Con un cappotto troppo lungo e un incongruo berretto di pelliccia sulla testa, il volto pallido e febbrile, un giovane sconosciuto sbarca, alla vigilia del giorno dei Morti, alla Rochelle da un cargo proveniente da Trondheim. Scoprirà di essere l’erede del vasto patrimonio dello zio, un uomo a lui ignoto, che è vissuto in una feroce solitudine. E scoprirà anche che suo zio teneva in pugno tutti i ricchi notabili della città, riuniti in un sinistro sindacato. Più esattamente: teneva i loro segreti in una cassaforte di cui nessuno ora conosce la combinazione. Comincia così una partita mortale fra il giovane straniero, che tutti vorrebbero docile e sprovveduto, e i vari potenti del luogo, attaccati a un ordine delle cose che deve rimanere intatto. Ma il giovane pallido ha una precisa percezione dei trabocchetti che si aprono a ogni suo passo in quell’inferno di provincia. E una tenace determinazione lo spinge a salvarsi. Così riuscirà anche a trovare, nel terrorizzante groviglio che lo avvolge, il filo di una imprevedibile, perfetta storia d’amore.
Georges Joseph Christian Simenon (1903 – 1989) was a Belgian writer. A prolific author who published nearly 500 novels and numerous short works, Simenon is best known as the creator of the fictional detective Jules Maigret. Although he never resided in Belgium after 1922, he remained a Belgian citizen throughout his life.
Simenon was one of the most prolific writers of the twentieth century, capable of writing 60 to 80 pages per day. His oeuvre includes nearly 200 novels, over 150 novellas, several autobiographical works, numerous articles, and scores of pulp novels written under more than two dozen pseudonyms. Altogether, about 550 million copies of his works have been printed.
He is best known, however, for his 75 novels and 28 short stories featuring Commissaire Maigret. The first novel in the series, Pietr-le-Letton, appeared in 1931; the last one, Maigret et M. Charles, was published in 1972. The Maigret novels were translated into all major languages and several of them were turned into films and radio plays. Two television series (1960-63 and 1992-93) have been made in Great Britain.
During his "American" period, Simenon reached the height of his creative powers, and several novels of those years were inspired by the context in which they were written (Trois chambres à Manhattan (1946), Maigret à New York (1947), Maigret se fâche (1947)).
Simenon also wrote a large number of "psychological novels", such as La neige était sale (1948) or Le fils (1957), as well as several autobiographical works, in particular Je me souviens (1945), Pedigree (1948), Mémoires intimes (1981).
In 1966, Simenon was given the MWA's highest honor, the Grand Master Award.
In 2005 he was nominated for the title of De Grootste Belg (The Greatest Belgian). In the Flemish version he ended 77th place. In the Walloon version he ended 10th place.
Non sono mai stato a La Rochelle. Ma Simenon mi ci ha portato più di una volta, me l’ha fatta conoscere. Quanti sono i suoi romanzi ambientati qui?
Jean Desailly è Gilles e Assia Noris Colette nella versione cinematografica del 1943 intitolata “Le voyageur de la Toussaint” diretto da Louis Daquin.
Nella campagna di La Rochelle Simenon visse effettivamente una decina d’anni, anni nei quali, dato il suo celebre ritmo di composizione, scrisse parecchie storie. Ma quelle davvero ambientate a La Rochelle? Questa. Il testamento dei Donadieu. I fantasmi del cappellaio. Il treno. La verità su Bebé Donge. La Femme qui tue (un pre Maigret firmato con lo pseudonimo Goerges Sim). Io immagino che anche “Gli intrusi” sia ambientato qui, ma non potrei giurarci. Come non posso giurare neppure su Mr Hire, ma lo vedo bene inserito a La Rochelle.
Nel film del ’43 recita anche un giovanissimo Serge Reggiani (qui con Gabrielle Dorziat).
Da La Rochelle parte la famiglia di Lady Roxana, la discussa eroina dell’omonimo romanzo di Daniel Defoe. Perché qui a La Rochelle si radunarono gli ugonotti finché l’assedio ordinato dal Cardinale Richelieu (I tre moschettieri) li spinse a prendere il mare o fuggire come altro potevano. Ma prima degli ugonotti era stata per così dire la capitale dei templari. Ma non credo fossero questi gli aspetti che attraevano Simenon. Penso piuttosto alla provincia, il mare, il porto, l’umido nell’aria che fa atmosfera, anche prima di diventare nebbia, che ben ammanta l’ipocrisia…
Gilles torna alla Rochelle, dove erano nati i suoi genitori, due artisti circensi che erano partiti per cercare un mondo più vasto. L’hanno tirato su tra girovaghi, in ambiente aperto, spostandosi e viaggiando (Gilles infatti approda a La Rochelle dalla Norvegia), con poche regole e molta libertà: un’eredità che mal si adatta alla provincia francese. Quando scopre che lo zio, fratello del padre, morto poco prima del suo arrivo, lo ha lasciato unico erede, si trasferisce a vivere a palazzo dove fa presto un’altra scoperta: lo zio ha una cassaforte piena di documenti con i quali ricattare i notabili del posto, tenerli in pugno – della cassaforte esiste la chiave ma non si trova la combinazione.
Léon Spilliaert: Donna sulla spiaggia. 1910.
A palazzo vive anche la giovane moglie dello zio morto, Colette, che tutti sapevano aveva una relazione extraconiugale anche prima che il marito morisse. Gilles va a vivere insieme a lei che saprà intenerirgli il cuore. Se all’inizio il suo arrivo ha suscitato buona accoglienza nella gente del posto, quando i benestanti di La Rochelle capiscono che Gilles conosce il segreto di suo zio, cominciano a mutare opinione e atteggiamento nei confronti del giovane. Gilles complica le cose sposandosi con una giovane che non riesce però a conquistargli davvero il cuore: anche perché nel suo cuore è entrata Colette…
Il Viaggiatore di Ognissanti Ormai è un luogo comune evidenziare come i “romans durs” di Simenon (cioè le sue storie prive del personaggio del commissario Maigret) siano spesso ben lontani dal genere “giallo” a cui l’autore viene pur sempre collegato.
In questo caso tuttavia non è proprio così, perché “Il Viaggiatore del giorno dei morti”, titolo chissà perché posticipato di un giorno nella traduzione italiana di Le voyageur de la Toussaint…, è un giallo o almeno ne presenta tutti i tipici ingredienti (omicidio, inchiesta, movente, sospettati, processo, ecc).
Naturalmente Simenon svolge la trama a modo suo, dedicando uno spazio preponderante all’affascinante descrizione d’ambiente del porto de La Rochelle che fa da sfondo al racconto e indirizzando l’intreccio verso una direzione originale e imprevedibile, fino a un finale che avrà lasciato forse insoddisfatti gli appassionati del giallo canonico, ma che per me rappresenta una bella conferma della personalità impareggiabile dell’autore.
La Rochelle è per Simenon un luogo talmente carico di suggestione da avervi ambientato numerosi romanzi da “I fantasmi del cappellaio” a “l’eredità Donadieu” e chi come me purtroppo non ha mai visitato questi luoghi, può farsene un’idea parziale aggirandosi con l’ausilio di Google Map nelle stradine del centro e fra le insegne dei bar della marina per cogliere quanto l’ambiente circostante si presti a collocarvi un racconto come questo.
All’atmosfera che già le sole immagini evocano, l’autore aggiunge gli odori del porto e del mercato del pesce, il vociare degli scaricatori e dei commercianti, soprattutto l’umidità, il grigiore e la nebbia immancabili in un porto aperto sull’Atlantico. Lo fa soprattutto in una stupenda prolungata carrellata (nel primo capitolo della terza parte) allorché il protagonista in cerca di indizi ripercorre, a distanza di settimane, l’identico itinerario quotidiano della vittima visitando, e noi con lui, i luoghi significativi della vicenda, coi sensi tesi a percepire ogni sensazione, sfumatura, rumore ed ogni variazione della luce (e sappiamo dai diari e dalle lettere di Simenon quanto la luminosità particolare di La Rochelle, “simile a un quadro di Vermeer”, fosse uno degli elementi di maggiore attrazione per lo scrittore che nel ’31 giunse ad acquistare una tenuta nelle vicinanze (La Richardière) per meglio assaporarne l’atmosfera!)
Un ulteriore elemento che contraddistingue questo romanzo e probabilmente ne spiega la lunghezza superiore rispetto alla media simenoniana, è la quantità di personaggi (inusuale in Simenon che è solito concentrare la trama su pochi caratteri) meticolosamente delineati fino a comporre un romanzo corale che richiama in filigrana lo stile di uno degli autori amati da Simenon, Honoré de Balzac.
Quasi cento anni prima che scoppiasse il caso, Simenon aveva già parlato del tema immigrazione. Non proprio parlato, in pratica è entrato nel corpo e nella mente di chi sbarca in un paese sconosciuto in cui i legami, le gerarchie e le abitudini sono sedimentati e immutabili, e da essi l’ultimo arrivato è tagliato fuori. Non si tratta di un immigrato africano o siriano, ma di Gilles Mauvoisin, giovanissimo viaggiatore che sbarca a La Rochelle dalla Norvegia, orfano, solo, senza bagaglio, con un cappotto troppo lungo per lui e un cappello di pelliccia in testa. Le prime immagini che vede, sulla riva, gli si imprimono nella mente indelebilmente: una ragazza abbracciata con un uomo, che si stanno baciando. Da brividi, lo giuro. Tu leggi e stai là, con lui, di fianco a lui. Se ci aggiungiamo che Gilles, appena sbarcato, si scopre beneficiario di una grossa eredità di un singolare zio, da lui mai visto nemmeno in fotografia, ecco che la storia si accende, si colora di tinte gialle e prende il volo. L’atmosfera cupa e crepuscolare che incombe su tutto il romanzo, che può dirsi un incrocio tra un noir e un romanzo di formazione, ma non è né l’uno né l’altro, si dirada a sorpresa soltanto nel finale, un finale inaspettato che non sembrerebbe da Simenon, ma che, pensandoci bene, è preparato dallo scrittore da tempo, diversi sono gli indizi disseminati lungo la strada da Gilles Mauvoisin, come Pollicino, che rendono chiaro il messaggio: la libertà personale è il valore massimo per l’uomo. Non dico altro per non anticipare nulla, solo la mia ammirazione ogni volta maggiore per il genio di Simenon.
Poligono di tiro - colpo singolo: CUPA Non protestò, li lasciò fare con cupa indifferenza
CERIMONIOSO si limitarono a scambiarsi un saluto alquanto cerimonioso
Poligono di tiro - colpo doppio: MALCELATA E BEFFARDA Gilles era così angosciato all'idea di dover dormire in quella casa estranea, in cui avvertiva una sorta di malcelata e beffarda ostilità, che si affrettò a vuotare il bicchiere.
Ma non è tutto, ci sono dei congiurati, sospettosi l'uno dell'altro ma non per questo meno concordi nel tener d'occhio la preda… dalla cucina arrivano degli odori promettenti
Traduzione di Laura Frausin Guarino. Che sia particolarmente brava? Può essere, ma la stessa precisione l’ho trovata in Tea Turolla, Enia Marchi, Simona Mambrini (l’ho trovata sempre a dire il vero). Il francese è una lingua molto simile alla nostra, le costruzioni verbali si ricalcano, se traduttori diversi hanno portato a risultati simili, si può supporre che la bontà sia nella materia prima. Mi sarebbe piaciuto ritrovare il commento in cui Pioggia afferma che i Simenon eccedenti le 200 pagine sono prodotti anomali. Forse lei aveva addirittura parlato di 150 pagg. come confezione ideale. È un peccato Pioggia non scriva più, su Simenon aveva intuizioni che chiarivano le idee a chi aveva letto i suoi stessi durs. Secondo me aveva ragione, perché le scatole di Simenon hanno sempre la stessa dimensione e infilandoci dentro più di duecento pagine, spanciano. I romanzi più lunghi saranno quelli che provava maggior piacere a scrivere o quelli che trovava più difficoltà a chiudere? Eppure qualunque sia la lunghezza, troverete commenti entusiasti per ogni suo libro. Ne “Il viaggiatore del giorno dei morti” (PAGG. 271) Georges si è calato nei panni di in un giovane che dal nord Europa torna a https://www.franciaturismo.net/nuova-... dove la sua famiglia ebbe i natali. I suoi genitori sono morti in un incidente, lui è stato nominato erede dello zio, a condizione che si occupi del sostentamento della giovane moglie di lui. Arriveremo a La Rochelle con Gilles Mauvoisin Il giorno dei morti e insieme a lui scopriremo un ecosistema sociale che ha regole precise, atte ad evitare proprio le intrusioni. Un sistema di potere simile a quelli che possiamo trovare in qualsiasi zona d’Italia e che in alcune, specie al sud, è supportato dalla criminalità.
Ed ecco che arriva lei, con i suoi diciannove anni, la sua figura allampanata, i suoi vestiti a lutto, quegli occhi che cercano di capire a ogni costo, i nervi tesi, la sensibilità a fior di pelle... «Lei è diverso, mi creda!... Appartiene alla razza delle pecore, non dei lupi... Per quanto faccia, saranno loro a distruggerla..
Mauvoisin tirerà fuori una resilienza insospettabile, come se traesse la forza dai propri avi. Cercheranno di intimidirlo, lui proseguirà a testa bassa insinuandosi come un virus in quell’ecosistema. Dopo che Simenon pare avergli consegnato il potere di determinare il destino altrui, accade che… Accade che un libro uno deve sempre leggerlo da solo e per quanto possano essere illuminanti le intuizioni di Sandra, Pioggia, Grazia, Roberto, Evi*, AK, Viandante, Lilium… (non ce la farei mai a nominarli tutti e poi rimarrebbero fuori alcuni che non ho letto e magari lo avrebbero meritato) è solo facendo lavorare il proprio filtro che si trattiene ciò che ci serve e si lascia andare il resto.
E mentre camminava si accorse che, per la prima volta dopo tanto tempo, stava fischiettando.
non gli attribuisco 4 * perché ho trovato i due protagonisti troppo tremuli e febbrili. Parteggio per quell'ochetta solare di sua moglie con i suoi semplici e trasparenti genitori. Sempre magnifiche le atmosfere, descritte in modo che pare di essere lì, ai tempi in cui Dagli uffici circostanti arrivava il ticchettio delle macchine da scrivere e Alcuni uomini con una casacca azzurra e un sacco sulla spalla stavano consegnando dei blocchi di ghiaccio.
Un paio di assurdità, secondo me. Possibile che ? Devo dire anche che Ma io sono la solita vecchia cinica ;-)
Si può dire di un libro che è oggettivamente bello ma che lascia un senso di disagio? È questo per me il caso. Ho trovato fastidioso il protagonista, estremamente sensibile o totalmente insensibile in base alla persone e alle situazioni a cui si rapporta . Lo stesso finale se pur coerente con la successione degli eventi è in parte naïf in parte amaro perché ,se pur apparentemente lieto, vi si scorge già l’eco di un’ineluttabile rovina. Simenon è sempre un grande maestro nel descrivere l’umanità nei suoi meschini difetti e , ad esempio , far risaltare un particolare fisico come indice di una pecca caratteriale. I suoi personaggi come sempre straordinari nella loro piccola e spesso borghese ordinarietà .
Cimentarsi con uno dei temi cardine della tradizione letteraria dell'Occidente come il 'romanzo di formazione', metterci dentro una storia gialla, descriverci una Rochelle sulfurea, lontana dai suoi eroici fasti storici ugonotti e rivoluzionari, riuscire a imbastire anche una storia d'amore delicata e a lieto fine. Ma cosa non sa fare bene Simenon?
Some may say Simenon's stories are somewhat old-fashioned and melodramatic. They are, in a way. Nevertheless, to me, they are never boring. It seems to me, the author's secret is that his characters are intensely alive and very human.
Uno dei Simenon tristi più belli di sempre. Gilles, giovane figlio di girovaghi rimane orfano in Norvegia. Torna a la Rochelle dove scopre di essere unico erede dello zio ricchissimo. Condizione per gestire l’eredità: vivere con la zia nella vecchia casa dello zio. Pian piano verranno fuori tutto gli altarini del paese e dei parenti e il modo in cui lo zio aveva incastrato mezza città. E il tutto con anche quell’aspetto un po’ “giallo”. Personaggi di grandissimo spessore, con luci e ombre in abbondanza, il desiderio di fuggire dagli schemi ed essere se stessi, un finale aperto al l’interpretazione che ciascuno vuole dare a questa fuga. Bellissimo.
Francamente, non trovo difetti oggettivi in un artigiano della trama qual è Simenon. I suoi sono gialli (o noir) ad orologeria, per di più sorretti da uno stile calligrafico, c'è una linearità in qualche modo dissetante, necessaria. In questo Voyageur de la Toussaint (la festa dei Santi è l'1 novembre, l'editoria italiana ha scelto di spostarlo al 'giorno dei morti' immagino per fascinazione del titolo) il lettore indossa i panni del giovane Gilles Mauvoisin, un giovanotto allampanato e piuttosto timido che si trova improvvisamente a capo di una cospicua eredità in quel di La Rochelle. L'ambiente a lui estraneo gli sarà ostile, mentre scoprirà che le trame vengono intessute all'ombra di un fantomatico Sindacato. Gilles è il corpo estraneo anche perchè lui stesso ne sente l'esigenza; vuole essere l'occhio esterno che scruta e riflette, libero da convenzioni e legami, insensibile alla violenza come all'amore, cuore buono eppure incredibilmente freddo. L'epilogo, inteso come quell'appendice ulteriore al vero finale, non mi ha soddisfatto sebbene coerente con la scena conclusiva, il bacio più gelido della Storia del Romanzo.
Gilles é un giovane apparentemente ingenuo e sprovveduto, figlio di artisti girovaghi fuggiti insieme dalla Rochelle per potersi sposare. Ciò che conosce della vita é il freddo, la fame e, attraverso le vicende artistico-professionali dei suoi genitori, l'umiliazione e il rifiuto. Tuttavia, sempre grazie allo spirito libero ed aperto di sua madre e di suo padre, Gilles é entrato in contatto anche con la vitalità e la totalità dell'amore sincero e senza secondi fini.
Simenon non tradisce mai, meno che mai in questa storia che racconta del passaggio di Gilles all'età adulta attraverso scelte obbligate (dagli altri), amori e misteri da risolvere.
Ci sono diverse considerazioni da fare su questo libro, e parlo da "ignorante" in materia, non avendo mai letto nulla di Simenon. Ero molto indecisa se mettere 3 o 4 stelle. Sarei più propensa per 3.5, ma questa opzione non è ancora disponibile su Goodreads.
Dal punto di vista stilistico credo che sia ineccepibile. È un libro che si lascia divorare, la scrittura di Simenon è un vortice nel quale ti ritrovi senza nemmeno rendertene conto. Mi ha colpito molto il modo in cui le frasi sono costruite per buona parte del libro: frasi lasciate a metà, puntini di sospensione frequenti, allusioni. Leggere questo libro è come camminare nella nebbia: cerchi di scorgere nitidezza ma non è sempre immediato e facile. Trovo che questa scelta sia azzeccata per il racconto proposto e per il tipo di ambiente in cui si svolge l'azione. Tra l'altro, sembra proprio una base perfetta per un riadattamento cinematografico, e quanto prima recupererò quelli disponibili.
È la trama a lasciarmi un po' più perplessa. È sicuramente interessante e intrigante, ma ho l'impressione che nelle ultime pagine l'autore abbia avuto un po' fretta di concludere. Non so se sia una scelta stilistica anche questa, nel caso sono aperta ad accogliere chiarimenti per capire se è una mia mancanza oppure se è un'opinione condivisa. Il protagonista, a mio parere definibile come un antieroe, dapprima ingenuo e tenero come agnellino in un mare di squali assetati, finisce per rimanere vittima di questo sistema corrotto e omertoso, per poi diventare il primo dei predatori. Ma questa evoluzione (o involuzione?) non è aggressiva, non è d'impatto, ma è sorda e rimane come avvolta nella stessa coltre di nebbia di cui sopra. Forse mi aspettavo qualcosa di più sconvolgente, ma probabilmente è solamente un mio gusto personale.
“Ed ecco che arriva lei, con i suoi diciannove anni, la sua figura allampanata, i suoi vestiti a lutto, quegli occhi che cercano di capire a ogni costo, i nervi tesi, la sensibilità a fior di pelle…” Gilles ha 19 anni quando alla vigilia di Ognissanti sbarca sulla banchina di La Rochelle. Figlio di due artisti itineranti, da poco rimasto orfano, è tornato nella città natale dei genitori per scoprire suo malgrado che anche il fratello del padre, l’odiato e temuto Octave Mauvoisin, è morto lasciando dietro di sé una cassaforte chiusa e tanti segreti. Segreti ben custoditi dall’alta borghesia della cittadina francese che adesso teme quel giovane allampanato con il suo lungo cappotto nero e lo strambo cappello di pelliccia, quel giovane che a quanto pare è il solo erede di Octave Mauvoisin… Georges Simenon è stato una grandissima, ahimè tarda, scoperta che con la sua narrazione fluida, intrigante, avvolgente mi ha completamente rapita e portata via… tra le strade di La Rochelle, lungo i suoi portici, le sue banchine, dentro ai caffè, in compagnia di personaggi indimenticabili quali la matronissima Jaja, l’esile e delicata Colette, la vibrante Alice, Gilles con la sua incrollabile volontà o lo zio Octave la cui ombra trascende la pagina… Niente, il giallo alla Simenon colpisce, e adesso un incontro ravvicinato con Maigret si rende inevitabile…
Other readers seem to rate this one. While there was a lot I liked about it, I found it sagged a bit in the last 50 pages or so - despite that fact that that's when chickens start coming home to roost. Perhaps it's that the sinister vibe of conspiracy is dispelled so abruptly and almost without fanfare. Or perhaps it's just that my French reading stamina flags after a couple of hundred pages when it's not rewarded with rollercoaster thrills, or sardonic jokery a la Houellebecq (when he's on form, i.e. not in Aneantir). Or, one more time, perhaps it's because the main character is a very internal type of dude, not excitable, not one to get into brawls or into passions, apart from a brief infatuation leading to a poor marital match (not exactly a rare sequence in life as in fiction). So while stakes get high, or seem to, Gilles gets neither high nor low. And those high-looking stakes seem to fade in importance once they've been duly settled. I did like, though I wasn't fully convinced by, the last couple of pages, where Gilles' passion flowers and the big inheritance that has dominated the entire yarn is discarded without a second thought, in favour of an itinerant new life of love. Overall it seemed to me like Simenon stretching himself and not quite hitting all the right notes in the right places.
"Il viaggiatore del giorno dei Morti", Georges Simenon, 1943.
"Gilles Mauvoisin si guardava attorno senza vedere, e aveva gli occhi e le palpebre arrossati di chi ha pianto molto. Eppure non aveva pianto".
Il giovane Gilles, dopo aver perso entrambi i genitori, sbarca al porto di La Rochelle, in faccia all'Atlantico, da un cargo proveniente dalla Norvegia. Si ritrova unico erede di una fortuna immensa: cosi ha stabiilito il fratello di suo padre, il temibile e solitario Octave Mauvoisin. La città è in fermento. Tutti sembrano essere interessati al giovane Mauvoisin. La gente già conosce il suo nome, senza nemmeno bisogno di presentazioni. Perché? Scopritelo voi. Sappiate una cosa: dalla prima frase, la "macchina" romanzesca di questo libro è già stata messa in moto da "Monsieur Atmosphère", come Simenon è chiamato. Un mondo bianco e grigio. Mezze verità nascoste in sussurri. Torbidi interessi, sospetti e velate minacce costruiscono l'ennesimo gioiellino di questo autore straordinario.
«Quanto a Gilles, quella sera aveva capito molte cose. Ad esempio che ci sono uomini che possono sputare il loro mozzicone in faccia agli altri, e uomini che hanno solo il diritto di ritirarsi camminando all’indietro e impallidendo».
Ho percepito tutto il dramma di Gilles, il giovane protagonista di questa storia, come se l’avessi di fronte a me e lo vedessi, con le sue mani lunghe e il volto pallido, aggirarsi come un fantasma per le strade di una città di mare. E come al solito Simenon si dimostra un maestro delle descrizioni, da quella dell’arrivo del piroscafo a La Rochelle alla città stessa, ma anche i personaggi, compresi quelli secondari, e i luoghi in cui si muovono, che siano essi fastosi o fatiscenti.
L’unica cosa che non salvo di questo libro è l’abuso eccessivo di punti di sospensione. Sembra di leggere la chat di un cinquantenne su Facebook. Ogni frase di dialogo è interrotta dai tre puntini, cosa che rallenta la lettura in maniera fastidiosa.
In essence, this is an awfully banal crime/mystery book that doesn’t have any particularly distinctive elements. La Rochelle is portrayed as any other city in these types of books, grey and rainy. The main character has pretty much no agency and you could say there’s a thematic of this social alienation and that the main character doesn’t really belong to any class because of his wealth but also his foreign nature, I don’t think it’s done all that well. The prose is pretty banal again I don’t think there’s anything that’s obstructively bad but it’s bland.
Voilà un des romans dur de Simenon des plus balzacien. Une petite ville, des petites gens, de l’argent, des jalousies, des amours tristes ou impossibles…
A la Rochelle un héritage vient rebattre les cartes des petits puissants de la ville. Le jeune héritier saura-t-il faire face ?
Un très bon Simenon à l’ambiance fausse et aux conseils appuyés
Altro romanzo non maigretiano e cosa aggiungere? La storia di per sé è affascinante e ricca di descrizioni. Anche qui Simenon non smette di tracciare un quadro desolante dell’animo umano; ogni personaggio della piccola cittadina di Rochell vive nel suo mondo stereotipato e ottuso. L’arrivo del protagonista sembra scuotere la cittadina... finale inaspettato.
L’ inconfondibile penna di Simenon descrive in modo magistrale i personaggi di Rochelle e le loro relazioni. Simenon ha uno stile unico, che ho scoperto piacermi molto. Credo che recupererò a breve anche il commissario Maigret
Es ist der Vorabend von Allerheiligen, ein junger Mann geht heimlich von Bord. Ein Frachter brachte ihn von Trondheim, dort starben seine Eltern bei einem Unglück, nach La Rochelle. Sein Onkel ist ebenfalls kurz zuvor verstorben, so erfährt er überraschend von seiner Erbschaft. Die Unternehmer der Stadt wollen ihn deshalb gleich vereinnahmen, der Onkel gehörte ihren Kreisen an, doch der Junge sieht es anders. Seine Tante, durch das Testament an ihn gebunden, wird zum Mittelpunkt der beginnenden Auseinandersetzungen. Wie sich der Kampf gestaltet und wie er gewonnen wird, dies beschreibt der Roman. Der 21. Band in der Non-Maigret-Reihe bei Diogenes ist eigentlich ein Liebesroman, Simenon kleidet ihn nur anders. Es ist nicht der Kampf um ein Erbe, es ist der Kampf um die Liebe einer Frau. Dem Helden wird es selber auch erst spät bewußt, Simenon leitet die Geschichte zu einem, bei ihm schon fast erwarteten Ende. Für Simenon-Liebhaber ein Muß.
Simenon per me è un grande (al di là che ci siano suoi romanzi più o meno riusciti), perché ogni sua storia, che appartenga al ciclo di Maigret o meno, è sempre un viaggio nell’animo umano, nei meccanismi sociali, per lo più volto a mostrare le grettezze, invidie, piccolezze e cattiverie dell’uomo, soprattutto quando agisce come piccola comunità ai danni di chi è “straniero” (non solo o tanto di cittadinanza, ma di usi, abitudini, pensiero). Anche in questo caso, la storia di Gilles unisce tutto questo a una struttura che ricorda il classico romanzo di formazione, creando un connubio ben riuscito e con un finale inatteso.
(3.50☆) la parte iniziale della storia è la più godibile, soprattutto per le ATMOSFERE, che sono molto riuscite in generale da Simenon. dopo un po' si va a scalare e soprattutto dopo un po' si perde l'interesse, ma i personaggi restano comunque molto interessanti. mi è piaciuto molto il finale (anche se non capisco la scelta dell'autore di mettere per forse un interesse amoroso, per me sarebbe stato meglio senza) e anche la crescita personale del protagonista.