«Vivere, in fondo, non è che una serie di storie che si chiudono e si aprono, un continuo stringere la presa e lasciar andare. Una catena infinita di incontri e di addii». Quante esistenze attraversano una stazione affollata. Dietro i volti delle persone in fila all’edicola o al bancone del bar si nasconde un groviglio di desideri e paure, di dolori e speranze. C’è una donna che non deve partire, eppure resta seduta lì, le borse della spesa ai piedi. C’è un padre che ha smarrito il figlio, e un uomo che sta per separarsi dalla donna della sua vita. C’è un marito che vede un enorme coniglio accanto a sua moglie ogni volta che la guarda, una ragazza che riceve messaggi inattesi, un ragazzo che ha preso una decisione irreversibile. C’è il mistero indecifrabile di ogni incontro capace di farci cambiare strada, e il terrore dell’abbandono sempre dietro l’angolo. Poi c’è uno scrittore con un buffo berretto giallo che si aggira fra i binari dopo aver perso il treno, ed è impaziente di salire sul prossimo. Perché sa che alla fine del viaggio troverà la sua famiglia ad aspettarlo. Perché «l’amore ha sempre, sempre a che fare con qualcuno in grado di riportarti a casa». Con la sua voce inconfondibile, Matteo Bussola racconta il nostro ostinato bisogno degli altri, malgrado la possibilità di ferirsi, di tradirsi, malgrado le accuse o i rimpianti. Il suo è un inno al potere salvifico delle storie, grazie alle quali ci sentiamo tutti meno soli.
Matteo Bussola perde il treno e per ingannare l’attesa in stazione ( che qui diventa metafora di un viaggio rimandato che costringe a fermarsi e riflettere), pensa a nuove storie Nasce così, Il tempo di tornare a casa, che intreccia racconti che parlano di ritorni ( a casa, come metafora di sé stessi), abbandoni e addii.
Matteo Bussola dimostra ancora una volta di avere un buon rapporto con i personaggi che crea, (sembra quasi che le storie vengano a trovarlo), e con uno spiccato spirito di osservazione, allenato dalla paternità e dalla sua vena artistica, scrive per capirsi e per capire
Il Tempo di tornare a casa non mi è particolarmente piaciuto: c’è un approccio a mio parere, forse un po’ troppo ingenuo, nonostante apprezzi il suo modo di confrontarsi con l’amore in tutte le sue forme, come risposta a tutto, anche alla provvisorietà della vita Tre stelle perché è comunque ben scritto ed è un inno al ricominciare a parlarsi, ma per il momento, Il Bussola che preferisco è il padre racconta con delicato umorismo e disincanto le sue avventure familiari
4,5 Quante storie si possono incrociare in una stazione, aspettando un treno? Tante, tante storie all'apparenza diverse eppure collegate in qualche modo dall'attesa, un tempo sospeso che ha tante sfumature. Le parole di Bussola hanno sempre il potere di trasformarsi in emozioni appena lasciano la carta (o lo schermo).
Matteo perde un treno e questo semplice gesto è l’avvio per scandagliare le mille storie che accadono quotidianamente in uno di quei non luoghi per eccellenza: la stazione.
Continua a farsi strada con forza la “voce” del Bussola scrittore, l’auto-fiction che abbiamo conosciuto e amato nei primi due best-seller Notti in bianco, baci a colazione e La vita fino a te aveva già lasciato spazio alla storia di Milo e Nadia ne L’invenzione di noi due, qui Matteo-personaggio ritorna per tracciare la cornice letteraria entro cui si muovono i personaggi de Il tempo di tornare a casa, pubblicato come i precedenti da Einaudi.
Ci sono alcune della caratteristiche che già conosciamo: la copertina diventa lo spazio per apprezzare ancora una volta un’altra valente rappresentante del mondo dell’illustrazione e del fumetto: Bianca Bagnarelli.
Conosciamo così LaMarta, che ormai ha inglobato l’articolo nel suo nome e nessuno più chiama in maniera diversa che consuma la sua attesa beckettiana nella sala d’aspetto in compagnia delle sue buste, conosciamo Davide, Giulio, Renato, Giada, Giuletta e Antonio. Piccole storie tenute insieme dal filo comune della stazione. Un libro sull’amore e su tutte le sue possibili declinazioni, ma soprattutto un libro sulle attese perché come ci ricorda una delle tre frasi dell’esergo con George Perec “Forse la felicità si trova solo dentro le stazioni”.
Perché come scrive Bussola nell’introduzione: “Ma tra una fine e un nuovo inizio esiste una stagione dai confini incerti, un guado in cui può capitare di smarrirsi: è il tempo dell’attesa.” Ecco, sin dalle prime pagine l’amore, la vita, perfino i conigli che compaiono tra i capelli di uno dei personaggi si confrontano con il semplice gesto di aspettare. Centrifugati da mille impegni quotidiani ci vuole l’ardire e il cuore di pionieri per recuperare l’assoluta voglia di non far nulla. È quello che decide di fare Matteo nelle prime pagine:
“Non voglio ammazzare il tempo, non voglio ingannarlo, voglio solo che il tempo mi attraversi come sabbia in una clessidra. Voglio ascoltare, assaporare, respirare. Senza preoccuparmi di nulla, per una volta, senza dover correre da nessuna parte”.
Bussola è riuscito a scrivere un libro sul tempo dell’attesa, scrivendo tangenzialmente della pandemia senza mai nominarla. L’abbiamo ancora sulla pelle e sulle ossa, ricordiamo tutti quei lunghi giorni segregati in casa, impastando pane e consumando ogni serie disponibile su Netflix. Eravamo spiazzati perché, nel baluginare del tempo che costantemente infilziamo spolliciando sui nostri smartphone, non sappiamo più stare in nostra compagnia, lasciandoci attraversare “come sabbia in una clessidra”. E pensare che basterebbe così poco, semplicemente aspettare e basta per avere un’intera biblioteca di storie da sfogliare senza fretta perché come dice un personaggio che ritorna per la felicità dei lettori del Bussola (non sveliamo di più per non guastare la sorpresa): “non siamo noi a trovare le storie. Sono le storie a trovare noi”. Perché è vero da sempre: le storie servono a dare senso alle nostre attese.
Sto cominciando ad adorare Bussola. In questo libro si intrecciano varie storie di vari personaggi che si incontrano alla fermata del treno, in stazione. Le storie sono belle perché si capisce che sono tutte collegate. In una stazione può accadere di tutto: di innamorarsi, di lasciarsi, di perdonare un figlio, di incontrarsi dopo tanto tempo. Mi è piaciuto proprio, lo consiglio assolutamente.
Matteo Bussola ha saputo che emozionarmi ancora un'altra dannata volta. All'inizio pensavo che il libro non mi sarebbe piaciuto, adesso invece posso dire che forse è il mio preferito. La storia di LaMarta mi ha devastato il cuore 💔 5 stelle per le emozioni
Questa volta Bussola è davvero andato oltre le mie aspettative. Prima di tutto ho trovato uno scrittore davvero maturo dai tempi di notte in bianco. Si vede un percorso, anche nella scrittura. Questo libro mi ha semplicemente commosso, poi mi ha fatto fermare. L'intreccio è semplicemente stato un colpo di genio che lo esonera da quei libri di racconti che non si abbracciano affatto. Consente di guardare continuamente con occhi diversi, sbirciare sempre da nuovi punti di osservazione. E poi... Wow di quante storie è fatta l'umanitá,ogni giorno in ogni momento. Il ché è un pensiero di una banalitá disarmante, ma osservarla con i tuoi occhi, come un uomo ignaro dal berretto giallo... Tu sei sempre lì e non giudichi affatto,tu sei solo lì a empatizzare ancora e ancora. Questa empatia è Bussola, questa gentilezza, questa delicatezza... è semplicemente la sua firma. Quante volte ho fantasticato sulle vite delle persone mentre andavo in treno e ora eccole lì in un libro. Mi è davvero piaciuto tanto, ve lo consiglio. Commuovente ma niente affatto patetico o drammatico, semplicemente di una dolcezza e di un' autenticità disarmante. Bello.
*2 e mezzo* Chi di voi passando del tempo in stazione non ha fantasticato sulle vite altrui che rapidamente gli si alternavano sotto gli occhi? Matteo Bussola dà voce a questo fantasticare creando un intreccio di storie che hanno tra loro la stazione come punto di unione. È quasi una raccolta di racconti: alcuni belli, altri noiosi, qualcuno commovente. Non è un brutto libro ma non mi ha convinta del tutto.
È il secondo (e ultimo) Bussola che leggo, o per meglio dire che ascolto (@Audible). Di Notti in bianco, baci a colazione avevo apprezzato la simpatia della scrittura, nonostante quel fare un po’ melenso e smorfiosetto, dalla citazione facile, ma che comunque mi aveva divertito. Questo libro, invece, è stato per me un grande no: ho ritrovato un Bussola ripetitivo, noioso, a tratti inconcludente; una bomba di rarefatta sensibilità che sa tanto di costruito.
Il tempo di tornare a casa è una raccolta di racconti – un genere che non ho mai apprezzato – che ci mostra l’amore in tutte le sue sfaccettature: l’amore perso, quello ritrovato, quello che combatte o quello che si lascia andare; l’amore rifiutato o semplicemente prudente, l’amore solo e dimenticato.
Queste storie prendono forma nella mente di Matteo che – in attesa del suo treno – è costretto ad aspettare ore e ore in una stazione ferroviaria, palcoscenico ideale per fantasticare sulle vite che distrattamente incrociamo. Mi è piaciuta molto l’idea di collegare tutte queste storie in modo da creare un percorso ciclico e dare una continuità alla moltitudine di racconti.
Questa lettura non mi ha lasciato praticamente nulla; la consiglio solo se si è alla ricerca di una scrittura semplice, molto contemporanea e con poche pretese. Questi racconti sono perfetti per essere letti tra una fermata del treno e l’altra, senza creare grandi aspettative o suscitare un vero coinvolgimento.
Squarci di vita delle persone che affollano una stazione ferroviaria di una piccola città di provincia in un giorno insolitamente freddo e ventoso di fine novembre e un uomo di mezz'età con un berretto giallo e uno zaino scolaresco, di professione scrittore, che funge da collante a tutte le storie grazie alla sua presenza notata da tutti. Inoltre, è il primo personaggio e l'ultimo che racconta. L'idea sicuramente non originale, l'esecuzione discreta. I personaggi risultano definiti nei loro sogni, angosce, possibilità di riscatto, anche se le storie sono brevi. Carino ma niente di memorabile.
Una carrellata di vite che si incrociano, grazie alle quali ci viene ricordato che ognuno di noi interpreta un accadimento in base al proprio personale punto di vista. Un libro sull'importanza dell'empatia, per me. Bello, malinconico a tratti ma con incitamento alla speranza.
Questo autore ormai per me è una certezza. La sua scrittura è sempre in grado di scavarmi dentro e farmi emozionare (con annesse lacrime).
Scene di vita quotidiana...vita vera, sentimenti profondi, incomprensioni, amori, solitudini, sconfitte, speranze... un tuffo al cuore nella maggior parte delle storie narrate.
Ho trovato questa raccolta di racconti meno potente rispetto ad altre (come "il rosmarino non capisce l'inverno" o "un buon posto in cui fermarsi") ma rimane comunque un bellissimo libro da recuperare!
3,5 Quando le piccole cose ti emozionano. Un libro molto dolce che muove le sue premesse dal momento in cui ci si ferma a rimuginare su tutte le piccole incertezze, preoccupazioni e esperienze della nostra vita. Siamo ben oltre la frase "non è importante la destinazione ma il viaggio", perché nel caso di "Il tempo di tornare a casa" ciò che più conta è l'attesa di intraprendere il viaggio, il tempo immediatamente precedente che molte volte è ignorato nella crescita psicologica di una persona, eppure è quando ci fermiamo in solitudine che riflettiamo davvero sulle nostre vite, sulle scelte e sulle motivazioni che ci hanno portato a intraprendere il cammino. Il filo rosso che lega tutte le storie è l'amore, sentimento usato e abusato nella letteratura che, benché presenti qualche banalità in due o tre racconti, Bussola narra in maniera molto originale. La sensazione è stata quella di guardare la serie tv Modern Love, dove in ogni episodio si esplorano storie d'amore di diverso tipo (relazioni sentimentali, parentali, amicali, amore per il proprio io e quant'altro) solo che in questo caso tutto si svolge in un unico luogo: la stazione dei treni. Per quanto mi riguarda questo libro fa bene il suo dovere, è una storia, anzi una serie di storie, molto graziosa e ideale se si cerca una lettura che emozioni senza risultare pesante nè di grande rivelazione. Ammetto di aver amato tanto certe espressioni utilizzate da Bussola per descrivere i sentimenti dei personaggi ma ammetto anche che qualche volta può risultare stucchevole, senza tuttavia diventare fastidioso.
«Scrivere non è che un modo per accogliere il nostro dolore e quello degli altri, dargli voce, intuirvi un senso o una direzione. Offrire a questo dolore una piccola speranza. Oppure, al contrario, abbeverarsi alla fonte di una gioia altrui. Ecco a cosa servono le storie, piú di tutto il resto. A dare un senso alle nostre attese. A farci capire che c'è sempre un treno da prendere, nonostante tutto. A farci sentire che siamo ancora in tempo».
I libri di Matteo Bussola hanno un non so che di magico. Centrano sempre il punto esatto in cui sento il bisogno di essere ascoltata e per di più ci riescono in una maniera così delicata e dolce che la scoperta (o riscoperta) di me stessa non fa quasi male. Diventa un viaggio bellissimo quello in cui mi accompagna.
Mi ricorda sempre che, anche quando ci sentiamo i soli sulla terra, non lo siamo mai davvero perché circondati da migliaia di persone con lo stesso cuore, ciascuna calata nel proprio mondo che è però anche il mio e pure il tuo, a volte è diverso ma alcuni pezzi coincidono e forse non ha senso ma pensarci per me è aria fresca, quindi per stavolta lascerò che queste poche idee sfilacciate mi bastino.
Succede con pochi libri, ma i suoi mi offrono sempre una visione diversa della vita che, credeteci o meno, mi piace di più. Ancora una volta, grazie.
Matteo Bussola, nell'attesa del suo treno per ritornare a casa, si lascia ispirare dai soggetti che popolano le stazioni, regalando una raccolta di brevi storie animate dalle questioni dell'affettività e dell'amore. Nel complesso il testo è gradevole, con alcuni racconti che spiccano su altri. Il testo è ben scritto, l'autore è sincero e quasi sempre credibile nel costruire i personaggi. Il libro è consigliato a chi cerca una lettura che esplori l'amore in maniera non molto approfondita, ma comunque calorosa e umana.
Avevo già letto una raccolta di racconti di Matteo Bussola, che purtroppo non mi aveva convinto a pieno, quindi avevo un po’ paura ad affrontarne un’altra. Per fortuna però l’ho fatto!
In questo libro Matteo Bussola ci regala una serie di racconti tutti collegati tra loro e con un’ambientazione che li accomuna: la stazione. Matteo si trova in stazione ma il suo treno ha un ritardo, ne approfitta per farsi un giro e godersi l’attesa senza dover per forza fare qualcosa. Gironzola così per la stazione, e tramite i suoi occhi conosciamo le storie di tutti i personaggi di questa raccolta.
Ho apprezzato molto i racconti singoli di questo libro perché ognuno di loro ha un messaggio, dei personaggi ben definiti, delle emozioni che vengono fuori, un legame con un altro dei racconti. Alcuni mi sono sicuramente piaciuti più di altri, ma non ce n’è nessuno che proprio non mi è piaciuto. Ognuno di loro mi ha dato qualcosa: mi ha fatto ragionare, sognare, sorridere, commuovere, diventare triste. In alcuni momenti avrei voluto seguire i protagonisti del racconto per saperne di più delle loro vite, per sapere come continuava la storia. In altri invece mi è bastato leggere quelle poche pagine, perché erano complete e mi permettevano di avere la giusta visuale su quanto accadeva.
Chiuso il libro mi è venuto in mente il film Love Actually. Avete presente? L'inizio, la scena all'aeroporto. Interno, area arrivi aeroporto londinese di Heatrow, voce fuori campo...
"Ogni volta che sono depresso per come vanno le cose al mondo, penso all'area degli arrivi dell'aeroporto di Heathrow. È opinione generale che ormai viviamo in un mondo fatto di odio e avidità, ma io non sono d'accordo. Per me l'amore è dappertutto. Spesso non è particolarmente nobile o degno di note, ma comunque c'è: padri e figli, madri e figlie, mariti e mogli, fidanzati, fidanzate, amici."
In un certo senso la scintilla iniziale di Il tempo di tornare a casa mi ha ricordato questo inizio. L'autore non è in aeroporto ma è in una stazione di provincia, perde il treno e deve aspettare lì qualche ora per il successivo. È in quel momento che si intrecciano le storie di tanti personaggi che si incrociano, si sfiorano, si scontrano in quella stazione per continuare poi con la propria vita. Il ragazzo che scappa di casa per andare ad un rave party; l'adolescente appena lasciata dal fidanzato più grande; la coppia sposata che sta partendo per un ultimo viaggio; l'aspirante suicida; queste sono solo alcune delle storie che capitolo dopo capitolo l'autore ci propone, scene di poche pagine in cui lui fa sempre capolino, con il suo berretto giallo e lo zainetto in spalla, a cercare un libro nella libreria, ad aiutare il barista che ha fatto cadere una tazza, a curiosare nel negoziato di gadget.
Non avevo ancora letto nulla di Matteo Bussola, ma questo libro con un enorme coniglio in copertina mi è letteralmente entrato nel cuore. Si può leggere su più livelli: seguendo i singoli "racconti" o cercando di inserirli in un quadro più grande. Ci sono al suo interno storie tristi, storie più allegre, cose buffe, paure, ci sono tutti quegli aspetti che incontriamo nella vita fuori dalle pagine e che a volte neanche notiamo, ma qui, con una stazione a fare da palcoscenico e un autore dal berretto giallo a dirigerne gli attori, tutto diventa evidente, tutto è speciale, unico, anche ciò che solitamente non lo è. Un carica batterie a forma di unicorno, oggetto lasciatemelo dire piuttosto orrido e che giusto in stazione (o all'autogrill) uno è disposto ad acquistare, diventa in poco tempo bilancia di un successo o di un insuccesso, ma anche di un litigio definitivo o di una speranza in una storia d'amore; una tazza che cade e si frantuma a terra può essere un semplice incidente o anche l'inizio di tutto. Matteo Bussola ci fa riflettere sul caso e sul destino, sui giudizi e sui pregiudizi, ma anche sulle piccole cose che nella vita diamo per scontato e che invece per qualcun altro posso essere la svolta della vita.
Tante vite, tante esistenze e poi un unico grande finale: il ritrovarsi! In noi stessi, negli altri e con gli altri, a casa e nelle storie degli altri. Tutti siamo protagonisti della nostra storia ma tutti siamo anche attori, piccoli o grandi, nelle storie degli altri. Bussola non solo crede nel potere salvifico delle storie ma ce lo dimostra, un capitolo dopo l'altro, e a conclusione ce lo dice...
"Io credo che le storie servano a scaldarci quando il vento è troppo freddo, a farci sentire meno soli, a sapere che tutti, a prescindere dal treno, condividiamo lo stesso viaggio. Servono a permetterci di incrociare sguardi diversi dal nostro. Occhi consumati dalla paura, corrosi dall'ansia, stremati dalla fretta, illuminati dal fuoco di una nascente possibilità. "
"Ecco a cosa servono le storie, più di tutto il resto. A dare un senso alle nostre attese. A farci sentire che c'è sempre un treno da prendere, nonostante tutto. A farci sentire che siamo ancora in tempo" . Il tempo di tornare a casa è una raccolta di racconti di Matteo Bussola edito da Einaudi nel novembre 2021. Diciannove storie ambientate tutte in una stazione, ma non una qualsiasi: tutte nella stessa stazione. . Leggere un libro ambientato in quella che ormai è la mia quotidianità mi ha fatto sorridere, tante sono le situazioni che ho rivisto: i ritardi, i treni persi, le coincidenze per un pelo, le informazioni sbagliate e le persone invadenti; ma, in ogni storia, c'è anche un aspetto meno letterario e più figurato che riguarda i treni ed è l'idea di attesa, di occasioni perse, di tempo sprecato. . Si parla di treni sempre con una nota di rimpianto: "Una volta perso, il treno non torna più" e di ritardo: "Adesso devi prendere questo treno, poi non sai se ti ricapita", si guarda sempre a tutte quelle occasioni che sarebbero potute essere ma non sono e a tutti i ritardi della vita che: "Se avessi fatto così, ora..." e se, invece, il treno che "riusciamo" a prendere fosse quello giusto? Quello che ci fa "sentire [ed essere] ancora in tempo". .
La sinossi è molto semplice: l'autore, dovendo passare del tempo in stazione per dei ritardi del treno, inizia a fantasticare sulla gente che viene e va dalla stessa. I racconti (molto brevi) passano da alcuni abbastanza carini ad altri insulsi. Questo libro non mi ha convinto.
Un uomo con un iconico berretto giallo e uno zaino da ragazzina in spalla arriva in stazione e perde il suo treno per un soffio. Deve attendere tre ore prima del successivo. In questo tempo, che è poi "il tempo di tornare a casa", decide di non fare niente: di stare seduto ad aspettare. I minuti si dilatano, le persone gli passano accanto, e lui immagina le loro storie.
Si costruisce così un romanzo fatto di brevi capitoli sottilmente intrecciati tra loro, ognuno con un protagonista diverso. Sono le storie delle persone che si trovano per i più disparati motivi a passare per la stazione. Storie di persone vecchie e giovani, tristi, stressate, smarrite, impegnate, disoccupare, in fuga, determinate, frustrate, innamorate, sole o in compagnia. Sono le storie che ci circondano quotidianamente, che passano inosservate, fino a che non ci mettiamo ad ascoltarle, o anche solo a immaginarle.
Mh, questo libro non mi ha convinta del tutto. O meglio, non mi ha emozionata quanto pensavo. La tecnica narrativa è la stessa di “il rosmarino non capisce l’inverno” ma questa volta tutto ruota intorno ad una stazione ( luogo che io amo). Lo stile è poetico e scorrevole, e che Bussola scrive bene, lo sappiano. Le storie di tutti i protagonisti si sfiorano e intrecciano. Ogni storia è bella ed ogni storia ha più di un punto di vista. Il libro si legge in maniera veloce e scorrevole. Ahimè però questa volta non mi è rimasto molto. I racconti che mi hanno colpita son stati pochi. Peccato. Una lettura che comunque consiglio.
Sto passando un periodo un po’ particolare e avevo bisogno di abbandonare un po’ la realtà triste nella quale sono costretta inevitabilmente a vivere. La scrittura di Matteo Bussola arriva dritto al cuore. È colloquiale, semplice e quasi paterna difatti mi sono sentita abbracciata per l’intero viaggio. Non guarderò mai più una stazione con gli stessi occhi e sopratutto sarò sempre attenta a chi mi circonda perché vorrei fare del bene agli altri come questo libro l’ha fatto a me e al mio cuore stanco.
"Io credo che le storie servano a scaldarci quando il vento è troppo freddo, a farci sentire meno soli, a sapere che tutti, a prescindere dal treno, condividiamo lo stesso viaggio."
Il tempo di tornare a casa è una raccolta di racconti, di storie, che si intrecciano in una stazione per poi riallontanarsi. La scrittura è piacevole e precisa, crea immagini definite oltre a descrivere in poco spazio emozioni, sentimenti e situazioni molto complessi. Davvero una bella lettura.