّا إذا كان هذا الاهتمام يعدّ استثناءً في جوّ الفتور اللّامبالي العام، أم أنّه على العكس من ذلك، دليلٌ واضح على بداية تغيّر الذّهنيات. كتب الرّوائي ماتيو بيليزي، واسمه الحقيقيّ جيرار-مارسيال برينسو، ونشر، لما يزيد عن الخمس عشرة سنة عن أولى سنوات الاستعمار الفرنسي للجزائر، فيما يكاد يشبه السريّة التامّة. إذ لم يتعدّ قارئو رواياته بضعة آلاف، ما قد يُعتَبر في مجال النّشر والمقروئية فشلًا ذريعًا. واعتقد الكاتب مطوّلًا أنّ هنالك انزعاجًا متجذّرًا مضمرًا ومسكوتًا عنه بالنّسبة لماضٍ تحدّى وما يزال صورةَ فرنسا، التي تريدها منارة عالميةً في مجال حقوق الإنسان، بل ومدرسةً مؤسِّسة يجب الاقتداء بها. غير أنّ هذه الصّعوبة وذلك الكمّ من التّجاهل، بدلًا من أن يثبطا عزيمته إطلاقًا. ونظرًا للأهمّية البالغة لهذه الحقبة التّاريخية، وجد نفسه مرغمًا على مواصلة الكتابة بعزم وثبات. تروي روايته الرّابعة قصّة الاستعمار الفرنسي الوحشي للجزائر في القرن التّاسع عشر. أتت شعبية الرّواية – قبل وبعد حصدها لعدّة جوائز مرموقة، وبيع ما يزيد عن مئة ألف نسخة ورقية - بمثابة مفاجأة غير متوقّعة، بعيدًا جدًّا عن الدّخول الأدبي والتّطبيل الإعلامي، في بلدٍ كثيرًا ما فضّل عمدًا نسيان ماضيه الاستعماري بدلًا من الخوض فيه ومناقشته، أو تناسيه. بأسلوب فولكنري متفرّد، تميّزه التّحولات الزّمنية المتكرّرة، وخروج متعمّد عن تقليد علامات التّرقيم كما هو متعارف عليه؛ وببنية لغوية تزاوج بين الشّاعرية والوحشية المعرّاة، إضافةً إلى تقنية تيّار الوعي التي تكشف للقارئ الأفكار الدّاخلية للشّخصيات وتأرجحها في مهبّ الزّمن، ينسج بيليزي، في سبعة فصول قصيرة، سردًا مكثّفًا وواقعيًا، ينقل القارئ إلى تفاصيل عالم دامٍ تختلط فيه المفاهيم، وتُمحى الأحكام المسبقة، لتتلاشى مع كلّ جملة ومشهد. "لطالما شكّل التّاريخ طابوهًا كبيرًا. وإنّه لمن واجبي أيضًا أن أطرح الأسئلة؛ على وجه الخصوص، تلك التي لا يرغب الآخرون في طرحها. من واجب الأدب أيضًا المساعدة من هذا الجانب"، يقول بيليزي في إحدى مقابلات��. ويؤكّد الكاتب إنّ الاستعمار الفرنسي للجزائر لطالما حيّره وأربكه، منذ فترة طويلة جدًّا. "لقد ذهبنا لنشر الحضارة عند من يُسمَّون بالهمجيين، لكنّه تبيّن أنّنا كنّا أكثر همجية منهم. لقد سرقنا أرضهم، وهدمنا مساجدهم". بتناوله للمسألة التّاريخية من هذا المنظور، يقول بيليزي إنّه وجد "منطقة أدبية" غير مستكشفة من العنف شكّلت وبامتياز مادّة روائية مثلى. يكتب القاصّ والرّوائي "غي دو موباسان" خلال إحدى رحلاته إلى الجزائر، في صحيفة لوغولوا سنة 1881: "... نُصّب للتّو الجنرال سوسييه... وقد آن الأوان لينظر ببصيرة في الشّؤون الجزائرية، حيثُ يعمل الكلّ لحسابه وفائدته الشّخصية، آن الأوان ليرفع السّتار عن الحقيقة في بلد يحتال فيه الجميع، ينهبون، يكذبون، ويقتلون إذا ما واتتهم الفرصة، بلد يعيش العربيّ فيه تحت ضغط مستمرّ، يتعرّض للسّرقة والنّهب، يُضرب حتّى يُغمى عليه، وقيمته لا تساوي أكثر من قيمة الأوروبي الذي يمارس الضّغط ويسرق ويضرب حتّى الإغماء. يبدو هذا مشكلًا عويصًا، متشابكًا جدًا، معقّدًا يفوق فهمه الذّكاء البشري. عندما تطأ قدمك هذه الأرض، فإنّ كلّ مفهوم للعدالة يختفي؛ كلّ القواعد العادية معكوسة هنا؛ وكلّ النّزاهة متجاهَلة، وكلّ منطق مضروب عرض الحائط، كما أنّ كلّ مسألة تصبح غير قابلة للحلّ بسبب المعنيّين. "فلنحتسي النّبيذ، ولننكّل بالعربي ولنكذب على العالم"، يبدو أنّ هذا هو شعار الجزائريين . لكن عندما يغضب العربي أخيرًا، يبدأ بدوره في التّنكيل... هذا هو أصل المشكل ومكمنه..." بدأ الغزو الفرنسي للجزائر سنة 1830 كحملة عقابية ضدّ مدينة الجزائر، التي كانت آنذاك جزءًا من الإمبراطورية العثمانية، بعد نزاعِ دبلوماسيّ عُرف بحادثة المروحة. لكنّ الحملة سرعان ما تحوّلت إلى استعمار كامل الأركان، ممنهج ومدروس، استمرّ لأكثر من 132 سنة، وقتل عددًا لا يحصى من الجزائريين، بأفظع الطّرق. وقد صوّر بيليزي هذه الهمجية في ثلاث روايات صدرت بين عامي 2008 و2015. مقتبسًا سردَه من رسائلَ بعث بها مستعمرون وجنود على حدّ سواء، على امتداد عقود طويلة، وجدها في الأرشيفات العامّة. رسم وأبرز العنصرية التي عزّزت الاستعمار، والجشع الذي كان وراء مصادرة الأراضي، لكن أيضًا جانبًا منسيًا مفصليًا، وهو الجانب النّفسيّ، مثل الشّكوك التي نخرت روح المستعمرين الذين فرّوا من فرنسا هربًا من الفقر، مؤمنين بوعود قدّمتها الحكومات المتتالية، ليجدوا أنفسهم أمام واقع يتعدّى كلّ التّوقعات. صدرت الرّواية الأولى في الثّلاثية عن منشورات ألبان ميشيل (كانت تلك أرضنا)، ثمّ تباعًا روايتا (المجانين الشّيوخ) و(زلّة في حياة إيما بيكار) عن فلاماريون. نيّة بيليزي الأولى كانت الاكتفاء بثلاثيةٍ عن تاريخ الجزائر، إلّا أنّه لم يستطع مقاومة الحاجة الملحّة لرواية رابعة، والتي كُتب لها أن تصبح من أكثر الكتب مبيعًا، وأن تكون السّبب في تسليط الضّوء على أعماله السّابقة، وكذا مجهوده وتفانيه الجبّاريْن. حتّى وإن لم تتجاوز مدّة كتابتها بضعة أسابيع فقط. لم يُدعَ بيليزي إلّا نادرًا للظّهور على شاشات القنوات التّلفزيونية الفرنسي، ناهيك عن البرامج الأدبية التي تلقى رواجًا شعبيًا كبيرًا، حتّى بعد النّجاح السّاحق الذي حقّقته روايته هذه. "النّاس خائفون ممّا سأقوله". بعد انتهائه من كتابة روايته "الهجوم على الأرض والشّمس"، والتي يتواتر فيها السّرد، بضمير المتكلّم، بين صوتين أساسيّين، المستعمِرة المستوطِنة (سيرافين)، وأحد الجنود الذي يظلّ طيلة فصول "المجزرة" بلا اسم، يقول بيليزي إنّه أرسل المخطوطة إلى خمسة ناشرين، كانت إجابات جميعهم تتأرجح بين الرّفض المهذّب والتّجاهل. ويضيف: "فكّرت في قرارة نفسي أنّ أمري قد حسم، أنّه لن ينشر لي بعد الآن أبدًا". وقد دامت فترة الشّكوك تلك مدّة لا بأس بها، حتّى تلقّى ذات يوم مكالمة هاتفية قلبت الموازين، من فريديريك مارتان، مؤسّس منشورات تريبود. والذي يؤكّد أنّ أسلوب بيليزي الفريد في الكتابة قد جذبه، وهو أسلوب يتفادى التّنقيط، أسلوب شاعريّ للغاية، وأنّه فوق القيمة الأدبية البحتة للعمل، قد انجذب أيضًا إلى التّاريخ الذي تكشف عنه رواياته بقوّة. يأمل بيليزي أن يتذكّره القرّاء على كونه الكاتب "الذي قام بالعمل الأوّلي" في تسليط الضّوء على هذه الفترة من التّاريخ: "إنّ على عملي أن يستمرّ".
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ولد ماتيو بيليزي سنة 1953، في ليموج. مارس العديد من المهن، درّس في لويزيانا، بالولايات المتحدّة، وعاش في المكسيك، النّيبال، في الهند وفي الجزر اليونانية والإيطالية. نشر عددًا من الرّوايات والقصص القصيرة. وفاز سنة 2000 بجائزة مارغريت-أودو عن روايته (الملك الصّغير). يعيش في إيطاليا، حيث يكرّس حياته للكتابة، منذ ما يزيد عن العشريتين.
“Attaccare la terra e il sole” è il racconto degli anni più cruenti della colonizzazione dell’Algeria dal punto di vista di un soldato francese e di una contadina emigrata con un gruppo di coloni.
“… quelli che rifiutano la nostra mano tesa saranno rintuzzati, schiacciati, fatti a pezzetti dal ferro delle nostre sciabole e delle nostre baionette!”
La storia è ambientata intorno al 1845 e l’anonimo militare, sbarcato quindici anni prima con l’armata inviata a occupare la capitale, fa parte di un reparto incaricato della «pacificazione» delle popolazioni locali. Agli ordini di un capitano sanguinario (“questa sciabola onnipotente è il flagello di Dio”) la compagnia si addentra nel territorio algerino lasciando dietro di sé una scia di morte e distruzione. Che si tratti di dare la caccia a ribelli responsabili di un’imboscata, di dispensare una rappresaglia o acquartierarsi in un villaggio per svernare, dopo il passaggio dei militari (“incediamo come re nella polvere e nel sole”) non restano che villaggi saccheggiati e disabitati, uomini fatti a pezzi e donne stuprate, animali uccisi e coltivazioni bruciate. Il racconto del soldato – una sorta di memoriale – è sviluppato in una serie di capitoli tutti intitolati “Bagno di sangue”.
“… era lontano il paradiso che il governo della Repubblica ci aveva promesso, e ce ne voleva per raggiungerlo, noi tutti stipati sotto le tende militari in mezzo al nulla, in quel buco sperduto che l’autorità militare aveva osato chiamare colonia agricola…”
Contemporaneo ma ambientato in un’altra regione (entroterra della città di Bône / Annaba) è il racconto di Séraphine, che fa da contrappunto alla narrazione del soldato. Partita con la famiglia (il marito e tre figli, la sorella e il cognato) con la speranza di fare fortuna, dopo un lungo e penoso viaggio si ritrova sperduta in un mondo ostile. Tra caldo soffocante e freddo pungente, luce accecante e piogge interminabili, epidemie e lutti, la grama quotidianità – terra difficile da lavorare, magri raccolti e predoni in agguato nei dintorni della colonia – la sprofonda presto in uno stato di prostrazione. “Ardua fatica” è il titolo di tutti i capitoli raccontati dalla sua voce.
“Voi siete la forza, l’intelligenza, il sangue nuovo e ribollente di cui la Francia ha bisogno in queste terre di barbarie”.
La vita di soldati e coloni è aspra, precaria; non tutti riescono ad arricchirsi. Ma ciascuno, sostenuto dagli incitamenti e dalle lusinghe di ufficiali e comandanti delle colonie, persegue la propria missione ritenendosi del tutto legittimato a depredare, occupare e sfruttare terre appartenenti da secoli e millenni ad altre popolazioni.
“è tempo di scolare acquavite di Francia, dimenticare per un’ora chi siamo, e cosa stiamo per diventare, buttati sulla paglia, su una branda, o su coperte che puzzano di capra, lasciando che il fuoco dell’alcol faccia il suo lavoro nelle nostre budella, là dove si contorcono tra mille sofferenze i corpi delle nostre vittime, là dove stagna il tanfo del sangue versato e ci ubriaca, là dove si accumulano le urla bestiali degli uomini e delle donne che trapassiamo con le lame affilate delle nostre baionette, lasciando che l’alcol faccia il suo lavoro e bruci tutto questo e lo rinchiuda nelle benedette segrete della Storia”
Il romanzo è un’opera di fantasia, tuttavia per la costruzione delle storie e dei personaggi l’autore afferma di essersi basato su documenti d’archivio (lettere di coloni a familiari, lettere di soldati e rapporti militari). I racconti in prima persona dei protagonisti sono diretti, intensi, privi di divagazioni; la fluidità della prosa e l’assenza nel testo di pause lunghe – non vi sono punti a chiusura dei paragrafi – concorrono a trasformare l’avanzamento della trama in un flusso frenetico e dirompente.
Rifiutato da cinque grandi editori francesi, il romanzo è stato pubblicato solo grazie alla disponibilità piccola editrice “Le Tripode”. Nessuna sorpresa: le società civili e democratiche sostengono ampiamente il razzismo e la xenofobia – forze motrici del colonialismo d’insediamento – e preferiscono dimenticare le devastanti avventure coloniali del passato.
Tellement viscéral qu'on peut sentir l'air sèche et le sang versé pendant qu'on tourne la page. Cette histoire met une lumière aussi brillant et aveuglant que le soleil algérienne sur la violence et misère de la colonization.
Libro estremamente cruento sui coloni francesi in Algeria narrato da due punti di vista: una donna che perde tutto e tutti a causa della malaria e della popolazione algerina, e da un soldato di una truppa sanguinaria che saccheggia, stupra, massacra la popolazione. un libro davvero molto crudo ma che fa riflettere profondamente sul periodo coloniale di fine 1800 e sull'esportazione della violenza tipica dei coloni, caratteristica che è stata poi attribuita alle popolazioni indigene musulmane.
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ازعجتني الرواية كثيرا رغم قصرها ، لا أعلم إن كان الكتاب يستهجن أفعال المستعمر الفرنسي أم يشيد بها، مع كل ما ورد من تحقير "للانديجان، العرب، البرابرة" السكان الأصليين لأرض الجزائر وفخر لما كان الجنود الفرنسيين يقومون به .. سمعنا صوت جندي ما وصوت معمرة لكن صوت الجزائري كان مغيبا ورسمت صورته على أنه عنيف ومتخلف. ذكرتني بكتاب آخر سيء يشوه صورة العرب ، أول جزء قرأته من خيول الشمس/ملحمة الجزائر
This book made me realize I need to understand and learn more about this subject. It was beautifully written even if I think that I need to re read it to fully comprehend the elevated style. It was not boring at all, I have never felt that it lacked plot even if it was very “basic” and mundane. Sometimes it was very painful to read about how Nigerian people are described and especially what colonialists did to women. I would like to read more reviews and also analysis about this book. Moreover, I think it was very tricky to write it from the POV of a French colonialist. To sum up, I really liked it and I suggest it 👍🏻
Roman atypique par sa construction, sans point final, comme un long monologue intérieur, tantôt du point de vue de Séraphine qui retrace le parcours des premiers colons d’Algérie, tantôt celui des soldats qui accompagnent et protègent les colons, parfois au prix de massacres et d’une barbarie difficile à supporter pour le lecteur. « Nous ne sommes pas des anges » répète le soldat et comment ne pas être d’accord avec lui. Car c’est au prix du sang versé, des viols, des razzia, des têtes qui roulent dans le sable que se conquiert la terre d’Algérie et les horreurs se commettent de part et d’autre. Je n’accorde que trois étoiles à ce roman: pas pour le style, magnifique, presque lyrique, parfois, mais parce que j’ai eu l’impression de ne lire que des horreurs commises, et de baigner dans le sang. C’est dur. Mais sans doute nécessaire pour se faire une idée de ce que cette colonisation veut dire, concrètement, entre espoir pour certains d’une vie nouvelle et pleine de promesses et rébellion d’un peuple colonisé qui se défend avec la rage du désespoir, mais aussi une barbarie qui en appelle une autre en réponse. Un cercle sans fin dont, je l’avoue, je suis bien contente d’être sortie…
Court roman plutôt bon. Il donne surtout envie de lire l'article wikipédia consacré à la colonisation algérienne. Cinq cent mille morts d'un côté, un million de l'autre !
Un libro doloroso come non ne leggevo da tanto tempo. Ambientato durante la colonizzazione dell’Algeria da parte francese, la vicenda di Seraphine e della sua famiglia che si reca come colona in Algeria per avere un pezzo di terra. Ma assisterà ad atrocità indicibili negli scontri tra indigeni ed esercito francese. La scrittura è particolare, non ci sono maiuscole né punti fermi
La folie des hommes en un livre. Trash et une écriture incisive, sans majuscule et point en dehors des dialogues. D'une part un soldat français, d'autre part une femme dans une colonie agricole. Frappant de douleur.
Une énorme claque. Roman sur le début de la colonisation en Algérie, à travers les voix d'une femme qui s'installe avec sa famille sur cette terre aride et hostile et d'un soldat entraîné dans la violence de la "pacification" du territoire. La narration très particulière est en parfaite correspondance avec l'histoire, sorte de poème incantatoire au milieu de la folie des hommes et de la violence de la nature. La découverte d'une voix.
Belezi sceglie di raccontare le atrocità della colonizzazione francese in Algeria dalla prospettiva di coloro che le perpetrano. Il risultato è magistrale, straniante e letteratura allo stato puro.
Non mi trovo bene con le stelline. Questo libricino però è molto vicino al capolavoro. Le atmosfere e i sentimenti che mi ha suscitato si avvicinano a quello che ho provato leggendo Furore di Steinbeck. Furore è un capolavoro. Questo libro è breve ma talmente intenso che ogni tanto si deve chiudere per respirare di nuovo. È duro, atroce e intensissimo. Direi imperdibile 9+
La rage, l’horreur, la souffrance, la maladie, la mort, la violence, … le rythme du récit à deux voix nous fait vivre la fureur et la barbarie du colonialisme, sans filtre. Chaque phrase nous percute, tout autant que la vérité qu’elle dénonce
Crudo, atroce, una lettura divisa tra il racconto dei primi coloni francesi, la cui promessa di nuova vita in Algeria cozza presto con la realtà, caratterizzata da malattia e vulnerabilità, e il racconto dei soldati, i quali, nonostante venga loro rammentato di non essere angeli, perdono fin dai primi capitoli tutta la loro umanità, mentre noi perdiamo il conto delle atrocità commesse. Una lettura che ho reputato necessaria perché sempre (purtroppo) attuale.
Je découvre la belle écriture de Mathieu Belezi mais je suis horrifiée par cette colonisation de l'Algérie. Impensable ! "Nous ne sommes pas des anges." C'est peu de le dire ! Et tous les malheurs qui arrivent aux colons. Il fallait être fou et inconscient pour tenter une telle aventure ! C'est bien raconté et fluide mais vraiment trop dur pour moi.
Brutal, cruel, extrêmement réaliste, ce roman arrive à décrire la barbarie de la colonisation française de l'Algérie avec une plume précise, percutante.
Raconté par deux voix: celle d'un soldat et celle d'une française et sa famille en qualité de colons. Les deux narrateurs se chevauchent afin de décrire ce qui se passait au XIXe siècle en Algérie.
J'ai particulièrement apprécié les descriptions, même si je les ai trouvées très dures. Il n'y a pas de belles scènes, au contraire : "Depuis dix ans je passe mon temps à razzier vos villages et vos champs, à tuer ceux qui me résistent, à violer leurs femmes, c'est mon travail de soldat..."
Enfin un roman sur la colonisation, cette partie de notre Histoire encore méconnue.
J'ai envie de découvrir la série de cet auteur consacrée à ce pays, l'Algérie.
Une fiction historique sur la colonisation de l'Algérie du POV des colons et des soldats. L'idée est bonne, mais je ne suis pas fan de l'exéution fan de l'exécution. La forme est intéressante, avec un format de flux de conscience
Snappy little novella set among colonists and soldiers in the early phase of French Algeria. Lucid on the violence perpetrated by the army and the false promises made to colonials. I loved his novel 'C'etait Notre Terre'; think of this as the short, introductory prequel.