Il termine giapponese tsundoku riassume un concetto che suonerà familiare a moltissimi lettori: comprare libri e tenerli da parte, per leggerli “dopo”. Il fatto è che basta un rapido calcolo per capire che quei libri che abbiamo accumulato nelle celeberrime “pile della vergogna” sul comodino o in ogni altro spazio libero di casa nostra sono troppi per essere letti in una vita sola. Ed è qui che interviene l'arte di vivere tsundoku, che è ricca di imprevedibili sfaccettature: la gioia della scelta e dell'acquisto, la ribellione alle liste, i modi più creativi per organizzare la propria libreria, le scuse migliori per quando ci colgono sul fatto con l'ennesimo libro nuovo, le tecniche per non dimenticare ciò che si è letto, il piacere proibito di rileggere... Ma, soprattutto, questa filosofia ci ricorda che non dobbiamo per forza aver letto tutti i libri che possediamo per amarli incondizionatamente. Sensi di colpa, addio: i libri non letti possono essere persino più affascinanti di quelli letti perché ci conducono in viaggi meravigliosi, anche restando seduti sul divano. E ci parlano comunque, che li apriamo o li teniamo chiusi. E poi, i libri sono una cura per l'anima: basta toccarne, annusarne, sfogliarne uno per farci stare subito meglio, provare per credere!
meh. 2 stelle e mezza direi. fra il 5 e 1/2 e il 6-- 😅
Tsundoku c'est moi!
Per fortuna hanno inventato gli e-reader perché non so più dove metterli. No, l'opzione scale non è valida, ci sono già 2 librerie piene.
In sostanza, librino carino, impaginato in modo originale: cambi di font, box di varie dimensioni, test, schede da compilare, disegnini, liste. Suggerimenti su come disporre i libri sulle mensole, sul valore dei libri non letti, sul diritto di abbandonare un libro... con l'idea di dare suggerimenti originali, a volte col ditino alzato. Confesso di aver saltato diverse pagine qui e là.
«Tsundoku (積ん読) descrive l'atto di procurarsi materiale da leggere, per poi lasciare che si accumuli da qualche parte nella propria casa senza leggerlo e in molti casi nemmeno sfogliarlo. Viene anche usato per indicare i libri che vengono depositati su uno scaffale o sul comodino in attesa che arrivi il momento giusto: la celeberrima "pila della vergogna" La parola tsundoku combina gli elementi di tsunde-oku (積んでおく , ovvero ammucchiare le cose pronte per dopo e lasciarle perdere per un po') e dokusho (読, leggere libri). Accumulare libri e lasciarli perdere per un po', dunque.»
Da un paio di mesi sto passando un periodo bruttissimo. Talmente brutto che ho perso anche la voglia di leggere. Da 80/90 libri all’anno, questo mese ne ho finito solo uno. Questo. Che è pure un manuale pieno di spazi vuoti e di esercizi da completare. Ho smesso di leggere, ma non di comprare però. E qui dentro ho trovato, per iscritto e validate, tutte le giustificazioni che le persone che acquistano libri compulsivamente si sono sempre date e continuano a darsi. Io non faccio parte dei compratori che si vergognano della loro compulsività. Sì a volte mi sento sopraffatta, a volte la casa è talmente incasinata che vorrei essere altrove. Ma l’atto di comprare libri non mi fa vergognare. Non chiamo “pila della vergogna” gli 11.000 titoli che ancora devo leggere. Mi sta bene così.
Comunque il manuale è fatto bene e offre molti spunti.
Brodo allungato. Ci sono delle riflessioni interessanti e condivisibili, nascoste tra decine di paragrafi noiosi, quiz inutili e tabelle vuote da compilare. Se il libro fosse stato lungo la metà sicuramente ne avrebbe giovato. Io intanto sono contenta di averlo letto tramite biblioteca, risparmiando soldi e spazio.
Il libro perfetto per chi vive "tsundoku": un diario interattivo che ne riassume l'essenza e spiega a parole quello che sentiamo e quello che vorremmo sentirci dire sull'arte di accumulare libri e (non) leggerli.
Un libro sugli accumulatori di libri (spesso non tutti letti...). Ovvio che per molti aspetti mi ritrovo nelle descrizioni, ma proprio per questa ragione il libro non mi ha entusiasmata, non mi ha detto nulla che non sapessi. Immagino che il target siano proprio coloro che si sentono dei Tsundoku e quindi forse ci sarebbe dovuto essere qualcosa in più. La proposta di fare liste di libri non letti e del cosa ci ha spinto all'acquisto per quanto sensata la trovo impraticabile, tempo sottratto alla lettura e quindi altri libri da segnare...
"Il fatto di averli in casa, alla nostra portata, proprio nel momento in cui ci servono fa sì che i nostri libri ci possano parlare, consigliare, aiutare, senza intermediari, senza distrazioni, qui e ora. "
"In giapponese l'espressione ichigo-ichie, che deriva dal buddismo zen ed è legata alla tradizione della cerimonia del tè, significa letteralmente "una volta, un incontro". E' usata per indicare l'importanza di dare valore a ogni momento della vita, di vivere il presente godendosi quelli che sono i veri tesori: incontri ed esperienze"
Non mi dilungo a spiegare cosa sia il tsundoku: chi ha acquistato questo libro probabilmente lo sa già.
Quello che conta è che Tsundoku è un inno all’amore per i libri — letti o meno — e a tutto ciò che rappresentano. L’ho apprezzato moltissimo perché mi sono ritrovato in molte delle situazioni descritte: abitudini, manie, ossessioni che chi ama davvero i libri riconoscerà subito.
Non è un saggio profondo, e non pretende di esserlo. Si legge con leggerezza, e lascia addosso una sensazione piacevole di tranquillità e di complice accettazione verso questa “deviazione” che, in fondo, non fa male a nessuno.
Lo consiglio soprattutto a chi vive circondato da pile di libri non ancora letti — diciamo, sopra i 50 all’anno — perché saprà sorridere e sentirsi meno solo.
È un libro “carino” per gli amanti (possibilmente giovani) un po’ scanzonati dell’oggetto libro. Non ho particolarmente apprezzato l’innumerevole ripetizione della frase “libri , che probabilmente non leggerai mai”, ma ha avuto l’effetto positivo di farmi venir voglia di scalare la mia “pila della vergogna”. Contiene anche piccoli “giochi” e spazi da compilare con non recensioni e sfoghi di varia natura. Credo sia un libro molto adatto per la prima e massimo la seconda adolescenza .