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787 pages, Paperback
First published September 1, 1919
Perché non mi è stata data la forza intellettuale per costringere l’umanità stuprata a mettersi a gridare? Perché il mio grido di risposta non è stato più forte di questo stridulo comando che ha avuto il potere sulle anime di un globo terrestre? Io conservo documenti per un’epoca che non li comprenderà più, o che vivrà così lontana da quanto accade oggi che dirà che ero un falsario. Ma no, non verrà il tempo di dir questo. Perché quel tempo non ci sarà. Ho scritto una tragedia il cui eroe soccombente è l’umanità; il cui conflitto tragico, essendo quello tra mondo e natura, finisce con la morte.
OTTIMISTA. Ma lei stesso non è convinto della necessità della guerra in quanto tale, quando parla di un guerra dei numeri? Perché in questo modo lei ammette che la guerra risolve per qualche tempo anche il problema della sovrappopolazione.
CRITICONE. E in modo radicale. Il problema della sovrappopolazione potrebbe lasciare il campo a quello dello spopolamento. La liberalizzazione dell’aborto vi avrebbe posto rimedio con minor dolore di una guerra mondiale, senza provocarla.
OTTIMISTA. Ma la morale dominante non lo ammetterebbe mai!
CRITICONE. Né io mi sono mai illuso che lo facesse, dato che la morale dominante ammette soltanto che dei padri di famiglia, che il caso non è ancora riuscito ad ammazzare, si trascinino per il mondo mutilati ed affamati e che le madri mettano al mondo dei figli per farli dilaniare dalle bombe sganciate da un aereo.
OTTIMISTA. Ma forse che le guerre si combattono con la fantasia?
CRITICONE. No, perché se si avesse questa, non si farebbero più quelle.
OTTIMISTA. Perché no?
CRITICONE. Perché in tal caso le suggestioni di una fraseologia che è il residuo di un ideale tramontato non avrebbero la possibilità di annebbiare i cervelli; perché si potrebbero immaginare anche gli orrori più inimmaginabili e si saprebbe in partenza come si fa presto a passare dalla bella frase luminosa e da tutte le bandiere dell’entusiasmo al dolore in uniforme; perché la prospettiva di morire di dissenteria o di farsi congelare i piedi per la patria non mobiliterebbe più alcuna retorica; perché quanto meno si partirebbe con la certezza di pigliarsi i pidocchi per la patria. E perché si saprebbe che l’uomo ha inventato la macchina per esserne dominato e non si supererebbe la follia di averla inventata con l’altra peggiore di farsi ammazzare da essa; perché l’uomo sentirebbe di doversi difendere da un nemico di cui non vede altro che il fumo che sale, e intuirebbe che il fatto di rappresentare la propria fabbrica d’armi non offre sufficiente garanzia contro la merce offerta dalla fabbrica d’armi nemica. Perciò, se si avesse fantasia, si saprebbe che è un delitto esporre la vita al caso, che è peccato svilire la morte al livello della casualità, che è follia fabbricar corazzate quando si costruiscono torpediniere per affondarle, costruire mortai quando per difendersi si scavano trincee dove è perduto soltanto chi mette fuori la testa per primo, e cacciare in topaie uomini in fuga davanti alle proprie armi, e poi lasciarli in pace soltanto sottoterra.